Sunday, December 29, 2013

Sushi abbestia! 寿司忘年会


















Friday, December 27, 2013

добро пожаловать

Spettacolo.



Tramonto sul municipio di Macerata Marittima.

Gli amici del campetto



Gli amici del campetto
passati dalle Marlboro direttamente all'eroina
alla faccia delle droghe leggere


Offlaga Disco Pax

Thursday, December 26, 2013

Perché il Natale è soprattutto consumare.



Perché il Natale è soprattutto stare in compagnia.






Wednesday, December 25, 2013

Merry Nerdy Christmas!


Buon compleanno a tutti e a tutte!


Sunday, December 22, 2013

No peace, no Christmas.


Saturday, December 21, 2013

Concettuale.



"Io sono un artista, non ho bisogno di spiegare un cazzo"

"La grande bellezza" (2013), di Paolo Sorrentino.

Le Marche dei secoli passati


"Le Marche non hanno grandi città. Solo alcune, come Ancona e Pesaro, hanno avuto negli ultimi anni uno sviluppo 'extra moenia' di largo respiro che ne ha in gran parte alterato e stravolto l'aspetto. Ma esse stesse, fino a pochi anni addietro, e la maggior parte delle altre, ancora oggi, avevano e hanno conservato la struttura urbana medesima dei secoli passati"

Tratto da itinerari per le Marche, guide de "L'Espresso" (1980), di Pietro Zampetti.

教书


Insegnare è capire, comprendere, mediare.
Insegnare è imparare. Da sè stessi e dagli altri.
Insegnare è premere un interruttore e accendere una luce. Illuminare una stanza e scoprire, insieme, quello che c'è dentro.
Insegnare è dare e ricevere: regalare ma anche prendersi qualcosa in cambio.
Insegnare è sorprendere: come i bambini per Natale. Fare la faccia meravigliata di chi ha scoperto un'altra America, meno lontana ma non meno stupefacente.
Insegnare è essere accanto e mai di fronte: sostenere e aiutare nelle piccole grandi imprese.
Insegnare è essere interlocutori e mai oratori. Fare dialoghi e non monologhi.
Insegnare è un percorso in cui non si è mai soli. Insegnare non è "A" ma è "PER" e "CON" gli altri.
Insegnare è un'alchimia strana: funziona solo quando ci credi.

Rita Barbieri

谢谢李蕊!


Friday, December 20, 2013

La chiamavano campagna...










Un casolare nelle colline tra i comuni di Corridonia, Petriolo e Mogliano (provincia di Macerata).

Arte e artista





USE LESS USELESS WORDS, by Alessandro Ruggieri (Exit fumetti, Macerata)

La luna, le luci, le vie del centro storico e quelle del signore che sono infinite...


Concerti importantissimi.



25 dicembre al Terminal (Macerata): SoloPerAdulti. Un concerto della Madonna.

Thursday, December 19, 2013

Quando l'arte paga.



Lista dei dieci più ricchi scrittori cinesi per l'anno 2013.
http://europe.chinadaily.com.cn/culture/2013-12/14/content_17174757.htm

Cultivar es escribir sobre la tierra...




No es una utopía cambiar el sistema actual.
Utopía es creer que éste sistema actual basado en la explotación de los recursos naturales continuara indefinidamente en un planeta finito.

"La voz del viento es un documental que enlaza, a través del lenguaje audiovisual, tres viajes en torno a la emergencia de una nueva conciencia universal:
Un viaje real/local: De Provenza a Granada, siguiendo una línea de proyectos alternativos;
Un viaje interior/personal: Una expresión de los conceptos, las reflexiones y los sentimientos que se van generando adentro;
Un viaje colectivo/global: La idea de un nuevo mundo que germina en el inconsciente colectivo. La utopía, el horizonte que continua avanzando.
Está basado en un viaje de Provenza en Francia a Granada, realizado en Febrero de 2012 por Jean-Luc Danneyrolles, un agricultor Francés, productor de semillas ecológicas y participante del movimiento por el decrecimiento y la red de semillas campesinas en Francia y Carlos Pons, realizador, técnico de sonido y activista por el decrecimiento y la soberanía alimentaria."

Documental:
http://www.youtube.com/watch?v=Z9PqOGd78r8

Sport e nazione



"Invictus" (2009), by Clint Eastwood.

Wednesday, December 18, 2013

Cina e media


"La Cina nei media, i media in Cina"

ne discuteranno giovedì 19 dicembre, ore 10.00

Mauro Crocenzi (Caratteri cinesi)
Desirée Marianini (China Files)
Simone Pieranni (China Files)
Junko Terao (Internazionale)

modera Alessandra Brezzi

Aula Magna, Dipartimento Istituto Italiano di Studi orientali
Via Principe Amedeo, 182/b
Roma

Tuesday, December 17, 2013

Sui tatuaggi.


Il primo (e ultimo) tatuaggio me lo sono fatto a 17 anni. Una volta i tatuaggi erano roba da cazzoni, cioè da giovani. A farsi un tatuaggio dovevi vergognarti, era una cosa da tenere nascosta e svelare solo agli amici o sfoggiare sul fisico giovane e asciutto in spiaggia d’estate.

Per poterti fare un tatuaggio dovevi avere i soldi, lottare con la famiglia e mentire al tatuatore sulla tua minore età. Noi cominciammo a disegnarci dei puntini sulla braccia già a 14 o 15 anni. Prendevi un ago, di quelli usati da tua nonna per rattopparti i calzini, poi lo intingevi nell’inchiostro blu o nero di una penna bic spezzata e infine te lo infilavi nella carne. La “regola” era che doveva far male ma non arrivare a far sangue. Il primo puntino me lo fece un caro amico, uno di qualche anno più piccolo di me con la pelle già macchiata d’inchiostro. Poi in seconda superiore mi “tatuai” il simbolo della hardcore band “Marilyn Manson” sul braccio sinistro durante una noiosissima lezione di latino. Si vede ancora.

Invece in un sabato sera passato in casa con gli amici e qualche lattina di birra, chiesi ad un altro amico di disegnarmi una A cerchiata in alto nel braccio. Non fece in tempo a finire, i miei genitori tornarono prima e dovemmo metter via tutto. Restò solo uno strano segno, un geroglifico che assomigliava a una barchetta sul mare.

Una sera nell’estate del 2000 litigai con mio padre e decisi di non tornare più a casa. Feci parecchia strada a piedi, poi autostop verso Montecassiano e Osimo, poi giù verso il mare di Porto Recanati. Dormii due notti all’addiaccio, sotto gli ulivi delle colline, e stetti per lo più da solo a fumare sigarette e pensare dove andare e cosa fare. Nella noia, entrai anche nel negozio di tatuaggi. Mi innamorai di un disegno: “Quanto costa?”. Costava 270.000 lire, un sacco, considerando che non era così grande e solo in bianco e nero. Un mio amico mi riportò a casa in motorino, mettendo fine alla mia fuga da casa. Lavorai per un paio di settimane e misi da parte i soldi per quel tatuaggio. Ci volle un’oretta, parecchio sangue, un po’ di dolore e qualche Marlboro. Al tatuatore dissi che avevo 18 anni. Sapevamo entrambi che non era così.

Tornai a casa con un vichingo sul braccio. A casa si incazzarono, ma non più di tanto. D’altronde ero appena scappato di casa, ero meglio per tutti mantenere un profilo basso.
Gli amici mi dissero che era un tatuaggio “grezzo” e che sembravo un camionista. A me è sempre piaciuto e non ha mai dato fastidio. Di lui mi dimentico, ci faccio caso solo se sono nudo davanti allo specchio, quindi quasi mai. Sarebbe strano, vedermi allo specchio senza il braccio tatuato.
La verità è che non ho grande senso estetico e dei tatuaggi non mi frega niente. Non ho questa passione, non capisco chi ha questa passione, meno ancora la fissa di tatuarsi il corpo. Intendiamoci: non ho niente contro chi ne ha. Anzi, a volte alcuni disegni sono notevoli, apprezzabili. Disprezzo chi discrimina chi ha tatuaggi. Ma, giuro, dei tatuaggi non potrebbe fregarmi di meno.
A volte sento ragazzi e ragazze (ragazzi e ragazzi di 50 o 60 anni) dire “quasi quasi mi faccio un altro tatuaggio”. Gira voce che i tattoo si possono fare solo in numero dispari, 1 o 3 o 5 o… Io dovrei ancora farmi il secondo. Ma non ci tengo proprio. Anni fa pensai per sbaglio di tatuarmi sull’intera schiena i 5000 caratteri del daodejing. Tanto per fare il sinologo pop. Ma per fortuna la malsana idea è morta sul nascere.

Oggi invece leggevo di un tale che si è tatuato sul braccio il nome del padre a 40 anni. Quasi quasi. Ma me lo tatuerei da solo. Con ago e inchiostro di penna, come ai tempi del liceo. Magari Freud sarebbe contrario: i padri bisogna ucciderli e non scriverne il nome sulla nostra pelle. Però mi piace l’idea. In biblioteca ho azzardato qualche schizzo. Non viene male. È corto. Ha solo quattro lettere.

TFA e TFA "speciali": i PAS.


"probabilmente c’è nell’intera gigantesca macchina scolastica qualcosa di immedicabile: amministrare un numero di dipendenti che sfiora il milione (tanti sono gli insegnanti in Italia) non è difficile, è inutile.
Ma ci sono due princìpi a cui sembra davvero suicida voler rinunciare. Il primo è che chi va a insegnare a scuola deve superare un esame severo all’ingresso del percorso abilitante (com’è stato nel caso del Tfa). Il secondo è che dobbiamo fare di tutto perché le porte della scuola si aprano soprattutto a insegnanti giovani, perché l’età media degli insegnanti italiani è – nel paragone con gli altri paesi Ocse – altissima, e questo è, tra tanti, il guaio più grave della scuola italiana.
I Pas contraddicono sia l’uno sia l’altro principio"

Tratto da "Pillole di demoralizzazione. Sul reclutamento degli insegnanti", di Claudio Giunta
http://www.leparoleelecose.it/?p=12677

Ricerca e controllo


"la ricerca è l’esplo­razione dell’ignoto ed è necessariamente speculativa. Essa è inibita dagli approcci, dalle tradizioni e dagli standards convenzionali. Non può essere condotta in modo soddisfacente in un’atmosfera dove è monitorata e controllata dai nostri standard produttivi. La ricerca scientifica di base non dovrebbe, pertanto, essere sottoposta al controllo di una agenzia operativa il cui interesse complessivo non sia esclusivamente quello della ricerca. La ricerca soffrirà sempre dall’essere messa in competizione con le esigenze operative"

Vannevar Bush (1890-1974)

Letteratura e sbornia


“Alla fine della sua vita, Fitzgerald scriveva disperato al suo agente, mendicando un prestito: io sono tutto ciò che ho fatto, e tutto ciò che ho scritto.
All’adorata figlia Scottie raccomandava di continuare a studiare a Princeton con il massimo impegno, senza mai, mai, mai bere nemmeno un drink, oppure lui si sarebbe ubriacato così tanto che la notizia di quella sbornia colossale l’avrebbe raggiunta dalla California”

Tratto da “Storia della mia gente”, di Edoardo Nesi.

Lettere e scienza

"Non è necessario essere specialisti in tutto, l’importante è, come in musica, “acquisire l’orecchio” e quindi essere in grado di intendere ed apprezzare la ‘musica’ suonata dagli altri. Perché solo ascoltando musiche diverse, interpretate da molti direttori d’orchestra, la mente umana sarà spinta alla creatività e potrà concepire quelle idee nuove e feconde che possono ancora aiutare l’umanità a superare quei problemi per i quali non bastano una tecnica disumanizzata o una cultura umanistica senza alcuna cognizione scientifica. E dove può tutto questo trovare il proprio luogo naturale se non nelle istituzioni educative, nei licei e soprattutto nelle università?"

Tratto da "Gli studi umanistici non servono solo a se stessi"
http://www.roars.it/online/gli-studi-umanistici-non-servono-solo-a-se-stessi/

Education and the teaching of Mao in rural Henan

Monday, December 16, 2013

Immigrati cinesi al casinò

"Per noi i casinò sono sempre stati delle oasi di rispetto e di integrazione. Ricordo che quando ero corrispondente a Mosca, la città era piena di scritte sgradevoli che invitavano i cinesi ad andarsene, a non entrare in un determinato locale, a tornare al loro paese. Solo al casinò trovavamo cartelli che a ideogrammi cubitali ci dicevano: 'Benvenuti!'"

Jiang Ming, direttore del bisettimanale "Europe Chinese News"

"Lost in library": incontro con la comunità cinese. Grazie a tutti/e per la partecipazione!