Nel frattempo il mio blog è di nuovo censurato nel paese che abito e che si chiama Cina. Mi fa il mio amico russo “perché?” rispondo “cazzo ne so, si coprono il culo per il ventesimo di Tiananmen credo”.
Spiacente, ma sappiamo come fottere la censura.
Forse pensavano di decidere loro cosa venderci e forse non pensavano che, democrazia o meno, cosa vedere lo decidiamo noi. E non compriamo.
Invece un giornata con dei cinesi. Se vuoi vivere la Pechino cinese sarebbe da fare una cosa: avere un amico pechinese. Qualcuno ne ho, giornate pechinesi con la P maiuscola e cerchiata ne ho passate abbastanza, questa volta sembra giusto condividerla nel web.
Inutile e annoiante dire come ho conosciuto il signor NONSCRIVOILNOME, un quarantaseienne pechinese di vecchia data. Quando un pechinese ti rapisce hai poco da sperare. Chiuso in questi appartamenti stile anni settanta (cinesi), madre e moglie intente a realizzar jiaozi (sorta di tortellini di carne e verdura) . Un cinese ti accoglie con sigarette, tè e grappa cinese. “Bevi?” chiede, “minchia!” rispondo. E grappa cinese sia mentre le donne cinesi sono in cucina a bollire i jiaozi. Pranzo allegro leggero andante, la figlia di sedici anni, bella come il sole a ferragosto, giovane come le rondini a primavera, mi porta a vedere i suoi testi scolastici, c’è più storia greco romana e marxismo di quanto non pensassi. Minchia davvero bella la ragazzina, quando parlo mi fissa col sorrisetto da anarcoinsurrezionalista. Perché no un matrimonio, se il padre conviene (dubito assai), come si dice nel gioco del sette e mezzo, “io sto”. Io starei. Mi sa che il padre non conviene e la ragazzina neanche, dopo il pranzo a base di (jiaozi, sigarette, birra, grappa cinese, doufu, alghe, riso, carne di pollo, zuppa, doufu ancora) il mio amico cinese mi invita a sedere al divano, la televisione che sbraita pubblicità e un mezzo esercito di sigarette e grappa, tema la politica, come un invito a nozze, la ragazzina beata innocenza ancora ci segue e poco dopo esordisce con un “ma che avrete voi uomini da bere e parlare di politica?!”.
Ottima osservazione. Il prossimo passo è in giro “nei quartieri bassi della città”. Ovvero giro nella vita degli hutong di Pechino. Gli hutong di Pechino quasi non ci sono più. All’ingresso leggi “In resistenza!”, la gente che ci vive dentro forse ci vive stretta, anche qui valzer di sigarette, tè e grappa cinese. Sapete giocare a carte, majiang (sorta di Scala Quaranta con pedine da Domino) e scacchi cinesi? Io no. Osservo. Passano in fretta le ore e la cena è al ristorante del mio amico quarantaseienne. Ristorante sempre negli hutong, ma qui più che “resistenza” c’è scritto “passo e chiudo”. Finalmente un momento di privacy tra me e lui, nessun altro ci ascolta. “Potresti mandare tua figlia a studiare in Italia, potrei aiutarti” butto lì, “Vedremo. Non le ho mai parlato del 1989”. Puntuale. Tavoli e sedie all’aperto, tè e sigarette, il mio amico cinese parla di sistema politico cinese e di quando aveva ventisei anni (la mia età) e per la strade di Pechino scorreva la rivoluzione della primavera Tiananmen 1989. “Tu non sei un giornalista, vero?!” chiede, “Cin cin!” rispondo io dal fondo della bottiglia di grappa dov’ero finito. Qualche minuto ancora e arrivano familiari ed amici. Mai stato a pranzo con dei cinesi?! Da rimediare assolutamente! Da divertirsi ce n’è! Un pesce così buono mai mangiato, piovono ancora domande su Italia e “occidente”. Aspetto di veder tornare la figlia del mio amico, che non verrà.
Dibattito su sistema educativo cinese. Penso che un’educazione universitaria sia augurabile a tutti, ma non per comprarsi un titolo e spenderlo nel mercato del lavoro, casomai semplicemente per sé. “Per conoscere. Per conoscersi. Per essere liberi”. Scoppia una risata generale. “Studiosi ed intellettuali sono tali solo se contribuiscono alla sviluppo – per usare un termine caro ai cinesi – della società. Cioè se emancipano le masse a partire dagli strati più bassi –sempre per usare un termine caro ai cinesi”. Scoppia una risata ancora più fragorosa. Impressione “vai a fare l’idealista da qualche altra parte”. Impressione “qui in Cina si studia solo per trovare un buon lavoro e fuggire dalla campagna”. “Non sei mai stato nelle vere campagne cinesi” dicono. Evidentemente sono stato solo in quelle false, costruite apposta per il sottoscrito. Ed io che pensavo di andar a fare il contadino uno volta finito il dottorato. “Leggi meno libri e spendi più tempo in mezzo a cinesi!” consigliano. “Cerco di farlo, non a caso sono in mezzo a voi”. “Come sai queste cose?” chiedono “Le ho lette nei libri. Gli studiosi raccontano questa realtà. Il mio tutor, dice che…” non finisco che “Il tuo tutor ha molto da imparare. Evidentemente neanche lui conosce la società cinese”. Che detto del principale esperto di stratificazione sociale in Cina suona duro. Forse immaginano un mondo di elite e zero contadini, solo cittadini e sabato pomeriggio in giro per negozi. Non rispondono alla domanda “se tutti corrono in città chi si occuperà delle campagne?! Chi produrrà le cose che mangiate a colazione, pranzo e cena?!”. Meglio così, temo la risposta sarebbe stata “McDonald’s”. C’è una sola minorenne ed ha quattordici anni. La quattordicenne non è vecchia, sembra in sintonia col mio idealismo da straniero mantenuto dal governo cinese. Mai cercato consenso, ma avere una quattordicenne dalla tua parte è la più grande soddisfazione. Suo è il futuro.
Prima di andarmene mi regalano tè e un ventaglio. “La prossima volta ti porto a vedere la campagna. Quella vera” è il suo ultimo saluto. Arriva il bus e io ho una festa russa non molto lontano da lì. “La prossima volta portami a vedere la campagna. Quella falsa”.
Il pensiero a quel ragazzo, un concerto di qualche anno fa in Cina, suonavano punk, entra l’ultimo gruppo, quel ragazzo appunto, una lunga e drittissima cresta nera, vederlo lentamente collassare attorno al suo microfono, in sala solo io e due cinesi che probabilmente avevan deciso di passare la notte lì, al ritmo Exploited di Sex and Violence…
Poi apro il sito di Repubblica e mi esce fuori una pubblicità di McDonald’s. E allora mi chiedo quale sia peggio, se la censura cinese o il vostro sistema schiavista di consumo. E allora domani birra a colazione, sigarette per pranzo e cresta la sera. Rosa, magari.
A tutti gli abituati a non accettare il diverso. E a tutti gli altri.
NOFX, “
My vagina”.