Sunday, May 31, 2009

Femminismo e anarchia: Louise Michel (1830-1905)



"Io ho giurato di non sposare mai; la vita maritale mi fa orrore". Ad un pretendente dice che se vuole sposarla deve uccidere l'imperatore: "rischiate la vostra vita, perchè io rischio la mia libertà".


Al processo contro di lei per aver preso parte alla Comune di Parigi: "Non voglio difendermi e non voglio essere difesa, appartengo completamente alla rivoluzione sociale e mi dichiaro responsabile delle mie azioni ... Bisogna escludermi dalla società, siete stati incaricati di farlo, bene! L'accusa ha ragione. Sembra che ogni cuore che batte per la libertà ha solo il diritto ad un pezzo di piombo, ebbene pretendo la mia parte!"

Cucurbitacee cinesi 瓜


Domenica, tre di pomeriggio, ottanta gradi all’ombra, lezione di Sociologia, un dottorando sta discutendo di pragmatismo e sviluppo delle teorie sociali. In cinese.
Potrei chiuderla qui. Invece vi vado avanti.
La mia compagna di banco (una ragazza cinese dalla campagna dell’Hebei, la provincia settentrionale che circonda la municipalità di Pechino) si gira e mi fa “Che gran rottura di palle!”. Non le rispondo neanche, annuisco in automatico. “Tieni, questa è per te. Le produciamo nel mio paesino. Lavala e mangiala”. E mi getta in mano un non so cosa verde e giallognolo, non troppo pesante, grande quanto un pugno. Annuisco in automatico, metto tutto sotto il banco. Sul finire della lezione mi ricordo di questa cosa che ha tutta l’aria di essere un frutto e le chiedo cosa sia. Risposta: 甜瓜, tiangua, letteralmente “cucurbitacea dolce”. Sicuramente avrà una traduzione migliore in italiano. Ma proprio non saprei, devo tornare in camera e vedere nel dizionario. Nel frattempo:

in cinese 瓜 gua significa “cucurbitacea” in generale. Attaccata ad altri caratteri assume significati relativi alle cucurbitacee, allora ad esempio avremo 西瓜xigua “cucurbitacea dell’ovest” o “anguria”, 南瓜 nangua “cucurbitacea del sud” o “zucca”, 黄瓜 huanggua “cucurbitacea gialla” o “cetriolo”, 冬瓜donggua “cucurbitacea dell’inverno” o “zucca bianca”, 傻瓜shagua “cucurbitacea stupida” o “idiota”. Questa che porto in mano invece significa “cucurbitacea dolce”, non assomiglia a nessuna zucca o melone, che significherà?!

Camera, scaffale, dizionario, presto detto: 甜瓜 tiangua “melone”. Melone? Un po’ piccolino per essere un melone. Di corsa in gabinetto, una veloce sciacquata nel lavandino, affondo i pollici… è proprio un melone. Profumatissimo oltretutto. Buttarlo via sembra un peccato. Gnam gnam!! Cazzo, buonissimo!! Manca solo un po’ di prosciutto e due bottiglie di vino bianco frizzante dolce freddissimo. Ora chiamo la mia compagna di dottorato e vedo se al suo paesino producono anche quello!

'70s Punk Rock from Northern Ireland

Inflammable material is planted in my head
It's a suspect device that's left 2000 dead
Their solutions are our problems
They put up the wall
On each side time and prime us
And make sure we get fuck all
They play their games of power
They mark and cut the pack
They deal us to the bottom
But what do they put back?

[Chorus:] Don't believe them
Don't believe them
Don't be bitten twice
You gotta suss, suss, suss, suss, suss out
Suss suspect device

They take away our freedom
In the name of liberty
Why don't they all just clear off
Why won't they let us be
They make us feel indebted
For saving us from hell
And then they put us through it
It's time the bastards fell

[Chorus]
Don't believe them
Don't believe them
Question everything you're told
Just take a look around you
At the bitterness and spite
Why can't we take over and try to put it right

[Chorus]
We're a suspect device if we do what we're told
But a suspect device can score an own goal
I'm a suspect device the Army can't defuse
You're a suspect device they know they can't refuse
We're gonna blow up in their face


"Suspect Device", Stiff Little Fingers

Chinese media on the bad case Berlusconi-Letizia

Read all the article (from China Daily): "Berlusconi moves to block topless photos".

一名西藏作家被捕 Tibetan free lancer arrested

2009年3月17日,Kunga Tseyang被捕,无国界记者对此提出谴责。 Kunga Tseyang是一位来自Golok(西藏东部)和Jigmey Gyatso地区的西藏作家,曾做过纪录片《不再恐惧》(英文名"Living fear behind")制作人Dhondup Wangchen的助手,该片记录了一百多名藏民、僧侣、年老藏人的心声。
无国界记者表示:“Kunga Tseyang的被捕似乎直接和他近期写的文章有关。此事再次展示了中国当局对西藏记者和作家的镇压。我们要求中国当局立即释放Kunga Tseyang。 ”
20岁的Kunga Tseyang是Lungkar寺院(Golok地区,地处西藏东部)的作家。他曾在Labdrang Tashi Kyil寺院和高等佛学院学习过。
Kunga Tseyang曾经写过几篇有关佛学、西藏文化艺术的文章。他最受欢迎的文章是《谁唤醒了稳定》("Who really awakens of stability")、《谁是真正的分裂者》("Who is the real separatist")、《谁让我们站起来》("Who stand up us")、《中国必须向达赖喇嘛阁下道歉》("China must apologize his Holiness the Dalai Lama")、《藏民们,我们必须意识到艾滋病》("Tibetans, we must be aware of AIDS")。
Kunga Tseyang还是环保主义者,在"Yutse 环境部"("Yutse Environment Department")作摄影师。
没人知道他目前身在何处、被捕原因是什么。



来源:无国界记者



Feminism and women's unhappiness: any connection?!

Read the article, from Times Online.

Saturday, May 30, 2009

"Rich are getting richer, poor are getting poorer"

The gap is getting worse even in Finland...
Read the article, from Helsinki Times.

Zappa e grappa: cinque giorni in un villaggio cinese di contadini



Insomma, morale della favola, il mio amico cinese è stato di parola: ha voluto che vedessi e vivessi la “povertà” delle campagne cinesi. Mi ha dunque mandato per qualche giorno tramite amici di amici di amici di amici (così come del resto tutto funziona in Cina) in casa di un contadino in un non troppo sperduto piccolo villaggio di campagna. Sono tornato vivo e scrivo qualche riga dell’esperienza:

(nota: ogni riferimento a fatti e persone non è casuale, ma fittizi sono i nomi, compreso quello del villaggio, che chiameremo Honolulu. Quanto alla collocazione, ci limitiamo a dire che è un villaggio nelle provincia settentrionale dello Hebei, a due ore di auto da Pechino, sotto le montagne, non lontano dal confine con la Mongolia Interna).

Dopo le varie presentazioni di sorta con le autorità governative del posto (tre quattro funzionari del Partito Comunista, contadini anche loro, grossi grassi e molto gentili) che l’etichetta cinese impone in questi casi, mi chiamano il contadino con cui passerò i cinque giorni nella campagna. Dopo il solito valzer di sigarette e scambio di battute, eccomi in marcia con il contadino che ha avuto la sfortuna di avermi ospite in casa sua. Lo chiameremo Vecchio Li. Vecchio Li, come tutti gli altri nel villaggio, parla solo quello che la gente di città chiama “tuhua” 土话, ovvero “lingua della terra”, non un dialetto, ma un modo diverso di esprimersi in mandarino, con un lessico limitato, sintassi completamente inventata, parole nuove anche per le espressioni più semplici (tipo “cosa?”, “moglie”, “fidanzata”, “spingere”). All’inizio non capisco molto, poi mi abituo e gli altri si abituano al mio mandarino da straniero piombato chissà come in questa remota parte del mondo. Vecchio Li ha cinquantadue anni, fa il contadino da una vita, dimostra vent’anni di più, gli occhi chiari, pochi capelli in testa, mano di cuoio e pelle da iguana. Fuma due pacchi di sigarette al giorno, marca “daqianmen” 大前门, molto economiche, “le sigarette del popolo” mi dice lui. Ama bere. Si prenderà una sbronza di grappa da svaccarsi dalle risate. Il mio amico Vecchio Li si scusa se la sua casa è sporca. La casa è sporca sul serio, ma per fortuna non siamo a Las Vegas o in un centro commerciale di Pechino, e se il soffitto è crepato, il pavimento nero, la polvere ovunque e le pentole sudice, è tutto grasso che cola. Le case di questi contadini sono tutte simili: fatte di mattoni rossi, hanno un piccolo orto e una costruzione esterna per gli attrezzi, solo tre stanze al loro interno, piuttosto ampie. Non esiste bagno, né frigorifero. Ma c’è la corrente. Non l’acqua corrente. C’è un pozzo da cui puoi tirar su dell’acqua e un catino con cui lavarti. Se proprio ne hai voglia. Sono pigro, non cambierò mai. Nella casa di Vecchio Li c’è un cagnolino piccolo e stronzissimo, morde e abbaia sempre. C’è anche il figlio di Vecchio Li, un ragazzo di ventidue anni che lavora a Pechino e che mi ha dato una profonda sensazione di umanità e semplicità di vivere. Una persona da cui imparare molte cose, nonostante la tenera età, insomma. Lo chiameremo Piccolo Li. Piccolo Li parla poco, non fuma, non beve, sorride ed è sempre cortese. E sempre davanti alla televisione. La casa ha ovviamente il tipico kang 炕 (letto in mattoni enorme sotto il quale d’inverno si usa mettere tizzoni per riscaldare il sonno), un mini fornello elettrico, diverse coperte, pacchetti di sigarette vuoti ovunque e un forno in mattoni usato quando neanche la corrente elettrica aveva toccato questa parte di mondo. Sono a mio agio.

Il villaggio non ha ovviamente strade asfaltate e tutte le strade sono pieno di buche e canali: è in atto (da anni credo) un mega progetto per portare l’acqua corrente nelle case e nuove tubature stan lentamente riempiendo le strade. Tutto è lento qui. Per fortuna.
Asini, cavalli, letame, anziani seduti intenti a fumare e campi di mais completano il paesaggio. Non ci sono giovani. Solo qualche studente che torna a casa al tramonto. Pochissime auto. Niente negozi, se non un paio di chioschi dove è possibile comprare di tutto, principalmente carne, sigarette, verdure e prodotti per la casa. In lontananza rumore di trattori, muggire di asini e belare di mucche. Ma fondamentalmente silenzio. Sono a mio agio.

La giornata inizia con quel cazzo di gallo che comincia a rompere le palle molto prima che il sole faccio il suo ingresso trionfale all’alba. Diciamo verso le quattro. Alle cinque e mezza Vecchio Li mi sveglia, mi infilo le scarpe, lui mi infila una sigaretta in bocca e una zappa in spalla. Il villaggio è in già in piedi, gli anziani per strada mi fissano, poi fissano Vecchio Li. Vecchio Li si fa prestare un vecchio camioncino scassato, che parte con la manovella come nei film in bianco e nero di Stanlio ed Onlio. Freschetto la mattina all’alba in t-shirt di Che Guevara in direzione campi fuori il villaggio. Tuttavia piacevole. Vecchio Li mi spiega ed illustra molte cose ed io faccio il possibile per capire. Alle sei si comincia a zappare: c’è un vasto appezzamento di alberi di mele alti mezzo metro appena, fine della missione è sradicare le erbacce attorno agli alberi divisi per fila e smuovere la terra alla radice. Un gioco da ragazzi. In meno di venti minuti bolle alle mani e mal di schiena insopportabile. Ma bisogno sopportare, se Vecchio Li ce la fa, forse il segreto è nelle sigarette e ce la devo fare anche io. Ci si ferma spesso per riposare, due chiacchierare con i vicini di campo, uno sguardo alle montagne, due sigarette e pian piano il campo è fatto. Torniamo a casa per le nove, pranzo a base di carne di maiale, formaggio di soia, spaghetti al brodo, riso al vapore, fagiolini vari, acqua del pozzo. Sono a mio agio.

I pomeriggi proseguono allegri, Vecchio Li ogni tanto scompare, resto a casa con Piccolo Li a far due chiacchiere e guardare la televisione. Poi due passi in giro per il villaggio. Molti anziani sono intenti alla costruzione delle tubature per portare l’acqua nelle case. Con calma e senza fretta. Uno lavora e venti stanno a guardare e chiacchierare. Sigarette a non finire, mi sento leggermente osservato, Vecchio Li è seduto per strada e gioca a scacchi cinesi con un altro anziano. Un signore sui cinquant’anni mi dice di andare con lui e io (perché no!?) lo seguo. È Mastro Shun, un artigiano, un artista. Realizza “gendiao” 根雕, cioè statue di radici di alberi, laccate. Non le vende, ma le regala agli amici e partecipa ai concorsi. Ha denti finiti, tre dita in meno nella mano sinistra, otto cancri ai polmoni. Due pacchi di sigarette al giorno di bassa qualità anche per lui. La casa è ridotta peggio di quella di Vecchio Li. Ma sono a mio agio. Non usano bere kaishui 开水 (acqua bollente o tè, comune un po’ ovunque in Cina, ma non qui, a quanto sembra): da offrire hanno solo sigarette e tanti racconti. Mastro Shun mi mostra orgoglioso i premi che ha vinto con le sue statue. Dice di essere uno dei migliori a Pechino. Poi entra anche Vecchio Lu. Vecchio Lu è alto, capelli e baffi neri, cappello di paglia. Tre pacchi di sigarette al giorno per lui. Esco a fare foto qua e là, finalmente incontro qualche bambino e qualche ragazza. Incredibile ma vero. Sono a mio agio.

La serata termina intorno alle nove o dieci, quando Piccolo Li spegne la televisione, io mi raggomitolo tra le coperte e Vecchio Li non è ancora tornato. Vecchio Li è separato dalla moglie da diversi anni. Mi chiede di portargli una donna dall’Italia, perché qui non ce ne sono di adatte. Vedrò cosa posso fare. Mi chiede se ho moglie. Neanche la fidanzata, rispondo. “Non ti sposare con una donna di campagna. Hanno la pelle scura”. Vedo. A noi musi bianchi la pelle abbronzata (o scura, come preferite) piace. “L’ultima volta che ho visto arrivare degli studenti da fuori è stato durante la Rivoluzione Culturale”. Non so come gli sia venuta fuori questa frase, stavamo bevendo grappa e mangiando carne di asino e zucchine. Ma è una frase che mi ha fatto molto piacere sentire.

Le giornate proseguono uguali, lente, monotone, semplici. Unico fuori programma, la pioggia. E il momento in cui Vecchio Li ha terminato di attaccare i tubi (con accendino e bucce di pannocchie bruciate) dal pozzo e abbiam avuto l’acqua corrente in casa. Ovvero una fontanella. Grande invenzione la fontanella. Mi son potuto lavare i denti dopo tre giorni. Sono piccole grandi soddisfazioni. Dopo la scoperta del fuoco l’invenzione della fontanella ha tutto il mio apprezzamento. Ah, dimenticavo, il bagno… beh, diciamo… stile scout: ovvero una piccola buca in terra non lontana dall’ingresso di casa, a ridosso dell’orto, dietro un albero. Non proprio scomodissimo e neanche una mosca a ronzarti attorno. Lussuoso, direi quasi. Un pomeriggio Vecchio Li mi ha portato a casa di un anziano signore. Cieco credo, vestiva di stracci. La casa, praticamente vuota di tutto, è la casa più nera che abbia mai visto. C’erano solo una mega pila di pannocchie prive di chicchi di mais (usate come combustibile per il fuoco) e un forno di mattoni per cucinare. Immagino quel vecchio signore viva solo e che gli altri abitanti del villaggio passino di lì qualche volta al giorno a fargli da mangiare e tenergli compagnia. Vecchio Li ha acceso il fuoco e cotto dei ravioli nel forno di mattoni. Poi ce ne siamo andati.

A colloquio con i quadri locali (contadini come tutti gli altri, ripeto) ho capito che qui negli anni settanta era tutta un’altra storia. C’era meno terra coltivabile e meno produzione. Negli ultimi dieci anni han disboscato varie zone e messe a coltivazioni di mais e alberi da frutto. Il villaggio è finalmente in via di sviluppo. Una sviluppo infinitamente più lento di quello delle città cinesi, ma siamo ottimisti. La ricchezza del villaggio sono le mele. Crescono grandi e rosse, dolcissime. Cresceranno fra sei anni nella terra di alberi che io e Vecchio Li siamo andati a zappare. Piccole grandi soddisfazioni. Le venderanno ad un prezzo elevato e il villaggio avrà grosse entrate. Le mele renderanno 10.000 renminbi (circa 9.000 euro) per mu (ovvero un quindicesimo di ettaro). Moltissimi mu sono messi a meli qui. Nelle montagne non vive nessuno, perché non c’è acqua per l’agricoltura o l’allevamento. Ma più che fare domande io rispondo alle loro curiosità: un non finire di comparazione di prezzi tra Cina e Italia, domande di politica, economia, famiglia, abitudini, donne. E domande di agricoltura alle quali ovviamente non so rispondere: so solo che il vino si fa con l’uva e che i bambini nascono sotto i cavolfiori. E a volte sotto le zucche.

Il tempo è passato in fretta. Una mattina Piccolo Li mi ha detto che stava tornando a Pechino. E ho deciso di andare con lui. Salutati i dirigenti del partito locale, ho telefonato e ringraziato Vecchio Li, che era non so dove a fissare tubi; abbiam preso un bus carico di contadini, verso la più vicina città. E da lì un altro bus a unga percorrenza, direzione Pechino. Ho dormito tutto il viaggio. Mi son svegliato nel casino e fragore di clacson di questa modestissima metropoli di quindici milioni di abitanti. E il puzzo di smog. E la gente che attraversa le strade senza guardarsi in faccia. E le corse e la fretta. E i commercianti che urlano più forte dei clacson. E il bus per tornare a casa che quasi mi prende sotto. E un caldo afoso. E un aria che sa di morte e alienazione.
Fai subito a provare una certa nostalgia: quella per la zappa e il mal di schiena.

Foto: marijuana selvatica nell’orto di Vecchio Li.

Friday, May 29, 2009

Zappa e grappa: cinque giorni in un villaggio cinese di contadini (foto, seconda parte)




































Zappa e grappa: cinque giorni in un villaggio cinese di contadini (foto, prima parte)





























Il mercato cinese e il cubo di Rubik


Tra i tanti vantaggi che ha vivere nel dormitorio di questo campus c’è il fatto che non ci sono televisioni in stanza. Cioè l’università non ne fornisce, se ne vuoi uno vattelo a comprare nel negozio più vicino e portati un amico robusto abbastanza. Non è il mio caso. Niente televisioni, grazie. Raramente mi capita di guardare la televisione a casa di qualcuno. Ma capita.

Giorni fa, una specie di trasmissione a metà fra circo e fenomeni da baraccone (una specie dell’italiana “La corrida”).
Mostrava un ragazzo cinese sui vent’anni, che riusciva a risolvere il rompicapo noto col nome di “cubo di Rubik” o “cubo magico” in un tempo limitato, con mosse velocissime e bendato. Il campione dei campioni è però un certo tedesco che risolve il cubo con una sola mano, bendato, in apnea e sott’acqua. In poco più di un minuto. Ma il vero mito è un bambino di tre anni (ripeto, tre anni) che in pochi minuti completa le sei facce colorate del cubo, un cubo grande quasi quanto la sua testa. Un mito davvero.

Il cubo di Rubik… non c’ho mai neanche provato. Ma ultimamente ho notato che va moltissimo tra i cinesi, ne vendono a bidonate per le strade (prezzo che ho visto, 60 centesimi di euro, ovviamente trattabili). Anche il mio compagno di stanza ne ha uno. Non c’ho mai neanche provato. Ho provato direttamente il passo successivo: cercarmi le soluzioni in internet (che trovate, ad esempio, qui) e la prossima volta provo ad applicarle al cubo. Così, tanto per perdere tempo. E se ti chiedono “ma come hai fatto a risolvere il cubo di Rubik?!” io risponderei “guarda, in quella scatola parlante che chiamano televisione ho visto un tricheco nudo risolvere il cubo in sette secondi, cieco, muto e sordo, immerso in una vasca di letame geneticamente modificato lanciato alla velocità del suono mentre beve una lattina di sudore non suo…. E mi son detto, se lo può fare lui, devo potercela fare anche io. Ed ho comprato un tricheco”.

Sunday, May 24, 2009

L'aspirante suicida. E l'aspirante omicida.

Una città. Nella grande Cina. Un ponte. Un disperato. E un altro...

Servizio: Cina, crisi, scioperi.



Vero che in Cina la crisi è arrivata “di rimbalzo” (in Occidente sono crollati i consumi e, conseguentemente, nell’est asiatico la produzione), ma certo questa si fa sentire.

Ne sanno qualcosa i lavoratori migranti, rimandati in gran numero nelle campagne. Non c’è più quella domanda di lavoro che le città garantivano fino a poco fa. Non per ora, almeno.
Ne sanno qualcosa anche gli impiegati delle varie compagnie. È questo il caso della grande azienda Baidu. Il quindici maggio migliaia di dipendenti sono scesi in strada a Shenzhen (metropoli della Cina meridionale e prima Zona Economica Speciale) per protestare contro la riduzione di stipendio del 30% decisa dall’azienda. In realtà scioperi e proteste vanno avanti dai primi di maggio, sia a Shenzhen che nel resto della ricca provincia del Guangdong.

Baidu è il principale motore di ricerca in Cina. Da tempo ha soffiato il primato ai colossi Google e Yahoo. Fornisce agli utenti una gamma di settecento quaranta milioni di pagine web, nel 2008 oltre cinque milioni di cinesi hanno visitato il suo sito. Tra i vari servizi offre anche una enciclopedia on-line (la Wikipedia cinese). Nel 2007 ha fatturato 628 milioni di Yuan (circa settanta milioni di euro) e conta oltre seimila dipendenti.
La crisi, evidentemente, non risparmia proprio nessuno.

Servizio: Nanyuan, l'aeroporto militare di Pechino


Chi è giunto a Pechino per via aerea sicuramente avrà avuto modo di visitare e apprezzare i locali del Beijing Capital International Airport. In particolare, quelli del Terminal numero tre, costruito appositamente per dare il benvenuto ad atleti e turisti venuti da ogni parte del mondo per i Giochi Olimpici. Costruito nel 1958, l’aeroporto è stato nel 2008 l’ottavo scalo più importante al mondo, primo a livello nazionale, con un volume di quasi cinquantasei milioni di passeggeri.

Meno famoso è invece l’aeroporto Nanyuan, meglio conosciuto come l’aeroporto militare di Pechino, nell’estrema periferia sud della capitale, distretto di Fengtai. Il bus che arriva allo scalo, entra direttamente in questa vasta aria che circonda l’aeroporto, la tipica “danwei” cinese, l’unità di lavoro. L’aeroporto Nanyuan fu costruito nei primi anni del novecento, uno dei luoghi di nascita dell’Aviazione Cinese, ed ha svolto principalmente funzioni militari. Paragonato al Beijing Capital International Airport o ad altri aeroporti cinesi, ha un sapore decisamente “maoista”. Non dev’essere cambiato molto da trent’anni a questa parte, edifici e strutture sembrano ancora gli stessi, compresi gli slogan patriottici e i poster che si incontrano lungo la strada e che celebrano le forze d’aria dell’esercito cinese e l’attaccamento alla nazione.

Tuttavia oggigiorno l’aeroporto non svolge funzioni esclusivamente militari, ma fa anche servizio di trasporto civile. E’ sede della China United Airlines. Negli ultimi anni il numero dei passeggeri in transito ha avuto un forte aumento, fino a raggiungere il milione e trecentocinquantamila unità registrato nel 2008. Non ha voli internazionali, ma collega Pechino alle altre principali città cinesi.

L'amore... in caratteri cinesi

我要搬家了!地址:爱情市相爱路思念街530巷520号!房东:我最爱的你!房租:我一辈子的爱!日期:无限!就让我住进你的心里头,到永久。。。

La rivoluzione non è una cena di gala...

Fantozzi alla cena di gala

Saturday, May 23, 2009

Non esattamente una finestra sul mondo: Bangladesh, ennesima vergogna dall'Italia...


E' solo che ho paura ad andare a dormire, domani svegliarmi, incontrare la mia amica e compagna di dottorato, Arifa, bengalese, e sentirmi chiedere "Daniele... cosa è successo in Italia?" e non sapere cosa risponderle, perchè la frase "La madre dei pezzi di merda è sempre incinta" l'ho usata troppo spesso a difesa del paese in cui sono nato...

Friday, May 22, 2009

Davvero. Se tutte le donne fossero come te, le prostitute non avrebbero di che mangiare...

"Cause everybody knows
The things she does to please
She's just a little tease
See the way she walks
Hear the way she talks"

The Velvet Underground, "Femme Fatale"

Thursday, May 21, 2009

European Food Festival - Beijing


Tuesday, May 19, 2009

Pure Sociology

"Do you want to be purely sociological? Do you want to theorize about social life without being ideological, teleological, and psychological? Do you want to create theory that is testable, general, simple, valid, and original? If so, you should carefully engineer the social structure of your work. In particular, you should find a theoretical location in social space: Exploit the literature of anthropology and history, shifting from one subject to another, constantly widening your territory. Do nothing but theory, consuming the facts gathered by researchers, explaining their findings, testing your ideas, while never becoming highly intimate with any single subject. Finally, you should banish the person to psychology and study only the behavior of social life.
Pure sociology thus provides a pure methodology. Obey these commandments (Black
2000a):
1) Leave home: Find subjects in other times and places.
2) Be a nomad : Move from subject to subject.
3) Be a parasite: Subsist on the findings of others.
4) Avold intimacy: Do not get too close to your subject.
5) Avoid people: Study social life."


from: "The Purification of Sociology", Donald Black, 2000.

Monday, May 18, 2009

La dittaura del corpo perfetto


"Il corpo delle donne" di Lorella Zanardo

"I monologhi della vagina" di Eve Ensler


foto: www.2five.tv

Please apologize, we are uncontrollable 请原谅,咱们是控制不了的 Comunicato

Nel frattempo il mio blog è di nuovo censurato nel paese che abito e che si chiama Cina. Mi fa il mio amico russo “perché?” rispondo “cazzo ne so, si coprono il culo per il ventesimo di Tiananmen credo”.
Spiacente, ma sappiamo come fottere la censura.
Forse pensavano di decidere loro cosa venderci e forse non pensavano che, democrazia o meno, cosa vedere lo decidiamo noi. E non compriamo.

Invece un giornata con dei cinesi. Se vuoi vivere la Pechino cinese sarebbe da fare una cosa: avere un amico pechinese. Qualcuno ne ho, giornate pechinesi con la P maiuscola e cerchiata ne ho passate abbastanza, questa volta sembra giusto condividerla nel web.

Inutile e annoiante dire come ho conosciuto il signor NONSCRIVOILNOME, un quarantaseienne pechinese di vecchia data. Quando un pechinese ti rapisce hai poco da sperare. Chiuso in questi appartamenti stile anni settanta (cinesi), madre e moglie intente a realizzar jiaozi (sorta di tortellini di carne e verdura) . Un cinese ti accoglie con sigarette, tè e grappa cinese. “Bevi?” chiede, “minchia!” rispondo. E grappa cinese sia mentre le donne cinesi sono in cucina a bollire i jiaozi. Pranzo allegro leggero andante, la figlia di sedici anni, bella come il sole a ferragosto, giovane come le rondini a primavera, mi porta a vedere i suoi testi scolastici, c’è più storia greco romana e marxismo di quanto non pensassi. Minchia davvero bella la ragazzina, quando parlo mi fissa col sorrisetto da anarcoinsurrezionalista. Perché no un matrimonio, se il padre conviene (dubito assai), come si dice nel gioco del sette e mezzo, “io sto”. Io starei. Mi sa che il padre non conviene e la ragazzina neanche, dopo il pranzo a base di (jiaozi, sigarette, birra, grappa cinese, doufu, alghe, riso, carne di pollo, zuppa, doufu ancora) il mio amico cinese mi invita a sedere al divano, la televisione che sbraita pubblicità e un mezzo esercito di sigarette e grappa, tema la politica, come un invito a nozze, la ragazzina beata innocenza ancora ci segue e poco dopo esordisce con un “ma che avrete voi uomini da bere e parlare di politica?!”.
Ottima osservazione. Il prossimo passo è in giro “nei quartieri bassi della città”. Ovvero giro nella vita degli hutong di Pechino. Gli hutong di Pechino quasi non ci sono più. All’ingresso leggi “In resistenza!”, la gente che ci vive dentro forse ci vive stretta, anche qui valzer di sigarette, tè e grappa cinese. Sapete giocare a carte, majiang (sorta di Scala Quaranta con pedine da Domino) e scacchi cinesi? Io no. Osservo. Passano in fretta le ore e la cena è al ristorante del mio amico quarantaseienne. Ristorante sempre negli hutong, ma qui più che “resistenza” c’è scritto “passo e chiudo”. Finalmente un momento di privacy tra me e lui, nessun altro ci ascolta. “Potresti mandare tua figlia a studiare in Italia, potrei aiutarti” butto lì, “Vedremo. Non le ho mai parlato del 1989”. Puntuale. Tavoli e sedie all’aperto, tè e sigarette, il mio amico cinese parla di sistema politico cinese e di quando aveva ventisei anni (la mia età) e per la strade di Pechino scorreva la rivoluzione della primavera Tiananmen 1989. “Tu non sei un giornalista, vero?!” chiede, “Cin cin!” rispondo io dal fondo della bottiglia di grappa dov’ero finito. Qualche minuto ancora e arrivano familiari ed amici. Mai stato a pranzo con dei cinesi?! Da rimediare assolutamente! Da divertirsi ce n’è! Un pesce così buono mai mangiato, piovono ancora domande su Italia e “occidente”. Aspetto di veder tornare la figlia del mio amico, che non verrà.
Dibattito su sistema educativo cinese. Penso che un’educazione universitaria sia augurabile a tutti, ma non per comprarsi un titolo e spenderlo nel mercato del lavoro, casomai semplicemente per sé. “Per conoscere. Per conoscersi. Per essere liberi”. Scoppia una risata generale. “Studiosi ed intellettuali sono tali solo se contribuiscono alla sviluppo – per usare un termine caro ai cinesi – della società. Cioè se emancipano le masse a partire dagli strati più bassi –sempre per usare un termine caro ai cinesi”. Scoppia una risata ancora più fragorosa. Impressione “vai a fare l’idealista da qualche altra parte”. Impressione “qui in Cina si studia solo per trovare un buon lavoro e fuggire dalla campagna”. “Non sei mai stato nelle vere campagne cinesi” dicono. Evidentemente sono stato solo in quelle false, costruite apposta per il sottoscrito. Ed io che pensavo di andar a fare il contadino uno volta finito il dottorato. “Leggi meno libri e spendi più tempo in mezzo a cinesi!” consigliano. “Cerco di farlo, non a caso sono in mezzo a voi”. “Come sai queste cose?” chiedono “Le ho lette nei libri. Gli studiosi raccontano questa realtà. Il mio tutor, dice che…” non finisco che “Il tuo tutor ha molto da imparare. Evidentemente neanche lui conosce la società cinese”. Che detto del principale esperto di stratificazione sociale in Cina suona duro. Forse immaginano un mondo di elite e zero contadini, solo cittadini e sabato pomeriggio in giro per negozi. Non rispondono alla domanda “se tutti corrono in città chi si occuperà delle campagne?! Chi produrrà le cose che mangiate a colazione, pranzo e cena?!”. Meglio così, temo la risposta sarebbe stata “McDonald’s”. C’è una sola minorenne ed ha quattordici anni. La quattordicenne non è vecchia, sembra in sintonia col mio idealismo da straniero mantenuto dal governo cinese. Mai cercato consenso, ma avere una quattordicenne dalla tua parte è la più grande soddisfazione. Suo è il futuro.

Prima di andarmene mi regalano tè e un ventaglio. “La prossima volta ti porto a vedere la campagna. Quella vera” è il suo ultimo saluto. Arriva il bus e io ho una festa russa non molto lontano da lì. “La prossima volta portami a vedere la campagna. Quella falsa”.

Il pensiero a quel ragazzo, un concerto di qualche anno fa in Cina, suonavano punk, entra l’ultimo gruppo, quel ragazzo appunto, una lunga e drittissima cresta nera, vederlo lentamente collassare attorno al suo microfono, in sala solo io e due cinesi che probabilmente avevan deciso di passare la notte lì, al ritmo Exploited di Sex and Violence…

Poi apro il sito di Repubblica e mi esce fuori una pubblicità di McDonald’s. E allora mi chiedo quale sia peggio, se la censura cinese o il vostro sistema schiavista di consumo. E allora domani birra a colazione, sigarette per pranzo e cresta la sera. Rosa, magari.

A tutti gli abituati a non accettare il diverso. E a tutti gli altri.

NOFX, “My vagina”.


Thursday, May 14, 2009

Girls kicking another girl in some street of Guangzhou (Canton, south China)


"Upon seeing this heartache causing scene, do not say this is an isolated incident because that is an excuse. We must not use simple excuses to cover up the problems of today’s education system! Do not just pursue grades/scores and overlook moral and character education, so sad~~ what a tragedy~~ when will this end?"


Source and video: ChinaSmack

Wednesday, May 13, 2009

Beve quando non gli va


Socialista come il due di coppe quando comanda bastoni, “Compri sempre sigarette di merda, comincio a credere tu lo faccia apposta”. Da secoli non lo vedeva, entrò in camera come niente fosse, immediatamente bruciò delle carte che aveva nel cassetto cassetto incluso, il resto della scrivania fuori dalla finestra. Ottavo piano, proprio come nel film su quel celebre matematico statunitense. La normalità, tutti sapevano, non era il suo forte.
“Ancora quella sciocca bandiera appesa al muro” pensò. Fuoco anche a quella. E non vedo perché no. Di corsa giù dalle scale (di corsa perché? È una fuga da se stessi, il fattore tempo è essenziale) prima traversa a sinistra poi giù fino a Cannon Road. Un appuntamento alle cinque di pomeriggio con Qingdao. Ho detto “con”, non “a”. Appuntamento fisso, neanche il tè con gli inglesi. Un sorriso sempre veloce sempre alla solita cassiera, di nuovo fuori che se qui abbiam bisogno di qualcosa quel qualcosa è l’aria, di qui al porto e il primo traghetto per quell’indirizzo segnatogli dal destino in una notte tutt’altro che chiara.
Finì così a scontare gli ultimi giorni della sua vita in compagnia non voluta d’un tranquillo e astemio giocatore di badminton ungherese: Amedeo Modigliani.


Foto: "Suicidio", Edouard Manet

Voto Berlusconi voto


"Ormai abbiamo capito che ci sono leader che danno prestigio al loro paese e altri che lo tolgono. Tanto per fare qualche esempio, l’Austria valeva meno con Kurt Waldheim che con Bruno Kreisky. Gli Stati Uniti valevano di più con Bill Clinton che con George W. Bush, mentre il Vaticano era tenuto in maggior considerazione con Giovanni Paolo ii che con Benedetto xvi. Così
l’Italia con il premier Silvio Berlusconi toglie all’intera Unione europea la possibilità di svolgere il ruolo che le spetta a livello internazionale"



Miguel Angel Aguilar, "La vanguardia". Presente su Internazionale di questa settimana.

Dear sisters, work hard, struggle, resist!

Look, the iron hoofs of imperialism have pounded our soil;
Look, the black hands of feudalism are still threatening our sisters.
Come quickly, come quickly, come quickly and get rid of all these
tigers and foxes, and sweep away all obstacles.
We, we, we are the free masters of our country, and not born slaves.
Come, come, dear sisters,
Unite together and march forward,
How can loose sands be solid?
Come, come, dear sisters,
And unite together as one heart,
The last victory belongs to us.
Work hard,
Struggle,
Resist,
The last victory belongs to us.

“The Marching Song of Women”, Zhuang Ming, April 1937.

La religione del fallimento e la terapia della letteratura


"ricordo della mia infanzia un tizio, un contadino al quale toccò una grande eredità. Passava la giornata di taverna in taverna, sempre ubriaco, accompagnato da un violinista che suonava per lui. mentre gli altri andavano in campagna a lavorare, lui passeggiava di taverna in taverna, l’unico uomo felice al mondo. Quando sentivo il suono del violino correvo a vederlo passare, perché mi affascinava. Spese tutto in due anni e poi morì."


Dall'intervista in "Cioran, un angelo sterminatore", di Fernando Savater


Foto: Emil Cioran. Fonte: http://www.amerigo.nl/

Tuesday, May 12, 2009

听说得处理关系,可我不想处理什么。。。and fuck off!!




Picture: An homeless in Prague (by http://www.flickr.com/photos/oddurjons/168993440/).

Monday, May 11, 2009

Dedicato ad Alice

"I think China is changing very quickly and many young people don’t think we fit into the culture and society of our parents. We are trying to build the China that belongs to us and that we can understand. That is why we all listen to each other and are influenced by each other. "

Michael Pettis, owner of D22, interviews Carsick Cars. Read all the article.

Sunday, May 10, 2009

中国外来家政女工的性别与权益研究报告

"China has one of the highest rates of suicide in the world and is the only country where more women than men commit suicide

[...]


There was a man who had a small business and his wife stayed at home to take care of the children, and to do the farming etc. One day, the woman asked her husband for money to buy something. The man didn’t want to give it to her, and said, “I worked hard all month to earn this money, and you just spend it all.” The woman thought, you are the main earner in the household so it's natural that you should be taking care of us, we are your wife and children. But the man didn’t think like that. He thought she shouldn’t use that much money at home. Then they argued, and he hit his wife and said some really terrible things to her. The woman took it really hard, and ended up drinking pesticide"


from "Gender and Rights Research Report on Chinese Female Migrant Domestic Workers", by Mei-Ling Ellerman, Action Research Project on Domestic Workers.

Friday, May 08, 2009

L’antidiva. Editrice di se stessa. Nichilista di formazione, velina per cause di forza maggiore. Intervista alle donne. E un mare di ipocrisia.


Con i poteri conferitomi dalla legge e dalla corte la dichiaro laureato in Scienza del Vivere, con il punteggio di 110, al quale la corte ha deciso all’unisono di aggiungere la Lode. Che la laurea in Scienza del Come Vivere la ottieni con la Prima Comunione. Inclusa nel prezzo. E spirò.

Non fa la cameriera. Ma a volte mi chiedo semplicemente banalmente “come”. Rinchiuso in un carcere, rinchiuso in una triennale in Psicologia o rinchiuso nella vita, semplicemente banalmente mi chiedo “come”.

Pensa solo alla metropolitana di Pechino. Guardala oggi e cinque anni fa. Non parlo dell’odore. Altro che progresso! Non solo l’infrastruttura o la struttura, osserva la gente che vi transita. Scendere e salire. Automi vestiti in cravatta. Sognavo un mondo di autonomi, mi ritrovo in un mondo di automi. Eh cazzo, quel “-no-” fa differenza eccome! Se vuoi, non osservare la gente che vi transita, ma i vestiti che indossa, le cose che maneggia. Marchi. Nulla più. Branchi di persone che pubblicizzano marchi famosi. Senza neanche rendersene conto. Di solito la pubblicità per farla uno ci guadagna. Questi no. La fanno gratis. Anzi, ci pagano sopra. Nelle migliori boutique di una capitale alienata come poche (tante) al mondo. Pagano per pubblicizzare altri. Fantastico. Si chiama progresso. Modernizzazione. Occidentalizzazione. A seconda del Baget Bozzo a cui lo chiedi. Fissa la metropolitana di Pechino e la gente che ne fa uso. Capirai tante cose. Tante da scriverne una tesi di dottorato. C’è qualche pazzo che lo fa. Non io. Io impazzisco su altre cose. Una specialista della scienza che servo da un anno a questa parte mi fa “quando fai interviste a quelle donne, cerca di tirar fuori il loro disagio, la loro alienazione”. Volentieri. Purché siano loro a parlarmi di disagio e alienazione. Ho la vaga impressione di star qui a importare dogmi (clericali o marxisti che siano) da medio borghese benpensante occidentale. Ogni tanto lasciamo parlare cazzo! E ascoltiamo. Un Master in Ascolto vorrei. Se qualcuno si sente alienato, che sia lui a dirmelo. Io mi sento alienato. Le donne che vado a intervistare, non so. Sa!? Non penso. E poi lei intellettuale bianca mi viene a parlare di alienazione?! Ma non si sente alienata lei, lei e la sua comunità di intellettuali occidentali in una metropoli del calibro di Pechino!? A lezione di alienazione dovremmo andare insieme. Insegnanti? Le donne che intervisto.

Parlando di politica… come mai in Italia le uniche cose di sinistra le dicono uomini di destra (Fini, Tremonti, Ghedini)?
In tema di femminismo in Italia (cioè di quello che ne resta) darei un orecchio alla Bonino. Che non ha proprio vent’anni. Ma questo ci offre il convento. Donne (giovani in primis), so che non le avete, ma tiratele fuori lo stesso: le palle!

Ho solo voglia di andarmene via da qui. Per poi aver voglia di andarmene dal prossimo posto in cui metterò piede. Un dottorato in Scienza della Fuga da Te Stesso. E così sia.

Finalmente anche pedofilo. Io voto Berlusconi!

Finestra sul mondo: due chiacchiere con l’anziano cinese senza fissa dimora.


Ieri sera ero seduto fuori da un locale con tanto di concerto punk, sbevicchiando birra, indeciso se entrare o meno: la musica si sente anche da fuori e il primo gruppo faceva cagare.

Fuori dal locale diversi giovani cinesi, qualche punkettone e molte bottiglie di birra vuote. Passa a raccattarle un anziano cinese, uno di quelli che in Italia chiamiamo “barboni”. Raccoglie diverse bottiglie di vetro e di plastica, domanda qualche spiccio in giro e a me chiede una sigaretta. È un volto noto, l’ho visto spesso a battere moneta ai giovani stranieri ubriachi il sabato sera di fronte ai locali alla moda di Wudaokou.

Mi si siede vicino e mi chiede da quale paese venga. Cominciamo una conversazione che non durerà più di cinque minuti. Alla fine decido di entrare, il secondo gruppo era decisamente più punk.

Mi racconta di aver 65 anni, di vivere a Pechino da 4. E’ originario dello Shangdong, una provincia orientale. Viene da un villaggio sperduto nelle povere campagne cinesi. Faceva il meccanico di macchine. Ha cominciato nel 1965 e ha perso il lavoro nel 2005. Ha una figlia che a sua volta ha tre figli e non può occuparsi di lui. Per questo ha deciso di venire a Pechino in cerca di fortuna. La fortuna consiste nel fare il barbone, tirando a campare rivendendo vuoti di bottiglia e snocciolando monete in giro. Mi ha detto il suo nome, ma non so come si scriva e non credo serva a molto scriverlo qui. È decisamente troppo anziano e malridotto per trovarsi un lavoro dignitoso. Morirà da queste parti. Non vuole tornare a casa, ha perso la terra e non vuole pesare sulla sua famiglia.

Lo rincontrerò in giro. Al prossimo concerto. Alla prossima birra.

Punk concert in Beijing!











Thursday, May 07, 2009

Young female migrant workers in China and health information


Major findings
- Premarital sex is no longer taboo and norms and behaviours are changing. “There is
nothing wrong with premarital sex, as long as they like each other and feel happy together”
(Shanghai, focus group discussion). Most young women believed that premarital sex is acceptable.
However, they expressed concern about the social consequences of unwanted pregnancy.

- Premarital sexual experience is reportedly uncommon. Most of the young women knew
someone who was living with her boyfriend, but few admitted they had had premarital sex.
Those who did, only admitted to a sexual relationship with a “husband-to-be”.


-Knowledge about, and use of, contraceptives is low. Most sexually active women had never used contraception and few knew where to obtain them. A 20-year-old unmarried woman who had had an induced abortion thought that it was ‘just bad luck’ to get pregnant after occasional, contraception-free intercourse over a period of two years.


- Unwanted pregnancy and induced abortion are not uncommon among the sexually active. If
an early marriage cannot be arranged the pregnancy ends in induced abortion. Providers reported that migrant women were more likely than non-migrants to delay seeking abortion and to experience multiple abortions. They were also more likely to resort to private—and usually unqualified—providers believing their confidentiality would be better protected.


Conclusions and policy recommendations
• Some young female migrant workers are sexually active, but they lack basic knowledge of contraception and reproduction. Moreover they do not know where to obtain contraception or are too embarrassed to try. Induced abortion or a hasty marriage are the only options in case of pregnancy.
• Young unmarried migrants do not use family planning service facilities although in theory these
services are available to all women. Government family planning education programmes or information materials do not reach migratory women.
• Urgent measures are needed to make reproductive health information and services in urban areas accessible to young migrant workers. Policy recommendations include the following:
– When newly arriving migrants register in cities, the registration offices could provide them with information regarding family planning as well as location of the services.
– Employers of migrant workers could disseminate pamphlets provided by the local government
family planning or health departments; they could also provide reproductive health services in
the medical clinics at the place of work.
– Urban family planning workers could visit workplaces and residences with a large number of
migrants in order to offer information and services for family planning and reproductive health.


From "UNDP/UNFPA/WHO/World Bank Special Programme of Research, World Health Organization" report, May 2002.

She doesn't look like a terrorist, does she?! N.A.T.O killer!!



Picture: Afghan baby, by Liberazione.

Finestra sul mondo: lavoro nei campi, cooperative, contadine portoghesi e riflessioni sul sistema (che così come è non va e non ci piace).


Lettera da un amico spagnolo che lavora in Portogallo. Condividiamola.



Esta frase salía de mi boca y corazón en pleno sol, en los campos portugueses, "Ya no hay más revoluciones". Me despierto a las 6:30 de la mañana y me voy al campo con el grupo de mujeres que me espera para empezar a podar. Esta vez eran jóvenes y divertidas. No cantaban fados pero me enseñaban palabras cochinas en portugués y yo se las traducía al español. Y lo hemos pasado muy bien, aunque no podrías imaginar cuanto de duro es el trabajo. Pero es bonito trabajar en el campo y todos juntos, hasta que uno piensa, porque unos se da cuenta de que lo que trabaja no es para él. A las 10:00 descansamos un rato y las preguntas de siempre: estas casado? enamorado? ... Pero son muy lindas e insisten en invitarme a quesos, zumos, etc. A las 13:00 comemos y luego vamos a por un cafe (tan rico como el italiano) al pueblo de al lado. En el camino le pregunto a Fatima ¿Cuánto os pagan por el jornal (día) de trabajo? 27 euros!!! Es entonces cuando me derrumbo. Pienso otra vez. Y no es realmente pena de ellas porque en el fondo ellas son felices y se divierten. Hacen lo que ha hecho la historia, lo que han hecho las generaciones anteriores, solo que hay una diferencia importante. Calculo. Tienen que trabajar tres meses así de duro para ganar lo que que gano yo en un mes y además seguro que llegan a casa destrozadas con poca vida. Sin embargo, la realidad es aun más fuerte porque estoy seguro que llegan a casa y algunas cocinan para la familia y otras salen a ver a sus novios ... Sabes, las 8 mujeres con las que he trabajado, estaban todas casadas, y casi todas con hijos. Y la mayor tenía 25. La más joven 18. Y vuelvo a pensar. Tienen que trabajar dos años sin parar para ganar lo que gana el director general en un mes. Aun así, llegamos al café y se piden café, agua y helados. No sentamos, y volvemos a reir. A la misma hora, llegan los hombres de trabajar y se encuentran durante un rato eterno de 30 minutos. Hoy no han gastado dinero en cafe, agua y helados. Y me dan ganas de venir cada dia de mi vida a invitarles al cafe, agua y helados. A las 14:00 volvemos al campo. Por la tarde, despues de comer y con café, se habla más. Y les pregunto, que les parece el trabajo y la situación, y como ven dismnución de cooperativas.Al principio se quejan del duro trabajo y poco dinero. Es entonces cuando les pregunto que ocurrió con las revoluciones. Al unisono pronunciamos "ya no hay más revoluciones". Sin embargo, seguimos hablando y me responden lo que oyen, que es mejor así, que en las cooperativas se ganaba menos,bla bla bla. La lágrima cae cuando al terminar una línea de poda, me preguntan si pueden fumarse un cigarrillo. Que a los jefes no les gusta que lo hagan. Veo como tiran las colillas al suelo y solo puedo reirme de mi mismo. Yo no pienso que las cooperativas ganasen poco. De hecho funcionan en muchos lugares. Pero claro, es cierto que la agricultura intensiva y con terratenientes, como es hoy en día, tiene mucho dinero y se puede invertir en tecnología y sistemas en los que se duplica, triplica y más la producción. Claro que hay más beneficios y ellas ganan de alguna forma más dinero sin preocuparse tanto por sus tierras. Sin riesgos. Pero aqui viene el gran problema. Estoy completamente a favor de la tecnología, de la investigación, etc. pero si estoy a favor es por la sencilla razón de que podría hacer más libre al hombre, conseguir más tiempo para la vida, producir más y si se desarrolla en la buena dirección, tratar mejor al medio ambiente. Pero que es lo que está ocurriendo???? Esas máquinas y grandes producciones solo hacen más "libres" y más "ricos" a los dueños, a los terratenientes. Ellos son los que realmente disfrutan de la tecnología moderna, de la investigación,... Ellas siguen trabajando las 8 horas al sol, día a día. Y lo peor es que son muchos menos los que trabajan porque son las máquinas las que hacen el trabajo. La cantidad de personas sin trabajo es inmensa estos días. Entonces, realmente, la tecnología, investigación,.. hace más libre al hombre? Yo no entiendo nada y tengo ganas de luchar. Pronto me doy cuenta que yo soy parte de esta mierda! Lo gracioso es que escribía libre y ricos con "" porque ni siquiera creo que el terrateniente lo sea. En el fondo solo vive en una ilusión. Porque qué significa todo ese dinero y esa libertad el dia que el terrateniente está en su cama a punto de morir. Qué les diferencia de AAA, BBB, CCC, DDD, EEE, XXX, YYY y ZZZ el día que van a morir. Pero si no fuese por las drogas y los médicos que engañan, y los curas, ese dia, los terratenientes tendrían más miedo que nadie en este mundo. Y se sentirían más solos que nadie.


Le tombe del PCI


"E così il profondo divario di sensibilità che si era creato tra le classi colte e quelle popolari ha reso il paese indifeso di fronte alla controrivoluzione dell’impero televisivo di Berlusconi. La sua tv ha nutrito l’immaginario popolare con un mucchio di idiozie e invenzioni volgari."
Perry Anderson, da un estratto del saggio pubblicato sulla London Review of Books, uscito anche su Internazionale di questa settimana.

Wednesday, May 06, 2009

Finestra sul mondo: atomica e Corea del Nord, la voce di uno studente nord coreano



Lettera di un amico nord coreano.


Ho vissuto a Pechino per cinque anni. In questo arco di tempo sono successe molto cose di cui vado orgoglioso.
Vorrei parlare del tema dei test nucleari nord coreani. Nel 2006 la Corea del Nord ha raggiunto un grado di sviluppo tecnologico per sperimentare il nucleare. Questo è motivo di orgoglio per il popolo nord coreano. Gli esperimenti nucleari vengono fatti a causa degli Stati Uniti. Servono a proteggere il nostro paese, non per attaccare altri paesi. Se gli Stati Uniti decideranno di attaccare, la Corea del Nord ha tutte le potenzialità per difendersi e contrattaccare. Questa volta i test nucleari hanno lasciato gli Stati Uniti molto sorpresi. Gli Stati Uniti non potranno minacciare di nuovo la Corea del Nord. Questo dei test nucleari non è solo mio motivo di orgoglio ma motivo di orgoglio di tutto il popolo nord coreano.
Vorrei infine dire che io sono un nord coreano e darò il mio contributo per la prosperità del mio paese.



(tradotto dal cinese)

4 maggio 1919. O forse 6 maggio?!


Nel mio campus lo han celebrato oggi, 6 maggio, il novantesimo anniversario delle dimostrazioni studentesche a Pechino, 4 maggio 1919. Volantini, stands, giochi, punti informazioni, bancarelle. Organizzato dalla Lega della Gioventù Comunista e dall'Unione degli Studenti. Bello, simpatico, edulcolorato...

Resta solo una domanda: perché festeggiare il novantesimo anniversario del 4 maggio 1919 il 6 maggio 2009 e non, magari, due giorni prima? La risposta la sapete meglio di me: è l'anniversario con caratteristiche cinesi!!


"Correva l’anno 1919, quarto giorno del mese di maggio; migliaia di studenti scesero per le strade di Pechino per protestare contro il pesante verdetto del Trattato di Versailles che condannava la Cina (paese uscito vincitore del primo conflitto mondiale) a cedere i territori precedentemente occupati dai tedeschi (nell’attuale provincia dello Shandong) ai nuovi occupanti giapponesi. La protesta assunse toni anti imperialista e contrari alle potenze occidentali, ma al tempo stesso chiedeva al governo cinese politiche più incisive in senso nazionalista, democratico, modernista e anti feudale. A tutt’oggi il Movimento del Quattro Maggio è ricordato come una sorta di Rinascimento cinese (in senso culturale e scientifico, inserito nel più generale Movimento di Nuova Cultura) e inizio del processo che portò alla fondazione, due anni più tardi a Shanghai, del Partito Comunista Cinese."


Foto: campus della Renmin University (Università del Popolo)

Tuesday, May 05, 2009

Prolegomeni del pensiero politico e filosofico cinese

1. Dal confucianesimo: un’etica radicata sotto la soglia della riflessione critica e nei più durevoli legami sociali (parentela e usanze), che plasma la comunità basandosi sulla famiglia e pone in correlazione il binomio ‘sovrano – suddito’ con ‘padre – figlio’, e quello ‘passato – presente’ con ‘antenato – discendente’.
2. Dal legalismo: uno stato razionalizzato con tecniche di organizzazione imperiale di entità senza precedenti, e con costumi largamente omogenei al suo interno.
3. Dalla scuola Yin-Yang: una proto-scienza che situa l’uomo in un cosmo modellato sulla comunità.
4. Dal taoismo (con l’apporto del buddismo a partire dal periodo Han orientale): filosofie personali che pongono in relazione diretta l’individuo e il cosmo, lasciando spazio all’interno dell’ordine sociale per ciò che non è assimilabile e potrebbe causare fratture nella comunità.
5. Da Mozi (attraverso il dibattito fra le scuole in competizione): una razionalità limitatamente all’utile, che lascia i quesiti fondamentali al di fuori della propria sfera di interessi.


Da “La ricerca del Tao. Il dibattito filosofico nella Cina antica”, di Angus Charles Graham.

Next summer, holidays in Rosengård!!







Rosengård, district of Malmö (Sweden)... Zlatan Ibrahimović's billions and migrants' riots during the night.

Monday, May 04, 2009

中国象棋。。。谁要跟我玩儿?!


La mia occupazione è ormai
dispersa ed ora è il tempo dell'ozio,
sono pigro, è venuto il momento della vecchiaia.
Per dire addio alla primavera c'è solo il vino,
per passare le giornate non è rimasto
altro che gli scacchi.
Bai Juyi (772 - 846)

In quanto maschi, abbiamo sempre un motivo a priori per chiedere scusa...


A Sud delle Nuvole


Han detto che smetteranno di darmi ordini quando comincerò ad ubbidire. Nel frattempo vorrei più scarafaggi e meno zanzare, più cavallette e meno sbattere metallico di cantieri aperti anche il giorno della festa dei lavoratori. Chissà come mai Pechino è grigia anche col cielo azzurro, sa di inquinamento anche quando va dall'estetista a farsi barba e ceretta. Quando vado a farmi la barba io? Aspetto che venga lei a farsi me. Afferro e rigiro, giro alto giro basso, come la ruota al luna park nei romanzi dell'ottocento francese, come la ruota del dharma, come il simbolo del tao (sembra fermo in realtà gira), come le bolliccine schiacciate in una plastica timbrata coca cola senza zucchero aromizzata alla barbietola da zucchero, come la mia testa stasera e la mia testa la sera l'altra. Tra i colletti bianchi e i centri commerciali della capitale la dice bene blob: vota veronica! Anzi no, il mio voto stanotte a te, persa a Sud delle Nuvole (persa neanche tanto, i persi meglio li trovo sempre in metropolitana), a raccogliere carote per i conigli. Se mai finirò il dottorato la prossima destinazione si chiama coniglio. A Sud delle Nuvole, chiaro.

Sunday, May 03, 2009

Naked bodies and interviews among Chinese women

“Interviewing for academic purposes in China is quite new to most people. Generally, when an interview is mentioned, people would imagine being visited by reporters and then seeing their words being published in the media.
[…]
Xinran, a Chinese journalist who recorded several women’s narratives, used a metaphor to illustrate the difficulty of asking Chinese women to talk about themselves – ‘For Chinese women, the naked body is an object of shame, not beauty. They keep it covered. To ask them to let me interview them would be like asking them to take off their clothes’”


Liu Jieyu, Gender and Work in Urban China.

Mini documentario



"A caccia con l'uomo preistorico", la tribù degli Hadzabe'e, Tanzania.


Fonte: Focus.


Saturday, May 02, 2009

Prostitution and marriage 嫖娼与婚姻

"as Chinese sociologist Li Yinhe points out, prostitution is essentially no different from marriage because both are a result of moral compromise between romantic intimacy and materialistic concerns. Li asserts that the only difference between the two is that prostitutes sell their bodies to numerous customers at different times as wage-workers, whereas wives sell their bodies to one person all the time as slaves. The two institutions share the same nature, that is, the sale of the women’s sexuality to men for financial mobility and security"

Zheng Tiantian, Commodifying Romance and Searching for Love.

Beijing 2009, a great May Day. Thank you Li Xian!!