Wednesday, November 29, 2006

Noiose considerazioni...

Sono stato a Roma per un paio di giorni. Andato per motivi di burocrazia e rogne universitarie, alla fine sistemato tutto e tutto come sempre di fretta. E come sempre la parte più piacevole del brevissimo soggiorno a Roma sono state le famose "due chiacchiere" con amici e conoscenti dell'università e non solo, con gente che non beccavo da anni o da mesi. Ho riflettuto quattro ore di fila durante tutto il viaggio di ritorno in pullman. Malinconica nostalgia. Rivedere Roma per poche ore mi ha fatto tornare in mente i miei anni felici, sballati, paranoici, bruciati, belli e ribelli del primo periodo universitario, quelli prima della mia prima partenza per la Cina. E giù valanghe di ricordi, assurdità, incontri, stazioni, concerti, cortei, contestazioni, tipette, punk, vino, filosofie gratuite e piacevoli (a volte un po' meno) malesseri. Queste poche ore a Roma mi han fatto immaginare che forse questi anni posso esistere ancora. Gran parte della gente ancora c'è, i posti sono quasi gli stessi, la poesia c'è ancora nell'aria basta saperla scovare. Forse di fondo manca la voglia, un po' di pigrizia, un po' di titubanza, un po' di pensione. Negli ultimi due anni e mezzo sono stato più in Cina che in Italia, naturale pensare a tutto quello che "mi sono perso" qua, a livello di esperienze, studio, condivisione, botte di vita... E non lo dico per lamentarmi, sono arcistracontento della mia permanenza cinese. Ma mi chiedo se valga la pena di continuare su questa strada, di rincorrere forzatamente la Cina, stare appresso a questa velocissima locomotiva cinese senza chiedersi se tutto ciò abbia senso, se in realtà non sto semplicemente e stupidamente correndo dietro a me stesso, se abbia voglia e forza a continuare così. Oggi direi di no. Dispiace dirlo, più che altro mi fa strano sentirmelo dire, ma non so se ho tutta questa voglia e fretta di tornare in Cina una volta discussa la tesi. Anche altrove è pieno di roba che mi piacerebbe vedere, vivere, annusare (di più, sniffare)... prima di posare il mio sedere flaccido sul "futuro Cina" ho ancora voglia si sbagliare, cambiare, provare, tentare, confrontarmi, la vita che faccio a Pechino o Canton è più che altro rivolta al mondo del lavoro e alla vita "d'alta classe", il rischio di farsi fottere da questa bella e maledetta idea, da questa troia di sirena, il rischio minchia è alto. Non parlo così quando sono in Cina, ne parlo adesso e ne voglio approfittare. La Cina può aspettare cazzo. Prima ho voglia di prendere altre manganellate magari in Russia o in Belgio, di fare panini per fast-food a Londra, di fare autostop per le Ande, voglio un'overdose mistica in India, voglio ancora l'arresto alla stazione di Brazov in Romania, voglio tanto e voglio di più, voglio freakkettonare in Australia, lottare per i nativi dell'Amazzonia, voglio addormentarmi sopra un albero di fronte al miglior tramonto nella savana africana, voglio star male ogni giorno per una tipa diversa, voglio trovare il tipo della mia vita, vestire strano e parlare peggio, voglio vendere lucertole ai mercatini natalizi di Oslo, voglio rifugiarmi sotto il Patto di Varsavia voglio un Piano Quinquennale la stabilità la stabilità la stabilità...

E adesso vorrei spararmi Trainspotting, Fuori di cresta, La guerra degli Antò, il documentario sui Sex Pistols mentre Ianna mi suona ubriaco tutto il suo repertorio dei Rancid e qualcuno pieno di catene e il chiodo dei Clash mi chiede qualche spiccio...

Ho deciso: non andrò mai più in Cina, non voglio mai più farmi la barba, non voglio mai più usare inutili parole quali "sempre" e "mai". Soprattutto non mi voglio sposare. Mai.

Foto: Espresso Online