Thursday, November 30, 2006

In Cina omosessuale=malato di HIV

Fonte: Chinadaily Online

China home to 20 million gay men
A report released on November 29 by the Chinese Center for Disease Control and Prevention on November 29, 2006 says that during the 24 hours after 3 o' clock pm November 28, as many as 190 AIDS cases were confirmed across China, the Beijing Daily Messenger reported on Thursday.
Half of the 190 were infected through sexual intercourse and homosexual men formed the largest group that acquired the HIV virus through sexual intercourse, according to a report on the health of gay men, the first of its kind in China released on the same day.
The report used 526 homosexual men in Beijing as a representative sample. One third of the respondents said they were bisexual and 46 percent were highly educated and held jobs.
Zhang Beichuan, professor at the Qingdao University medical school and renowned AIDS treatment and prevention expert said among the 30 million homosexuals in China, two thirds of them are men, who are considered to be the most vulnerable group to transmission of the HIV virus. Among the 300,000 homosexual men in Beijing, three of every 100 male homosexual encounters transmit the virus, according to Zhang. But polls found that only 20 percent of homosexual men use condoms every time they have sex.
"It is like people addicted to smoking who know their habit causes cancer but still continue to smoke," said Wu Zunyou, director of the center. "Homosexual men are aware of the high risk but give in to temporary pleasure as a result they are reluctant to use condoms."
HIV virus transmission has gone through four stages in China. During the 1980s, the virus came from overseas and was confirmed within the nation. In 1989 there were outbreaks in some parts of China. During the mid-1990s, the virus was transmitted through blood transfusions. Now the most common ways people become infected are through sexual intercourse or intravenous drug use.
"There are three routes of infection through sex, through heterosexual couples where one infects the other, or their next generation, bisexual sex and homosexual sex," Wu said.
To cub the high infection through homosexual men, the central government would allocate special funds for AIDS control and prevention next year, including financial preference to anti-AIDS campaigns aimed at homosexual men. The Ministry of Health is planning to send AIDS prevention volunteers to homosexual men groups and forming a 'Five Year Plan' to fight AIDS in the gay community.

Cina Caput Mundi


C'è stato un tempo, seppure breve, quando un occidentale in Cina era visto come una salvezza, un tesoro, un motivo di gioia, una manna dal cielo, diciamolo pure chiaramente, un portafoglio con le gambe. Per questo, nel tempo di cui sopra, i cinesi (perlomeno quelli di Pechino dove abitavo io) agli occidentali portavano rispetto (leggi falsa cortesia) e prestavano attenzione (leggi leccavano il culo). In quel tempo facevano di tutto per cogliere la tua attenzione, mostrarsi simpatici, conoscerti e potenzialmente spillarti soldi per direttissima o in futuro. Gli occidentali erano elogiati, invitati, accompagnati. Facevano locali, pub, bevande e musica per gli occidentali. Importavano droga, macchine e prostitute per gli occidentali. Per spillare soldi agli occidentali avrebbero negato qualsiasi evidenza e rinnegato qualsiasi autorità.
Quanto appena detto non è del tutto vero ovviamente, è discutibile e confutabile da molti punti di vista, ma molti come me in Cina avevano questa sensazione. Oggi invece non sembra più essere così. L'occidentale è ancora osannato e ricercato per fare soldi, molti e facili soldi, ma già troppi cinesi hanno fatto soldi e troppi cinesi si possono permettere di ridere in faccia all'occidentale qualsiasi, allo studentello americano, al giornalista inglese, al turista francese, al commerciante russo. Magari non ridono in faccia all'occidentale che si presenta con jet privato o è noto proprietario di sette banche e venti alberghi. E' questo me lo han fatto pensare le manganellate prese in una discoteca di Canton e una lunga discussione con una brillante studentessa cinese nonchè amica del sottoscritto; mi ha "svelato" o meglio portato a pensare ed accorgermi di una serie di atteggiamenti di cinesi del ventunesimo secolo che in effetti dell'occidentale medio se ne sbattono davvero le scatole. A volte arrivano anche a considerarci per quello che troppo spesso appariamo: degli incontentabili libertini con la puzza sotto il naso, buoni solo a far soldi e neanche tanto negli ultimi tempi.
Una volta un giovane giornalista cinese disse ad un amico tedesco "Usiamo il capitalismo oggi per non averne più bisogno domani". Oggi questa frase la leggo come "Abbiamo avuto bisogno di voi, vi abbiamo servito e usato per non avere più bisogno di voi adesso e potervi pisciare in testa come avete fatto voi con noi per tanti anni".
Secondo alcuni studiosi la Cina sta neo neo colonizzando l'Africa. Il problema è serio ed ha già portato disagi ed incindenti (vedi Nigeria e Zimbabwe). Un inviato italiano a Pechino prevede che in quarant'anni il PIL della Cina sarà metà di quello mondiale, cioè la Cina si svilluperà come tutte le altre nazioni messe insieme. La paura più grande è che la Cina (e i cinesi, o meglio il Partito a nome dei cinesi) presto non avrà più molto bisogno di noi e ci prenderà giustamente a pesci in faccia.
Come disse il maiale sul tavolo del macellaio "bella non me pare..."

Sarà una risata che vi seppellirà...

Un omaggio ad uno dei più grandi scrittori cinesi del XX secolo. L'anno scorso, quando è morto, mi trovavo in Cina e in classe ho improvvisato un epitaffio in cinese; per il suo funerale i giornali "meno di regime" hanno dedicato prime pagine e grande spazio. Ho letto due suoi romanzi in italiano e alcune citazioni in cinese con le quali avevo tappezzato la mia camera del dormitorio a Pechino.

Fonte: Wikipedia

Ba Jin (Cinese: 巴金, traslitterato anche come Pa Chin e talora come Pa Kin, nome d'arte di Li Yaotang 李尧棠 il cui nome zi è Li Feigan 李芾甘, nato il 25 novembre 1904 morto il 17 ottobre 2005) è considerato uno dei più importanti scrittori cinesi del ventesimo secolo. Anarchico fin dalla giovane età prese lo pseudonimo Ba Jin dalle iniziali cinesi dei cognomi di Michail Bakunin (Ba) e Pëtr Kropotkin (Jin).
Nato a
Chengdu 成都, nella provincia del Sichuan 四川, Ba Jin proveniva da una famiglia di letterati confuciani. Nel 1920 si iscrisse alla Scuola di Specializzazione in Lingue Straniere di Chengdu. Tre anni dopo si trasferì a Shanghai e quindi a Nanchino (Nanjing). Nel 1927 viaggiò e studiò in Francia dove cominciò ad usare il suo pseudonimo per firmare la sua prima opera Miewang 灭亡("Distruzione") ambientata nei circoli anarchici rivoluzionari della Shanghai contemporanea. L'opera uscì a puntate in Cina con enorme successo. Tornato nel 1928 a Shanghai si dedicò alla letteratura, sia scrivendo romanzi sia dedicandosi a riviste ed articoli.
Le sue opere più famose sono
Famiglia 家 (1933) e la Trilogia dell'Amore 爱情三部曲 composta da Nebbia 雾 Pioggia 雨 e Lampo 电.
Il suo più importante contributo ideologico fu l'attacco all'istituzione familiare cinese tradizionale, vista come il maggiore ostacolo alla libertà dell'individuo nella Cina del suo tempo.
Durante la guerra sino-
giapponese si dedicò all'attività di propaganda antigiapponese e antimperialista.
Perseguitato come controrivoluzionario durante la
Grande Rivoluzione Culturale 文化大革命 (Wenhua Da Geming). Riabilitato nel 1977 fu in seguito eletto in varie posizioni ufficiali in seno alle associazioni letterarie ufficiali cinesi.
Tra le influenze nelle sue opere si citano
Émile Zola, Ivan Turgenev e Anton Chekhov. Dagli anni '90 Ba soffre del morbo di Parkinson. Morì dopo una lunghissima degenza a Shanghai. In Cina varie campagne cercarono senza successo di fargli ottenere il Nobel per la letteratura.

Wednesday, November 29, 2006

Noiose considerazioni...

Sono stato a Roma per un paio di giorni. Andato per motivi di burocrazia e rogne universitarie, alla fine sistemato tutto e tutto come sempre di fretta. E come sempre la parte più piacevole del brevissimo soggiorno a Roma sono state le famose "due chiacchiere" con amici e conoscenti dell'università e non solo, con gente che non beccavo da anni o da mesi. Ho riflettuto quattro ore di fila durante tutto il viaggio di ritorno in pullman. Malinconica nostalgia. Rivedere Roma per poche ore mi ha fatto tornare in mente i miei anni felici, sballati, paranoici, bruciati, belli e ribelli del primo periodo universitario, quelli prima della mia prima partenza per la Cina. E giù valanghe di ricordi, assurdità, incontri, stazioni, concerti, cortei, contestazioni, tipette, punk, vino, filosofie gratuite e piacevoli (a volte un po' meno) malesseri. Queste poche ore a Roma mi han fatto immaginare che forse questi anni posso esistere ancora. Gran parte della gente ancora c'è, i posti sono quasi gli stessi, la poesia c'è ancora nell'aria basta saperla scovare. Forse di fondo manca la voglia, un po' di pigrizia, un po' di titubanza, un po' di pensione. Negli ultimi due anni e mezzo sono stato più in Cina che in Italia, naturale pensare a tutto quello che "mi sono perso" qua, a livello di esperienze, studio, condivisione, botte di vita... E non lo dico per lamentarmi, sono arcistracontento della mia permanenza cinese. Ma mi chiedo se valga la pena di continuare su questa strada, di rincorrere forzatamente la Cina, stare appresso a questa velocissima locomotiva cinese senza chiedersi se tutto ciò abbia senso, se in realtà non sto semplicemente e stupidamente correndo dietro a me stesso, se abbia voglia e forza a continuare così. Oggi direi di no. Dispiace dirlo, più che altro mi fa strano sentirmelo dire, ma non so se ho tutta questa voglia e fretta di tornare in Cina una volta discussa la tesi. Anche altrove è pieno di roba che mi piacerebbe vedere, vivere, annusare (di più, sniffare)... prima di posare il mio sedere flaccido sul "futuro Cina" ho ancora voglia si sbagliare, cambiare, provare, tentare, confrontarmi, la vita che faccio a Pechino o Canton è più che altro rivolta al mondo del lavoro e alla vita "d'alta classe", il rischio di farsi fottere da questa bella e maledetta idea, da questa troia di sirena, il rischio minchia è alto. Non parlo così quando sono in Cina, ne parlo adesso e ne voglio approfittare. La Cina può aspettare cazzo. Prima ho voglia di prendere altre manganellate magari in Russia o in Belgio, di fare panini per fast-food a Londra, di fare autostop per le Ande, voglio un'overdose mistica in India, voglio ancora l'arresto alla stazione di Brazov in Romania, voglio tanto e voglio di più, voglio freakkettonare in Australia, lottare per i nativi dell'Amazzonia, voglio addormentarmi sopra un albero di fronte al miglior tramonto nella savana africana, voglio star male ogni giorno per una tipa diversa, voglio trovare il tipo della mia vita, vestire strano e parlare peggio, voglio vendere lucertole ai mercatini natalizi di Oslo, voglio rifugiarmi sotto il Patto di Varsavia voglio un Piano Quinquennale la stabilità la stabilità la stabilità...

E adesso vorrei spararmi Trainspotting, Fuori di cresta, La guerra degli Antò, il documentario sui Sex Pistols mentre Ianna mi suona ubriaco tutto il suo repertorio dei Rancid e qualcuno pieno di catene e il chiodo dei Clash mi chiede qualche spiccio...

Ho deciso: non andrò mai più in Cina, non voglio mai più farmi la barba, non voglio mai più usare inutili parole quali "sempre" e "mai". Soprattutto non mi voglio sposare. Mai.

Foto: Espresso Online

Monday, November 27, 2006

Scusate se insisto: arte contemporanea cinese

Per i fortunati che vivono vicino Torino.
Fonte: Unità Online

Occhi scuri e allungati, capelli lisci, corporatura esile. Cinese, giapponese, coreano, che differenza fa? «Alllooksame»: sono (ci appaiono) tutti uguali. Sarà forse che noi occidentali non riusciamo a distinguere nulla dell´Oriente. Uomini e cose. Perché le cose si complicano ancor di più se si tenta di riconoscere e strappare allo stereotipo una megalopoli tutta traffico e grattacieli. O perfino un´opera d´arte. Proprio per far luce sulla complessità culturale e sociale ancora in larga parte inesplorata di questi paesi in continua trasformazione, Francesco Bonami presenta alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino (fino al 7 febbraio 2007) un´interessante parorama delle tendenze più attuali dell´arte orientale, una ricca selezione di opere d´arte contemporanea cinesi, coreane e giapponesi. Il titolo della mostra è stato preso in prestito da Alllooksame, un esilarante sito internet creato dal giapponese Dyske Suematsu, che si prende gioco dei luoghi comuni e pregiudizi occidentali nei confronti degli asiatici, presentando, come in un blog, test e giochini ironici sull´impercettibile differenza che sfugge ad occhi distratti e condizionati. Ideale punto di partenza della mostra sono i coloratissimi fumetti del coreano Im Gook, non a caso posizionati proprio all´inizio del percorso espositivo. Tavole che raccontano in modo immediato, con trovate semplici e divertenti, i principali movimenti artistici occidentali. Dal Medioevo all´età contemporanea, dalle immagini spirituali dell´arte gotica, ai personaggi un po´ alternativi e "fricchettoni" della pop art, le opere operano un interessante cambio di prospettiva, un rovesciamento di punti di vista, necessario per comprendere a pieno la complessa realtà dell´arte asiatica evitando inutili banalizzazioni. Ma è proprio vero che l´arte contemporanea orientale è tutta uguale? Curiosando per le sale si scoprono artisti giovanissimi, ma già affermati, che riflettono sui principali temi della contemporaneità: dal distacco nei confronti della tradizione, alla denuncia sociale e politica. Con un tema ricorrente: la città. È infatti il tessuto urbano con le sue continue trasformazioni, il difficile rapporto tra industrializzazione e impatto ambientale, così come la mancanza di punti di riferimento nelle metropoli cittadine, la grande angoscia della popolazione asiatica. C´è chi come il giovane coreano Park Junebum, punta sull´ironia presentando una versione molto personale del traffico cittadino in cui pedoni, autobus e automobili, appaiono come piccole pedine, fragili giochi per bambini manipolabili dalle mani dell´uomo. E chi, come l´artista giapponese Shoji Michiko, utilizza fredde sfere di vetro per isolare frammenti di città spettrali e disabitate, anonimi tracciati urbani senza centro che determinano un senso di spaesamento e lontananza. Prive di punti di riferimento e ugualmente alienanti sono anche le grigie megalopoli industriali ritratte nelle opere del cinese Xu Chen. L´opera intitolata b., 2005 all´inizio appare soltanto come una fredda registrazione di uno squallido paesaggio cittadino: un´ampia strada fiancheggiata da palazzoni e una folla che placidamente attraversa la strada. Soltanto ad uno sguardo più attento balza agli occhi un particolare inquietante che determina un senso di angoscia e straniamento: una strana figura dallo sguardo fisso e assente, afferra ben stretta in mano una sciabola sguainata. Da questo puzzle di visioni e interpretazioni deriva un interessante ritratto d´artista delle città orientali, percepite come disumani contenitori, informi agglomerati urbani privi di centro, in cui è difficile stabilire dei rapporti umani.

Saturday, November 25, 2006

Sul carcere. Seriamente.


Oggi non so, ultimamente troppa roba nel cervello per cercare di far ordine, ora come ora proprio non saprei, ma fino a qualche tempo mettevo la Libertà, quella mia e degli altri, quella unica e individuale, come valore supremo, come misura delle cose, come causa prima e motore di vita. La Libertà innanzitutto. Sarà che da piccolo ero più ribelle degli altri, sarà che mi piacevano quelli "strani" e mi piaceva stare con loro, saranno stati quei libri di Bakunin, Kropotkin e Malatesta letti da troppo giovane per essere capiti o forse sarà stato il punk... La Libertà innanzitutto. Primo: voglio essere libero; poi in caso posso anche mettermi seduto a parlare con te. Oggi, come dicevo qualche riga fa, non so.
Ma aldilà di questo... Il carcere. Ci penso troppo spesso negli ultimi mesi. E non ne ho parlato quasi con nessuno. Bel posto di merda deve essere. In una società moderna e civile come l'Italia si chiama (da sola), un carcere è pensato come (credo) luogo dove il singolo è detenuto per evitare di nuocere agli altri, di fare altro male alla società. Di certo non può essere portato lì per essere torturato (la Santa Inquisizione è finita da un pezzo) né per punizione (sarebbe barbaro, e non avrebbe alcun senso castigare il male col male). Io continuo comunque a pensare che sia l'inferno in terra. O almeno lo sarebbe per me. Chiuso a chiave e privato della Libertà. E non voglio neanche pensare al fatto che per anni (o per sempre) non toccherai più una donna e anzi verrai pesantemente "toccato" da qualche vecchio ciccione. Niente viaggi. Solo violenze, odio ed esperienze negative. Una scuola per delinquenti. Il carcere come scuola per delinquenti. Non credo alludevano a questo Beccaria o Voltaire. Eppure conoscevo due tizi che ci erano stati in carcere, un foggiano e un bengalese, e mi dicevano che non si stava poi così male: in galera gira più droga che fuori, ci sono corsi per imparare mestieri, si imparano un sacco di cose, puoi leggere quanto vuoi, la storia della saponetta sono tutte minchiate e così via. Un posto di merda dove però per un po' ti tempo si può anche soggiornare. Ma poi tanto chi se ne frega. Il carcere a mio vedere è per due tipi di persone: il poveraccio e l'intoccabile. Il poveraccio in galera ci va comunque, se avesse i soldi per un avvocato avrebbe anche i soldi per un panino o una dose, non andrebbe a rapinare. L'intoccabile, il boss della mafia, il corrotto dell'alta finanza, il megapadronetirannoassoluto della signora lobby con la "l" maiuscola, quello in carcere ci va per scelta, perchè magari fuori se la vede brutta, allora quando non è più tanto giovane si "pente" e va a riposarsi in delle celle d'oro. Dico tanto per dire, ma penso che se entrassi in carcere io mi impiccherei il primo giorno, appena entrato in cella. Senza neanche il tempo di conoscere il secondino. Farla finita subito. Altrimenti poi il tempo passa, impazzisci e va a finire che ti ci abbitui al carcere. Magari in galera ci va anche gente che della libertà non gliene fotte molto. Magari non sono tutti giovani dei centri sociali, anarchici e milititanti della sinistra radicale che finiscono in carcere. Magari ci va gente che ci sta anche bene dentro. Ci sta felice. Magari sto vaneggiando. Quando vivevo a Roma, tra Facoltà di Lettere e amicizie varie ne conoscevo di ragazzi che andavo a fare manifestazioni e picchetti fuori dai carceri di Rebibbia e Regina Coeli. Io ci sono andato (o forse "capitato") un paio di volte anche, ma più per curiosità che per contestazione. Dei carceri non so che pensare. Di sicuro mi piacerebbe portare un po' di sollievo a quelli/e che stanno dentro. Non so bene come si fa. Non credo si possa entrare dentro e dire al poliziotto "Mi scusi, vorrei portare un po' di sollievo a qualche detenuto... ma se disturbo non si preoccupi, ritorno domani...". I due amici che erano "al gabbio" sono usciti prima che mi decidessi ad andare a trovarli. Ammesso che si possa. E' tutta da vedere. Ma anche nel mio piccolissimo mi piacerebbe fare qualcosinainaina. Perchè preferisco la morte alla cella. Non so che pensare del carcere. Ma di sicuro l'esistenza del carcere è la prova prima e tangibile che questo sistema non funziona. Se questo è il meno peggio dei mondi possibili, beh, ne abbiamo ancora molta di strada da fare.

Un saluto particolare ad Alessio e Simone

Asiadipendente


Stacco un attimo dalla tesi solo per appiccicare questa foto. Non è la Cina, è una foto che viene dal Vietnam, ma assomiglia moltissimo alla strada che a Canton ho percorso ogni mattina negli ultimi tre mesi per raggiungere il Consolato d'Italia. Miss China so much, guys...

Friday, November 24, 2006

"Produrre il necessario, distribuire tutto..."


Castro è più di là che di qua. Il socialismo in forme più o meno nuove e moderne va ancora forte in Europa e in Sudamerica, ma il comunismo, quello duro, quello ignorante, quello di Stato, quello che pianifica tutto, decide, controlla, amministra, rende tutti poveri e quasi tutti uguali, quello non solo è morto (e forse va anche bene così) ma addirittura s'è totalmente convertito al capitalismo estremo, quello dei dollari, liquori di marca, casinò, mignotte, fast food e seni di gomma. La Cina s'è data al mercato globale già alla fine degli anni settanta (aspettavano solo che Mao si togliesse dalla palle e con lui la moglie e altri tre quattro pazzi fautori della Rivoluzione Culturale), il Partito Comunista Vietnamita ha aspettato il 1986, il Laos aspetta la benedizione (e gli aiuti) di mamma Repubblica Popolare Cinese, la Cambogia tende lo sguardo e Kim Jong-Il ha visto che se i cinesi hanno fatto un sacco di soldi col liberismo non vede perchè i nordcoreani non debbano fare lo stesso... altro che il nucleare.
Al posto della falce e martello un bel duo forchetta-coltello. Anzi, un paio di chopsticks.

Thursday, November 23, 2006

Nel caso non aveste letto Il Corriere di oggi...

Fonte: Corriere Online

In carcere anche altre otto persone
Cina, ergastolo al re del porno online
Chen Hui, 28 anni, è stato condannato per aver fondato il sito internet «a luci rosse» più frequentato dai suoi connazionali
PECHINO - Brutta avventura per il re del porno cinese, che non è sfuggito alla occhiuta giustizia del Paese. Chen Hui, 28 anni, è stato condannato all'ergastolo per aver fondato il sito internet «a luci rosse» più frequentato dai connazionali. Altre otto persone sono finite in carcere. La notizia è stata diramata dai canali governativi di Pechino. La Corte di Taiyuan ha emesso la sentenza di condanna e ordinato la confisca di 100.000 yuan (12.500 dollari). Gli altri otto trascorreranno in carcere dai 13 mesi ai 10 anni. Chen ha fondato il portale «Pornographic Summer» nel 2004 e ha poi dato vita ad altri tre siti dai contenuti pornografici, traendo profitti con le spese di registrazione - che andavano dai 25 ai 33 dollari - dei circa 600.000 abbonati attirati dal portale.
PORNOGRAFIA AL BANDO - E' difficile stabilire quanti soldi abbia accumulato, dato che la maggior parte della somma guadagnata è stata spesa o versata su conti bancari all'estero. L'abile Chen è riuscito perfino a impedire la chiusura del sito cambiando regolarmente il nome del dominio e il server. La pornografia è stata messa al bando in Cina fin dai tempi del regime di Mao Tse Tung, ma con l'avvio delle riforme economiche è diventata accessibile, sotto gli occhi però della polizia informatica che perlustra la Rete in cerca di contenuti censurabili.

Un articolo sulle morti bianche

Fonte: Liberazione Online

“Vi faccio vedere come muore un muratore...”
Un milione di incidenti sul lavoro all’anno, cento morti al mese, solo in Italia. Sono dati ufficiali. Dimostrano che la necessità di profitti delle aziende, che risparmiano sulle misure di sicurezza, costano a noi, in termini di vite umane, più di quanto stia costando agli Stati Uniti la guerra in Iraq.

Christian Raimo
Beati quelli che precipitano dal tetto di un capannone che cede all’improvviso, beati quelli che vengono schiacciati dal carrellino elevatore che stavano guidando, beati coloro che vengono investiti da frane di materiale edilizio nei cantieri abusivi, beati coloro che vengono trascinati e stritolati dai nastri trasportatori, beati i camionisti che rimangono ustionati mentre controllano l’olio, quelli schiacciati tra la motrice e il proprio mezzo, beati coloro che scendono nei pozzi per lo scarico delle acque reflue e soffocano a causa delle esalazioni tossiche, beati i soffocati da un incendio improvviso in una fabbrica-garage di materassi, beati i bruciati vivi, beati gli affogati in una tramoggia di olio di sansa, beati quelli che non entrano nelle statistiche perché muoiono per incidenti stradali avvenuti per la stanchezza conseguente al lavoro appena finito, beate le vittime di esposizioni ad agenti cancerogeni e tossici, beati quelli sopravvissuti miracolosamente a scariche di ventimila volt sprigionatesi da cavi elettrici pendenti, beati coloro che mentre montano luminarie per una festa paesana sfiorano i fili dell’alta tensione, beati coloro che muoiono all’istante, beati quelli per cui sono inutili tutti i tentativi di rianimazione, beati coloro che issati con un argano su un silos alto venti metri precipitano nel vuoto, beati quelli con fratture e lesioni diffuse su tutto il corpo, quelli che si spengono durante il tragitto in ambulanza, beati quelli con il torace schiacciato, beati i licenziati per “eccesso di infortuni”, beati coloro che scivolano mentre stavano riparando una grondaia, beati gli schiacciati dal proprio trattore, beati quelli contro i quali si aprono all’improvviso portelloni d’acciaio, beati i colpiti da un cilindro idraulico, beati coloro che rimangono asfissiati in laboratori colmi di materiali sintetici, stoffe e solventi, beati quelli che vengono travolti da un’ondata di acqua e liquami mentre riparano un guasto alla rete fognaria, beati coloro che esplodono in una fabbrica di fuochi d’artificio, beati quelli che mentre cercavano di disincastrare i cavi che tenevano fermo il carico cadono dal portabagagli del proprio furgone e battono la testa sul selciato, beati gli agonizzanti tra i carrelli del reparto lamieratoio, beati coloro che vengono estratti troppo tardi, beati quelli che vengono sbalzati contro le pareti da uno spostamento d’aria, beati gli investiti dai muletti in retromarcia, beati coloro che controllavano il carico quando il cavo della gru a cui era fissata la piattaforma si è spaccato, beati coloro che stavano pulendo le canalette sull’autostrada quando sono stati investiti da un autoarticolato, beati quelli che vengono sbattuti a terra dalla sovrappressione delle camere stagne della cisterna che stavano testando, beati coloro che erano intenti a riparare le infiltrazioni d’acqua di un campanile quando sono scivolati a causa dell’inclinatura del carrello della gru che non era chiuso con l’apposito fermo, beati quelli travolti da un enorme ponteggio di ferro e cemento crollato da venti metri d’altezza, beati coloro che rimangono incastrati con il giaccone a un gradino mentre scendevano dal locomotore di un treno merci, beati coloro che vengono trovati sotto tre casse di lastre di vetro del peso complessivo di sei tonnellate, beati coloro che cadono in due tempi: prima sul tetto dello spogliatoio della fabbrica e quindi sull’asfalto, beati quelli con un polmone perforato da una scheggia di metallo schizzata da una tagliatrice, beati coloro che pulivano lo scivolo in cui viene versata la malta quando un carrello per il trasporto del materiale li ha colpiti alle spalle, beati coloro che si trovavano all’interno della fabbrica di acetilene al momento della deflagrazione, beati coloro che si occupano della demolizione degli impianti dimessi e vengono ricoperti all’improvviso da travi staccatesi dal soffitto e pezzi di solaio, beati coloro che cadono nel vano ascensore durante gli usuali lavori di manutenzione, beati coloro che vengono infilzati da un pistone partito dal macchinario sul quale stavano sistemando del silicone, beati quelli il cui braccio rimane intrappolato tra i rulli di una macchina raffinatrice per impasti, beati gli infartuati in un cantiere per un’insolazione, beati coloro che restano ustionati al volto dall’esplosione del quadro elettrico, beati quelli che stavano in bilico su una serie di balle di tessuto da cinquecento chili l’una, beati coloro che finiscono sotto le ruote gemellari del rimorchio di una gru, beati quelli colpiti alla nuca dal braccio di una pala meccanica, beati quelli con un quadro clinico da subito critico, beati quelli che stavano lavorando alla sostituzione di un impianto di refrigerazione, beati i rimasti sepolti vivi dentro la fossa nella quale stavano lavorando, beati i rumeni morti sul colpo scivolando dal tetto alle 14 e 30 del primo giorno di lavoro mentre stavano operando in un capannone da mettere in sicurezza nella frazione dei Quercioli a Massa, che sarebbero rimasti a lavorare nella provincia apuana per circa due anni, per mandare soldi alla famiglia, moglie e tre figli, moglie e figli ancora in attesa dei risultati dell’inchiesta della magistratura.

Wednesday, November 22, 2006



Basta. Due giorni a sbattere la testa per casa correndo appresso alle mille cose da fare che di solito faccio quando torno nelle mie quattro mura di Macerata al ritorno da un "lungo" viaggio. E soprattutto due giorni prevalentemente passati davanti al computer a leggere e buttare finalmente giù la tesi. Minchia. Da marzo dell'anno scorso che evito feste e boicotto uscite con gli amici con la scusa "no scusa, ho da fare per la tesi", in italiano, inglese, cinese, giapponese. Finalmente (con la "f" maiuscola) ho scritto giù le prime 11 pagine, se continuo così per i prossimi 3 mesi ad una media di 8-10 ore al giorno a metà marzo discuto la tesi, prendo il diploma di laurea e il primo volo per Pechino. O Canton. Anche Honolulu o Camberra non le butterei via. Comunque... Troppo impegnato insomma troppo impegnato per fermarmi e pensare "Sono a casuccia, how do I fucking feel?!". Non ho pensato molto nelle ultime 60 ore. Ma mi sono accorto. Accorgersi è bellissimo. Potrebbe essere il titolo di una poesia pulp o il tema di dibattito idiota tra vecchi ubriaconi maceratesi. Accorgersi è bellissimo. Come stare distesi tra le gambe della foto a fianco. Senza volgarità, si intende. Mi sono accorto che è autunno. Non notavo un autunno da un paio d'anni, a Pechino le stagioni sono tutte uguali, è sempre tutto grigio, al massimo varia la temperatura. L'autunno maceratese è tristissimo. Mentre scrivo la tesi al computer mi giro verso la finestra, in casa non c'è nessuno, sono solissimo, fuori dalla finestra non c'è nessuno lostesso, anche là fuori è tutto solissimo. Il cielo nuvoloso, ogni tanto piscia qualche goccia, come De Andrè aspetto la pioggia per non piangere da solo, l'asfalto permanentemente bagnato, gli alberi spogli e le foglie per terra. Sole. Solissime le foglie. Verso l'una qualche studente triste depresso e chiuso nel suo piumino di metà novembre si dirige triste a prendere l'autobus per tornare a casa. E io dalla finestra lo vedo. Faccio finta di scrivere ma lo vedo. E' tutto più triste a Macerata in autunno. E non solo a Macerata purtroppo. Anche il sesso è più triste in autunno. Forse non me ne intendo molto, ma credo che a maggio si scopa per passione, per gioia, per desiderio, per follia. A dicembre si scopa solo perchè non c'è nient'altro da fare. Ma alla fine non è tutto da buttar via. Qualcosa si salva. Qualcosa mi accorge. Sono i colori. Delle foglie morte per terra sole e anche quelle che stanno per buttarsi di sotto. Amo quei giallo rosso fulvo. Sono meglio di qualsiasi quadro, meglio di qualsiasi poesia. E allora scrivo l'ultima pagina del capitolo, ricevo contentissimo telefonate di amici che mi raccontano delle ultime dissavventure e degli ultimi viaggi, prendo il giubbetto, mia sorella e andiamo a far cena da nonna. Salgo un macchina. Salgo dalla parte sbagliata, sta guidando mia sorella. Cazzo, fino a ieri giocava con le bambole, forse ora con la Finanziara di Prodi si può guidare a 12 anni. No, no. Ha 18 anni, il fidanzato e la patente B. E guida meglio di me. E mia nonna è sempre mia nonna, l'appartamento anche, le foto sui muri le stesse, solo che non mi ricordo di essere stato bambino. La sala piena di libri, vecchie foto e ricordi. Quelli di mia nonna. Che mi parla come ogni volta di quel suo nonno secco secco che era originario della provincia di Pesaro e che si beveva un litro di vino rosso al giorno senza mai ubriacarsi. Come me. Proprio come me. E' morto a 97 anni. Complimenti per la festa. Anche al ritorno ha guidato mia sorella.
La cicatrice sta bene, grazie. Quel medico forse americano di cui parlavo in realtà è palestinese. Cambia poco. E' stato un fratello. Questo conta. I sei punti credo che cadranno da soli. A giorni un salto a Roma. Ogni tanto un pensiero alla Cina. Due chiacchiere con qualche tipo/a conosciuto/a in Cina e venire contattati da ditte italiane per potenziali lavori nel futuro immediato fanno sempre piacere e mi incasinano la giornata. Mi piace così. Quello che mi manca forse è solo l'ispirazione che in Cina ho ogni volta che metto il mio nasone fuori dall'uscio di casa, quella botta di adrenalina pura che ti spacca la vena e ti fa correre a casa spappolarmi davanti al computer e condividere tutto con voi. O almeno provarci. Ecco. Questo mi manca.

Facciamola 'sta freakkettonata!!!

Fonte: Repubblica Online
Soffiata: Francesco, antropologo e artista circense foggiano
Foto: assente. Il computer fa i capricci e non la carica... desolato!

Una coppia di pacifisti Usa lancia una bizzarra iniziativa per il 22 dicembre"Fare l'amore tutti insieme e veicolare quel gigantesco flusso di energia"
Contro la guerra, il sesso di massa"Il Global Orgasm salverà il pianeta"
L'INTENTO è nobile, e i promotori lo sostanziano anche di fondamenti scientifici (o pseudo tali). L'unico problema è vedere se tutti, ma proprio tutti, riusciranno a raggiungere, nello stesso momento, dal Polo all'equatore, quel che si chiede loro di raggiungere. O se l'effetto sarà altrettanto efficace pure se qualcuno ci mette un po' meno tempo, qualcuno ce ne mette molto di più, qualcun altro non ce la fa ad arrivare a destinazione. Insomma, fate in fretta i regali di Natale e tenetevi liberi per il 22 dicembre: perché allora il mondo si mobiliterà con il Synchronized Global Orgasm, la giornata dell'orgasmo collettivo sincronizzato. Un modo per concentrare un flusso di energia così potente - gli ideatori ne sono certi - da fermare le onde negative che attraversano il pianeta e tutto ciò che ne consegue. Dalle guerre ai terremoti. L'esperimento è stravagante, non c'è che dire, ma nel suo viaggio promozionale attraverso la Rete sta conquistando riscontri e consensi. Parto fantasioso degli americani Donna Sheehan e Paul Reffer, coppia di pacifisti settantenni e fricchettoni già avvezzi a iniziative clamorose, l'idea di fondo del Global Orgasm vanterebbe un sostegno scientifico nell'EGG Project, ovvero il Global Consciousness Project elaborato da un gruppo di ricercatori - e artisti e altre figure varie e colorite - dell'Università di Princeton, New Jersey. Il cui obiettivo è verificare, attraverso una rete di Random Event Generators, gli effetti dei flussi di coscienza sull'andamento delle cose del mondo. Nel caso dell'orgasmo generale del 22 dicembre prossimo venturo, lo spunto - si legge sul sito dell'iniziativa - è la partenza, verso il Golfo Persico, di due nuove navi della Marina americana "equipaggiate con strumenti anti-sottomarini che non potranno che essere utilizzati contro l'Iran". Quindi, gli organizzatori spronano gli adepti: "E' venuto il momento di cambiare l'energia della Terra".
A coloro che aderiscono all'iniziativa, è richiesto uno sforzo: devono pensare intensamente alla pace, prima e durante l'orgasmo. Insomma, nel momento culminante dovrete concentrarvi sull'immagine, che dire, di una colomba, piuttosto che di una bandiera arcobaleno o di un garofano rosso infilato nella bocca di un cannone. Facile, no? Guai a distrarsi, altrimenti tutto quel darsi da fare rischia di tradursi in uno spreco di energie. Spiegano gli organizzatori che "la combinazione di energia orgasmica, unita a un ideale razionale può avere un effetto molto maggiore delle preghiere e delle meditazioni". Molti saranno d'accordo. Le "istruzioni per l'uso" non sono particolarmente impegnative. Alla domanda "chi può farlo", la risposta è "tutti gli uomini e le donne, tu e tutti quelli che conosci". In quanto al "dove", si parla di "ovunque nel mondo, ma in particolar modo nei Paesi che possiedono armi di distruzione di massa". Dal "quando", invece, non si prescinde: "Il giorno del solstizio, ovvero venerdì 22 dicembre". Infine, una precisazione dovuta: "Non preoccupatevi se non avete un partner" precisa la Sheehan, lasciando intendere che si è liberi di partecipare in ogni modo. Anche con mezzi propri. non sono particolarmente impegnative. Alla domanda "chi può farlo", la risposta è "tutti gli uomini e le donne, tu e tutti quelli che conosci". In quanto al "dove", si parla di "ovunque nel mondo, ma in particolar modo nei Paesi che possiedono armi di distruzione di massa". Dal "quando", invece, non si prescinde: "Il giorno del solstizio, ovvero venerdì 22 dicembre". Infine, una precisazione dovuta: "Non preoccupatevi se non avete un partner" precisa la Sheehan, lasciando intendere che si è liberi di partecipare in ogni modo. Anche con mezzi propri.

Sunday, November 19, 2006

Ou revoir Canton...

"Non voglio andare alle isole di Tonga senza te..." Pecore Assassine
C'e' un'artista settantenne giapponese, si chiama Yayoi Kusama. Un giorno ha detto "Se non ci fosse stata l'arte mi sarei suicidata". Bene. Io per fare altrettanto il fico adesso dico "Se non ci fosse stato l'Oriente mi sarei suicidato". E poi mi ritrovo qua, a poche ore dal volo che in mezza giornata mi riportera' in Italia. Lascio la Cina per la quarta volta in due anni. E non ne sono contento. La Cina mi ha stregato. Ma non solo a me. A molti.
Avevo paura vi mancasse la tiritera di fine "ennesima esperienza in Cina", quarta parte. Mai deludere il lettore, e' la prima regola di noi giovani scrittori figli del mercato e servi sfruttati del Ministero della Cultura Cinese leggi Ministero della Censura. Se avete qualcosa in contrario vi faccio conoscere uno col manganello.
Sonno. Quattro e ventuno di notte. Di Canton sicuramente ricordero' la zuppa di coccodrillo (squisita portata per palati fini e portafogli ciccioni). E di quando ero vegetariano. Poi questo caldo umido e l'odore fisso dell'Autan per attirare piu' zanzare di quante gia' ce ne siano in zona. Di Canton ricordero' di aver mangiato con Prodi Mussi Montezemolo Di Pietro D'Antona Bonino. Non e' stato niente di che, ma avro' qualcosa di cui vergognarmi seriamente con i miei nipotini. Di Canton ricordero' di aver lavorato in un istituzione della Repubblica Italiana all'estero, un Consolato cazzo, mica un bar pizzeria. Di Canton ricordero' di aver lavorato come interprete giovane bello giacca e cravatta per alcuni addetti del ministero e per imprenditori italiani e spagnoli alla Centesima Fiera Internazionale di Canton. A Canton. Le visite in fabbrica, le sbroccate agli stand, gli incontri con la borghesia cinese e gli inviti a cena. Le cene di classe. E il mio nome su un biglietto da visita. Di Canton ricordero' di aver capito qualcosa in piu' della Cina, ma stavolta non troppo in positivo. I coltelli alla stazione, i pestaggi in strada e i manganelli nelle discoteche. Le mafie di merda e la legge de piu' forte. Io che vorrei ancora crederci in un mondo migliore e piu' giusto ma mi ritrovo a crescere troppo e troppo in fretta. E non ci credo piu'. O ci credo in modo diverso. Di Canton ricordero' i viaggi nel weekend in solitaria a Hong Kong, Macao, Guilin, Huizhou, Shenzhen. Di Canton ricordero' gli amici che ci sono venuti a trovare da altre citta' della Cina, da Pechino, da Shanghai, da Shenzhen. E di Canton ricordero' Canton stessa, il lungo fiume, l'ex concessione francese, gli hotel e le macchine di lusso, le troppe banche e le ditte straniere, i mille miliardi di occidentali a fare business e trovarsi la moglie cinese. E l'amante di colore. Di Canton ricordero' i nuovi amici che mi hanno salvato dai buttafuori e mi hanno portato in ospedale. Di Canton ricordero' questa nottata in bianco e il lungo viaggio che mi aspetta.
Buon viaggio a tutti/e. Stammi bene Cina. Non cambiare piu' di tanto che poi quando torno non ti riconosco e rischi di non piacermi piu'; a quel punto non saprei piu' cosa fare... un po' Yayoi Kusama come senza la "sua" arte.

Gli uomini sono della terra, non la terra degli uomini


Mentre a Milano e Roma si sfilava per chiedere pace in Palestina e stop all'occupazione israeliana, gli Usa stanno prendendo disposizioni per ampliare la loro base militare vicino Vicenza.
Meno manganelli e piu' libri, evviva l'Italia smilitarizzata!

Foto: Unita Online

Saturday, November 18, 2006

Il manganello cinese


Non mi piacciono le discoteche. Ancora di meno i buttafuori. Lunedi saro' in Italia, stiamo preparando le valigie, salutando amici e conoscenti, tirando malinconicamente le somme su questa trimestrale esperienza cantonese. Ierisera abbiamo fatto un cenone italiano a casa di Irene con una ventina di amici e colleghi del consolato. Tanta roba da mangiare tanta roba da bere. Roba buona intendo. Si e' bevuto e scherzato fino a tarda serata, poi tutti in discoteca. Penso sia stata la prima volta in vita mia che mi sono divertito in discoteca. Era pieno di gente, ho ballato con tutte le amiche. Poi non so bene cosa sia successo ma ho finito la nottata in ospedale. Secondo quanto ricostruito e per quello che mi ricordo sono andato al bancone a prendere qualcosa da bere. Ricordo (...) di aver pagato un drink che pero' la barista non mi ha dato e continuava a ripetermi di andarmene perche' li' davo fastidio ai baristi che lavoravano. Bella battuta sorella. Scavalco il bancone afferro una bottiglia mi dileguo e torno a ballare e bere con gli amici. Non passa molto arriva il gorilla cinese, il buttafuori. Mi afferra e strattona, vuole cacciarmi via. Io mi dimeno intervengono gli amici e un tipo di colore per aiutarmi, probabilmente il buttafuori mi ha fatto qualche sgarbo, lo spingo, urto involontariamente Eugenia che cade a terra, afferro un bicchiere di vetro e lo scaravento in faccia al buttafuori. Bella cazzata. Interviene uno sbirro armato di manganello, me le danno di santa ragione, Federico cade a terra, Nadia si butta in mezzo, io mi butto sopra una staccionata di legno per scappare al manganello. Uscita della discoteca, sono un bagno di sangue, nessun taxista mi vuole prendere a bordo. Leo e Damiano mi aiutano a trovare un taxi e tornare a casa. Per un pelo non vomito nel taxi. A casa trovo quasi tutti gli amici che erano a casa. C'e' anche un amico palestinese di Beatrice che fa il medico. Vado in bagno per una doccia. E' la scena che mi ricordo meglio: l'acqua era tutta rossa, mi osservo i lividi del manganello e mi tocco una ferita in testa dalla quale non smette di uscire sangue. Profondo rosso. Sono un inguaribile idiota. Leo e Damiano entrano in bagno, mi aiutano a vestirmi. In salone tutti mi fissano, il medico dice che ci vogliono i punti. Io mi rifiuto ma cedo subito. Ospedale cinese con Beatrice il suo amico Eugenia Irene. A quanto mi dicono il tipo mi ha fatto evitare la registrazione e fatto pagare solo un euro per la medicazione. Lettino. Mi disenfattano qua e la', il palestinese fa anche il chirurgo, parla un ottimo cinese, si fa aiutare da un altro dottore. Sono cosi' stanco che mi addormenteri ma i punti a secco fanno maluccio. In mezz'ora sono fuori, 14 euro di antibiotici e una calza in testa per tenere la benda che sembro una bimba russa del diciottesimo secolo. Continuo a ringraziare e scusarmi con tutti. Taxi. A casa ci sono le mie coinquiline, in piedi e preoccupate. I miei vestititi e scarpe gia' lavate, il bagno e il pavimento gia' pulito. Nadia perde i sensi per un attimo. Ringrazio chiedo scusa telefono a Yu e mi butto a letto sfinito. Oggi mi sono alzato tardi, ricevuto telefonate e sms di amici preoccupati, le coinquiline mi han detto come e' andata ierisera. Sono un idiota.
Stavolta lascio la Cina e torno in Italia con un ricordo nuovo. Non so se bello, comunque nuovo. Non riesco a muovere un braccio, ho qualche livido in giro (si', mi mancavano proprio le manganellate dopo l'esperienza al corteo di Roma due anni e mezzo fa), la calza da bimba russa del diciottesimo secolo in testa. Faccio schifo. E sono un idiota.
Una necessaria considerazione: credo di non avere sprecato questi ultimi tre mesi. Specie per un motivo semplicissimo: non sapevo di essermi creato attorno tanti amici. Grazie ragazzi. Grazie.

Friday, November 17, 2006

"...quando c'era Lui queste cose non succedevano!"

Una serata speciale e una crociera altrettanto speciale, riservata a clienti assolutamente esclusivi: i Paperon de' Paperoni della Cina. E con uno scopo «specifico»: incontrare una potenziale moglie, bella e disponibile.La crociera - ha spiegato il China Daily - sarà organizzata a Shangai, la città più alla moda della Cina. L'idea è stata lanciata da un sito internet i cui utenti sarebbero circa tremila milionari cinesi. «Metà degli uomini che si sono iscritti all'evento ha un patrimonio superiore ai due milioni di yuan (250mila dollari),
ha dichiarato al giornale il proprietario del sito di incontri, Xu Tianli. La serata si svolgerà il 25 novembre prossimo su un battello, che percorrerà il fiume Huangpu a Shangai e, per l'occasione, sono state selezionate le 30 donne più belle tra le oltre mille che si sono candidate. Nella selezione si sono «infilate» non solo donne in cerca di un marito danaroso ma, anche, signore già milionarie «che cercano uomini più ricchi e con più successo di loro»,
come hanno scoperto gli organizzatori. «Spesso vedo donne carine in strada - ha spiegato uno degli iscritti - ma molte di loro che ho poi incontrato, non erano il tipo da marito. L'aspetto è molto importante per me».
Fonte: Il Giornale Online

In Cina il giorno del matrimonio ci si veste di rosso. Il bianco e' il colore del lutto. Il giallo del potere e dell'imperatore. Grigio e' il colore del cielo 365 giorni l'anno.

Tuesday, November 14, 2006

E ai politici non credere mai...


Intanto Zhou Jidong, ufficiale del ''Quartier Generale per la Construzione Ambienale Pechino 2008'', fa sapere che "There are no plans for making any laws or decisions to force migrant workers out of Beijing during the Olympic Games"....
A occhio e croce mi sembra una palese puttanata. Lavoratore o studente io spero tanto di esserci a Pechino ad agosto 2008... ne vedremo delle belle!


Fonte: China International Business, numero di novembre 2006

Il Gattopardo dagli occhi a mandorla

A homosexual group has been officially registered at a mainland Chinese university campus for the first time, a Hong Kong-based activist has said.
The Sun Yat Sen University in Zhuhai, southern China, has allowed a gay and lesbian group of students to be formally registered.
It is the first university in China to acknowledge the public existence of homosexual interests on campus.
Homosexuality is officially frowned upon in China.
According to a BBC correspondent in Hong Kong, it is highly unusual for official recognition to be granted to such a group.
Many informal groups of gay and lesbian Chinese exist but avoid official censure by using the internet.
'Growing diversity'
Hong Kong activist Chung To, who has visited the new group at Zhuhai, says its application focused not on the sexuality of members but on their wish to study gender issues.
"They are a group of students who would like to study and learn more about gay and lesbian issues," said Mr To, who is director of foundation that runs projects for children affected by Aids in China.
"I think the significance of the group mainly is that it is the first time the university officially approves the existence of such a group.
"In the past there have been informal gay and lesbian centred groups at universities. But this is the first time that a university was actually officially was given approval of such a group," he said.

Fonte: BBC Online

Bello quando leggo notizie del genere. Eppure mi chiedo se ci sia veramente da esultare. E soprattutto cosa c'e' dietro. Quali perversi programmi, quale ordini dall'alto. La Cina sta cambiando a ritmi che non vi posso far capire, ma, senza voler usare una frase scontata, sembra che cambi tutto per non cambiare un cazzo. Per questo quando sento notizie di liberalizzazioni, gocce di democrazia e apparenti piccole vittorie sul campo dei diritti mi viene sempre da storcere il naso. Leggo che hanno riaperto Wikipedia e subito dopo che a Tianjin hanno arrestato due stranieri perche' insegnavano inglese in una scuola senza il visto per lavorare (come il 90 per cento degli stranieri in Cina che conosco), poi leggo di esperimenti di libere elezioni in alcune villaggi sperduti e subito dopo sento dire che in realta' lasciano fare libere elezioni solo perche' il partito comunista cosi' puo' controllare meglio il vincitore e continuare a governare come prima, solo piu' "legalmente".
Tanti auguri Cina, davvero di cuore...

Monday, November 13, 2006

Giu' le mani dal Welfare!

Sembra assurdo ma in Cina e' cosi', gli ospedali sono in grandissima parte privati e se non paghi non ti curano. Lo so anche per esperienza diretta di uno studente russo a Pechino che si doveva operare d'urgenza ad una gamba dopo un incidente in moto.
Oggi che tutto ci e' dato e dovuto, bisogna venire in paesi come la Cina per capire quanto importante e' lo Stato Sociale; pensioni, assistenza medica e istruzione su tutto.
Un articolo dal New York Times Online

At least 10 people were injured when the police broke up the demonstration at Guang’an City No. 2 People’s Hospital, said the Information Center for Human Rights and Democracy, based in Hong Kong. The area, in Sichuan Province, was described as under tight police control on Sunday, with at least five people detained on suspicion of instigating a riot.
The unrest erupted after a 3-year-old boy died in the hospital, where he had been taken for emergency treatment after ingesting pesticides. Reports conflicted about how much medical care he had received.
The human rights group said in a faxed statement that essential medical care had been denied the boy until his grandfather, who was taking care of him, could pay. The boy died after the grandfather left to raise money, the group said.
An official report from the New China News Agency confirmed that a dispute over medical fees had occurred at the hospital, but also said that doctors there had treated the boy even though the grandfather had not been able to pay the $82 bill.
Local residents who heard about the incident staged a demonstration at the hospital that quickly turned violent. People smashed windows and destroyed equipment at the six-story building. The human rights group said three police vans had been overturned.
The police forcefully dispersed the crowd, and about 10 people were injured, the group said.
The New China News Agency did not report the demonstration or the police crackdown in its dispatch, saying only that there had been a dispute over fees. The state-run Sichuan Daily newspaper reported Sunday that local authorities were looking into the matter and “attached great importance” to investigating the causes of the boy’s death.
Medical costs are a major issue for tens of millions of people in Chinese cities and hundreds of millions in the countryside who have no medical insurance and no public safety net to cover the soaring cost of care.
The Communist Party-controlled government once offered rudimentary medical care for nominal prices in the countryside. But hospitals were left largely to fend for themselves in the expanding market economy of the 1990s.
Many ceased providing even emergency care for people who could not pay hospital fees in cash before treatment.
Providing better access to health care and education and reducing the country’s growing urban-rural wealth gap have become part of President
Hu Jintao’s pledge to build a “harmonious society.”
But the government has provided relatively little money for hospital care in poor areas. It has experimented with social insurance for people who do not work for major companies, including most of the 800 million classified as peasants, but has not introduced a national plan.
China has also been grappling with a wave of social unrest in recent years. Riots involving thousands of people protesting confiscation of land, environmental pollution, official corruption and other issues are no longer uncommon.
The government canceled agricultural taxes and promised to spend more on rural development in response. But rural residents still face weak or nonexistent public services and have regular disputes with local officials over repossession of their farmland for development.
The number of violent protests has declined by 22 percent in the first nine months of 2006, to 17,900, one measure the police use shows.

Paura?

Leggetevi quest'articolo tratto da Internazionale Online che si riferisce ad un articolo di un magazine tedesco, Der Spiegel

Il benessere dell'occidente è in pericolo a causa della globalizzazione. Le nuove potenze economiche dell'estremo oriente stanno provocando una redistribuzione della ricchezza e del potere che per milioni di occidentali è una pessima notizia: "L'ascesa dell'Asia è un segnale del loro declino", scrive il settimanale Der Spiegel.Molti investitori ormai guardano all'est attirati dalla manodopera a basso costo, e gli occidentali assistono con terrore all'aumento della disoccupazione e alla riduzione di salari e stipendi. "Se la crescita dei paesi orientali continuerà indisturbata, fra 35 anni la potenza economica cinese avrà superato quella statunitense. E lo stesso farà l'India subito dopo". Basta guardare i dati degli ultimi anni per capire che è in atto un cambiamento senza precedenti nella storia economica: i britannici ci hanno messo sessant'anni per raddoppiare il loro pil; gli statunitensi circa quaranta, come i giapponesi; mentre agli indonesiani sono bastati diciassette anni e ai cinesi appena dodici."Dopo le due guerre mondiali", conclude il settimanale tedesco, "il centro del mondo si è spostato dall'Europa verso gli Stati Uniti. Ma adesso ha preso la direzione dell'Asia, e l'era del dominio occidentale si avvia alla fine".

Paura? Prima leggetevi anche questo libro del giornalista (venuto giovanissimo in Cina, studente come noi) Francesco Sisci, Chi ha paura della Cina?

Bella chi?!

Ecco una cosa che pochi sanno e che mi sembra molto curiosa: a differenza delle ragazze italiane (e non solo italiane) le asiatiche non amano l'abbronzatura e anzi fanno di tutto per mantenere la pelle bianca (escono sempre con l'ombrello, usano creme particolari, si riparano dai raggi del sole in ogni modo etc...), perche' ritengono sia sintomo di bellezza. Evidenti differenze nei canoni di bellezza. Leggetevi questo articolo:

Mentre in occidente le donne fanno a gara per avere l'abbronzatura più intensa e dorata, in Asia la pelle considerata più attraente è quella chiara. I prodotti schiarenti rappresentano il 37 per cento dell'intero mercato dei cosmetici nella regione Asia Pacifico e la ricerca sulle creme sbiancanti traina il settore da molti anni a questa parte.Questo perché, secondo un'inchiesta di mercato condotta nel 2004 a Hong Kong, in Corea del Sud, Malesia, Filippine e Taiwan, il 61 per cento delle donne intervistate ritiene che la pelle chiara doni un aspetto più giovanile, il 49 per cento pensa che aiuti a nascondere le rughe e le macchie della pelle e il 43 per cento che renda più attraenti. Sempre fino al 2004 il 38 per cento delle donne ammetteva l'uso di prodotti sbiancanti, che oggi invece sono diventati parte della vita quotidiana, e oggi cominciano a essere usati anche dagli uomini.Il dato preoccupante è che molto spesso le informazioni sulla composizione chimica dei cosmetici schiarenti sono scarse e i risultati raggiunti dopo il trattamento inconsistenti. Tanto che la Cina ne ha già proibiti tre. Quello che servirebbe davvero alle consumatrici asiatiche è un po' di informazione scientifica.

Fonte: Internazionale Online

Emancipazione femminile e consumismo in Cina

Women in China are catching up to men as consumers of luxury goods, industry officials said yesterday.
More economic independence is giving women more buying power, a speaker told the annual China Luxury Summit in Shanghai.
And as incomes rise and the middle class expands, research indicates that shoppers in Shanghai are increasingly turning up their noses at luxury goods, while consumers in second-tier cities can't get enough."Men have been the traditional buyers, and in 2001, three out of four consumers were men," said Emmanuel Prat, president of LVMH Moet Hennessy Louis Vuitton, the world's biggest luxury goods group with products ranging from perfume to champagne.

Fonte: China Daily Online

Sunday, November 12, 2006

Nostalgia punk


Fantastica esperienza la Cina... ma quanto mi mancano quei tempi li'...

Intervista a Prachanda: la rivoluzione maoista trionfa in Nepal

President Prachanda, let's start with the current situation. The war is finally over, you entered Kathmandu and now the Maoist police are managing most things in the city, from the traffic through to street cleaning. Your posters are everywhere. It seems to me that you've already won the war. Is that true?«We can not exactly say that it is totally true, but on the whole it is. Our revolution has not been completely victorious as yet. Changing the social economic structure and empowering the masses, in this sense, we have done an enormous amount and at the moment we are the main political force in the country. I think that we have achieved almost 60 percent of our goals , the remaining 40 per cent will be achieved with the election of the Costituent Assembly».
How long will it take?«I think about a year. We are trying to have the Constituent Assembly's election within 6-7 months. During this period, there will be big socioeconomic changes within the country and I think we'll come out victorious».
What are the next steps?«We have proposed to form a republican front of all the democratic forces, not just from the left wing but also from the liberals and radicals. We want to unite all the republican forces in the country against the feudal autocracy».
Will you achieve a Republican form of government through a referendum or through the elelction of a Constituent Assembly?«Right now there is a real possibility of an election for the Constituent Assembly. A referendum is not plausible at the moment as the other parties , like the Congress Party, are divided on this issue. We agree on a referendum, we don't have any problem with this idea, but the election of the Constituent Assembly is the main issue».
What will be the destiny of King Gyanendra?«It all depends on what one intends as the role of the King in itself. There will not be any political role for the king. The monarchy will be completely abolished in this country. If he agrees to the will of the masses, Gyanendra could live in Nepal as a normal citizen. If he does not agree, if he tries to do anything to sabotage the Republic, he will be crushed. Maybe the State will give him some land, property, but he must stay away from politics.».
How many votes, in percentage, will the Maoist party get in the elections for the Constituent Assembly?«I think the majority of the population will vote for us. More than 50 percent should be for our party. In rural areas, according to our estimates, more than 80 per cent of the masses support our party. In urban areas and in the Terai there is a mixed situation. So now we are trying our best to win over population in urbanareas and on the Terai's plains. Anyway, I think that Maoist party will be supported by more than 50 percent of the country. Overall the democratic, republican, radical and left forces will gain more than 75 per cent of the vote».
Do you think that US government will accept the new government of Nepal if the communists party, Maoist included, win the elections? Aren't you scared of a coup d'état like Chile in the Seventies?«This is a very serious issue. The representatives of the US in Asia also tried to sabotage the peace process in Nepal, they have always supported the king and opposed democracy. The US Ambassador James Moriarty is still travelling to many regions telling everybody not to believe the Maoists, that the Maoists are ad... So, the CIA may conspire against our movement, we are serious and we are prepared for anything. They will not be able to stop the march to a republic and democracy».
If the Maoist party gains more than 50 percent of the vote, will you form a government on you own?«No. We will try to unite other left and radical democratic forces and move forward together, we need a coalition, in order to develop the country in a prosperously. But if we Maoists win the elections, we will naturally claim the presidency of the Republic».
And what about yourself, Mr Prachanda? «Well, the party will decide about that, but personally I'm not really interested in becoming president. What I want do to do is to change the entire socioeconomic system in our country, but not with myself in government or as the president».
What do you hold as the most urgent reforms needed by Nepal?«First of all we want to restructure the whole state into a new federal system. We want to change the set up of past 230 year feudal state, we want to radically democratize the state structure. We want to have a federal style of government with 9 or 10 autonomous regions. In the mean time our priority will be a revolutionary land reform. We want to seize the lands of the big feudal landlords. We want to seize their land and distribute it to the poor».
There are people, both in Nepal and abroad, that still believe that you Maoists are not yet a democratic party. They think you have accepted a multi-party system just as a strategy to take over power. How do you answer this?«Yes, I have heard these voices. But yet again I reiterate that we really believe in Socialism, and even in a proletarian dictatorship, there should be multi-party competition. We came to this decision through intensive debate within our party. Our understanding is that without multi-party competition a modern society can not be built. But there is one very important issue for us: who is this democracy and multi-party system for? We have witnessed many different democratic systems which do nothing to help the majority of the population, but just few classes or regional groups. On the contrary, we want democracy to be really to benefit the masses. This is our idea of democracy and it is not some tactic or strategy. The people who say this, are the people who have always been on the side of the landlords, the capitalists, the war mongers that bomb the masses (like in Iraq and Afghanistan), well, they are not really democratic. This is not us!».
Is there any leader around the world to whom you feel close? Maybe Lula of Brazil, Chavez of Venezuela or Mandela of South Africa...«I think that those leaders are objectively closer to us than others who are blatantly capitalistic. But ideologically we are fiiferent from them as they represent only the middle classes. We represent the people, the victims and the oppressed masses.»
What about Fidel Castro?«We are not really that close to Fidel. We took some inspiration from Che Guevara when we needed it during the Peoples War, but right now we want to forge our own way, we want to take the science of the masses to a new level. Of corse, the people you mentioned are an élite in the fight against imperialism and the US superpower, but in an ideologically I don't feel close to them. Actually, our understandings standpoint is different from any communist party in the world. We are trying to interpretate marxism according to the needs of 21 st century and we are debating this with the socialist, communist and leftist movements all over the world. This is important not just for South Asia, but for the masses throughout the planet».
Some say that you are similar to Pol Pot's Khmer rouges in Cambodia...«No, no, we are completely different from them. Although Pol Pot might have had good intentions of freeing the oppressed masses, his strategy and his policies were completely wrong. We had a very serious discussion in the party about the Khmer rouges, and also about the Peruvian Maoists, and we think that we are completely different from them. We are not dogmatists, we are not sectarians, we are not traditionalists. We want to be ever more dynamic, adapting to our environment, understanding modernity».
What do you think about the No Global and Anti-WTO international movement?«In an ideological sense we are different, but we are very interesting the No global movement and support it».
Does Communism make sense today?«It's a big question, starting with Marx, Lenin and Mao Ze Dong, who wanted to apply the marxist teachings in semicolonial countries. Now, we still need marxism, but in accordance to the needs of the 21 st century. We have to apply marxist science in a very new context, understanding social, economic and also technological changes, without dogmatism and without sectarianism. We are trying to develop a completely new concept, different from what happened in the past century. When we are in the government, our experiment will surprise everybody. But to do that, we need the support of all the masses from abroad. That's why I want to appeal to all the anti feudal and and anti imperialists throughout the world. In Nepal we are at an historical turning point, the poor are fighting against autocracy, for justice and equality. Even if we are a small country in South Asia, we think that our revolution can have impact all over the world. We are fighting not only for Nepal but for the masses of the entire world. We need help and the contributions from everybody».

Why do you still call yourself Maoists, while China is turning to capitalism? Why don't you change your name, like the Italian Communists did 16 years a go?«We changed our name several times in the past, before the Peoples War. We can change name according to the situation, there is no dogmatism about it. But we think that Mao developed a very important philosophy. Even though China has changed its colours and no longer follows Maoism any more, there are some ideological points in Maoism that even today hold good against repression. So, at the moment we are ot going to change names. Maybe in the future».
How do you image Nepal in 10- 20 years from now?«Our country and our people have lots of opportunities for prosperity. We are now poor, but not because we don't have natural and human resources. We are poor because of the policy enforced by the feudal King Gyanendra. We have resorses for hydroelectric power, thanks to the large amount of water coming off the Himalayas. Tourism could also create enormous income for us, thanks to our marvellous mountains, our historical and religious sites and our astonishing natural parks. Not to mention our agriculture, the land in Terai is potentially very fertile With good government we can become one of the richest country in South Asia. But we need transport, hi tech and scientific projects, infrastructures, and a lot of courage. In ten years we'll change the whole scenario, rebuilding this country to prosperity. In 20 years we could be simular to Switzerland. This is my goal for Nepal».
This will happen only if foreign investors trust a communist government...«Yes, I know. We cannot ignore the whole process of liberalization in the world. So, we will apply mixed economics to this country. Right now, we are no saying that we plan a total socialist economy, though we will not blindly follow western liberalism. We have some national priorities and we will welcome foreign investors, using capital from abroad for the well being of Nepal».
Mr Prachanda, you speak as an experienced politician, but you have lived as a guerilla leader for the past 10 years, during the Peoples War, in the mountains, with thousands of Royal Army soldiers looking for you every day. How was your life during the war?«Well, it was very difficult, facing many dangers. Sometimes I stayed in India, other times in the various regions of Nepal where we were fighting. I had to be mobile, you know: mobility means security in those conditions. There were so many problems, incidents...».
Till a few weeks a go, your life and personality were a real mystery to the whole world. Who are you?«You know, I'm not so interested in talking about my self... In any case, I was born to a lower middle class family from the Kaski district, near Pokhara. Later, my parents moved to the Chitwan district, in Terai. It was a newly developed district, not traditional, with different people from all over Nepal. This was a very important experience for me. I studied up through high school there, and later I went to college, where I studied Agricultural Science. I graduated and became a high school teacher. In the meantime, I was studied for a masters in Public Administration. But during that time, I joined the movement and became a full time activist and cadre in politics in Kathmandu. I lived in the capital for more than 10 years, then I moved to the mountains, when the Peoples War began».
How did you become Communist?«First of all, my family was not at all rich. My parents had to work hard, life was very difficult for us. So I began asking myself why there was no social justice, why there were rich people and people without money for proper food, for proper clothes, for a proper education. Secondly, at high school, when I was 14-15 years old, there was a great debate about communism, marxism and China's revolution. In my school one of my favorite teachers was a member of the Communist party. He was a very good man, on the side of the poor. I liked him a lot even before knowing he was communist. When he told me, I became curious about communism and began asking him questions. One day, he gave to me a small booklet with quotations of Mao Ze Dong, and a big photo of the Chinese President»

Do you believe in any religion? Are you religiuos?«No, not at all. But in the Peoples Army there are Hindus, Buddhists and others, and we respect all the religious beliefs of the masses, even if our party teaches its officials and cadres a more scientific and secular point of view».
Do you love any particular movies, books or music?«On the whole, I read Indian and American literature, and obviously I read a lot of political newspapers from all over the world. When I was a teacher I used to dance and to play some musical instruments. Earlier, when I was a student, I liked to go to the cinema, watching movies based on indian legends, but also some American films».
For instance?«Well, my favourite was "Spartacus", you know? An historical movie by Stanley Kubrik, with Kirk Douglas, about a revolution by slaves in Ancient Rome».

Fonte: L'espresso Online

Friday, November 10, 2006

Ancora dal Giappone...


E ancora grazie a Seva per il prezioso contributo fotografico...

Perche' amo l'oriente...


Una foto dal Giappone. Grazie a Seva per avermela mandata.

Contro lo stato non e' reato, contro lo stato e' reazione!!

Sforzandomi ma sforzandomi ma sforzandomi e dopo non poche pinte di birre riuscirei in extremis anche a capire (e mai a giustificare) il prete della parrocchia che usi la questua di mia nonna per comprarsi i profilattici e farsela con i bambini della prima comunione... ma rubare anche i soldi dell'8 per mille destinati alla cultura per spenderli nelle operazioni belliche mi sembra fuori da ogni concetto di "capire". Stanno veramente pisciando troppo fuori dal vaso. Ci prendono per il culo senza neanche un minimo dicono un minimo di pudore. Nei regimi totalitari quel minimo di pudore ce l'hanno, non raccontano balle, decidono come vogliono e basta.
Il mercato porta liberta' di scelta. Italiano, scegli se dare il tuo 8 per mille al Papa o alla Guerra. Io spero ancora di fare il barbone da grande e non pagare nessuna tassa a nessun governo
"Farmi crescere la barba e dormire sulle panchine... questo voglio fare nella vita"

Credere Combattere Rubare


Due marò beccati a rubare in un negozio libanese
Rimpatriati come ladri. Due militari italiani del Reggimento San Marco della Marina Militare sono stati beccati mentre cercavano di rubare merce per 300 dollari in un negozio Bint Jibeil, nel sud del Libano, dove sono stati impegnati fino a pochi giorni fa nella missione Unifil2. Uscita come una indiscrezione del britannico Daily Star la notizia è stata confermata dallo Stato Maggiore della Difesa, che precisa di «aver restituto la merce rubata assieme a un risarcimento». Secondo il comando dell´esercito i due marò,«hanno portato via la merce mentre dei commilitoni, ignari, stavano pagando alla cassa». Ora sono rientrati in Italia con il resto del contingente della San Marco, che ha portato a termine la prima fase dell'Operazione Leonte. Un fascicolo sull´episodio è stato aperto dalla procura militare di Roma.

Fonte: Unita' Online

Thursday, November 09, 2006

Chi siete voi che non siete mai stati in un 7 eleven??


Secondo sua moglie, Ernest Hemingway si suicido' perche' non riusciva piu' a scrivere. Invece in Cina hanno i "7 eleven". E non solo in Cina. In Italia non li ho mai visti, ma ne ho visti in Danimarca, in Thailandia e anche a Pechino ma mai cosi' tanti come a Canton. Uno ogni 2o metri in alcune zone. Cosa sono? 7 eleven e' una grossa catena di mini supermercati, del tipo di quelli che vedete nei film americani accanto ai motel dove vanno i rappers neri a fare rapine di notte e trovano come commesso lo sfigato immigrato asiatico o il sedicenne brufoloso mentre faceva l'amore con se stesso. Avete presente? Ecco, quel tipo di supermercati. 7 eleven vende soprattutto robe da mangiare (rigorosamente prodotti che fanno male alla salute) ma anche alcool, riviste, oggetti per la pulizia del corpo, sigarette, profilattici. E' aperto 24 ore al giorno (e questa e'una cosa che dovrebbero inventare anche in Italia, dove anche nel centro di Roma all'una di notte e' tutto chiuso e se uno ha fame o non ha voglia di dormire fa prima a prendere il primo volo per la Spagna). I commessi all'interno sono tutti giovani, indossano uniforme orripilanti come quelli del McDonald. Oltre a vendere suddetti prodotti per 24 ore al giorno hanno anche cibo cotto, stile fast-food/tavolta calda. Qui in Cina non ve lo dico che schifezze vendono (e che a me amante del sublime piacciono tantissimo), comunque sappiate che fanno in due secondi panini caldi, polpette, pannocchie. Hanno anche forni a microonde e salse e spezie con cui uno puo' liberamente servirsi. Cioe' uno puo' alzarsi alle 3 di notte, infilarsi le ciabatte, scendere in strada, entrare nel primo 7 eleven, trovare la commessa assonnata, comprare una porzione surgelata di riso coscia di pollo peperoni e funghi con tanto di istruzioni da mettere nel microonde, prendersi una lattina di Pepsi e scegliersi il colore della cannuccia della forchetta o delle bacchette e consumare il pasto allegramente all'interno del mini supermercato, il tutto free charge cioe' senza tasse aggiuntive o costo del coperto, in compagnia di altri 5-6 grandi grossi nigeriani che di notte vendono droga ma non per strada perche' fa troppo freddo. Probabilmente negli Stati Uniti si mangia solo cosi'. I cinesi ci stanno provando.

Foi italiani semprre manciare


I cinesi raramente ringraziano o chiedono "per favore". Altrettando raramente rispondono "prego" o "arrivederci". Sommato al fatto che spesso sputano in terra, si infilano dita nel naso e nelle orecchie e lasciano partire liberamente rigurgiti d'aria dalla bocca e dal sedere, danno un'immagine di se' che molti occidentali e giapponesi soprattutto definisco di maleducazione, mancanza di buone maniere e incivilta'. Diciamo che lo fanno un po' tutti, ma i giovani che vivono nelle metropoli e gli uomini d'affari (cioe' quelle categorie sociali che piu' hanno a che fare con gli stranieri) ci stanno piu' attenti, e se fanno quanto sopra detto lo fanno di nascosto, nel loro privato, un po' come tutti noi occidentali. Sono d'accordo anch'io sul fatto che i cinesi, diciamo cosi', "peccano" un po' nella forma, nell'apparenza, nelle "relazioni col pubblico". I giapponesi sono invece dei campioni di formalita', buone maniere, inchini. E quando vengono in Cina restano allibiti dal modo di fare dei cinesi. Molti diventano razzisti se gia' non lo erano prima. Altri vivono ghettizzati ed evitano i cinesi. Secondo me invece molti giapponesi sono solo cartoni animati, belle confenzioni di cioccolatini per Natale vuoti all'interno, vite spese a imparare come vestirsi e comportarsi, come obbedire e come prostrarsi. Belli fuori e inutli dentro. E' brutto vivere di sola apparenza e regolare ogni tuo movimento e parola in base a quello che l'altro vorrebbe vedere e sentire da te. Dev'essere molto umiliante. Credo lo sappiano anche i giapponesi. E anche i coreani non sono molto diversi. I cinesi invece dentro hanno molto orgoglio. Sanno che, come disse Goethe, mentre noi occidentali eravamo ancora a dondolarci sugli alberi i cinesi gia' si pulivano il sedere con la carta. Sanno del loro glorioso passato, sanno di centinaia d'anni di cultura, pensiero, amministrazione dello stato. Soprattutto sanno che i giapponesi erano solo poveri pescatori e che se oggi coreani, vietnamiti e giapponesi hanno una scrittura lo devono anche ai caratteri cinesi. I cinesi non appaiano, non si mostrano, stanno piu' zitti e a posto loro. Perche' dietro a questa forma "maleducata" o "incivile" hanno personalita' e valori, valori quale la famiglia e il matrimonio, che a giovani progressisti occidentali come me fanno semplicemente ridere. E di noi occidentali che pensano? Domanda assurda. Ma una mini risposta la voglia dare: secondo me pensano che siamo una massa di fighette in giacca e cravatta, sempre a brontolare e crear problemi, sempre con qualcosa che non va bene o che non ci e' abbastanza comoda. Il letto e' troppo duro, la fodera e' macchiata, qui c'e' puzza e la' non e' stato pulito, il servizio e' vergognoso e nella mia minestra c'e' una mosca. Noi occidentali non sappiamo quanto e' buona la mosca nella minestra. A riguardo vi consiglio un libro: Italia in Cina, autori il sinologo scomparso pochi anni fa Giuliano Bertuccioli e il mio professore di cinese nonche' preside di Facolta' Federico Masini. Tratta della storia delle relazioni tra Italia e Cina dai tempi dei romani ai giorni nostri. Bello vedere analogie e disuguaglianze, bello vedere come molte cose che ci sembrano strane di loro e viceversa lo erano gia' duecento, cinquecento, mille anni fa. Un libro curioso e divertente anche. Gustosi gli scambi di accuse e le reciproche critiche, tipo su quanto sia sporca e piena di ladri Roma e di quanto siano piantagrane e lamentosi i pioneri bianchi venuti a fare affari in Cina centocinquanta anni fa.
C'e' un mondo da scoprire la' fuori. Avviciniamoci alla porta, apriamola, mettiamo il piedino fuori dall'uscio, cosi', un passo dopo l'altro, e nel farlo lasciamo pure a casa le nostre arroganze e assurde pretese di superiorita', smettiamola di dare tutto per scontato... italiano mammone e mangione, troppa pastasciutta hai da mangiare prima di cominciare a capirci qualcosa. Specie di cinesi

P.s. C'e' chi crede che gli spaghetti siano italiani. Altra cosa che si da' sempre per scontato. In realta' anche i cinesi hanno gli spaghetti da secoli. Chi l'abbia insegnato a chi non e' ben chiaro. Ne' se siano stati inventati indipendentemente l'uno dall'altro. Nelle fonti, a ritroso nel tempo, troviamo gli spaghetti in Boccaccio. Nelle fonti cinesi gia' da prima.

I hate myself and I want to die


Avevo scritto un poema su Starbuck's, Bonino e pizza americana... ma invece di Ctrl-C per copiare ho premuto Ctrl-V per incollare ed e' sparito tutto. Amo la tecnologia...

Intanto, a Tokyo, vicino Harajuku...

Fonte: Internazionale.it

Tuesday, November 07, 2006

Macao ed Hong Kong

Quante volte ho sognato la Cina libera. La Cina vasta e imponente in primis come storia e cultura, la Cina a muso duro contro l’arroganza imperialista statunitense, la Cina enorme e diversissima, la Cina delle minoranze etniche, la Cina dell’Himalaya e del Deserto del Gobi, la Cina dell’Oceano Pacifico e della Tartaria. Pensate che figata una Cina libera. Democratica, rispettosa di lavoro, ambiente, pensiero e religione. La Cina non di regime ma ugualmente socialista. Pensate che figata. Un miliardo e trecento milioni di persone libere, coscienti, informate, uguali. Piu’ di una persona su sei al mondo. Che figata. Ogni tanto me lo sogno la notte. E anche di giorno. Sogno un miliardo e trecento milioni di persone libere. Evidentemente a qualcuno fa comodo il contrario o semplicemente una Cina libera non puo’ esistere perche’ si sgretolerebbe anche solo a provarci.
Poi pero’ ci sono Macao (in cinese AoMen) e Hong Kong (in cinese XiangGang) rispettivamente ex colonia portoghese ed inglese ed ora Repubblica Popolare Cinese dal 1999 e 1997. Sono zone speciali, cioe’ zone dove i cinesi della ‘motherland’ non possono entrare se non con un permesso (una specie di visto). Zone che hanno una propria amministrazione politica e soprattutto economica che dovrebbe tendere a uniformarsi a quella cinese in una cinquantina d’anni. Quello che si spera in occidente e’ che avvenga il contrario. I cinesi pensano che Hong Kong e Macao siano come la motherland ma non sanno che non possono neanche metterci piede. Il partito comunista cinese lo chiama “un paese due sistemi”, stessa formula che si usa per Taiwan, tesa ad indicare (o meglio giustificare) che sono territori della Repubblica Popolare Cinese ma che hanno leggi, economie e stili di vita che nella motherland non ci sono, sono vietati o fanno male alla salute.
Detto questo io a Macao e Hong Kong ci sono stato. Facendo lo stagista a Canton (meno di due ore di macchina da entrambe) non potevo perdere l’occasione di farmi un weekend in quelle che mi disegnavano come “la Cina libera” e “perfetta combinazione di cultura occidentale ed estremo orientale”. Ed e’ stata emozione grossa.
A Macao sono stato due giornate. Andato solo. Si arriva alla frontiera di ZhuHai, mezz’ora di formalita’ e come esci dall’ufficio della polizia sei a Macao. Bellissima Macao. Piccolissima (come Ancona credo). Stile portoghese, chiese, istituti e fondazioni europee, cimiteri. Moderna. Stranieri pochi. Soprattutto cinesi, ma cinesi diversi da quelli della motherland, piu’ vicini ai nostri stili, qualcuno potrebbe dire piu’ “civili” ed “educati”. Scritte in inglese, portoghese e cinese tradizionale (non semplificato, diverso dai caratteri del cinese mandarino che studio io per intenderci). La gente parla cantonese e un po’ di inglese e mandarino; i piu’ anziani parlano anche portoghese. Ti chiedi come faccia tanta gente a vivere in un posto cosi’ piccolo e trovi l’unica risposta nel porto e nei commerci che Macao ha col mondo. Due le cose che mi hanno estasiato di Macao: le piazze e le panchine. La Cina dove ho studiato e vissuto io non ha panchine per la strada se non nei parchi e la gente non si siede per terra, la sera si chiude in casa. Le citta’ sono squadrate, formate da enormi stradoni orizzontali e verticali, le piazze sono poche e fungono piu’ da incroci che da luoghi di ritrovo. Passeggiare da solo di notte zaino in spalla e trovarmi all’improvviso in una piazza circolare con una chiesa sullo sfondo, gente di ogni eta’ in giro, cani, giovani seduti in strada con una chitarra e della birra mi ha riempito il cuore di gioia. Mi sembrava di stare a Bologna in Piazza Grande a sedere e bere coi punkabbestia. Talmente felice che ho fatto scorta di birra e sono andato romanticamente ad appisolarmi sotto un ponte sul molo risvegliandomi all’alba con un puntuale mal di testa incluso nel prezzo.
Hong Kong invece e’ l’ombelico del mondo. Straordinaria. Incantevole. Probabilmente unica. Un po’ come Instanbul. Beh, non proprio come Instanbul. Innanzitutto l’immagine che avete dell’Hong Kong a grattacieli su grattacieli e il mare davanti e’ solo una parte minuscola della citta’. Hong Kong e’ enorme, 1100 km quadrati, 260 isole. La piu’ famosa e’ l’isola di Hong Kong, di fronte c’e’ la penisola di JiuLong (in cinese, in cantonese non mi ricordo come si scrive, Koowlon mi sembra) e oltre ci sono i Nuovi Territori che portano alla frontiera di ShenZhen e la motherland. 6 milioni e novecento mila persone. Persone. Non cinesi. A Hong Kong trovi gente da ogni parte del mondo. La parte commerciale (quella coi grattacieli) e’ piena di indiani, pakistani, inglesi, nigeriani, senegalesi, arabi. Sembra la Los Angeles che vediamo nei film. Solo banche, gioiellerie, hotel di lusso. E poi casino’ ed ostelli. Piu’ nascosti ci sono i bordelli. Piu’ pulita, multietnica e frenetica della motherland. Piu’ libera. I giornali ci vanno pesante, trovi scritte sui muri, donne che fumano, giovani coi capelli colorati e le borchie addosso, donne col velo, mendicanti quasi nulla, ragazzine che giocano a basket coi coetanei che vestono come i rapper neri di New York. Tutti che stanno bene e tutti che hanno da fare. Musei ed acquari. La gente rispetta la fila, non sputa per terra, butta la cicca nel cestino dell’immondizia, durante una conversazione ringrazia e saluta come fanno nei paesi anglo-sassoni e un po’ meno anche da noi. Le strade sono diverse dalla Cina. Anche i segnali. E’ come se la citta’ fosse meno uniforme e avesse piu’ personalita’. Monaci e preti passeggiano per le strade. E per le strade trovi associazioni che lavorano per i diritti umani. E che denunciano le malefatte del partito comunista cinese. Distribuiscono materiale per il quale si puo’ essere arrestati in Cina. Hong Kong costa il doppio della Cina ma vale la pena. Per la strada tanti giovani, concerti occasionali, navi, barche, vele. Anche pesci immagino. La domenica il free market, centinaia di donne che fanno una sorta di pic-nic nelle piazze e nelle strade. Nessun uomo. Solo donne sedute a chiacchierare mangiare vendere merce. Anche di fisionomia non sembrano cinesi han, li diresti piuttosto malesi o tailandesi, piu’ scuri in viso e piu’ bassi. A Hong Kong parlano cantonese e un ottimo inglese, quasi tutti parlano anche il cinese mandarino. Interessantissimo il museo d’arte specie nella sezione arte contemporanea. Superiore il museo di storia, il piu’ bel museo che abbia mai visto, descrive la storia di Hong Kong dal neolitico ad oggi, le svolte principali, i rapporti con la Cina e, soprattutto, la storia dal Trattato di Nanchino (1842) quando divenne colonia inglese all’occupazione giapponese (1940) fino al passaggio alla Cina nel 1997. Documentari, video, foto, brochure, quadri, trattati, oggetti, statue di cera, utensili, ricostruzioni e altro ancora. Veramente superbo. Non bastano 4 ore per visitarlo tutto, anche se si va di fretta. Hong Kong e’ una bolgia anche di notte, mercatini, gente in giro, giovani, spiagge, ristorantini di pesce, Disneyland, loschi affari, businessman, mafiosi, pedofili, di tutto e di piu’… a me e’ bastato prendere una stanza di 3 metri quadrati per 10 euro a notte in un ostello improbabilissimo in un grattacielo di ostelli pieno di neri e indiani. Bella storia Hong Kong.
Ultima considerazione: la via piu’ veloce comoda e costosa per andare da Hong Kong in Cina e’ il treno che arriva a Canton (un’ora e mezza, 19 euro in seconda classe); i cinesi che montano a Hong Kong sono gli stessi che scendono a Canton visto che il treno non fa fermate intermedie… mi chiedevo perche’ se quando salgono sono tutti cortesi, sorridenti e parlano in perfetto inglese quando scendono a Canton cambiano improvvisamente atteggiamento, urlano, gridano, spingono, sputano, non guardano in faccia a nessuno, cercano solo di pestarsi in testa l’uno con l’altro. Ci penso da due giorni e non ho ancora trovato una soluzione…

Ore 0.44. Ho appena finito di scrivere questo post e ho appena saputo che a Pechino fa due gradi sotto zero. Io sono in mutande, finestra aperta e zanzare che banchettano come ogni sera. Sto ascoltando i Nirvana e rispondo agli sms. Ho quattro documentari della BBC sulla Cina contemporanea, tre cartoline da scrivere, i denti da lavare e una strana pietra viola sul tavolo. Domani andiamo avanti col lavoro di creazione del nuovo sito del Consolato d’Italia a Canton. Sara’ una bella notte. Evviva la Cina libera!

Lettera aperta del "Sindacato Impiegati Consolato Italiano a Canton" a Il Sole 24 Ore



Forse ho capito perche’ mi han censurato il blog. Grazie ad un grande uomo ho anche capito come aprire ugualmente il sito e metterla in quel posto alla censura.
Volevo raccontare di un episodio che riguarda ambasciate e consolati italiani in Cina. Ne sono venuto a conoscenza dopo un’accesa nonche’ amichevole discussione con alcuni colleghi al Consolato d’Italia a Canton presso il quale sono stagista.
Una giornalista del Il Sole 24 Ore (di cui non scrivo il nome perche’ va bene essere censurati ma arrestati mi sembra troppo, e comunque non spetta a me fare denunce varie) ha scritto un articolo qualche giorno fa sui visti che l’Italia rilascia ai cittadini cinesi.
L’articolo criticava l’operato delle istituzioni che rilasciano (e soprattutto negano) visti a “imprenditori e studenti cinesi”. Denunciava il fatto che per questi “imprenditori e studenti cinesi” sia difficilissimo, costoso e sconveniente chiedere ed ottenere un visto per l’Italia per motivi a volte oscuri e che suddetti “imprenditori e studenti cinesi” preferivano quindi richiedere visti per andare in Francia e Germania, di gran lunga piu’ facili da ottenere, con grande perdita e danno per l’economia italiana.

Premesse:
Io non tifo per l’Italia.
Io non tifo per i consolati o le ambasciate italiane in Cina.
Come stagista non mi occupo di visti ma ogni giorno vedo, parlo e mangio cioccolatini con una decina di italiani che fanno i visti ai cinesi che vogliono andare in Italia.
L’articolo prendeva i dati da una fondazione italiana che si occupa di Cina (anche qui evito il nome). Tale fondazione aveva intervistato un campione di cinesi. Cioe’ non aveva i dati del Ministero degli Esteri o dei consolati italiani in Cina, ma aveva semplicemente intervistato dei cinesi.
Non esistono visti solo per l’Italia o la Francia o la Germania ma per i paesi dell’accordo di Schengen.
Una minima parte delle richieste di visto vengono rifiutate. Di solito si richiede di aggiungere del materiale, secondo quanto dettato dalle normative.
Gran parte dei richiedenti visto sono gente umile che proviene dalle povere campagne delle regioni del sud, che trovano qualche stratagemma per accumulare soldi e venire in Italia e restarci a lavorare in nero. Poche sono le richieste di gente che viene in Italia per imprendere o studiare. Gli altri sono turisti.
E’ difficile rifiutare un visto per ricongiungimento familiare.
Se uno studente cinese non parla un minimo di italiano non puo’ andare a studiare in Italia.
I cinesi in Cina sono un miliardo e trecento milioni con un’incertezza di duecento milioni.
In Italia ci sono circa sessanta milioni di persone.
I cinesi fino a 10-20 anni fa un passaporto non sapevano neanche cosa fosse. Figuratevi un visto.
Un visto che un italiano puo’ richiedere per la Cina dura in ogni caso al massimo 6 mesi.

Conclusioni:
Innanzitutto tralasciamo alcune cose. Tralasciamo il numero dei giornalisti italiani incazzati perche’ non sono riusciti a portarsi l’amichetta cinese in Italia. Tralasciamo il numero dei cinesi incazzati perche’ non sono riusciti a comprarsi un visto per l’Italia. Tralasciamo soprattutto il numero di passaporti e documentazioni false (certificati di nascita, matrimonio, divorzio, morte, adozione, stato di famiglia, etc…) che arrivano al Consolato, passate anche sotto le mani del sottoscritto. Tralasciamo le falsita’ sui dati riguardanti i tempi sui visti e sui numeri. Tralasciamo il fatto che in effetti in Italia ci sono pochi studenti cinesi rispetto a quanti ce ne sono in Inghilterra o in Germania. Tralasciamo che in Italia ci sono pochi soldi anche per gli studenti italiani. Tralascio lo sconcerto e il disappunto dei colleghi che lavorano in Consolato con me. A me lascia sbigottito che dati e commenti del genere si basino su un’intervista a un campione di cinesi qualunque chissa’ come ottenuto. Tenendo conto che i cinesi sono organizzati tra famiglie e clan in modo che a paragone la mafia italiana piu’ che una piovra e’ un gamberetto di mare da mettere nel sushi, a me sembra che l’articolo della giornalista de Il Sole 24 Ore e’ come un articolo dal tema “Cosa pensano gli italiani degli immigrati presenti nel loro territorio” basata su un’indagine fatta nella sede della Lega Nord di Treviso.
Solo che l’italiano medio che legge l’articolo de Il Sole 24 Ore non lo sa.