Thursday, July 31, 2014

Diario di viaggio (II): Copacabanacazzo!

A Rio abbiamo inoltre visitato i quartieri del centro, con le loro architetture indicativamente coloniali, i vivacissimi mercati, lo stadio di Maracana' (chiuso ancora per pulizie dopo il delirio dei mondiali di calcio) e il biarro di Lapa, luogo della movida carioca, pieno di bar e locali per giovani brasiliani e non: se vi piace ballare il funk e' li' che dovete andare. Con mio cugino F. siamo passati una sera per trovare delle nostre amiche maceratesi (piccolo il mondo, no!?) ospiti a casa di un ragazzo del posto. Bellissima serata a base di birra, vino, dolci e musica.
Si sa, l'America Latina e' famosa anche per la violenta criminalita' delle sue metropoli e ovviamente Rio non fa eccezione: ci hanno messo in guardia dall'Italia amici e parenti che qui hanno viaggiato o vissuto... niente bus dopo la mezzanotte, niente vicoli bui, solo strade trafficate, un occhio di riguardo dopo il tramonto del sole, occhio ai portafogli in metro, niente collanine o bracciali appariscenti, scordati il cellulare o la macchina fotografica (almeno evitare di metterli in mostra), dimenticati le favelas e altri quartieri a rischio. Bene, noi cosi' abbiamo fatto. Pero' alle due di notte la metro a Lapa e' chiusa e il taxi bastona le gia' esigue finanze... il cortese ragazzo ci ha cosi' invitato a prendere il bus per Copacabana: zero rischi (diceva) e quindi ci siamo avventurati. Abbiamo aspettato il bus sul marciapiede per una ventina di minuti assieme ad altri ragazzi storditi dalla serata tra bar e discoteche, per poi attraversare tutta Rio sotto la pioggia e scazzare un paio di fermate, scendendo dal bus con notevole ritardo chilometrico. Ritardo chilometrico pagato a piedi alle tre di notte, abbiamo incontrato alcune persone per strada nei quartieri di Ipanema e Copacabana, ma nessuno ci ha tagliato la testa per fotterci la collanina ne' ci hanno esportato organi destinati al mercato dei miliardari russi. Insomma, magari Rio di notte e' pericolosa, ma a me e' sembrata piu' minacciosa Macerata di giorno.

Tante sarebbero le cose da aggiungere su Rio, ma preferisco chiudere qui, spendendo le ultime righe sulla spiaggia piu' famosa al mondo: Copacabanacazzo!

Spiaggia piu' famosa al mondo dunque, e un motivo ci sara'...
Non affollata come Tel Aviv, non selvaggia e a tratti inospitale come le spiagge dei Caraibi, non presenta mucche al pascolo come una che vidi in Cambogia, non sporca come quelle nel litorale adriatico centro-settentrionale... Travolta dalle onde dell'oceano ha un 80-100 metri di bagnasciuga piu' un altro centinaio di metri di spiaggia bianchissima formata da minuscoli granuli di sabbia. Gioia dei surfisti, paradiso per mamme e bambini, piacevole luogo di svago e socializzazione per i giovani e i turisti da ogni parte del mondo. Alcuni ragazzi passano a vendere gelati, birrette, collane, asciugamani, palloni. La differenza piu' grande con le spiagge italiane e' che non esistono bagnini: la spiaggia e' completamente libera, libera anche visivamente dai colori degli ombrelloni o delle sedie a sdraio. Nessuno ti chiede niente e puoi entrare liberamente in spiaggia e stendere il tuo telo dove vuoi. Per lo meno ora che e' inverno (ma non per questo la spiaggia manca di bagnanti), in estate non so. Appena fuori dalla spiaggia e prima dei marciapiedi che separano dalla strada trovi dei chioschi che vendono cibo e bevande. Quando fai il bagno devi stare un attimo attento perche' il mare, oltre ad essere gelato, crea forti correnti e onde che ti stravolgono. La sera la spiaggia e' illuminata a giorno e mentre i surfisti impazziscono e i frakkettoni vendono artigianato ai lati del marciapiede, gli altri fanno jogging o giocano a beach-volley, racchettoni, calcio-tennis e simili. Insomma, a me i quasi dieci chilometri di spiaggia di Copacabana sono sembrati tra i piu' belli mai visti, senza contare che al termine di essa si erge una specie di piccolo massiccio roccioso che college alla spiaggia di Ipanema, da dove e' entuasiasmante osservare il tramonto bevendo caipirinha e sgranocchiando churros, pannocchie di mais o carne secca venduta in strada. Ricapotilando Copacabana mi ricorda un po' quelle vaste e incantevoli spiagge del Marocco o dell'India orientale, ma bisogna dire che i brasiliani hanno un modo di approcciare e vivere la spiaggia molto piu' "europeo" rispetto agli amici africani o asiatici...

São Vicente: the first Portuguese permanent settlement in the Americas and first Brazilian city

 

 







 

Liberdade リベルダージ: a district in Sao Paulo with the largest Japanese community outside Japan...













voi italiani sempre mangiare (II)




Caramba, caipirinha 3x2!


Wednesday, July 30, 2014

Romanticismo abbestia...

"Se sono un buono a nulla, allora voglio andarmene in giro per il mondo e costruirmi da me la mia fortuna. (...) Mi sentivo come se fosse un'eterna domenica"

"che dovevo esser sobrio e laborioso, che non dovevo andarmene in giro per il mondo, che non dovevo fare cose inutili ne' praticare arti senza guadagno e cosi', col tempo, avrei potuto farmi una posizione"

"ognuno si e' procacciato il suo posticino sulla terra, ha la sua calda stufa, la sua tazza di caffe', la sua donna, il suo bicchiere di vino la sera e cosi' e' soddisfatto: persino il portiere si sente benissimo nella sua lunga pelle. Io non sto bene da nessuna parte. E' come se fossi arrivato ovunque troppo tardi, e' come se il mondo non avesse proprio previsto la mia esistenza"

"Ma appena vuotai tutto d'un fiato il bicchiere quella scoppio' improvvisamente in un riso che non riusciva a trattenere, e divenne sempre piu' rossa, se ne ando' in camera da pranzo e chiuse la porta dietro di se'. Che c'e' da ridere, pensai stupito, credo che in Italia siano tutti matti."


Tratti da "Vita di un perdigiorno", di J. K. Eichendorff

Monday, July 28, 2014

Diario di viaggio (I): Macerata-Rio sola andata

In Brasile da ormai una settimana, giunto e' il tempo di lasciare due righe...

Incontrato all'aeroporto di Fiumicino F., mio giovanissimo cugino studente di filosofia ed imperdibile compagno di viaggio alle prime armi, abbiamo da aspettare alcune ore prima del volo per Madrid e la coincidenza per Rio de Janeiro. Ci rendiamo conto che in effetti di viaggio abbiamo programmato ben poco: abbiamo pero' degli indirizzi di amici e parenti qua e la' tra Rio e Buenos Aires. Brasile meridionale, Uruguay e Argentina passando per le cascate di Iguazu' sono la strada che abbiamo in mente di fare: piu' o meno 4.500 chilometri via terra, secondo GoogleMaps. In cinque settimane dovremmo farcela, salvo imprevisti, sfighe e innamoramenti last minute del caso.

Sincronizziamo i cellulari, collassiamo un paio d'ore all'addiaccio e siamo pronti: davanti a noi il gate con su scritto "Rio de Janeiro". Ciao Macerata, ciao Fiumicino, ciao Italia, buona estate a tutti/e! Il volo passa tranquillo, ovvero al freddo e con cibo scarso e poco invitante, meno male due film e un documentario sul calcio brasiliano... Dodici ore dopo circa siamo all'aeroporto Galeao-Antonio Carlos Jobim. Rio ha quattro o cinque aeroporti, ma il piu' grande e attivo e quello Jobim, situato nella parte nord della immensa metropoli: sette milioni di persone, piu' l'area metropolitana. Essendo sera, ci avevano consigliato di evitare il bus e prendere un taxi e cosi' facciamo. Al banchetto dei taxi "ufficiali" vogliono 125 reais (circa 40 euro) per compiere i 25 chilometri che ci dividono dal nostro appartamento; decidiamo allora di prendere un taxi "ufficiale" fuori dall'aeroporto: il tassista spara la sua auto a tutto per le tangenziali periferiche della citta', portandoci a destinazione in meno di venti minuti. Prezzo? 56 reais, meno della meta' di quanto ci avevano chiesto all'inizio. Ci e' andata bene, non vi fate fregare.

Siamo nella parte estremo-meridionale di Rio, di fronte alla spiaggia di Copacabana. Ad aspettarci c'e' D., un giovane studente locale, nipote di amici della famiglia di F., che cordialmente ci apre le porte di quella che per i prossimi giorni sara' la nostra casa: un appartamento moderno al decimo piano di un palazzo a due passi dalla spiaggia piu' conosciuta al mondo. Non suona male, almeno come inizio. Ci appare evidente immediatamente la prima difficolta': la lingua. Praticamente quasi non riusciamo a comunicare con D., capisco solo "Voi parlate cosi' tante lingue, io solo il portoghese e male". Risate a parte, il portoghese al primo acchitto non e' cosi' semplice; tra me e F. parliamo discretamente almeno cinque lingue, ma nessuna ci e' d'aiuto, neanche lo spagnolo. A poco serve il dizionario, dato che il portoghese parlato da queste parti non si pronuncia come si legge. La cosa non mi dispiace, anzi consola: finalmente un paese dove sono costretto a comunicare a gesti e sputare sangue per beccare il pullman giusto, finalmente qualcosa che posso chiamare "avventura" e non "pic-nic con gli amici"...

Il primo giorno visitiamo i "must" di Rio: la "Montagna di zucchero" e il Cristo Redentore, dai quali osservare il paesaggio unico e affascinante della citta' carioca, siti nel verde tropicale alla larga da grattacieli e tristi palazzi. Avevano ragione: Rio e' davvero bella e va assolutamente visitata, non tanto per l'architettura o l'urbanistica, quanto piu' per questi panorami mozzafiato e questo saliscendi di verdi montagnole tra agglomerati urbani, favelas e spiagge. Turisti tanti ma non troppi, in giro pochi negozi o attivita' cinesi, l'inglese non lo parla quasi nessuno o forse i giovani lo parlano ma si vergognano a comunicare in inglese perche' evidentemente poco abituati a farlo. Chiaro, solo impressioni del viaggiatore in Brasile da meno di 24 ore. Eccovene altre due:

- vitalita', cordialita' e ricchezza di colori a parte, ai miei occhi appare evidente l'influenza (culturale, etnica, economica, gastronomica, architettonica, ecc...) europea, in primis italiana e spagnola. Insomma, da italiano ti senti un po' a casa;

- in termini di melanina, trovi in giro persone dal bianco cadaverico-alemanno (pochi, in realta') al nero pece-ugandese (non tanti, a dir il vero), passando per una serie infinita di sfumature caffe'-latte che solitamente chiamiamo "mulatto/i". Ecco, per lo piu' i brasiliani a Rio sono mulatti che danno verso il bianco. Alla Neymar, per intenderci. Non sono rari gli occhi tendenti alla mandorla, data la tradizionale massiccia immigrazione da parte dei giapponesi. Tutto cio' fa si' che da turista italiano tu ti senta perfettamente "uno qualsiasi", non desti l'attenzione della gente, ne' per come ti vesti (maglietta, pantalone corto, infradito) ne' per i tratti somatici. Non e' cosi' ovunque: chi ha vissuto in Cina, Giappone, Kenya o India puo' capire benissimo a cosa io mi stia riferendo.  

Aquário Municipal de Santos














dunque dimmi tu
pinguino
se un giorno felice
e' stato oggi il tuo...

Sunday, July 27, 2014

In Europa li chiamano ultra', in Brasile torcida...









Campeonato Brasileiro Serie A, sabato 26 luglio 2014
Santos Futebol Clube 3 - Associacao Chapecoense de Futebol 0

p.s. Tutti a casa oleeeeeeeee, tutti a casa oleeeeee!!!

voi italiani sempre mangiare...







Last night in Rio & the CouchSurfing community...






p.s. Obrigado, Bruno!!