Thursday, March 28, 2013

Shanghai -5




 La novità? Ebbene sì, me ne torno in Cina. Torno per cinque settimane soltanto, starò principalmente a Shanghai, ma passerò anche per Canton e per Pechino. Vado a fare ricerca sul campo, ovvero collezionare materiale cartaceo in lingua cinese e fare interviste per il mio progetto di ricerca.

Sembra una banalità, ma per me questo ritorno è un turbine interiore che non so ben descrivere. Manco dalla Cina da quasi due anni. Due anni che sono praticamente volati. La Cina per me non è un paese lontano che conosco solo per pregiudizi e luoghi comuni. Per me il paese del Dragone è una sorta di seconda casa, forse prima. E' la parte di mondo dove ho vissuto gran parte degli ultimi dieci anni. Un paese e un popolo che mi hanno dato e lasciato tantissimo. Per me tornare in Cina è come sapere di tornare da una tua ex della quale sei ancora fottutamente innamorato.

Preso dal lavoro e dalla pigrizia nelle ultime settimane non sono stato molto attento né a preparare nei dettagli il mio progetto di ricerca, né tanto meno a prepararmi emozionalmente per il Grande rientro. So già che atterrare a Shanghai e rivedere le strade cinesi, i ristorantini, le biciclette, il caotico vivere cittadino, gli amici e le birre a 20 centesimi mi creerà un chaos interiore al quale spero solo di sopravvivere. Anche perché il 6 maggio devo rientrare a Cork e riprendere il mio mestiere di docente e burocrate.

Bah. Meglio chiudere qui, spegnere il cervello, lasciare “la testa fra le nuvole” e affrontare l'urto una volta atterrato in Cina. Martedì prossimo, se tutto va bene.

Nel frattempo, chiudo gli occhi e fantastico, mi immagino fuori dall'aeroporto:
- compro immediatmente due stecche di Honghe rosse morbide.
- getto il bagaglio a terra e mi ci siedo sopra.
- accendo la prima sigaretta.
- chiedo al primo che passa che ore sono, tanto per capire a che livelli di disperazione è arrivato il mio cinese.
- rifiuto il passaggio del tassista che si approccia a me.
- compro una quantità imbarazzante di schifezze da mangiare, dalle zampe di gallina agli spaghetti in scatola, dal ghiacciolo al sapore di fagiolo alla frittata al coriandolo. Tanto per avere la certezza di una onesta e poderosa sdiarreata nelle prime due ore successive all'arrivo.
- cerco il bus più economico per il centro di Shanghai.
- guardo fuori dal finestrino, mi commuovo, e capisco di essere ancora innamorato.

A presto, Cina.

Oppose Gay Marriage


Diario di un prof: pratiche di ingiustizia. E la vergogna.



Oggi ultimo meeting in facoltà prima dell'inizio delle vacanze pasquali. Evviva i paesi cattolici, garantiscono un cospicuo numero di giorni di ferie in nome di Dio, della tradizione e credenze annesse. Urrà! La Preside, come da consuetudine, ha ringraziato tutti i docenti e i collaboratori per il lavoro svolto negli ultimi mesi e augurato a tutti buon riposo per la settimana.

Vacanze dunque. Chi se ne starà a casa a passare più tempo con la famiglia, chi con gli amici, chi ne approfitta per gite fuori porta e chi se ne va in viaggio. Beh, non proprio tutti.

Alcune mie colleghe cinesi non potranno infatti andare in viaggio in Italia, come invece speravano da tanto tempo di fare. Motivo? La burocrazia. Per qualche cazzo di ragione il passaporto di una di esse è bloccato in Inghilterra da mesi. Niente passaporto, niente visto, niente viaggio.

Tempo fa, avevo provato ad aiutare una giovane cinese che voleva andare in Spagna per turismo. Purtroppo però il passaporto dall'Inghilterra è arrivato tardi e all'ambasciata spagnola di Dublino dove ho parlato io di persona (e che esternalizza il servizio visti ad agenzie private) non rilasciano il visto in meno di due settimane. Ha dovuto così rinunciare al viaggio, annullando il volo già comprato e la prenotazione in hotel per lei e la madre.

Si parla tanto di libertà di movimento e di facilitare lo spostamento ai fini del turismo dei cittadini tra i vari paesi, almeno in Europa. Le persone di cui parlo non sono rifugiati politici o disperati che fuggono in cammello e gommone da guerre civili. Sono invece cittadini benestanti, che vivono e lavorano in Europa, sono integrati nella società e svolgono un servizio professionale alla comunità. Anche così, non è permesso loro di visitare i paesi dove andrebbero a stare per piacere, per amore della cultura e dell'arte. Noi Italiani in particolare siamo campioni nel non sfruttrare l'industria del turismo. Dei veri idioti, specie in tempi di crisi, dove (come anche Sgarbi sottolineava) una buona gestione del patrimonio culturale italiano potrebbe risolvere le disperate condizione economiche e sociali di tanti disoccupati e giovani inoccupati del Bel Paese.

Così oggi quando le mie colleghe mi hanno augurato buone vacanze e comunicato la mala sorte che hanno avuto con visti e passaporti ho solo provato tanta vergogna. In Italia diamo libero accesso ai disperati che diventano vittime della criminalità locale e del capitalismo globale, ma non siamo in grado di dare il benvenuto a lavoratrici in vacanza che verrebbero solo a riempire le casse dell'industria del turismo.

Complimenti.

Il Tibet delle donne



Rassegna cinematografica. Bolzano, 6-7-8 aprile. Ingresso gratuito.

Monday, March 25, 2013

ThinkIN China





ThinkIN China #24

SEX INDUSTRY IN CHINA: SOCIAL AND POLITICAL CONTEXT
presenter: Professor HUANG Yingying, PhD
Associate Professor, Department of Sociology, Renmin University of China;
Deputy Director, Institute of Sexuality and Gender

Date:     March 26th, 2013
Time:    19:00
Venue:    The Bridge Cafe
Rm 8, Bldg 12, Chengfu Lu, Beijing

Sunday, March 24, 2013

Alla faccia de chi ce vole male





Bush killed my son



"Body of War" (2007), by Ellen Spiro and Phil Donahue.

Il migliore amico




Saturday, March 23, 2013

Waiting for the Garda, vai di lingua (Happy B-Day Kry) !!












Friday, March 22, 2013

农业学大寨,社会资本主义学华西


"The village finances are kept in the village. In Huaxi’s case, there are three different forms of distribution. One is the “communist” part, which is distribution according to one’s need. So it provides the villager with basic subsistence fees. They also have what they call the “socialist” part of distribution, which means that you have to work in the village, at a factory or in a service area, in order to get paid. That’s a salary. The third part is called the “capitalist” part. That’s the dividend based on factory shares and village shares that you own. Not every villager has that."


Source:
"Eight Questions: Hou Xiaoshuo on Community Capitalism"
http://blogs.wsj.com/chinarealtime/2013/03/21/eight-questions-hou-xiaoshou-on-community-capitalism/?mod=chinablog

Narcinismo e la lezione dell'università

Ho 30 anni e vado per i 31. Pensavo oggi a cosa mi abbiano dato e insegnato gli ultimi 27 anni di istruzione, di cui 12 passati in università.

Una filosofa francese ha coniato il termine "narcinismo", neologismo formato dalle parole "narcisismo" e "cinismo". Il concetto è semplice: la morte delle grandi ideologie, le grandi cause per le quali valeva la pena morire sostituite da una materialismo individualista sfrenato, il piacere tutto e subito, a consumo dei singoli più privilegiati, più abbienti, o comunque messi nella condizione di farlo. Silvio Berlusconi come massimo rappresentante ed esteta di questa tendenza, sua massima personificazione.

Cosa mi ha dato l'università? Beh, senza di essa non sarei professore, inutile negarlo. Precario, ma sempre meglio di niente. Tante, tantissime soddisfazioni mi ha dato l'università. Circondate anche da tanti momenti di frustrazione, angoscia, sbrocco. Penso ad esempio alle ansie da prestazione pre-esame, litigi con i professori o con i compagni di studio, le file alla segreteria, il treno all'alba per la firma di un docente, l'odio per la burocrazia. Ma di sicuro un'esperienza nel complesso più che positiva. Una fortuna. Un privilegio.

Ma l'università mi ha dato soprattutto un'altra cosa, di gran lunga la più importante: i mezzi per conoscermi. La scuola come maestra di vita, maestra della tua vita. Luogo di confronto, di conoscenza. Diceva giustamente un mio professore di epistemologia, rivolgendosi ad un suo studente: "Lei è qui [in università, nda] per confrontarsi". Ecco, io negli ultimi 12 anni di università (più altri 15 di scuola dell'obbligo) mi sono confrontato. Con gli altri, col mondo attorno a me. Col fine ultimo di conoscere me stesso. Quel "conosci te stesso" di socratica memoria.

Ho la sensazione che tutte le cose studiate, le esperienze fatte e le altre attività non sempre puramente accademiche fatte in università siano servite proprio a questo: fornirmi gli strumenti per capire chi sono, cosa ci faccio al mondo, cosa ci faccio nella società, come rapportarmi agli altri e affrontare il disagio umano di quello che chiamiamo "relazioni sociali". Tuttora me ne sfugge la risposta, la conclusione. Credo sia la ricerca il fine ultimo, e non il mezzo. Il lavoro è il lavoro su te stesso, indipendentemente dal mestiere, dalla professione, dal campo o dalla disciplina. Questo mi hanno dato soprattutto, l'università e l'ambiente dell'istruzione in generale.

Contro quello di cui parlavo prima: il narcinismo della nostra epoca. Il cercare quel qualcosa in più dove collocare te stesso. O meglio, il tentativo della ricerca. Questa è la lezione prima e ultima dell'università.

E con questo posso anche andare a dormire. Buonanotte.
   

Thursday, March 21, 2013

Per fortuna che in Europa c'è l'Italia



"Ho letto sul Corriere della Sera quello che dicono i viaggiatori di passaggio dell'Italia. E' un paese miracoloso, dicono, che si rafforza nelle disgrazie e non perde tempo nei rimpianti. Per fortuna che in Europa c'è l'Italia, dicono gli stranieri, con il suo amore per l'anarchia e la diversità"

"Perdutoamor" (2003), di Franco Battiato.

Cina - Archeologia

"In Cina, nella regione del fiume Huang He, sono state trovate tracce di igname, miglio, fagioli e altre piante alimentari su utensili di pietra databili tra i 23mila e i 19.500 anni fa. Le pietre erano usate per macinare i semi e le radici raccolte, scrive Pnas, dimostrando uno sfruttamento delle piante anteriore di circa 12mila anni allo sviluppo dell’agricoltura."

Fonte: Internazionale, 22/28 marzo

Diario di un prof: la giornata da Dio (parte seconda).

Sono le sei e per oggi è finita. Piacevole sensazione, subito interrotta dal pessimo ricordo dell'incubo di dodici ore prima. In bici di nuovo per le viuzze del quartiere universitario, quei pochi ma quotidiani chilometri che ti separano da casa. Ci siamo, la giornata è finalmente da Dio!

Sai che il cane è ancora lì ad aspettarti. Per forza. E' il migliore amico dell'uomo. L'unico, per la precisione. E' il momento in cui sprofondi sul divano, via le scarpe e lo zaino. Senti tutto il peso della giornata che ti scivola lento addosso. Mentre il cane ti fissa. E' pronto: ad un tuo minimo segnale, scatta la rivoluzione. Taaaaaaaaack! Apro lo scaffale, afferro cioccolata e piadina, spedisco tutto nel tostapane e centoventi secondi dopo sono a leccarmi i polsi sbrodati di cremosa cioccolata. Vale la pena alzarsi la mattina solo per questi pochi secondi di infinito piacere. Il cane è ancora lì a fissarti. Che amico! La cioccolata a lui non interessa, preferirebbe pollo e patate. Ma lui sta lì per fedeltà, non si vende per due denari.

Terminato l'orgasmo fondente, è il momento di riordinare il cervello e organizzarsi per la serata.. Dunque... il cane è già con la palla in bocca, vorrebbe fare due salti in giardino, ma a me spettano due virgola cinque ore di corso serale. Peccato, amico cane. Fuori il tempo ancora regge e c'è ancora luce. Alle sette entro nella scuola, giusto il tempo per un caffé alla macchinetta. Senza caffé sprofonderei nel sonno, russando ai quattro muri. Il caffé ti tiene sveglio anche quando l'insegnante spegne la luce. Il caffé riporta in vita il piacere della cioccolata sbranata mezz'ora prima. Un piacere importante.

Alle nove e mezza a Cork è buio pesto, ma la luna gioca di riflesso nel fiume con le luci delle case. Te l'avevo detto, che sarebbe stata una giornata da Dio. E' il momento del confronto: al pub con la compagna irlandese. Tema del giorno: i cicli della vita. Poteva andare peggio. Poteva andare molto peggio. Alla seconda Beamish i pensieri si pettinano da soli. Alla terza le quattro gocce di pioggia ti fanno piacevole compagnia. La serata potrebbe anche finire qui.

Invece oggi è una giornata da Dio, e non si va a dormire prima delle due. Altro pub, altro giro, altri amici e pacche sulle spalle. Musica da stare allegri, quattro chiacchiere a coronare il momento. Quando poi torni a casa fischiettando e il silenzio delle strade buie ti fa da scaldabagno, capisci che una giornata così da Dio non capitava da almeno due giorni. E che beh sì puoi ritenerti più che fortunato.

Apri la porta di casa solo per trovare sempre lui, il cane. Fedele, pronto, sull'attenti. Ti segue con la sguardo mentre ti preparai una caprese baciata d'olio d'oliva, due fette di pane e una camomilla con buccia di limone. "Gradisci una camomilla?" viene quasi da chiedere al cane. Figuriamoci. Un cane non deve chiedere, mai. Potremmo anche chiuderla qui, invece vedo ricevere un paio di messaggi al computer, di quelli da amici lontani, di quelli che scaldono il cuore come il Bushmills scalda lo spirito.

La giornata da Dio termina alle due passate, girando una sigaretta, fissando quel che resta della luna e pensando che, per quel che mi riguarda, domani mi sveglierò con calma e inizierò la giornata con una doccia e una lauta colazione.
E la barba.
Forse.


Diario di un prof: la giornata da Dio (parte prima).

La giornata da Dio inizia alle tre di notte, quando ti svegli tutto sudato e tremolante per l'incubo appena vissuto. Mamma che paura! Incubo classico, molta confusione, tu in cima ad una torre di ferro, ti senti perdere l'equilibrio, nessuno a salvarti e crollare nel vuoto senza speranza. Ti aspetti il botto, invece ti svegli tutto sudato.
Un classico. Un super classico. Freud avrebbe detto: "che coglioni!".

Silenzio, buio e un caldo boia. Per fortuna era solo un sogno. Un sogno pessimo. Tolgo la felpa, sistemo il cuscino, non distinguo bene tra mutande e lenzuolo. Sensazione di malessere, leggero mal di testa, controllo l'orologio per diminuire lo stato di ansia: sono da poche passate le tre. Forse sono solo i postumi del weekend, più probabilmente il panino con la porchetta divorato all'una di notte, ventisette secondi prima di andare a dormire. Ci sta.

La giornata da Dio comincia inesorabilmente con livelli di angoscia inesorabili. Mi aspetta una giornata di lavoro e di appuntamenti, il terrore che la sveglia non suoni, il materasso bagnato di sudore e  il puzzo di incubo stantio aleggiare ancora nell'aria. Vai sereno, è solo l'inizio di una giornata da Dio.

Ore otto, anticipo ai secondi la sveglia. Ciabatte ai piedi, entro al cesso, mi guardo allo specchio. Ma non mi ero fatto la barba ieri sera? Pazienza. Strana sensazione in bocca, come se ci avessero cagato dentro. Il tempo di svuotare la vescica, poi di nuovo in camera da letto. L'impressione che abbiano scopato in tre o quattro sul tuo letto e la certezza che, anche fosse, tu non eri tra quei tre o quattro. Sereno, ti dico: oggi sarà una giornata da Dio.

Pantaloni scarpe maglione giubbetto. C'è anche la bicicletta. Il cane che, da vero e unico amico dell'uomo, salta la colazione in solidarietà con te che per la colazione tempo non hai. Ore otto e quaranta, le porte dell'università e venti minuti di anticipo sulla prima ora di lezione. Non molto impegnativa, a dire la vertità. Te l'avevo detto: oggi sarà una giornata da Dio.

Alle dieci e trenta sono in ufficio. Non avevo lasciato qualche bustina extra di tè? No?! Pazienza. Computer internet postaelettronica burocraziadimerda. E' certo che sarà una giornata da Dio: sono le dodici e il telefono non ho ancora squillato mai. Fuori non sta piovendo. Dentro neanche.

Pranzo al sacco: chilata abbondante di fusilli ai funghi con altra chilata abbondante di aglio e pomodoro. Rutto obbligatorio, scoreggia facoltativa. Al momento di sbucciare l'arancio senza la fitta allo stomaco. Di corsa verso il bagno. E' sulla tavoletta del cesso che l'uomo ha tirato fuori (e anche realizzato, mi sa) le idee più grandi. Non è così per me, non oggi almeno: mi è solo tornato in mente che non avevo finito di preparare la lezione delle tre. Di nuovo di corsa in ufficio. Di nuovo a lezione. Poi un incontro con i vertici del dipartimento (detta così fa figo, in realtà semplice e noiosa routine) e di nuovo in sella per raggiungere la parte opposta del campus. Ultima lezione della giornata e anche ultima lezione del semestre. O trimestre. Insomma, dell'anno accademico. Minchia, un altro anno accademico è già passato. Il mio secondo da prof. Il contratto termina a luglio. Potrebbe non essercene un terzo. Potrebbe essere il mio ultimo anno da prof. Potrebbe essere stata la mia ultima lezione da prof. Il precario e la sua giornata da Dio.

Tuesday, March 19, 2013

明恩溥

"A good way to see what is happening in a building would be to take its roof off, could that be done without disturbing its inmates. If we wish to comprehend the Chinese, we must take the roof from their homes, in order to learn what is going on within. This no foreigner can do. But he can imitate the Chinese who apply a wet finger to a paper window, so that when the digit is withdrawn there remains a tiny hole, through which an observant eye may see at least something."


Arthur H. Smith (1845-1932), "Village Life in China" 

Monday, March 18, 2013

Homosexuals and Dachau



"Bent" (1997), di Sean Mathias.

St. Patrick in Dublin: delirium









Passione?



"La passione" (2010), di Carlo Mazzacurati.

Saturday, March 16, 2013

"Bella ciao", Chinese version

那一天早晨,从梦中醒来
啊朋友再见吧再见吧再见吧
一天早晨从梦中醒来
侵略者闯进我的家
啊游击队啊快带我走吧
啊朋友再见吧再见吧再见吧
游击队啊快带我走吧
我实在不能再忍受

如果我在战斗中牺牲
啊朋友再见吧再见吧再见吧
如果我在战斗中牺牲
你一定把我来埋葬

请把我埋在高高的山岗
啊朋友再见吧再见吧再见吧
把我埋在高高的山岗
再插上一朵美丽的花
啊每当人们从这里走过
啊朋友再见吧再见吧再见吧
每当人们从这里走过
都说多么美丽的花
每当人们从这里走过
都说多么美丽的花

这花属于游击队战士
啊朋友再见吧再见吧再见吧
这花属于游击队战士
他为自由献出生命



"Bella ciao", Chinese version
http://www.youtube.com/watch?v=eoIZD_8m-Bo

Non so ballare, sei disposta a farti pestare un po' i piedi?



"Ragazze, andate sul marciapiede!"

"Vogliamo anche le rose" (2007), di Alina Marazzi.
Capolavoro.

Letters



"Silver Linings Playbook" (2012), by David Russell.

Friday, March 15, 2013

Quell'oro è finto: contro il mito scandinavo.

Mi capita spesso di leggere e sentire discorsi sui paesi nordici. Del loro petrolio. Del loro Stato sociale. Delle condizioni di vita. Dei loro salari e delle loro pensione. Ne parlavo ieri sera a cena con delle colleghe cinesi. E ne leggo oggi sull'Economist.

Ok, Norvegia, Svezia, Finlandia e Danimarca sono le nazioni più in salute non solo d'Europa ma del mondo. Ok, hanno il welfare scandinavo è famoso a livello globale come la pizza per l'Italia. Ok, lassù non esistono dinamiche di corruzione o umiliazione nel mercato del lavoro come nel resto d'Europa. Ok.

Ma ci siete mai andati in Scandinavia? Siete mai andati più a nord di Bolzano? Più a nord di Berlino?
Anni fa ho viaggiato per una settimana in Svezia. Ho visitato Copenaghen. Ho fumato una sigaretta fuori dall'aeroporto di Helsinki. Non ho mai messo piede in Norvegia, purtroppo. La domanda è semplice e la risposta lascia capire perfettamente il succo del mio discorso: ma voi ci vivreste lassù?

Parte del territorio scandinavo rientra nel Circolo Polare Artico. Avete presente? No? Traduco: ghiaccio per quasi tutto l'anno. Sono terre sotto-popolate, per questo in linea di massima accolgono a braccia aperte i profughi dai paesi d'Africa e d'Asia, inclusi noi morti di fame dell'Europa meridionale e orientale. La popolazione è vecchia. Il tasso di suicidi è altissimo. Non vedono mai la luce del sole. Per questo molti sono depressi, per questo molti hanno la pelle bianca come quella dei cadaveri. Sono già morti. Non è vita. E' sopravvivenza basata sui benefici passati dallo Stato per pagarti il riscaldamento a casa, la birra al pub e la sauna di domenica. E poi da qualche parte dovremmo anche inserire l'alcolismo, l'intolleranza razziale, il fenomeno Breivik o le stragi nei campus universitari sul modello americano. Con tutto il rispetto per gli amici scandinavi, ma ve la immaginate la faccia di un vietnamita, di un nigeriano o di un siciliano che vive in pianta stabile con moglie e figli a Trondheim o a Rovaniemi?! Probabilmente è più sereno e felice un immigrato cinese del Zhejiang che lavora in un laboratorio clandestino alle porte di Prato.

Signori, la qualità della vita è importante, non si vive di solo pane, "vogliamo il pane ma vogliamo anche le rose!" Come puoi sorridere quando ti alzi la mattina col cielo grigio, il freddo bestia, la pioggia a non finire, la proverbiale chiusura e freddezza delle popolazioni nordiche che contraddistinguono queste zone del mondo?

Certo, per fare questo tipo di discorso bisogna prima avere lo stomaco pieno. Per questo credo che ogni Stato dovrebbe garantire il minimo indispensabile per vivere ad ogni suo cittadino: casa, alimenti, istruzione, sanità, pensione. Questo per me è il vero e unico significato di Socialismo. E forse da questo punto di vista i nordici sono riusciti a trovare un ottimo bilanciamento tra Stato e mercato, tra socialismo e capitalismo. Però mancano le rose. Manca il sale della vita, la gioia di vivere. Per questo il loro oro è finto.

Magari una persona nata e cresciuta lassù è abituata al clima ostile, al sussurrare inquietante del vento, al silenzio dei laghi, alla solitudine. Ma provaci tu, italiano o brasiliano o tailandese, a vivere da quelle parti! Anche se ti pagano 3000 euro al mese per fare panini ai fast food o 5000 euro al mese per fare l'impiegato in ufficio. Provaci tu a vivere dove la luce del sole è negata da Dio!

Una volta tanto, io, mi terrei stretto il nostro Mediterraneo. Il loro oro è finto.

Cambogia, estate 2005: mi ritrovo in queste parole.


"Un bar, uno dei tanti, dove stranieri e operatori di ONG si ritrovano dopo il lavoro. Nella zona di Phnom Penh chiamata 'il quartiere degli stranieri'. Andavo lì quando sentivo il bisogno di dire quello che pensavo senza annaspare per colpa della lingua. Ero un’americana in Cambogia e insegnavo fumetto alle ragazze. L’Elsewhere sembrava un covo di cospiratori, con tanto di vasche ombreggiate dalle palme e cocktail amnesia. La sera si riempiva di giovani della mia età, cani sciolti senza vincoli politici e sentimentali. Molti di loro erano venuti in Cambogia per lavorare come esperti in settori già saturi nei loro paesi d’origine. Io andavo all’Elsewhere per seguire gli squallidi intrighi della cooperazione internazionale in un paese in via di sviluppo o, peggio, per sentirmi superiore."

Sara Drake, “Elsewhere”
sara-drake.blogspot.com

Habemus Maccio



http://www.youtube.com/watch?v=Vwv7yPRRCac

"Mario", di Maccio Capatonda

España libre!



"España una!
España grande!
España...
... libre!"

"O lápis do carpinteiro" (2003), by Anton Reixa.

Thursday, March 14, 2013

Potevate farvi un'altra fumata



Io quello che non capisco troppo (bastardo miscredente anticlericale magnapreti) è che cazzo c'entrano gli ultras in Piazza San Pietro. Tutti quegli uomini e quelle donne dai paesi dove il Cattolicesimo ancora batte cassa (America Latina principalmente, e alcune zone dell'Asia, dell'Africa e dell'Est Europa), con le bandiere delle loro Nazioni manco fossero ad un evento sportivo o ai Mondiali di calcio...

Come funziona? Se ci sono più bandiere della Romania vince un cardinale romeno? Se i filippini gridano più forte eleggono un Papa filippino? Non capisco. E poi, se eleggono (la monarchia vaticana è in parte democratica, a quanto pare) un tedesco o un cinese, cosa cazzo dovrebbe fregargliene ai popoli di Germania o della Repubblica popolare?? Continuo a non capire.

Ora, ha vinto un argentino. E quindi ha vinto anche l'Argentina? Cioè, questi già c'hanno tre o quattro coppe del mondo, el Pibe de oro y la Mano de Dios, Valeria Mazza, Belen e la carne bovina più pregiata, e voi stronzi al Vaticano pure il Papa gli regalate? Vabbè, allora ditelo, no!?!

Sul Papa nuovo poi non mi esprimo. Su Libero hanno riportato una sua chiccha, ai tempi delle elezioni in Argentina nel 2007: “Le donne sono naturalmente inadatte per compiti politici. L'ordine naturale ed i fatti ci insegnano che l'uomo è un uomo politico per eccellenza, le Scritture ci mostrano che le donne da sempre supportano il pensare e il creare dell'uomo, ma niente più di questo.”
Finalmente aria nuova! E corrono voci anche di un suo appoggio alla dittatura di Jorge Rafael Videla. Come fai a rispettare un Papa se non ha avuto al fianco un tiranno? Ottima scelta.

Ma dico (e chiudo): non mi aspettavo che facessero Papa qualcuno come Alex Zanotelli o Don Gallo, ma almeno potevano togliere di mezzo quelli con un passato nelle file del Fascismo, quelli che hanno protetto i preti pedofili, quelli che hanno le mani sporche di sangue o riempite di diamanti, quelli legati ai dittatori, i portaborse dei potenti della Terra, i razzisti e gli omofobi. Proprio no, eh?! 

Come diceva il mio professore di matematica al liceo per spiegarci la teoria degli insiemi: “L'insieme dei politici onesti è un insieme vuoto”. 
Quello dei papabili pure.