Riflessioni tra gli anarchici di Wuhan: apologia di un punk
Ridendo e scherzando (non sempre, non troppo) arrivi che hai quasi trent’anni e proprio non ce la fai a stancarti di fare (“essere” o “fare”, non so, sono arrivato alla temporanea conclusione che siano la stessa cosa) il punk.
Di punk ti hanno infarcito il cervello già ai tempi delle medie, quando c’erano i Nirvana e i Pearl Jam, che erano “grunge” e non “punk”, ma dal punk avevano preso ispirazione. E c’erano i Ramones e Sex Pistols e i punk a Londra e Berlino, che andavano in giro coi giubbetti di pelle, le catene e le creste fucsia alte mezzo metro. Noi volevamo essere come i londinesi e i berlinesi. In realtà quei punk erano ragazzi e ragazze delle nostre campagne che andavano a Londra e Berlino perché lì il punk lo si faceva meglio. Ma questo noi l’abbiamo capito solo dopo.
E poi c’era quel punk anche nella tua minuscola cittadina sfigata di quarantamila anime, quel punk con la matita nera agli occhi e il chiodo con su scritto “Clash”. Che ti chiede mille lire per andare a Bologna a trovare la fidanzata e invece coi tuoi soldi va a bucarcisi nelle viuzze di piazza. E noi volevamo fare i punk.
E poi c’erano i film, la musica, i libri, la cultura punk che è “subcultura” per definizione anche se non si è mai capito perché. E i centri sociali, l’università, le contestazioni, le proteste, le risse con la polizia, la questura, la droga, i cani, il vegetarianesimo, la vetrina da sfondare, il fascio da picchiare.
Quasi non te ne accorgi che a trent’anni hai ancora i ferri in faccia e le A cerchiate disegnate sui calzini. Ma cosa cazzo stai a fare ancora il punk!? E che minchia vuol dire fare ancora il punk?! Ti dicevano che erano una moda passeggera, che a vent’anni si è tutti comunisti (o tutti punk), ma che poi smetti di colorarti i capelli e metti la testa a posto. E se non andasse così!?
Che significa essere punk a trent’anni?! Che puoi ancora scopare le tipe senza dover far finta di essere innamorato? Che puoi ancora urlare contro il potente di turno? Che puoi ancora vestire di pelle e borchie e mettere in mostra i tatuaggi? Che puoi ancora evitare di mangiare carne e sputare sulle pellicce delle signore d’alto bordo? Che rifiuti Stato, denaro, proprietà e autorità pur lavorando come bidello nelle scuole elementari? O peggio ancora fare lo studente con borsa pagata con le tasse dei lavoratori? Che al matrimonio non credi e al prete neanche? Che passi le giornate a ubriacarti in strada e in culo a tutto il resto? Che il biglietto del treno non lo fai e a votare non ci vai? Che la rivoluzione sociale la senti ancora come una necessaria necessità e che la libertà è ancora al primo posto tra i vizi a cui non sai rinunciare?
Boh. Purtroppo solo di una cosa sei ancora certo: che come senti tre accordi punk e venti ragazzini saltare sotto il palco sai già come andrà a finire. Ovvero riempirai lo stomaco di birra (o la birra di stomaco), ti fionderai mezzo nudo nel pogo e finirai la serata tra le labbra di qualche sconosciuta, accorgendoti solo ore dopo che non era una sconosciuta. Era uno sconosciuto.