Di sogni ne abbiamo tanti, ne abbiamo tutti, ne ho anche io. Negli ultimi tempi forse quello in cima alla lista è il sogno di poter restare in Cina non come interprete al soldo dei uomini d’affari italiani o come factotum negli uffici delle agenzie italiane a Pechino ma come membro di un gruppo internazionale che in Cina faccia ricerche nel campo sociale, anche solo e semplicemente realizzando documentari; occuparsi degli aspetti linguistici e culturali che un lavoro del genere implica, mettendo insomma a disposizione le mie conoscenze (supposte, presupposte, presunte… fate voi) di Cina e lingua cinese. Sì, lo so che è il sogno del 90% degli studenti italiani a Pechino, ma ciò non toglie che sia anche il mio. Sogno morto da un pezzo, visto che lascio la Cina a breve e ho già fatto le valigie, lasciando fuori solo sacco a pelo e libri di testo.
Oggi pomeriggio, come quasi ogni domenica pomeriggio, allo 愚公移山 YuGong YiShan davano un film. Zona 鼓楼大街GuLou DaJie, una delle più piacevoli e caratteristiche di Pechino. 2 euro il prezzo del biglietto per studenti. Sala stracolma di gente, davano un documentario su 前门QianMen (la porta sud di fronte a Piazza Tiananmen, cinque secoli di storia) realizzato negli ultimi anni da un regista belga e una cinese. Titolo 前门前QianMen Qian (in inglese “A Disappearance Foretold”), è un insieme di riprese fatte nel quartiere ora raso al suolo di QianMen nel 2005 e nel 2006, anni in cui Pechino vedeva radersi al suolo e ricostruire in stili (e prezzi!!) contemporanei intere aree. 86 minuti in cinese (per lo più mandarino ma anche dialetti dello Henan e Shandong) con sottotitoli in inglese. Diciamo che nel documentario c’era molto poco da ridere, ma molti stranieri ridevano perché le traduzioni in inglese erano piene di “Fuck… shit… bastards… hell” che io non avrei messo perché abbastanza fuori luogo oltre che scorrette. Mostrava scene di vita quotidiana, con molti abitanti della zona QianMen costretti con le buone o con le cattive a sgomberare, risarciti con somme ridicole, vedersi ridurre in macerie delle case che, seppure fatiscenti, erano un po’ tutto quello che avevano. Rase al suolo per costruirci abitazioni, hotel e banche da 5.000 euro al metro quadro, da dare in pasto alla speculazione edilizia cinese e straniera. Tu turista occidentale che vedrai questa nuova QianMen durante le Olimpiadi sappi che lì abitavano centinaia di famiglie non certo contente di sloggiare. Anche perché l’abitazione non appartiene più al Partito, come succedeva in passato. C’erano anziane che rimpiangevano i tempi di Mao… immaginatevi il Presidente assistere a questo spettacolo: capitalisti di Hong Kong e giocatori di borsa di Shanghai mandare la polizia (servitori del popolo) a sgomberare le case di gente comune, anziani, poveracci. Immaginatevi Mao prendere il fucile e sparare contro le ruspe mentre grida “il capitalismo è una tigre di carta!”. Scene di anziane sfogarsi contro le telecamere, signori di mezza età che resistono e vivono in cumuli di macerie con figli che studiano al lume di candela e operai che dormono all’addiaccio. Una vecchia storia, vecchia come il profitto, speculazione contro occupazione, che in Europa è una guerra sempre all’ordine del giorno. Insomma non un bello spettacolo. Uno spettacolo di forte critica e denuncia nei confronti del governo cinese, che non ti aspetteresti di vedere in un locale di Pechino a due passi da Piazza Tianamen e dalla sede del governo. A parte l’ammirazione per chi ha realizzato questo documentario che è un po’ l’ideale di come vorrei vivere e lavorare in Cina e a parte le mille domande che avrei avuto da fare nella realizzazione ai due registi, mi sono figurato cosa poteva passare nella testa dei cinesi presenti in sala: cosa può pensare un cinese a vedere come il governo in nome del profitto (suo, non del popolo, è chiaro) tratta dei cittadini che, seppure poveri, sono cittadini del centro di Pechino e non morti di fame analfabeti di etnie minori cavernicoli di steppe desertiche nell’estremo ovest cinese al confine con l’Afghanistan… qui si parla di cittadini di prim’ordine, privilegiati, perché pechinesi! Che ne pensa un cinese che vede queste immagini, da un certo punto di vista e con le dovute precisazioni non molto diverse dalle immagini che ci vedono in Italia quando sgomberano campi nomadi o manganellano i campani che si oppongono alle discariche?! Non so bene cosa passa per la loro testa, ma ho fatto delle ipotesi. Cinque:
1) “Che rottura questo film, ma quanto dura?!”
2) “Vabbé, dai, è per il bene della patria, oggi a te domani a me!”
3) “La Cina è grande e potente, bisogna obbedire al Partito e aiutare chi è in difficoltà… seguire gli insegnamenti del Buddha è l’unica salvezza per tutti”
4) “Cazzo… non pensavo potessero arrivare a tanto… e se domani toccasse alla mia famiglia?! Domani ne parlerò con amici e colleghi di lavoro”
3) “Guarda come si comportano questi bastardi del governo, le loro stampa serva e la loro merdosa polizia… a morte il Partito, evviva la libertà!”
Io sto con quello che ho sentito dire da un arrotino “Faccio questo mestiere dal 1974. Pechino era più bella con i vicoletti. Ora dicono che dentro al secondo anello abitano solo i funzionari di Partito, nel terzo e quarto anello abitano i ricchi e i corrotti e oltre il quinto anello i poveracci”.
Ai primi quattro anelli non credere mai!