Sunday, February 28, 2010

Riflessioni tra gli anarchici di Wuhan: apologia di un punk

Ridendo e scherzando (non sempre, non troppo) arrivi che hai quasi trent’anni e proprio non ce la fai a stancarti di fare (“essere” o “fare”, non so, sono arrivato alla temporanea conclusione che siano la stessa cosa) il punk.

Di punk ti hanno infarcito il cervello già ai tempi delle medie, quando c’erano i Nirvana e i Pearl Jam, che erano “grunge” e non “punk”, ma dal punk avevano preso ispirazione. E c’erano i Ramones e Sex Pistols e i punk a Londra e Berlino, che andavano in giro coi giubbetti di pelle, le catene e le creste fucsia alte mezzo metro. Noi volevamo essere come i londinesi e i berlinesi. In realtà quei punk erano ragazzi e ragazze delle nostre campagne che andavano a Londra e Berlino perché lì il punk lo si faceva meglio. Ma questo noi l’abbiamo capito solo dopo.

E poi c’era quel punk anche nella tua minuscola cittadina sfigata di quarantamila anime, quel punk con la matita nera agli occhi e il chiodo con su scritto “Clash”. Che ti chiede mille lire per andare a Bologna a trovare la fidanzata e invece coi tuoi soldi va a bucarcisi nelle viuzze di piazza. E noi volevamo fare i punk.

E poi c’erano i film, la musica, i libri, la cultura punk che è “subcultura” per definizione anche se non si è mai capito perché. E i centri sociali, l’università, le contestazioni, le proteste, le risse con la polizia, la questura, la droga, i cani, il vegetarianesimo, la vetrina da sfondare, il fascio da picchiare.

Quasi non te ne accorgi che a trent’anni hai ancora i ferri in faccia e le A cerchiate disegnate sui calzini. Ma cosa cazzo stai a fare ancora il punk!? E che minchia vuol dire fare ancora il punk?! Ti dicevano che erano una moda passeggera, che a vent’anni si è tutti comunisti (o tutti punk), ma che poi smetti di colorarti i capelli e metti la testa a posto. E se non andasse così!?

Che significa essere punk a trent’anni?! Che puoi ancora scopare le tipe senza dover far finta di essere innamorato? Che puoi ancora urlare contro il potente di turno? Che puoi ancora vestire di pelle e borchie e mettere in mostra i tatuaggi? Che puoi ancora evitare di mangiare carne e sputare sulle pellicce delle signore d’alto bordo? Che rifiuti Stato, denaro, proprietà e autorità pur lavorando come bidello nelle scuole elementari? O peggio ancora fare lo studente con borsa pagata con le tasse dei lavoratori? Che al matrimonio non credi e al prete neanche? Che passi le giornate a ubriacarti in strada e in culo a tutto il resto? Che il biglietto del treno non lo fai e a votare non ci vai? Che la rivoluzione sociale la senti ancora come una necessaria necessità e che la libertà è ancora al primo posto tra i vizi a cui non sai rinunciare?

Boh. Purtroppo solo di una cosa sei ancora certo: che come senti tre accordi punk e venti ragazzini saltare sotto il palco sai già come andrà a finire. Ovvero riempirai lo stomaco di birra (o la birra di stomaco), ti fionderai mezzo nudo nel pogo e finirai la serata tra le labbra di qualche sconosciuta, accorgendoti solo ore dopo che non era una sconosciuta. Era uno sconosciuto.

Non ero mai stato in un canile


A Macerata c’era (ignoro se ci sia tuttora) un canile vicino allo stadio. Quando studiavo a Roma andammo a prendere un cucciolo in un canile fuori porta, ma la burocrazia era troppa e non entrammo neanche.

Qui a Wuhan ho un’amica cinese, Ying Xing, che nel weekend lavora come volontaria in un canile fuori città. Dopo mezz’ora di bus sgangherato stracarico di fumanti contadini e sacchi di verza varia, eccoci in un fangoso villaggio dove un anziano in motoretta ci accompagna nel suddetto canile.

Mi aspettavo un megascantinato con una masnada di cani inferociti e spelacchiati, invece mi ritrovo in quel che resta di un mini casolare. Casolare con guardiano dei cani e insegne del governo. Il guardiano ci saluta, ci invita in un magazzino dove invita a cambiarci gli abiti. Ying Xing è alta centodue centimetri, prende un giaccone rosso che la intuba da testa a piedi. Io guardo il guardiano che guarda me, mi dà un paio di guanti e un piumone che ricopre a malapena la parte superiore del mio corpo.

Il puzzo è forte, ma non insostenibile. Ci apprestiamo ad entrare in una stanza simile ad una mangiatoia per maiali e noto subito altri due giovani volontari. Arriva forte l’abbaiare di cani e il puzzo di cacca. Ying Xing apre un cancello che dà su uno spazio dove i cani giocano nella libertà che si può avere fra quattro mura. Io la seguo. Una delle volontarie fa notare a Ying Xing che “il tuo amico non si è cambiato i pantaloni”. Ying Xing non sente, ma io sì e capisco di aver fatto una cazzata. Ma ormai è troppo tardi. Nello spiazzo un centinaio di cani ci saltano addosso in festa, in trentadue centesimi di secondo netti i miei pantaloni e le scarpe son da buttare. Allegria.

I cani non sono poi così feroci come credevo. E neanche troppo malmessi. Certo, c’è quello senza un occhio, quello pelle e ossa, quello con la zampa fasciata e quello senza zampa, quello con un tumore che gli gonfia la lingua e quello che non si muove. Ma in generale son ben messi. Nonostante il fango il luogo sembra abbastanza “pulito”. Gli altri volontari giocano con i cani, maneggiano cose e portano via la cacca dei cani. Ying Xing torna con un paio di forbici e mi chiede se ho mai tagliato i capelli ad un cane. “Che io ricordi no”. Anche stavolta troppo tardi, forbici in mano, lei tiene fermi i cani e io mi improvviso parrucchiere veterinario. Taglia che ti taglia, i cani ci prendono in simpatia e non ci assalgono più, solo si azzannano tra di loro di tanto in tanto.

Mi intendo zero di cani, ma direi che sono quasi tutti pechinesi, qualche bastardino e qualche razza di taglia più grande, tra cui due bellissimi esemplari di, come cazzo si chiamano, Aski mi sembra. Occhi color gelo e pelo neve-nero.

Nel frattempo arrivano altri due volontari e dopo un paio d’ore di gioco e taglio capelli, io e Ying Xing usciamo per una pausa. Vediamo arrivare altre due ragazze volontarie e un intero furgoncino di studenti. Per oggi, Yuanxiao Jie (o Festa delle Lanterne), hanno organizzato un’attività nel canile, pranzano col guardiano e giocano con i cani. Ci offrono un paio di panini e invitano a far pranzo con loro. Ying Xing preferisce fare una passeggiata in campagna e prendere la via di casa. E io la seguo.

Nel bus di ritorno per Wuhan il più sporco e infangato ero io. I contadini in confronto erano vestiti da cena di gala.
Non ero mai stato in un canile.

Wuhan Prison Club




Happy Lantern Festival!! 元宵节快乐!!


Friday, February 26, 2010

Rock'n'rolling Wuhan, bye bye Beijing... and take care!

Ora passata di cambiare aria per un po', lontani da Pechino e da grattacelli vari. Vi terro' aggiornati da Wuhan, metropoli della Cina centrale, aggrappata all'epico Changjiang (meglio noto in penisola come "fiume Azzurro"). Citta' che, a torto o a ragione, reputo da anni una delle massime espressioni della cultura giovanile underground cinese, alla larga anni da luce dal puzzo fetido di soldi e commercializzazione che trovi nei finti ambienti alternativi di Pechino o Shanghai. Viva Wuhan, viva la rivoluzione!

E' bastato salire sul primo treno per ricevere quelle due tre notizie che ti lanciano una boccata d'aria, qualche soddisfazione e qualche speranza di svolta per la mia ricerca. Intanto anche nei quotidiani cinesi leggo di studi sulla migrazione interna che vanno nella direzione a cui stanno lentamente arrivando anche i miei. Forse non sono proprio fuori orbita.

Per la cronaca e per chi non si e' ancora stancato di farsi dare del sessantottino, ChinaSmack e ChinaDaily han riportato la notizia di un viaggio intrapreso da due trentenni pechinesi: Pechino-Berlino in autostop, oltre cento giorni di strada, tra mille avventure e disavventure, il tutto filmato in un video, fino all'arrivo in Germania, tra le braccia della fidanzata di uno dei due che ha cosi' commentato: "la prossima volta prendete un aereo". Se fosse stata la mia fidanzata l'avrei cornificata ripetutamente col primo tassista abusivo che passava tra le vie di Berlino. Ma per fortuna io una fidanzata non ce l'ho.

In gamba gente!

Thursday, February 25, 2010

Muchas felicidades Tyra!!









































































































































Tuesday, February 23, 2010

Artists' protest in Beijing


"About 20 artists briefly demonstrated Monday in downtown Beijing, claiming that they had fallen victim to early morning "assaults by thugs hired by local authorities" in their suburban residential complex that will be demolished to give way to urbanization projects."

Read all the article: Global Times

Fastidio e vergogna

E di nuovo, come se fosse la cosa più normale al mondo, la NATO fa strage di civili. Se fosse successo in Italia gli italiani avrebbero bruciato l'ambasciata americana con Berlusconi dentro il giorno stesso. Ma questi sono afgani, barbari pastori musulmani morti di fame, e dunque chissenefrega. In guerra non si ammazza per errore, si ammazza e basta. E l'ipocrisia del potere fa dire al segretario alla Difesa Robert Gates "Facciamo il possibile ma ricordiamoci che è guerra". Il possibile non l'avete mai fatto pezzi di merda, fate solo i vostri sporchi interessi. Ma su una cosa hanno ragione: è guerra. E la guerra è merda. E un governo che appoggia una guerra e un governo che andrebbe preso a sassate prima degli altri. Se un'aula parlamentare serve a discutere una guerra allora quel parlamento non ha ragione di esistere. Ragione è bruciarlo. In nome di quei ventisette "nessuno" morti sotto le bombe NATO in un paese che ha la sfiga di chiamarsi "Afghanistan" e non "occidente".

Articolo da Repubblica

Monday, February 22, 2010

Looking for a revolution: new classes and new consciousness in China

Few days ago I had a discussion here in Beijing with a group of foreign sinologists and journalists about class and class consciousness in nowadays China.

I was arguing that following the huge economic and social changes among Chinese society new "class consciousness" is coming out. "Class consciousness" not in the most classical and theoretical meaning, but referring to a common feeling of exploitation and injustice suffered by different "groups" in nowadays China.

For example, migrant workers in a big city who have not been paid for months, peasants in a small village who have seen their land stolen by corrupted officers, citizens of some outskirt who have seen their houses demolished and so on… all these kind of social injustice is leading to the creation of new "classes" and, with that, new class consciousness.

The point is that those classes are not very linked between them (I mean, all over the whole country) so all the struggles and riots who come out from them are just local and small scale. Francesco Sisci, a well-known Italia journalist and sinologist, argued in an article published on Asia Times that, talking about class struggle and future of society, this is the main difference between, for instance, China and India. In China the Communist Party ruled the country since 1949 and the main trade union is linked and controlled by the CCP. This does not happen in India, where the working class, the lowest strata of the society and the exploited are pretty well organized by parties, unions and other kinds of grassroots organizations on a national scale.

E arrivò la primavera... 春天到了!

In Cina dopo la Festa di Primavera arriva la primavera per davvero. Le città ritornano a vivere, le stazioni di treni e bus vomitano migranti da tutto il paese, fabbriche e negozi riaprono, le università tornano a brillare di luce propria.

Anche troppa luce propria direi: mi ero abituato alla calma piatta del campus vacanziero, oggi improvvisamente invasione di nuvoi studenti kazaki, coreani, russi... e poi operai che montano e smontano le camere e i tubi in bagno che perdono acqua e il boiler rotto da una settimana.

Anche i miei amici stan tornando. Ho rivisto il dottorando egiziano del mio piano e la studentessa azera del piano di sopra, donna di rara bellezza. E la polacca della porta a fianco. "Come sono andate le vacanze a Varsavia?", chiedo. "Insomma. Pioggia e freddo. E a te a Pechino?". "Insomma. Freddo, noia e solitudine".

Con l'arrivo degli studenti riaprono anche uffici, mense, ristoranti, biblioteche. Al mio solito ristorantino preferito per osservare i nuovi arrivi tra le cameriere. Eccola là, ragazzina sui sedici anni, fresca fresca di campagna. La chiameremo Topo Gigia. Non credo abbia mai parlato con uno straniero. "Mi porti melanzane e patate". Non capisce. Se ne va. Torna con un'altra cameriera, volto noto. "Allora, melanzane e patate, riso e birra fredda". "Birra solo a temperatura ambiente". "Va bene lo stesso". Topo Gigia osserva questo scambio rapido di battute tra me e la cameriera di esperienza. Allibita, credo. Torna dopo un po' con la birra. "Di dove sei?", le chiedo. "Dello Shanxi". Dalla provincia occidentale dello Shanxi arrivano solo brutte notizie di operai morti nelle miniere di carbone. "Sei appena arrivata vero?". "Sì". Evidentemente sì. Non sa neanche aprire la bottiglia di birra. "Guarda, faccio io, devi usare lo stappa bottiglie da questa parte". Mi verrebbe da fare il cinese e chiederle come troverà marito se non sa neanche aprire una bottiglia di birra. Ma evito. "In questo ristorante vengono studenti stranieri con un mandarino di merda, studenti cinesi di altre zone con un mandarino così così. Devi abituarti ai nostri modi di parlare altrimenti non riuscirai a comunicare con i clienti". Non credo abbia capito. "Beh, ora almeno sai come si apre una birra. Io mi chiamo Daniele e faccio ricerca sulle giovani migranti come te, possiamo incontrarci per fare due chiacchiere?". Non risponde e se ne va. Preferisco immaginare che non mi abbia capito.

Pago il conto ed esco. Topo Gigia è alla porta. Mi saluta e ricambio. Non ho mai capito se anche questo si chiami "etnografia". Non sarò mai un ricercatore. Non sarò mai neanche un reporter. Come blogger forse ho qualche speranza. Come animale sociale nessuna.

Sunday, February 21, 2010

Se le giovani contadine cinesi la danno via facile...

"I, myself, am a person from the countryside. I’m not writing this to be discriminatory, I just hope it leads to reflection, and maybe to finding the source of the problem.
Generally, everyone thinks that the countryside stands for conservativism, and so kids that come from the countryside are more simple, better behaved, but if you closely examine the current situation, you will find that it is quite the opposite. On the streets, women from the countryside are more likely to expose their bodies; rural women rely more on sex and dubious relationships to be promoted, or exchange sex for opportunities and money. They are also more likely to prefer vicious forms of competition."

"我本身也是个农村人,写下这个题目自然不是为了歧视,只是希望引起反思,找出问题出处。在大家印象中,农村代表保守,所以来自农村的孩子应该比城里孩子更淳朴、更规矩,然而只要你仔细观察就会发现,现在的事实正相反。大街上,来自农村的女人更喜欢衣着性感暴露;工作上农村女性更多地靠性或者暧昧换升职,换机会,换钱。对同事更喜欢运用恶性竞争。"

Read the full article: in English or Chinese

Spalle al muro

"... when you try to change the system from within, it's not you who changes the system; it's the system that will eventually change you"

Immortal Technique, "The Poverty of Philosophy"

Saturday, February 20, 2010

Chronicle of a revolution


"Videograms of a revolution" by Harun Farocki. A documentary on Romanian Revolution, 1989.

"Death by a thousand cuts" 凌迟


Friday, February 19, 2010

Decadenza dei costumi occidentali e la propaganda cinese

Era il febbraio 2004 e io mettevo per la prima volta piede in Cina. Una studentessa cinese in confidenza mi disse che molti cinesi pensano degli occidentali che siamo bestie malate di sesso e portatori di HIV. "Stronzate", risposi. Offesa, chiamò una sua amica per avvalorare la sua tesi.

Non credo nessuna delle due abbia mai analizzato il sangue delle migliaia di stranieri residenti a Pechino. Oltretutto, appena arrivi in Cina con un visto superiore ai tre mesi, ti chiamano all'ufficio igiene per una visita medica. E guardano in primis se sei malato di HIV.

Ma le due tipe avevano ragione: molti cinesi lo pensano. Nell'ottimo e recente lavoro etnografico della studiosa Zheng Tiantian "Ethnographies of prostitution in contemporary China" si possono leggere molti articoli che provano come da decenni le autorità ritraggono gli occidentali come decadenti nei costumi, specie in quelli sessuali. Fino a poco tempo fa si pensava che non vi fossero gay o virus HIV in Cina. E che siano entrambi entrati per colpa degli occidentali. Ho avuto modo di notare come la tanto decantata "rivoluzione sessuale" occidentale degli anni sessanta non sia ben vista neanche dalle femministe cinesi di oggi. C'è ancora il falso mito dell'uomo occidentale predatore, puttaniere, col pisello grosso e il sangue malato.

Io amo i falsi miti, le leggende da bar, le favole che si raccontano ai bambini, Babbo Natale, i draghi che sputano fuoco dagli occhi, la verginità della madonna. Cosa faremmo nel mondo senza la fantasia!

Eppure a volte ci rimango male. Ad essere inquadrato come un uomo bianco ricco e il chiodo fisso della fica in testa. Non fa piacere. Anche questo è un tipico luogo comune che puzza di razzismo: sei bianco? Allora sei pieno di soldi e pensi solo a scopare!

Molti di voi avranno sentito parlare del film "建国大业" ("L'impresa di fondare una nazione"), terminato in occasione del sessantesimo anniversario dalla fondazione della Repubblica Popolare Cinese (1 ottobre 2009). Narra le gesta dell'Armata Popolare di Liberazione durante la guerra civile cinese (1946-1949) e dei suoi leader, Mao Zedong e Zhou Enlai in primis. Un film non troppo lungo ma assai denso. Un film tutto cinese. Dove "l'occidentale" compare solo una volta, per pochi minuti. E' l'immagine di una avvenente signora cinese che entra in un ufficio americano a Washington a colloquio con un alto funzionario. Quando la donna fa il suo ingresso, i due soldati di guardia (un giovane bianco e uno di colore) si scambiano un'occhiata e uno dei due esclama: "Che gnocca!".

Ecco. Grazie.

Quando tifate pena di morte...

Oggi alla Biblioteca Nazionale di Pechino (sempre più frequentata da stranieri, devo ammettere) ho scambiato due chiacchiere con una studentessa cinese di legge. Quando becco uno studente di legge tiro sempre fuori Cesare Beccaria e la pena di morte. E anche lei, come tutti gli altri incontrati finora, sostiene che la Cina ha ancora bisogno della pena di morte.

Mi son dimenticato di dirle di guardare un film. Allora lo dico a voi: quando tifate pena di morte ricordatevi di Adams Randall e andatevi a vedere "The Thin Blue Line" di Errol Morris.

Quando i sinologi se la ridono

Stazione dei bus a lunga percorrenza di Kaifeng (Cina centro settentrionale). Via vai di gente, merci, animali, fumo di sigaretta. Grida di bambini e abbaiare di maiali. Cerco un biglietto per Pechino, mi avvicino alla biglietteria e noto un cartello di fianco allo sportello: "请讲普通话". Ovvero "si prega di parlare cinese mandarino". A fatica ho trattenuto le risate.

Non è difesa della lingua nazionale. Non è neanche razzismo verso gli stranieri. A spingere i dipendenti della biglietteria ad esibire il cartello è che a tutti gli effetti la Cina è una babele di lingue e dialetti. Molti non sanno parlare il cinese mandarino, specialmente la gente delle zone rurali. Nulla di strano credo, solo non mi era mai capitato di trovare un cartello simile. E a fatica ho trattenuto le risate.

Giovane studente di lingua cinese, non ti scoraggiare se una volta messo piede in Cina la gente non capirà quello che dici: non si capiscono neanche tra di loro.

Thursday, February 18, 2010

Chinese on-line translation of "Homage to Catalonia", by George Orwell


向加泰罗尼亚致敬

[英] 乔治·奥威尔

译者:李华 刘锦春
审校:李锋
江苏人民出版社 2006年3月第1版 第1次印

录入者按:

  这是一部关于西班牙内战的亲历记实,揭示了西班牙战争与革命的真相,是关于西班牙革命战争的最具价值的左翼书籍。作者乔治·奥威尔(1903— 1950)于1936年12月至1937年7月(作为马克思主义统一工党POUM的一分子)奔赴西班牙战争的前线,参加捍卫民主的战斗。他与西班牙革命工人民兵并肩作战,并且亲眼目睹莫斯科官僚对西班牙革命的罪恶的破坏,从而坚定地转向革命社会主义立场。《向加泰罗尼亚致敬》一方面集中揭露了莫斯科官僚的种种丑恶罪行,另一方面无处不充满着对西班牙工人阶级的由衷的高度评价与深挚的阶级情感,而对于西班牙革命中的各个党派(包括第四国际西班牙支部)也有毫不客气的独到评价。本著作的文风——用莱昂内尔·特里林对此著作的评价来说——“所有这些叙述都生动逼真又令人痛楚,偶尔还夹杂上一些幽默”。
  此外,作者还著有《动物庄园》《一九八四》《上来透口气》《巴黎伦敦落魄记》等文著,充满了对现代资本主义的抨击与对斯大林派的伪社会主义的辛辣讽刺,堪称现实批判主义的一代巨匠,被誉为“二十世纪的冬季良心”“冷峻良知”。

Revolution as a graphic novel

Prole.info... for the angry wage worker


"The real danger is not that machines will begin to think like men, but that men will begin to think like machines."

Sydney J. Harris

Wednesday, February 17, 2010

Depravation 堕落


Il dizionario on-line Nciku inglese-cinese, alla voce "depravation" mostra questa immagine. Ovvero "depravazione" uguale due ragazzi occidentali soli in una stanza.
E' depravante...

http://www.nciku.com/search/en/detail/depravation/25974

开封市 Kaifeng City (Henan Province)
























































在邯郸过年 New Chinese Year in Handan (Hebei Province)





































Great Wall Photo Exhibition





Chinese Film History and Criticism




Friday, February 12, 2010

Se non parlano di cibo parlano di soldi. Buon capodanno cinese!!

Nella notte tra sabato e domenica un miliardo e trecento milioni di cinesi (più una sessantina di milioni di cinesi all'estero) festeggieranno il loro nuovo anno. La campagna cinese si trasformerà in un Napoli nella notte di San Silvestro. Da mezzanotte all'alba la notte sarà illuminata a giorno da botti e fuochi d'artificio. Bruceranno ogni cosa avranno sottomano, stile l'hotel di trenta piani due anni fa a Pechino. A Pechino sparano da una decina di giorni, nonostante il divieto di usare fuochi d'artificio nelle metropoli.

Migliaia di operai migranti protestano per i salari non pagati prima del ritorno a casa. Non ci fanno di certo bella figura in famiglia a tornarsene con le tasche vuote dopo mesi di sfruttamento nelle metropoli. Specie in un paese dove fare soldi sembra esser diventata davvero l'unica attività che riempie le giornate e la vita di tutti. Ci faccio caso in particolare negli ultimi giorni, nelle metropolitane, nei ristoranti, in ascensore, in strada... se non parlano di cibo, stai sicuro che parlano di soldi. Di prezzi, di salari, di costi... Addirittura un tizio mai visto in metropolitana mi fa "Quanto l'hai pagato?", facendo riferimento ad un oggetto che avevo in mano. "E' un regalo. Non ho idea di quanto costi".

Un giovane operaio migrante che conosco da qualche tempo mi ha appena chiamato per farmi gli auguri di buon anno concludendo così la telefonata "Quando avrò dei soldi ti invito a uscire". Avrei voluto spiegargli che non ha bisogno di soldi per stare con me, ma mi è uscito solo "Va bene". Qua la sensazione è che chi non ha "abbastanza soldi" non ha neanche la dignità per mettere il naso fuori di casa. Se in Italia siam messi male e in piena crisi culturale, qui in Cina la "corsa al denaro" ha bruciato i cervelli delle persone, soprattutto giovani purtroppo.

Bene. E con questo vi saluto, augurandovi buon anno della tigre. Io me ne vado in campagna a sei ore di treno da qua, accompagno una giovane migrante sulla strada di casa e colgo l'occasione per capirci qualcosa in più di migrazione. Se non salto per aria tra i botti, mi ripresento presto alla stazione di Pechino. Con i timpani sfondati e l'odore acre di grappa cinese. Buon anno gente!

Thursday, February 11, 2010

AIDS come importazione occidentale in Cina

"In China, the media portray AIDS as an imported product from the West. When the first AIDS case was reported in an American patient who died in Beijing in 1985, he was reviled as a foreigner who was alleged to have engaged in 'abnormal' (homosexual) behaviors. After he died, his room was disinfected for twenty-four hours, and his clothes, the nurses' clothes, and medical equipment were burned. He was hated and detested because he brought terror and fear to everyone in the hospital"

From "Ethnographies of prostitution in contemporary China", by Zheng Tiantian, 2009.

Wednesday, February 10, 2010

Pechino: l'orgoglio maceratese!!




Mistrà Varnelli: unico eterno amore. Solo per maceratesi. Solo per adulti.


(grazie infinite ad Antonella per la foto)

云南米线 Yunnan rice-flour noodles


Tuesday, February 09, 2010

Fishing and reading Plato...

"Marx's writings contain several idyllic passeges describing a future society in which men would go fishing in the morning, go to factory in the afternoon, and go home and read Plato in the evening. This is not a ridiculous picture. I have known people working in kibbutzim in Israel who did read Plato in the evening"

From "Main Currents in Sociological Thought", by Raymond Aron.

Anarchici auguri per il nuovo anno cinese! Happy New Chinese Year!

迎春节,砸警车中大奖活动火爆进行中!砸一辆,可获当地看守所七日游,包食宿;砸五辆可获劳改农场三年游,除食宿另外赠精美小手镯一对。砸十辆,可获省内最大监狱漫长游,脚链相赠,警车开道,武警接送,食宿终生免费。砸得第一名者最高人民法院颁发荣誉证书,更可获纯铜枪子一枚免费穿颅,还可获驾鹤西游单程套票!放下手机,拿起砖头赶快行动吧!详情咨询当地派出所!春节快乐!

Cancer and pesticides

A video on the connection between cancer and pesticides

L'aborto dal miglior offerente...


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Una crisi per amica


Saturday, February 06, 2010

Pechino, 6 febbraio 2010: il giorno di Matteo Ricci

Filippo Mignini, docente all'Università di Macerata, storico della filosofia moderna e studioso della figura di Matteo Ricci è a Pechino per l'inaugurazione alla mostra del gesuita maceratese. Qui un testo che ha scritto per Cronache Maceratesi:

"Da Pechino racconto ai maceratesi la grandezza di Padre Matteo Ricci"


Qui invece il video di un'intervista rilasciata per Tg1 Focus (visione fortemente sconsigliata ai "sinologi" più radicali):

Tg1 Atlante, 4 febbraio 2010

Friday, February 05, 2010

Barack Obama... un premio Nobel per la pace tra Afghanistan e Taiwan. E Guantanamo.

"Tre detenuti di Guantanamo, la cui morte, nel giugno del 2006, fu archiviata come suicidio,
morirono in realtà in seguito a una serie di interrogatori duri condotti in una struttura
segreta vicino al complesso principale del carcere. Nessuno di loro aveva avuto contatti con
Al Qaeda o i taliban. Lo rivela un’inchiesta del mensile Harper’s"

Da Internazionale, 5 febbraio 2010.

E, come cantava un mio amico tagiko, musulmano e alcolista "I love my baba, I love my mama, but most of all I love Osama!"...

Thursday, February 04, 2010

Sinologia a pranzo e a cena

A pranzo...

Capodanno cinese alle porte, Pechino vuota, il campus universitario è peggio di una città fantasma: anche i fantasmi si sentono soli. Ero a mangiare un piatto di spaghetti freddi all'aperto, in un baracchino di strada nascosto. Di fronte a me ua signora con bambino e una giovane ragazza. Entrambe cinesi. Stavano contrattando il prezzo per un falso diploma di laurea. Cento metri più giù, gli studenti pagano tasse altissime e spendono anni di studio e bestemmie nelle biblioteche e nelle aule di lezione per conquistarsene uno. La pratica della vendita di un diploma, un titolo o un documento falso è diffusissima e all'acqua di rose. Quando arriva la polizia le donne che vendono documenti falsi si nascondono, quando la polizia se ne va, tornano in strada. La polizia non le arresta perchè hanno con loro i bambini. E non è facile coglierle in flagranza di reato. Fanno un buon business, probabilmente corrompono anche la polizia. Sono piene di clienti, la prima cosa che fa uno studente appena di laurea (e dunque non è più iscritto all'università e non più in possesso di un tesserino da studente) è andarsi a comprare il tesserino falso da queste signore. Costa due euro, un euro se sai trattare. Con un tesserino da studente ottieni sensibili sconti per biglietti del treno, ingressi a mostre e concerti. Otto-dieci euro costa un diploma di laurea falso.
Alla fine la ragazza non compra il diploma falso. E se ne va. La donna raccatta il bambino buttato in strada, mi guarda e fa "Hai bisogno di un documento?". Mi fingo straniero che non parla cinese e non le rispondo. Finisco gli spaghetti e penso: "No, il documento non mi serve. Però ragionavo sul fatto che per un diploma di laurea servono quattro anni di studio. Per un bambino due minuti di sesso, nove mesi di attesa e anni di pannolini... Senti un po', quanto me lo metti il bambino al chilo?!"



... e a cena

Un mio compagno di dottorando cinese è tornato da un periodo di studio in Giappone. Per festeggiare ci ha invitati tutti (tutti quelli rimasti a Pechino, cinque su trenta, di cui quattro in partenza) a cena in un ristorante. Partono brindisi violenti di birra, una volta tanto mi improvviso astemio. Ci scarrella una lunga narrazione del suo orribile periodo di studio in Giappone, orribile per la freddezza dei giapponesi, la sua noia e solitudine, per non parlare degli usi e costumi (dal cibo alla pulizia) a cui non era abituato e non si è abituato. Troppo felice di tornare in Cina insomma. Finalmente ha capito anche lui cosa si prova a vivere lontano da casa, cosa si prova a vivere da straniero in terra straniera. E' tutto un brindisi a non finire, probabilmente è per l'aria di festa e l'imminente capodanno cinese. Uno si rivolge a me "A volte penso tu conosca la Cina meglio di noi cinesi. Vivi in Cina da diversi anni, hai una formazione da sinologo, come mai tanti stranieri vengono in Cina a studiare la Cina? I più grandi studiosi della Cina sono occidentali". Non mi han fatto rispondere, è partito un altro giro di brindisi e la domanda è morta senza una risposta.
Secondo me il problema è solo linguistico, di definizione. E' una palese stronzata che i più grandi studiosi di Cina sono occidentali. Conoscete qualche famoso sinologo cinese? No. I sinologi sono solo stranieri. In gran parte occidentali (francesi, italiani, inglesi, americani), per tradizione. "Sinologia" (parola che odio) in cinese si dice "hanxue", cioè "studio degli han", ovvero studio della cultura han, principale etnia cinese. Ma in Cina la parola che si usa per indicare gli studi collegati al proprio paese è "guoxue", ovvero "studio del paese" (il loro, ovviamente). Quindi un cinese non si spaccia per "eminente sinologo" ma per "eminente studioso del proprio paese". Soliti nazionalismi e retaggi colonialisti. Avete mai conosciuto un "italianologo" cinese o un "occidentologo" cinese? No. Fa ridere solo il nome. Ovviamente esistono specialisti delle più varie e disparate discipline in una geografia umana sempre più ampia. E' ora passata di chiamare le cose con il vero nome, definire le cose più nel dettaglio che con inutili definizioni ottocentesche quale "sinologia" o "orientalismo"!

E poi, a volerla dire tutta, visti i tempi di crisi (economica, psicologica, umana, esistenziale, accademica e d'identità) della quale non vedo l'uscita, va sottolineato che ci siamo (no, non è un plurale maiestatis) stancati di studiare la Cina. Più vivi e studi in Cina, più conosci e meno capisci. Se mi chiedono "cosa fai in Cina?" da domani risponderò "Cosa vuoi che faccia in Cina, quello che fanno tutti: faccio affari, mi arricchisco e non penso a nient'altro. D'altronde "capire" è una pretesa del cazzo, "conoscere" una perdita di tempo!". C'aveva visto giusto Deng Xiaoping: "Arricchirsi è glorioso!". E anche punk, ormai.

Servizio de Le Iene sulla prostituzione cinese a Milano


Il 15 dicembre scorso ho pubblicato su questo blog un post (che riporto sotto) dove narravo la mia prima esperienza in un centro massaggi qui a Pechino. Dove, oltre ai massaggi, si pratica anche la prostituzione.

Qui invece il link ad un servizio de Le Iene che riproduce perfettamente l'attività di prostituzione che si vive in molti di questi centri massaggi. Ma non a Pechino, bensì a Milano.

Solo due note al servizio de Le Iene:

1) Non si voglia che lo spettatore italiano pensi: "Minchia! Queste vivono nel centro massaggi tutto il giorno, lavorano dalle 10 alle 24, mangiano e dormono lì... ma non hanno una vita sociale, una vita fuori dal posto del lavoro?!". Questa è una circostanza molto comune in Cina, molta gente (per tutta una serie di motivi che non sto qui ad elencare) pensa solo a fare soldi e farlo lavorando (più o meno legalmente). "Non hanno una vita sociale?", beh, secondo me queste lavoratrici non sono in Italia per divertirsi, ma per far soldi da mandare a casa e a casa tornare il prima possibile. I cinesi in Cina (condizioni economiche permettendo) ci vivono bene, non hanno questa voglia di fuga dal loro paese che uno si potrebbe immaginare. Dunque se stanno in Italia non è per mangiare la pizza al ristorante con gli amici o andare allo stadio il fine settimana, ma per fare soldi. Sette giorni a settimana, ventiquattro ore al giorno. La logica è semplice: più lavoro, più guadagno. Se sto in Italia (solo) per far soldi, ha senso che pensi solo a lavorare.

2) Non si pensi che tutti i cinesi siano così, ovvero così facili ad abbassarsi ad una condizioni di vendere (affittare) il proprio corpo per soldi. Quindi questa retorica del cazzo "i cinesi passano dal ristorante o abbigliamento al falso centro massaggi" non è solo menzognera ma anche offensiva.

E un'ultima considerazione: indovinate chi sono i principali clienti di questi "centri massaggi" cinesi a Milano (così come a Pechino, in verità!)?? Il maschio latino! E pensare che dicevano che era in crisi! Gli uomini d'affari italiani lo chiamano "esportazione del Made in Italy". Un vanto per la nostra grande nazione.


"Sono in Cina per far ricerca sulle lavoratrici migranti, giovani ragazze che lasciano le campagne e si riversano nelle città, alla ricerca di qualcosa e/o in fuga da qualcos'altro. A Pechino la maggior parte di esse trovano impiego più o meno temporaneo nei migliaia di ristoranti e hotel che offre la capitale. Altre lavorano nel settore delle pulizie. Altre in quello della prostituzione. I racconti di vita e le esperienze di queste ragazze sono oggetto della mia ricerca e soggetto della mia tesi di dottorato. Intervistarle e passare tempo con loro è il modo che ho scelto per collezionare materiale.
Finora avevo fatto interviste solo a cameriere e commesse di negozi. Oggi pomeriggio mi sono deciso ad entrare in uno di questi centri messaggio dove spesso si pratica la prostituzione. Sotto, il resoconto dei cinquanta minuti passati al suo interno.

È un minuscolo locale sotto un’insegna luminosa di una buia stradina tra l’Università di Lingue Straniere e quella di Scienze e Tecnologia. Sulla porta di vetro c’è scritto “Baojian Zuliao Beimo”, ovvero “cura del corpo, pedicure, massaggi alla schiena”. Rosa la luce che pervade al suo interno, interno che lascia intravedere tre ragazze in minigonna sedute su un divano rosso, una televisione accesa e un uomo vestito di nero. Entro e le tre ragazze scattano in piedi. “Prego!”, mi fanno, indicandomi le stanzine sul retro. “Fate baguan?” chiedo falsamente. “Baguan” è la coppettazione, una terapia della medicina cinese tradizionale, praticamente ti mettono delle ampolle sulla schiena: pare faccia bene alla salute. “No, qui non ne facciamo. Solo massaggi”. Mi informo sui prezzi: cinque euro per quarantacinque minuti. Mi sembra abbastanza onesto: la ricerca non solo non paga, ma costa.

Una delle tre ragazze mi accompagna nella stanzina sul retro. Fastidiosa luce rosa e offuscata. Lettino minuscolo, non c’è altro in quello che sembra in realtà uno sgabuzzino. Poso cappello e cellulare sul lettino, faccio per togliermi la maglietta ma la ragazza mi dice che devo tenerla. Mi stendo quindi sul lettino e la tipa mi chiede se ho dolori alla schiena. Comincia il suo massaggio, sedendosi accanto a me, sul fondo della schiena, sotto la maglietta. Iniziamo una tranquilla e piacevole chiacchierata. Mi dice subito che non aveva mai parlato con uno straniero: gli stranieri che vengono lì non parlano cinese. Di sicuro non vengono per parlare cinese, penso. Il messaggio è piacevole, ma niente di speciale. Dopo qualche minuto va via la luce e la ragazza imbarazzata si scusa e dice che normalmente non accade. Dopo un paio di minuti ritorna il poco di luce. Continuiamo la conversazione, parla molto volentieri e vengo a sapere che: si chiama S.Y., viene dal Fujian (provincia meridionale), vive fuori casa da cinque anni, è a Pechino da un mese, ha lavorato come massaggiatrice a Dongguan, Hangzhou e infine Pechino, ha quattro fratelli tutti sposati e i genitori fanno i contadini. Le parlo di me, di quello che faccio a Pechino, della mia ricerca, ma senza entrare troppo nei particolari.

Dopo una quindicina di minuti, forse perché stanca, forse perché confusa, mi chiede qualcosa che non capisco. Si spiega: voglio una sega? No grazie, il pistolino me lo massaggio da solo. Come se niente fosse continua il suo zelante massaggio alla schiena. Entro più nei particolari della mia ricerca, parlo di campagna e migrazione e lei mi dice che potrei andare a fare ricerca e interviste dalle sue parti. Sfortunatamente non torna a breve a casa. Comincia a chiedermi di amore e fidanzamenti nel mio paese. Io rimbalzo la domanda e entro nello specifico del suo lavoro: mangia, lavora e dorme in questo stanzino. Sette giorni a settimana. Dalle undici di mattina alle due di notte. I clienti sono quasi tutti cinesi. Ogni quaranta cinque minuti sono cinque euro, di cui lei ne prende due. Non capisco se ha un fisso al di là della “prestazione”. Ogni tanto mi giro a guardarla, un po’ per curiosità un po’ perché il cuscino dev’essere una delle cose meno igieniche sulle quali abbia mai appoggiato la faccia. Indossa una camicetta scollata, minigonna e stivali. Belle gambe. Avrà la mia età, ma sembra più grande, direi quasi “segnata”. Non conosce nessuno, non ha amici, non esce mai dal negozio. Le interessano solo i soldi e resterà a Pechino se lo riterrà vantaggioso. Dice che al sud il clima è migliore, ma la paga è meglio qui nella capitale. A Dongguan prendeva sessanta euro al mese. È lì che ha imparato a fare la “massaggiatrice”.

Ascolto volentieri. Poi mi fa “vuoi un massaggio da qualche altra parte?”. No, no, è la schiena che mi fa male. Continua a massaggiarmi ma non a parlare, anche io non saprei cosa chiedere. Verso la fine mi chiede se voglio aggiungere un “XXX”, una parola che non conosco, probabilmente una metafora per qualcos'altro. Credo che nei cinque euro sia compresa la masturbazione, ma ogni altro servizio sessuale va pagato extra e non saprei se si arriva anche alla scopata. Voglio dire, in altri posti sicuramente sì, in questo e con S.Y. non posso dirlo al 100%. Finiti i quarantacinque minuti, mi alzo dal lettino, dove S.Y. mangia, dorme, lavora e masturba i suoi clienti. La ringrazio, le lascio il mio bigliettino, spero tanto che mi chiami per uscire, vorrei registrare tutto quello che mi ha detto e usarlo per la mia ricerca ma non voglio chiederle troppo e soprattutto non posso pagarla per questo “servizio”. Prendo le mie cose, torniamo al salottino, le altre due ragazze e il signore in nero stanno mangiando riso, carne di pollo e verdure varie sotto grassi strati di olio fritto. Labbra lucide e ossa di pollo, minigonne sbrodolate di frittura, unta la mano che prende i miei soldi. S.Y. si siede a mangiare, do uno sguardo alla televisione, poi a S.Y., la saluto ma lei non fa caso a me, gli altri sono troppo presi dalla carne di pollo e verdure varie sotto grassi strati di olio fritto.

Il massaggio è stato molto rilassante, sento le gambe più leggere. Ma non mi sento molto bene. Non mi sento bene accanto ad una ragazza che (con o senza costrizione) affitta il suo corpo per soldi. Non credo sia piacevole, per una donna. Non sono un moralista, penso solo che magari avrebbe piacere ad avere un altro tipo di rapporto con gli altri, invece che affittare il corpo a ore. Io il suo corpo non l’ho neanche affittato, ero lì per altro. Chissà che non si sia offesa, magari pensa che non mi piaccia il suo corpo. Preferisco pensare che stia ridendo di me, uno stupido occidentale che non ha capito che quello è un posto per scopare. Speriamo sia così."