Tuesday, July 28, 2009

Destination?! Jerusalem!!


Tempo di alzare i tacchi, estate, tempo di viaggi allo stremo delle forze. 50 gradi all'ombra, zaino in spalla e sandali sfondati ai piedi, stavolta la destinazione si chiama Medio Oriente, luogo natio delle tre principali religioni monoteiste, gran parte di umanità è passata di là negli ultimi trenta secoli; prima Egitto e Giordania, poi Palestina, terra martoriata da un conflitto etnico e un'occupazione militare che dura da troppo tempo. Nelle idee, più volontariato e contatto con la gente locale che viaggio di piacere. Speriamo di poter essere utili a qualcuno e, come sempre, di portare a casa la pellaccia. Che la Cina mi aspetta a settembre.


Presto (spero) foto e resoconti. In gamba gente, buona estate di pace e relax!


"Verso sud, l'ultimo dei paesi abitati è l'Arabia, l'unica fra tutte le regioni al mondo che produca incenso, mirra, cassia, cinnamomo e ledano... Dal paese di Arabia spira un profumo di una dolcezza straordinaria" Erodoto

Saturday, July 25, 2009

Teste di brigante. Viva i cangaceiros!!

Thursday, July 23, 2009

Ci son rimasto male... In ricordo d'un viaggiatore


Cantante, scrittore, viaggiatore. Di Giorgio Bettinelli avevo sentito parlare per il suo libro "La Cina in vespa", ma solo oggi ho saputo della sua morte, avvenuta quasi un anno fa, il 16 settembre 2008. Un'infezione, dicono. A Jinghong (Cina, Yunnan meridionale), città che ho attraversato due volte in vita mia; una di quelle città senza tempo, sospese. Riporto qui una brevissima descrizione delle sue mete in vespa, tratta da wikipedia:

"Il suo primo viaggio parte da Mentana, dov'era residente, in provincia di Roma, nel 1992 con destinazione Saigon, dove arriverà nove mesi dopo - marzo 1993 - percorrendo 24.000 chilometri. Il secondo parte da Anchorage per arrivare alla Terra del Fuoco e dura dal 1994 al 1995 lungo un percorso di 36.000 chilometri. Il terzo unisce Melbourne a Città del Capo, per un totale di 52.000 km percorsi fra il 1995 e il 1996. Il quarto e ultimo, chiamato Worldwide Odyssey, è un vero e proprio giro del mondo, dura più di tre anni, dall'ottobre del 1997 al maggio del 2001: il luogo di partenza è la Terra del Fuoco e quello di arrivo è la Tasmania. Copre 144.000 km passando per l'Alaska, la Siberia, entrando in Africa attraverso lo stretto di Gibilterra, e costeggiandola tutta fino a Gibuti passando un'altra volta per Città del Capo, per poi costeggiare tutta l'Asia meridionale dallo Yemen all'Indonesia, fino all'arrivo nell'ultimo continente, l'Australia, e alla destinazione finale, la Tasmania. Durante quest'ultimo viaggio Giorgio Bettinelli è stato anche rapito da un gruppo di guerriglieri in Congo, per poi essere rilasciato dopo poco tempo, derubato di tutto ma con la vita salva"

Tuesday, July 21, 2009

Patriarchy?!

Sunday, July 19, 2009

Radici


"Sedotta e abbandonata", di Pietro Germi, 1964. Un film che tutti i mediterranei dovrebbero vedere...

Saturday, July 18, 2009

Il polso di Dio. Curato dalla sanità pubblica italiana.


Vignetta: www.spinoza.it/2009/incidenti-domestici


"Oh gentiluomini, il tempo della vita è breve!
Trascorrere questa brevità nella bassezza
sarebbe cosa troppo lunga.
Se viviamo è per marciare sulla testa dei Re.
Se moriamo, o che bella morte, quando i Principi
muoiono con noi.
Ora per le nostre coscienze le armi sono giuste.
Quando l'intenzione nel portarle è ragionevole."

William Shakespeare - Enrico IV -

Wang Wen e il post rock cinese


Articolo di Mauro Crocenzi sul post rock in Cina, uscito su Alias.

Friday, July 17, 2009

Dorothy Day (1897-1980)


"Don't call me a saint, I don't want to be dismissed so easily"

La globalizzazione dell'intolleranza: clandestini africani a Canton, Cina meridionale

Un articolo che sinceramente lì per lì mi ha fatto sbellicare dalle risate. Probabilmente avrei dovuto invece piangere. In poche parole: Canton, Guangdong, estremo sud della Cina, tempio del capitalismo internazionale, fabbrica del mondo, la prima volta di una protesta di stranieri in strada. Africani. Per questioni di passaporto e visti, droga e luoghi comuni, sicurezza ed intolleranza. Ma a far ridere non è tanto l'articolo in sé (c'è anche scappato un morto), quanto più i commenti dei cinesi. Sembra di leggere i pensieri della Guardia Padana, degli Ultras del Verona, dei fasci di Roma o giù di lì...

Ho scritto un pezzo a riguardo, nella versione italiana di China Files, che trovate qui.
Articolo originario e commenti, dal China Daily (in inglese), sono invece qui.

Madonna p...


Miss Ciccone (alias Madonna) please stop adopting children and adopt the families of the two workers killed in Marseille while preparing the stage for your next concert. Thank You.

Article: Libération

Shocking...


List of journalists killed in Russia since 1992...

Thanks for everything, Natalia Estemirova.


Picture: Internazionale

Thursday, July 16, 2009

China as a "genuinely multiethnic global power"

An article by OpenDemocracy about ethnic conflicts in China.

Wednesday, July 15, 2009

Solidarity Forever




"Solidarity forever,
Solidarity forever,
Solidarity forever,
For the union makes us strong.

When the union's inspiration through the workers' blood shall run,
There can be no power greater anywhere beneath the sun;
Yet what force on earth is weaker than the feeble strength of one,
But the union makes us strong.

..."

Bae Doona, Corean actress and model


Mi spaventa la cravatta più d'ogni altra cosa...


“era ordine e pulizia
era il tempio il supermercato
erano fantasmi che tornavano
era il futuro surgelato”

La Gang, La corte dei miracoli

Ancona, 9 luglio 2009: giornata contro i respingimenti






Monday, July 13, 2009

Galera od ospedale

E anche da queste tre notti in ospedale ho imparato qualcosa. Innanzitutto che non esistono operazione “stupide. “Tranquille”, “sciocche”, “non te ne accorgerei neanche”, “una cazzata”. Non esistono. Le operazioni sono tutte (alcune più, altre meno) una gran rottura di coglioni. E, soprattutto, una sofferenza. SOFFERENZA è la parola chiave. Quella che meglio si abbina alla parola “operazione” e, per espansione, alla parola “ospedale”. Tre giorni di sofferenza. Maledette operazioni. Maledetti ospedali.

“Torni a casa?” mi ha chiesto un tizio sulla cinquantina che non ho neanche guardato in faccia mentre svuotavo l’armadietto del mio letto in ospedale. “Sì, cazzo. Finalmente!”. “Sei stato molto in ospedale?” mi fa ancora questo tizio, che avrebbe preso il mio posto in camera. “No. Ma in ospedale non ci sto mai volentieri. Anche venti secondi sono troppi”. Quanta improvvisata saggezza.
Sofferenza a parte, è proprio vero: in ospedale si trova l’Uomo. Ne ho contati molti questi giorni: donne, uomini, bambini, anziani. Gran signori. Tutti all’esame SOFFERENZA. Tutti gran signori. L’anziana signora operata all’orecchio con la quale ho bevuto camomilla fumante di fronte a noiosissimi programmi televisivi fino a tarda notte (le dieci e mezzo. Che in ospedale sono tarda notte). Il pugile dilettante operato al naso che alle sei e trenta di mattina quando l’infermiera veniva a infilarci la flebo saluta il giorno con un “cazzo… che sarebbe adesso una bella scopata!”. Le infermiere (tutte donne e molte giovani) che senza di loro l’ospedale chiuderebbe in dieci minuti. Il giovane padre di famiglia con la maglietta rossa con su scritto “Resistere Resistere Resistere!” e la signora operata alla gola, in ospedale da più di un mese. Altro che Resistere.

E poi la sala operatoria. “Non ho paura. Non mi fanno paura le operazioni, non mi fanno paura gli ospedali e neanche i chirurghi. E poi la mia operazione è una cazzata. Tolgono due cicci al naso e martellano un po’ il setto. Una gran cazzata. Non me ne accorgo nemmeno. E fra un paio di giorni a casa a scrivere e-mail ai miei amici di Pechino. Una gran cazzata”. A vent’anni si è stupidi davvero. Il brutto dei lettini (oltre al fatto di essere durissimi, una tortura voluta credo) è che non puoi far altro che fissare il soffitto azzurro plastica e attendere che venga il tuo turno. Prima del mio turno si è presentato un simpatico infermiere “Hai paura degli aghi?”, “Chi?! Io?! Lei non sa con chi sta parlando” e neanche mi fa finire la frase che mi infila uno spadone a due mani 2D8+4 nella mano, un ago nero di mezzo metro che non so come faccia ad entrarmi in vena. Un ago sparato sul dorso della mano che arriva fino all’avambraccio, un ago che rende impossibile la mobilità del polso, che lancia fitte fastidiosissime ogni volta che provi a muovere la mano. E così sarà per quattro giorni e tre notti. Una favola. Poco dopo intravedo uscire la ragazza entrata prima di me. In posizione fetale, faccia sconvolta, provo a parlarle ma non risponde, gli occhi rossi, la pupilla giù e su. Bene. “Sei pronto?”. Ora non ne sono più tanto sicuro. Quando entra l’anestesista capisci che per te è finita. E ti risvegli dio solo sa quanto dopo, abbandonato sullo stesso lettino di prima in un corridoio dell’ospedale, lo stesso infermiere di prima che prova a dirti qualcosa che tanto non capisci. “Mi esce da vomitare”, “Normale. Ti abbiamo intubato”. “Che botta… l’anestesia…” penso e chiedo “Dov’è la ragazza di prima?!”. “Ora ti ci porto”. Una grossa ferita in bocca, spasmi di vomito, mal di testa, confusione, non sento nulla dalla mascella superiore alle sopracciglia. La sofferenza vera e propria comincerà solo molte ore dopo, quando finirà del tutto l’effetto dell’anestesia. E subentreranno i dolori alla gola, al naso, al mano, ai denti. E poi le 38 linee di febbre, i dolori alla testa e quelli fortissimi alla schiena. L’ago sempre puntato sul dorso della mano. E un naso su cui dev’essere atterrato un F14 dell’aeronautica canadese.

Giuro. Non esistono operazioni stupide.

Friday, July 10, 2009

Detoxification tourism?


Wednesday, July 08, 2009

Italian pride



Source: Times

Tuesday, July 07, 2009

Diamo il benvenuto al G8 ad Ancona!!





UNA GIORNATA SENZA FRONTIERE
MANIFESTAZIONE
GIOVEDI' 9 LUGLIO
ore 19.00
piazza Roma - Ancona


Da Vicenza all’Aquila, da Roma ad Ancona, dal 2 al 10 luglio a contestare il G8 della crisi saranno le comunità che difendono i beni comuni dalla devastazione ambientale e dalle basi di guerra, che si battono per il reddito, il diritto alla casa, per estendere spazi di libertà contro i dispositivi autoritari.
Quelle comunità che vogliono riprendersi il diritto di decidere sul loro futuro, e rivendicare indipendenza e autonomia.

Quelle comunità che hanno intessuto reti solidali con le popolazioni abruzzesi colpite dal sisma che in quei giorni protesteranno contro la militarizzazione della gestione dell'emergenza e per un progetto di ricostruzione sociale dal basso.

Nelle Marche l'appuntamento é al Porto di Ancona, alle porte d'oriente dei nostri territori.
Porte che si vorrebbero chiuse al bisogno di libertà e dignità affidato al mare da migliaia di migranti. Chiuse dalla frontiera della guerra all'umanità in fuga dall'oppressione e dalla disperazione.

Nel porto di Ancona ogni giorno si violano i più elementari diritti umani, si nega sistematicamente il diritto di asilo. Ogni giorno, profughi e richiedenti asilo, uomini e donne che scappano dall'Afghanistan o dall'Iraq, vengono direttamente respinti dalla polizia di frontiera e reimbarcati nel viaggio di ritorno verso l'inferno del campo profughi di Patrasso. Uomini e donne che, come Amir, incontrano la morte soffocati nei container o schiacciati dai tir.

Giovedì 9 luglio vogliamo una Giornata Senza Frontiere: una giornata per liberare il porto di Ancona dalle barriere e dalle gabbie dove si infrangono quei desideri di libertà e dignità che vengono dal mare.

Una Giornata Senza Frontiere per aprire alla cittadinanza senza confini lo spazio negato del porto, perché ritorni ad essere un bene comune di tutta la città.

Una Giornata Senza Frontiere per rivendicare l'indipendenza e l'autonomia delle comunità che vogliono rovesciare la crisi in opportunità di decisione comune sulla trasformazione del presente.

Una Giornata Senza Frontiere per dire basta alla vergogna dei respingimenti, per abbattere l'infrastruttura securitaria del nuovo razzismo aprendo le porte d'oriente alla libertà e ai diritti.

Comunità Resistenti delle Marche contro il G8
Ambasciata dei Diritti
Associazione Ya Basta! Marche

Giovedì 9 luglio la Giornata Senza Frontiere prenderà inizio con il concentramento della manifestazione alle ore 19.00 in Piazza Roma ad Ancona. Per informazioni e contatti: tel 320/1181725 email: info@glomeda.org

The best way to celebrate your graduation: running naked.



Fudan University, Shanghai.
Source: China Smack

Conflitto etnico





156 morti, mille feriti e oltre mille arresti. Non sono niente. Per i numeri cinesi non sono davvero niente. Ai cinesi piace parlare di numeri. Forse perché non ne possono fare a meno. I demografi trovano il loro Paradiso in Cina. La Cina ha la popolazione più numerosa al mondo. Un taxista cinese a Pechino si mise a ridere quando gli dissi che a L’Aquila erano morte più di 300 persone sotto le macerie. Nel Sichuan ne morirono 70.000. 70.000 è un numero, 300 no.
A Urumqi è scoppiato il conflitto etnico. Uighuri contro han. Il governo cinese è da sempre alle prese contro separatisti ed indipendentisti. Contro chi, insomma, in nome di una diversità culturale, etnica o religiosa, vorrebbe maggiore autonomia e indipendenza dal governo centrale di Pechino. Pechino ha attuato una politica ben precisa: rendere i territori a rischio separatista pieni di gente di etnia han, rendendo cioè in minoranza l’etnia autoctona. Così hanno fatto molto tempo fa in Mongolia Interna e Xinjiang, così hanno fatto nella Regione Autonoma del Tibet negli ultimi decenni. Migrazioni di massa. E gli autoctoni che diventano minoranza e non possono più rivendicare nulla.
Il punto è: è una politica che funziona? E soprattutto: è priva di rischi? A quanto sembra no. Basta vedere le sommosse a Lhasa e Urumqi. Qualcosa non ha funzionato. Ed è scoppiato il conflitto etnico. Persone che si ammazzano tra di loro in nome di un’appartenenza etnica. Per altro tutt’altro che ben definita o storicamente delineata. Le discussioni su etnia o identità sono di una complessità inimmaginabile. In Cina ancora di più, dove l’etnia “han” altro non è che una “invenzione” di Sun Yatsen, padre della Repubblica Cinese. I cinesi non esistono. O meglio, non è facile distinguerli o accomunarli sotto un’unica etnia. Pensate solo a quante lingue e dialetti esistono in Cina. E a quante etnie “minori” non riconosciute ci sono. Basterebbe fermarsi un momento a ragionare su questo per evitare spargimenti di sangue in nome di appartenenze etniche tutt’altro che chiare.
Ma poi penso alla Lega Nord di casa nostra. E mi rendo conto che ai cinesi non c’è nulla da insegnare.




Foto: CBC

Monday, July 06, 2009

Quando lo Stato uccide. E lo ammette.


In memoria di un ragazzo morto troppo presto, morto ucciso dallo Stato. In memoria di Federico.

Sindacalismo coraggioso


Chico Mendes (Xapuri 1944 - Xapuri 1988)



Giornalismo coraggioso


Friday, July 03, 2009

Chinese government is not the only enemy of the Church

As soon as the High Court of India argued homosexuality is not a crime, the Church feels it needs to reply and redress such a decision: homsexuality cannot be a social norm...

"For Indian Church homosexuality is not a crime but cannot become a “social norm”"

Source: Asia News

Thursday, July 02, 2009

在手术中。。。 Hospital & Surgery

"Prego... si sieda... mi dica: ha mai fatto altre operazioni?"
La prima volta sotto i ferri ci sono andato a quattordici anni. Una sciocchezza. E ho ricordi ancora anteriori di ospedali e operazioni in famiglia. Zii e nonni che si ripetevano fra loro "Se devo morire, non voglio farlo sotto i ferri". Lo dicevano tra di loro, ma io ero piccolo e anche se piccolo ascoltavo. Da piccolo ascolti. Da grande ricordi e capisci. Non che abbia paura delle operazioni. Non ho paura neanche degli ospedali. Ma gli ospedali mi lasciano sempre con l'amaro in bocca. Anche se entro per comprare biscotti al distributore o portare fiori ad un'amica ricoverata. Esco sempre con l'amaro in bocca. Gli ospedali non sono un bel posto. Non ci si va a divertire. Non ci si va per diletto o per piacere. Non ci si va in vacanza. In ospedale ci si va quando hai qualcosa che non va. Pessimo posto. Già, gli ospedali sono un posto di merda.
"Allora... si ricorda di altre operazioni? Anestesie? Allergico a qualcosa? Sigarette, caffé, alcool?"
Mi ricordo la mia prima operazione. Il giorno che morì Lady D. Dovevo stare a digiuno. Scolai una lattina di birra comprata al distributore. L'infermiere se ne accorse e se la prese con mia madre. Era il giorno in cui morì Lady D. Avevo quattordici anni. Altre operazioni? Sono finito sotto i ferri un altro paio di volte. Più per balordaggini che per sciocchezze. Mie personali balordaggini. Posso uscire ora?
"Certo... firmi qui... e qui... e qui..."
Un modo come un altro per dirti "se schiatti sotto i ferri non è colpa nostra. Noi ce la mettiamo tutta. Ma non sempre va tutto bene. E poi te sei un balordo. Se schiatti sotto i ferri son cazzi tuoi, questa firma lo certifica".
Posto di merda gli ospedali. Sempre preferito piuttosto i cimiteri. O il porto. O la stazione. Non mi piacciono gli ospedali, non c'è serenità là dentro. C'è da star male solo a sentire l'odore di disinfettante. Da star angosciato anche solo per andare al cesso a pisciare. I pavimenti di plastica, gli infermieri in camice bianco, i chirurghi in camice verde, i pazienti in camice blu, la cena alle cinque, il purè di patate, i bambini con le flebo attaccate, i lamenti degli anziani, le macchie di sangue, i miei sorrisi finti come meglio non riuscirei...
Certo, ci trovi l'Uomo negli ospedali! Oh cazzo, sì che ci trovi l'Uomo! Nella sua debolezza e disperazione, rassegnazione, angoscia, dolore e sofferenza, nella sua umanità e solidarietà, nella sua empatia e amore per il prossimo, nella sua voglia di potenza e totale impotenza, negli ospedali ci trovi sempre l'Uomo. Quando ho voglia di cercare l'Uomo vado a cercarlo negli ospedali. Altrove è difficile trovarne.

Domani mi opero. Una cavolata. Una sciocchezza. Niente balordaggine stavolta, solo una sciocchezza. Serenità zero. Odio gli ospedali.

女民工 Female migrants

"Bambinaie, badanti per malati, disabili ed anziani, lavoratrici domestiche, prostitute: le donne migranti si surrogano alle autoctone in ruoli sempre più ampiamente rifiutati. L'emigrazione femminile dal Terzo Mondo verso l'Occidente può essere così interpretata come l'altra faccia della globalizzazione, quella che di rado viene presa in considerazione da studiosi, politici e media. Una globalizzazione delle tradizionali mansioni femminili che produce la tendenziale redistribuzione globale dei compiti affidati storicamente alle donne."

M. I. Macioti, V. Gioia, P. Persano. Migrazioni al femminile. Identità culturale e prospettiva di genere.


"l'identità non si riduce alle origini [...]. Se così fosse che possibilità avremmo di evolverci?"

L. Djitli. Lettera a mia figlia che non vuole portare il velo.

China and its censorship: the Green Dam deal

"Nonostante alcuni dubbi, come annunciato ieri dal Financial Times, la data di obbligatorietà del filtro anti porno, sarebbe stata rimandata.

I produttori avevano già ampiamente fatto intendere di non potere assolvere alla richiesta governativa. Le autorità, dal canto loro, dopo le pressioni straniere e dei citizens, hanno chiuso un occhio, accordando più tempo."

Leggi tutto l'articolo: China Files.