Secondo me sinologia 汉学与疯狂:体现当代中国 Sinology's Not Dead
Blog senza presunzioni di uno studioso di cultura e società cinese. Troverete qui reportage dalla Cina, racconti di viaggio, pagine di diario, serate goliardiche, sviolinate politico-ideologiche, dibattiti intellettuali e non so cos'altro ancora. 大家好! 我是中国文化与当代社会的一位意大利博士研究生。我爱旅游,写作,看书。其次,我爱这两句话:"世界人民大团结万岁!" 与 "革命不是请客吃饭!"。Welcome everybody in this small free space regarding Chinese culture and society, international politics, academic world, travels and much much more.
Tuesday, October 30, 2012
如果你也是心儿碎, 陪你喝一杯
美酒加咖啡
我只要喝一杯
想起了过去
又喝了第二杯
我并没有醉
我只是心儿碎
开放的花蕊
你怎么也流泪
明知道爱情像流水
管他去爱谁
我要美酒加咖啡
一杯再一杯
我并没有醉
我只是心儿碎
开放的花蕊
你怎么也流泪
如果你也是心儿碎
陪你喝一杯
我要美酒加咖啡
一杯再一杯
"美酒加咖啡", by 邓丽君
http://www.youtube.com/watch?v=xcpozo_kprs
Monday, October 29, 2012
Something I really miss about China: Wuhan and its crazy punks!
"我出生在这里,这个最热的城市,
800多万人民生活在这里,
武昌起义打响第一枪在这里,
孙中山的名字永远记在我心里,
我带着梦想生活在这里,
我带着希望走在每一条街上,
我想改变这个城市,
因为她永远属于我和你;
她会得到自由,她会变得美丽,
这里不会永远象一个监狱,
打破黑暗就不会再有哭泣,
一颗种子已经埋在心里;
这是一个朋克城市--武汉!
唱这首歌为你--武汉!
我们就在这里开始反抗!
武汉!我们一起干杯为你!"
"I was born here, this hottest city,
8 millions people live here,
In 1911, the Wuchang Uprising fired here,
Sun Yat-sen is always kept in my mind;
I live here with my dream,
I walk on the street with my hope,
I want to change this city,
Because it belongs to you and me;
It will be beautiful, it will be free,
It won't be like a prison here forever,
Break the darkness, there will be no more tears,
A seed has been buried in my heart.
Here is a punk city-- Wuhan!
We sing this song for you -- Wuhan!
We start to rebel and fight in Wuhan,
We do cheers for you!"
"Wuhan, Wuhan!", by SMZB
http://www.youtube.com/watch?v=K4wzc_kKw9c&playnext=1&list=PL3A2425CB494E1779&feature=results_video
La mia sul voto in Sicilia
Premessa: questo post non vuole essere né una
cozzaglia di luoghi comuni, né offensivo verso il popolo di Sicilia. Un popolo
la cui terra non ho mai avuto la gioia di visitare e apprezzare. Questo post è
innanzitutto un caro saluto agli amici e alle amiche di Sicilia sparsi per
tutto il mondo.
Leggo dai giornali che i grillini in Sicilia
hanno preso sopra al 18% e si classificano come primo partito.
Mi viene spontaneo chiedere: è possibile
vincere le elezioni in Sicilia senza l’aiuto della Mafia?
Chiarisco subito che la domanda non è una
provocazione né posta in mala fede. Di mafie siamo pieni nel mondo e voti di
scambio esistono ovunque. Ma questo non può farci dimenticare di secoli di
storia della cultura italiana e siciliana. Chiaro, lo dice uno che siciliano
non è e che di mafia ne ha solo letto e visto film.
Torniamo alla domanda e proviamo a ipotizzare
la risposta.
Ipotesi numero uno: in Sicilia non si può
vincere senza i voti della Mafia. In questo caso i grillini sono come tutti
gli altri, i socialisti prima, i democristiani poi, i berlusconiani alla fine.
Senza i voti degli uomini d’onore in Sicilia non si comanda. Nessuna novità.
D’altronde oggi probabilmente senza il voto dei mafiosi non si vincerebbe neanche a
Milano, a Berlino o a New York.
Ipotesi numero due: sì, si può vincere
senza i voti della Mafia. E qui possiamo tirar fuori altre due ipotesi:
1) il “Movimento 5 stelle” è davvero
rivoluzionario ed è riuscito a vincere dove era impossibile. Questo prova una
volta ancora il coraggio dei siciliani ma significa che a breve le lupare
suoneranno in direzione dei leader del movimento.
2) il “Movimento 5 stelle” è davvero
rivoluzionario ed è riuscito a vincere dove era impossibile. Questo significa
che alla Mafia di avere rappresentanti in politica non interessa più nulla,
perché i loro affari li fanno ovunque e comunque nel mondo e del favore dei politici non
hanno più bisogno.
La domanda finale è: quale sarà la peggiore
fra queste tre ipotesi?
Grazie.
Il mio coinquilino torna a casa dopo una
giornata di lavoro.
“Bella Dani. Sai, stavamo pensando di fare una
festa qui mercoledì sera”.
(Chi sarebbe quella prima persona plurale non
è dato sapere) “Bene”.
“Sì, sai, per halloween”.
“Molto bene”.
“Stavamo pensando di decorare tutta la casa”.
“Benissimo”.
“Di buttare giù un muro e appiccare un falò in
giardino. Ma solo per halloween, si intende”.
“…”.
Sono queste le cose che ti fanno dimenticare
le delusioni d’amore, gli scazzi al lavoro e le disavventure che la vita
riserva ogni giorno per te.
Grazie.
Thursday, October 25, 2012
ThinkIN China
Dear all,
We are glad to invite you to our forthcoming
event (very soon!)
Tuesday October 30th
ThinkIN China #20
New leaders, new policies?
18th Congress and China-USA relations
by Professor Xie Tao ??
(American Studies Center Beijing Foreign
Studies University)
Date: October
30th, 2012
Time: 19:00
Venue: The
Bridge Cafe
Rm 8, Bldg 12, Chengfu Lu, Beijing
Diario di un prof: solo quando scienze dell'alimentazione
Sapete qual è il campo di studio più all'occhiello nell'università dove lavoro? No, non è il cinese. Figuriamoci. Le scienze umanistiche sono relegate all'ultimo gradino, forse qualcuno si chiede se le scienze umanistiche possano ancora chiamarsi "scienze" e non invece "tarallucci e vino". Siamo un purgatorio in terra. Modestamente.
No. Il campo di studio in cui spaccano in questa università è "Food Science". Che in italiano credo si traduca come "Scienze dell'alimentazione". Mai sentito prima. Forse sono troppo vecchio o forse troppo terrone, ma non sapevo esistesse questa disciplina. Sono in biblioteca e una studentessa seduta davanti a me sta leggendo un libro dal titolo "Fondamentali delle scienze del formaggio". Non scherzo. Magari il prossimo esame sarà "Storia del panino andato a male" o "Deontologia rivista delle patatine fritte" o (perché no?!) "Lotta di classe in cucina".
Forse si sono spaventati a sentire che i cinesi si stanno affittando o comprando terre in mezzo mondo per essere in grado di sfamare un miliardo e qualche centinaia di milioni di bocche. Forse si sono spaventati a sentire degli scandali a livello globale nell'industria alimentare. Forse si sono spaventati quando hanno realizzato che tra i giovani locali nessuno vuole fare il contadino, che la poca terra rimasta è coltivata dalle macchine e da quattro immigrati clandestini. Insomma, si sono accorti che butta male. E allora hanno creato una nuova scienza: scienza di come provare a posticipare di qualche anno la fine dell'umanità per colpa della fame.
"Solo quando l'ultimo fiume sarà prosciugato, quando l'ultimo albero sarà abbattuto, quando l'ultimo animale sarà ucciso, solo allora capirete che non si può mangiare denaro", diceva un tempo un capo Sioux.
Io la vita vorrei ricordarmela così...
Marsiglia, bacio tra due ragazze durante una manifestazione contro il matrimonio gay.
Fonte:
http://blogs.afp.com/makingof/?post/2012/10/24/Le-baiser-de-Marseille
Wednesday, October 24, 2012
Diario di un prof: quella triste email sullo sfratto coatto di cattedra
Volente o nolente, come docente, ricercatore, personale tecnico amministrativo o studente di dottorato, sei parte di una enorme mailing list universitaria. Migliaia di indirizzi credo. Ogni giorno riceviamo decine di email: da semplici spam a annunci di conferenze, da "cercasi baby-sitter" a promozione di eventi culturali, da istruzioni per la didattica a sbroccate personali.
Oggi parliamo delle sbroccate personali.
Tra le tante email che cestino senza neanche leggere, ho fermato gli occhi sullo sfogo di un professore che è appena andato in pensione. Inutile specificare il dipartimento. Il docente, dopo trentacinque anni di onorata carriera, è stato invitato informalmente a farsi da parte e andare in pensione a godersi il meritato riposo. Lamenta però la totale assenza del personale accademico al momento della sua dipartita. Insomma, uno sfratto coatto di cattedra.
Non una lettera dal preside di dipartimento, non un "grazie" per tanti anni di servizio. La cosa in sé a me non dà disgusto, ma provando a mettermi nei panni di quel professore penso che ci resterei male. Mi sentirei tremendamente solo, incompreso, abbandonato. Già non è facile sentircisi a 20 anni, figurati a 65 o 70, quando non hai proprio tutta la vita davanti.
Povero neo pensionato. Ha mandato la mail di sfogo a tutta la mailing list. Gli hanno risposto un paio di colleghi e una ex studentessa per rincuorarlo. Ma a leggere il breve scambio di email da fuori a me fa quasi più triste.
No, io non vedo il mio culo ancora piazzato su una cattedra universitaria tra 30 anni. Ma se anche così fosse, spero di non pronunciare quel "dopo tanti anni di onorata carriera e servizio al mondo accademico", madre mia che obbrobrio. Sa di professore da Giornalino di Gian Burrasca, sa dei tempi di mia nonna. O peggio ancora, è da "Fantozzi va in pensione".
Ah già, dimenticavo: la pensione per noi trentenni è un problema che non abbiamo bisogno alcuno di prendere in considerazione...
Ah già, dimenticavo: la pensione per noi trentenni è un problema che non abbiamo bisogno alcuno di prendere in considerazione...
Tuesday, October 23, 2012
Diario di un prof: qualche consiglio per affrontare un colloquio di lavoro
Durante gli ultimi 14 mesi ho avuto modo di assistere ai famosi colloqui di selezione per un lavoro o una borsa di studio, che nei paesi anglosassoni chiamano "interviews". Due come candidato, una ventina come esaminatore. Qui sotto riporto alcune sensazioni e consigli per il buon esito del colloquio, almeno secondo gli standard accademici (che non credo siano esattamente gli stessi di quelli aziendali).
Dunque, innanzitutto mi pare ovvio la natura da mercato delle vacche del colloquio stesso. E' esattamente il punto spazio-temporale in cui la domanda incontra l'offerta. Quindi fondamentalmente si tratta di sapersi vendere. Avete presente le donne nei quartieri di periferia il sabato sera sole e in minigonna ai margini della strada? Ecco, dovete fare come loro, mettere in bella vista la mercanzia e sperare che sia il vostro giorno fortunato.
Prima del colloquio c'è ovviamente una prima selezione, basata sui curriculum vitae. Io non so se chi fa la prima selezione veramente vada a controllare che quanto scritto sui curriculum vitae sia esatto, vero, veramente vissuto e ottenuto. Fatto sta che io, in quanto esaminatore, prendo per appurato che sia tutto vero. In altre parole, al colloquio la fantasia deve essere al potere. Se da piccoli avete letto tante favole, romanzi e visto una buona quantità di film e cartoni animati, questo giocherà a vostro favore.
E' importante essere bravi a recitare. Apparire, non essere. Perché il giudizio che l'esaminatore dà è puramente estetico, basato sull'apparenza, non va a fondo, non scava nelle vita privata delle persone, l'esaminatore non sa nulla dell'intervistato se non quello che l'intervistato gli mostra e sa fargli credere. Dunque è fondamentale la preparazione. Non il cosa, ma il come. Andate preparati ai colloqui. Non improvvisate.
Per sapere cosa dire e come, bisogna prima capire con chi state parlando. Studiate quindi il vostro esaminatore (quando possibile), chi è, che ruolo ha, a che istituzione fa capo, ecc... Poi studiate l'organizzazione o istituzione per la quale avete fatto domanda. Insomma, fate del vostro meglio per capire con chi avete a che fare. Se ben preparati su questo, saprete anche cosa dire e come farlo.
Evitare risposte tipo "sì" e "no", o peggio ancora "sì, mi piace" o "ah, bellissima esperienza", ma articolate e spiegate le vostre risposte, e sempre in maniera succinta. Il sorriso aiuta molto, fare lo splendido è meglio che apparire insicuri o impacciati. Provate a stupire l'esaminatore, mettete in campo le vostre esperienze passate e se non ne avete inventatele. Siate convincenti. Fate capire all'esaminatore per quale motivi siete voi la persona che stanno cercando. Mostratevi internazionalisti, senza timore di viaggiare o vivere all'estero. Dite che sapete parlare almeno tre lingue e mangiare scorpioni fritti per le strade di Pechino non vi fa paura, anzi, ne sentite quasi la mancanza. Studiate bene le possibili domande e le risposte che darete, non dire banalità perché non impressionano e vi fanno fare una figura di merda.
Chiaramente ci sono sempre i raccomandati e quelli vi passeranno avanti. Non è colpa tua, alcuni nascono fortunati, altri no. Sarebbe come lamentarsi perché sei nato nell'Appennino Umbro Marchigiano invece che in una villa a Beverly Hills: pensa se nascevi in una discarica a Bombay. E comunque, in tema di raccomandati, è meglio un raccomandato con un curriculum della madonna che un raccomandato analfabeta. Il raccomandato lo sgami facilmente: il padre è il principale azionista della fondazione che finanzia il progetto. Non ha bisogno di ulteriori presentazioni, il raccomandato.
Dicono che le arti e la cultura non servono a un cazzo. Secondo me la migliore formazione che si può avere quando devi affrontare un colloquio di lavoro non è un Master in Business in qualche rinomata università americana, ma la scuola di teatro e recitazione che puoi fare anche all'oratorio sotto casa tua. "Stay hungry, stay foolish". E se ti presenti ubriaco almeno evita di vomitarmi la colazione sulla scrivania.
Dunque, innanzitutto mi pare ovvio la natura da mercato delle vacche del colloquio stesso. E' esattamente il punto spazio-temporale in cui la domanda incontra l'offerta. Quindi fondamentalmente si tratta di sapersi vendere. Avete presente le donne nei quartieri di periferia il sabato sera sole e in minigonna ai margini della strada? Ecco, dovete fare come loro, mettere in bella vista la mercanzia e sperare che sia il vostro giorno fortunato.
Prima del colloquio c'è ovviamente una prima selezione, basata sui curriculum vitae. Io non so se chi fa la prima selezione veramente vada a controllare che quanto scritto sui curriculum vitae sia esatto, vero, veramente vissuto e ottenuto. Fatto sta che io, in quanto esaminatore, prendo per appurato che sia tutto vero. In altre parole, al colloquio la fantasia deve essere al potere. Se da piccoli avete letto tante favole, romanzi e visto una buona quantità di film e cartoni animati, questo giocherà a vostro favore.
E' importante essere bravi a recitare. Apparire, non essere. Perché il giudizio che l'esaminatore dà è puramente estetico, basato sull'apparenza, non va a fondo, non scava nelle vita privata delle persone, l'esaminatore non sa nulla dell'intervistato se non quello che l'intervistato gli mostra e sa fargli credere. Dunque è fondamentale la preparazione. Non il cosa, ma il come. Andate preparati ai colloqui. Non improvvisate.
Per sapere cosa dire e come, bisogna prima capire con chi state parlando. Studiate quindi il vostro esaminatore (quando possibile), chi è, che ruolo ha, a che istituzione fa capo, ecc... Poi studiate l'organizzazione o istituzione per la quale avete fatto domanda. Insomma, fate del vostro meglio per capire con chi avete a che fare. Se ben preparati su questo, saprete anche cosa dire e come farlo.
Evitare risposte tipo "sì" e "no", o peggio ancora "sì, mi piace" o "ah, bellissima esperienza", ma articolate e spiegate le vostre risposte, e sempre in maniera succinta. Il sorriso aiuta molto, fare lo splendido è meglio che apparire insicuri o impacciati. Provate a stupire l'esaminatore, mettete in campo le vostre esperienze passate e se non ne avete inventatele. Siate convincenti. Fate capire all'esaminatore per quale motivi siete voi la persona che stanno cercando. Mostratevi internazionalisti, senza timore di viaggiare o vivere all'estero. Dite che sapete parlare almeno tre lingue e mangiare scorpioni fritti per le strade di Pechino non vi fa paura, anzi, ne sentite quasi la mancanza. Studiate bene le possibili domande e le risposte che darete, non dire banalità perché non impressionano e vi fanno fare una figura di merda.
Chiaramente ci sono sempre i raccomandati e quelli vi passeranno avanti. Non è colpa tua, alcuni nascono fortunati, altri no. Sarebbe come lamentarsi perché sei nato nell'Appennino Umbro Marchigiano invece che in una villa a Beverly Hills: pensa se nascevi in una discarica a Bombay. E comunque, in tema di raccomandati, è meglio un raccomandato con un curriculum della madonna che un raccomandato analfabeta. Il raccomandato lo sgami facilmente: il padre è il principale azionista della fondazione che finanzia il progetto. Non ha bisogno di ulteriori presentazioni, il raccomandato.
Dicono che le arti e la cultura non servono a un cazzo. Secondo me la migliore formazione che si può avere quando devi affrontare un colloquio di lavoro non è un Master in Business in qualche rinomata università americana, ma la scuola di teatro e recitazione che puoi fare anche all'oratorio sotto casa tua. "Stay hungry, stay foolish". E se ti presenti ubriaco almeno evita di vomitarmi la colazione sulla scrivania.
Monday, October 22, 2012
Follia Clonakilty
Doveva essere un mordi e fuggi, una festa di compleanno fuori città. Invece son diventati tre giorni di delirio a Clonakilty, piena campagna irlandese. Oramai neanche conto più i lividi, al massimo ne studio le forme e le spaccio per arte post-moderna. L'ospitalità della famiglia della mia amorevole coinquilina non conosce eguali. Arrivato a Clonakilty in ritardo (festa in casa la sera prima, perso il primo autobus) la madre mi ha chiesto cosa volevo da bere prima ancora di chiedermi come mi chiamassi. Ho capito subito che sarebbe stata una lunga notte. Cercando di mettere insieme i pezzi e quel che resta delle mie ossa rotte, della prima serata ricordo di essere stato ripreso dal buttafuori al pub e di essere stato preda di una avvenente ottantenne mentre cercavo disperatamente risposo dall'alcool su un divano. Il giorno dopo ci siamo svegliati alle tre di pomeriggio e abbiamo fatto colazione con una bottiglia di champagne da settantacinque euro. E' allora che ho capito che il piano era quello di stare un altro giorno a Clonakilty e che al pub il padre ci stava aspettando già da un paio d'ore almeno. Alle tre e mezza ero già operativo al pub, dove incontro un signore sulla settantina, un viso noto che ricordo dalla sera prima: finito di sbronzarsi all'alba, per pranzo si era già scolato una bottiglia di Jameson. Incredibili, gli irlandesi. Baci e abbracci, fiumi di Guinness, la torta di compleanno per cena, a mezzanotte il pub chiude e io vedo bene di cadere su una cassa di bicchieri vuoti, spaccandone una buona metà e ferendo al braccio il fratello di lei. E oggi svegliarmi nel primo pomeriggio con tre post-sbronza arretrati da smaltire, le tasche vuote e un solo desiderio: tornare a Cork e porre fine al delirio Clonakilty. Di solito il giorno del pentimento e dell'hangover è la domenica, stavolta l'abbiamo tirata un po' per le lunghe e siamo arrivati a lunedì. Per fortuna che domani lavoro e stasera mi chiudo in casa, alla larga da tutto ciò che sia aria di festa, non ne voglio sapere niente almeno fino a Halloween.
Il lavoro rende liberi e qualche volta salva anche il culo.
Friday, October 19, 2012
http://www.frizzifrizzi.it/2012/10/18/7am-alessandro-ruggieri/
Se ti stendi lungo cheto mesto supino col collo a novanta gradi dati dal cuscino premere soavemente a volte sul collo di nuovo a novanta: dal naso tuo usciranno discreti immersi perpetue macchie di olio miste a fumi di alcool, e di fumi di alcool che volevo parlare. Ho letto stasera che "quando posso dormo troppo" e volevo dire che è la cosa più bella letta da qualche secolo a questa parte. Questa.
Thursday, October 18, 2012
Diario di un prof: il lavavetri di piazza Tian'anmen
Io invece, come nuovo problema nella mia vita, ho il fatto che la mattina non mi voglio più alzare. Non ce la faccio. Forse l'età. Per fortuna non ho mai lezione prima di mezzogiorno. Altrimenti mi avrebbero già licenziato. La sveglia la sento, solo che poi la spengo. Forse perché faccio tardi la sera... avrei anche sonno, ma ho sempre arretrati dei film da guardare, cose da leggere, stronzate fa fare. La mattina è un inferno. E poi fuori fa freddo. E piove. L'ombrello rotto, la bici che mi fissa "mi porti a scuola con te?", "col cazzo bici, hai visto che tempo fuori?!". Quando metto il naso fuori dalla porta impreco contro ogni gingillo che si dica divino. E giuro che la sera andrò a dormire presto. E non lo faccio mai. Sono solo le undici, leggo un po' e poi nanna. E poi un film, ma solo l'inizio. E me lo sparo tutto. E non contento scendo a mangiare un limone, che resta leggero nello stomaco. E poi fisso il soffitto. E poi a vedere un film per prendere sonno. E poi a leggere qualcosa. Insomma, le quattro. E' un fastidioso ripetersi. Ripetersi. Come un mantra. Peggio di mia nonna che recita le preghiere prima di andare a dormire, tutte le sere, da una vita. Io sono peggio di lei. Non è una bella soddisfazione.
E poi c'è la Cina. Minchia, tornerei in Cina solo per fumarmi una cicca all'amianto. Un panino alla carne di gatto al vapore. Uno scorpione con i turisti del Minnesota. Due chiacchiere col lavavetri al semaforo nei pressi di piazza Tian'anmen. No, scherzo. Non ci sono lavavetri in piazza Tian'anmen.
Diario di un prof: gli spam
Cerco spunti per fare ricerca. E per annientare la noia. Dai, un'idea! Potrei scrivere un articolo sugli spam che ricevo. Uno suggerisce una cura dimagrante. Un altro un aggeggio per allungarmi il pene. Poi c'è il solito viagra e le sue sottomarche con nomi più fantasiosi delle anfetamine che ci prendevamo al liceo. Infine una donna sposata che cerca compagnia e una tipa del Kenya che vuole regalarmi cento milioni di dollari. Ah, c'è anche quello che vuole vendermi un iPhone75.
Sublime questa idea dello spam. Chi l'ha inventata deve aver pensato qualcosa come: se glielo propongo per cento volte al giorno alla fine cede e me lo compra, il carro armato. E spam fu! Mandare a perfetti sconosciuti lo stesso messaggio promozionale dieci venti volte al giorno di roba che o non conosci o non ti serve. Fino a che alla fine cedi e compri. Mi sa che mi compro la sotto marca del viagra, visto mai che sballa...
Sublime questa idea dello spam. Chi l'ha inventata deve aver pensato qualcosa come: se glielo propongo per cento volte al giorno alla fine cede e me lo compra, il carro armato. E spam fu! Mandare a perfetti sconosciuti lo stesso messaggio promozionale dieci venti volte al giorno di roba che o non conosci o non ti serve. Fino a che alla fine cedi e compri. Mi sa che mi compro la sotto marca del viagra, visto mai che sballa...
Wednesday, October 17, 2012
Il cinema dei personaggi "a fianco": un nuovo genere?
Ho visto il film "Vincere" (Marco Bellocchio, 2009) di recente. Tratta della vita del Duce, con particolare enfasi sulle figure e il destino della (supposta) prima moglie Ida Irene Dalser e il figlio (riconosciuto?) Benito Albino Dalser Mussolini.
Al pari del film "Il cavallo di Torino" (Bela Tarr, 2011), dove ci si chiedeva che fine avesse fatto il cavallo che rese pazzo Nietzsche, questo film italiano pone l'attenzione non sul dittatore fascista ma sulla sua ex compagna e il suo destino.
Penso che sarebbe interessante (magari anche originale, ma non ci metto la mano sul fuoco) creare un nuovo filone cinematografico di genere storico che enfatizzi non tanto sui personaggi "minori", ma sui personaggi "a fianco" dei grandi nomi della storia.
Volendo specializzarsi e utilizzando una prospettiva femminista, si potrebbe utilizzare il detto "accanto a un grande uomo c'è sempre una grande donna" e, come nel film di Bellocchio, produrre film sulle consorti dei "grandi" uomini. All'interno del contesto cinese, ad esempio, mi piacerebbe fare un film su Mao Fumei, prima moglie del generale nazionalista Jiang Jieshi, analfabeta e abbandonata, morta durante un bombardamento giapponese in piena seconda guerra mondiale. Obiettivo del bombardamento era, indovinate, proprio l'ex marito.
Al pari del film "Il cavallo di Torino" (Bela Tarr, 2011), dove ci si chiedeva che fine avesse fatto il cavallo che rese pazzo Nietzsche, questo film italiano pone l'attenzione non sul dittatore fascista ma sulla sua ex compagna e il suo destino.
Penso che sarebbe interessante (magari anche originale, ma non ci metto la mano sul fuoco) creare un nuovo filone cinematografico di genere storico che enfatizzi non tanto sui personaggi "minori", ma sui personaggi "a fianco" dei grandi nomi della storia.
Volendo specializzarsi e utilizzando una prospettiva femminista, si potrebbe utilizzare il detto "accanto a un grande uomo c'è sempre una grande donna" e, come nel film di Bellocchio, produrre film sulle consorti dei "grandi" uomini. All'interno del contesto cinese, ad esempio, mi piacerebbe fare un film su Mao Fumei, prima moglie del generale nazionalista Jiang Jieshi, analfabeta e abbandonata, morta durante un bombardamento giapponese in piena seconda guerra mondiale. Obiettivo del bombardamento era, indovinate, proprio l'ex marito.
Dicono che gli Italiani siano mammoni. I cinesi invece...
"The Chinese people, I say, have the power of sympathy because they live wholly a life of the heart_a life of emotion or human affection. Let me here, first of all, give you two illustrations of what I mean by living a life of the heart. My first illustration is this. Some of you may have personally known an old friend and colleague of mine in Wuchang known him when he was Minister of the Foreign Office here in Peking Mr. Liang Tun-yen, Mr. Liang told me, when he first received the appointment of the Customs Taotai of Hankow, that what made him wish and strive to become a great mandarin, to wear the red button, and what gave him pleasure then in receiving this appointment, was not because he cared for the red button, not because he would henceforth be rich and independent, and we were all of us very poor then in Wuchang, but because he wanted to rejoice, because this promotion and advancement of his would gladden the heart of his old mother in Canton. That is what I mean when I say that the Chinese people live a life of the heart a life of emotion or human affection."
Gu Hongming, "The Spirit of the Chinese People" (1915)
Gu Hongming, "The Spirit of the Chinese People" (1915)
Tuesday, October 16, 2012
Diario di un prof: la mia su Twitter
E' ufficiale: sono un amante dei corsi di formazione. Specie di quelli gratuiti. Quasi meglio delle conferenze.
Di tecnologia, computer, internet e social network "mi raccapezzo poco", come direbbe mia nonna. Ovvero sopravvivo a malapena. Il corso di ieri riguardava proprio i social network e l'utilizzo di Twitter.
Non sono andato tanto per imparare ad usarlo (ho l'account da un paio di anni ma lo utilizzo pochissimo), più che altro per capirci qualcosa del gran battibecco che trovi facilmente on-line sul rapporto tra social network, corporazioni e privacy nei tempi del mondo digitale. Il fatto cioè che grandi social network come Facebook o CouchSurfing siano diventati i padroni dei dati (foto, informazioni personali, messaggi, ecc...) che mettiamo on-line, e di cosa questo significhi per gli utenti.
Il corso è stato interessante ma estremamente tecnico: ho imparato come usare Twitter (figo, devo dire) ma niente riguardo ai miei dubbi filosofico-esistenziali sui social network.
Di Twitter penso che sia uno strumento molto utile (ma da usare sempre con raziocinio e coscienza) per tutti quelli che lavorano nel campo dell'informazione, quindi giornalisti, blogger, attivisti politici e via dicendo. Di fatto su Twitter trovi informazioni dieci minuti prima di leggerle sui media ufficiali, tipo Repubblica o Corriere. Gli utenti Twitter, per lo meno così a me sembra, sono molto più seri e professionali della cloaca massima di Facebook. Non trovi tutte le stronzate e gli spam di merda varia di cui è pieno Facebook. Twitter non mi sembra popolare e di largo uso e consumo come Facebook. Ma proprio per questo potrebbe essere fonte di colossali notizie false o corrotte. Ad esempio, se io scrivessi nel mio account Twitter "Barack Obama ucciso durante una visita in Palestina", infiocchettando e contestualizzando non tanto la notizia quanto il mio account (cioè la credibilità della fonte) sono sicuro che un giornalista di provincia coglione riprenderebbe la notizia divulgandola.
Quindi, Twitter lo vedo utile per il reporter o l'attivista esperto, abbastanza marginale per l'utente internet medio, che si legge Repubblica o scrive messaggi infantili su Facebook (qualcuno come me, insomma).
Non credo che chiuderò il mio account di Twitter, anzi quasi quasi lo abbellisco, comincio a postare informazioni a manetta, faccio spam di notizie sulla Cina e magari mi creo anche un account su Weibo (il Twitter cinese).
Quale modo migliore per abbandonare la vita "reale" e darsi totalmente (anima e corpo, oramai) al mondo virtuale...
L'idea più brillante invece l'ho sentita di recente da uno studente, una cosa che potrebbe risolvere molti problemi in tempi di crisi economica: legalizzare la corruzione e tassarla.
Geniale.
Di tecnologia, computer, internet e social network "mi raccapezzo poco", come direbbe mia nonna. Ovvero sopravvivo a malapena. Il corso di ieri riguardava proprio i social network e l'utilizzo di Twitter.
Non sono andato tanto per imparare ad usarlo (ho l'account da un paio di anni ma lo utilizzo pochissimo), più che altro per capirci qualcosa del gran battibecco che trovi facilmente on-line sul rapporto tra social network, corporazioni e privacy nei tempi del mondo digitale. Il fatto cioè che grandi social network come Facebook o CouchSurfing siano diventati i padroni dei dati (foto, informazioni personali, messaggi, ecc...) che mettiamo on-line, e di cosa questo significhi per gli utenti.
Il corso è stato interessante ma estremamente tecnico: ho imparato come usare Twitter (figo, devo dire) ma niente riguardo ai miei dubbi filosofico-esistenziali sui social network.
Di Twitter penso che sia uno strumento molto utile (ma da usare sempre con raziocinio e coscienza) per tutti quelli che lavorano nel campo dell'informazione, quindi giornalisti, blogger, attivisti politici e via dicendo. Di fatto su Twitter trovi informazioni dieci minuti prima di leggerle sui media ufficiali, tipo Repubblica o Corriere. Gli utenti Twitter, per lo meno così a me sembra, sono molto più seri e professionali della cloaca massima di Facebook. Non trovi tutte le stronzate e gli spam di merda varia di cui è pieno Facebook. Twitter non mi sembra popolare e di largo uso e consumo come Facebook. Ma proprio per questo potrebbe essere fonte di colossali notizie false o corrotte. Ad esempio, se io scrivessi nel mio account Twitter "Barack Obama ucciso durante una visita in Palestina", infiocchettando e contestualizzando non tanto la notizia quanto il mio account (cioè la credibilità della fonte) sono sicuro che un giornalista di provincia coglione riprenderebbe la notizia divulgandola.
Quindi, Twitter lo vedo utile per il reporter o l'attivista esperto, abbastanza marginale per l'utente internet medio, che si legge Repubblica o scrive messaggi infantili su Facebook (qualcuno come me, insomma).
Non credo che chiuderò il mio account di Twitter, anzi quasi quasi lo abbellisco, comincio a postare informazioni a manetta, faccio spam di notizie sulla Cina e magari mi creo anche un account su Weibo (il Twitter cinese).
Quale modo migliore per abbandonare la vita "reale" e darsi totalmente (anima e corpo, oramai) al mondo virtuale...
L'idea più brillante invece l'ho sentita di recente da uno studente, una cosa che potrebbe risolvere molti problemi in tempi di crisi economica: legalizzare la corruzione e tassarla.
Geniale.
Diario di un prof: il momento della nostalgia
Tra i vari studenti che vengono alle mie lezioni c'è una ragazza che ha vissuto in Cina per diversi anni. Quando mi parla la capisco al volo: abbiamo avuto esperienze molto molto simili. Torno in ufficio e mi sparo un documentario sul tè cinese: scatta in automatico il momento della nostalgia...
Se potessi tornerei in Cina, ma solo per una rapidissima visita, un mordi e fuggi in solitaria. Atterrato all'aeroporto di Pechino penserei innanzitutto ad una prima cosa da fare: procurarmi al più presto un pacchetto di sigarette, Hongtashan rosse morbide. A Pechino voglio arrivare nei primi di gennaio, quando davvero si muore di freddo e l'inverno italiano sembra un ghiacciolo alla menta.
Uscire dall'aeroporto e farmi un lunga tirata di fumo. Di sigaretta. Poi di smog. Di Pechino. In fila per prendere il bus direzione centro città. Mi sa che scenderei dalle parti di Zhongguancun, non lontano dal quartiere universitario, dove ho speso gran parte della mia vita in Cina. Senza mai smettere di fumare e sentire freddo, prenderei la via dell'Università di Pechino, per poi superarla, in direzione nord-ovest. Lì, dove possiedo molti ricordi. Le biciclette degli studenti, i ristorantini affollati, minuscole librerie nascoste tra i bar notturni, il lento camminare di anziani con cani al guinzaglio, i piccoli mercati di frutta e verdura, lontano dal caos e dal puzzo del traffico cittadino. Lì dove negli anni novanta artisti e musicisti squattrinati trovavano case a prezzi abbordabili.
Entrerei in una delle tante bettole. Il fumo dei migranti seduti a mangiare diventa un tutt'uno con il denso vapore dei ravioli. Io nel frattempo non ho smesso di fumare, anzi, me ne accendo un'altra. Faccio un cenno al vecchio signore che prende le ordinazioni, ho voglia di brodo di alghe, riso al vapore, un piatto di melanzane, patate e pomodori in salsa dolce e un birra. Fredda, mi raccomando. Non tolgo gli occhi dai lavoratori migranti in pausa pranzo neanche per un secondo. Provo ad ascoltarli di nascosto e capire cosa dicono, origliare le loro storie. Mangio lentamente, pago il conto (due euro? forse meno), mi accendo una sigaretta e esco dal ristorante.
Poi mi sa che prenderei verso sud, verso Pechino ovest, altre università e i quartieri popolari. Anche qui mi sa che verrei assalito da una forte ondata di emozioni, ricordi, malinconia mista a nostalgia e a piacere. E' ora di comprare un altro pacchetto di sigarette, Zhongnanhai n. 10 stavolta. E un altra bottiglia di birra. Fredda, si intende.
Verso l'ora di cena fare un giro di telefonate per beccare qualche amico e avere il piacere della sua compagnia. Quattro chiacchiere, venti birre e un taxi per l'aeroporto a tarda notte. Pechino di notte la conoscevo bene e l'ho amata di più.
Finisce qui il mio viaggio mentale, torno in me, seduto sulla poltrona qui nel mio ufficio.
E una voglia pazzesca di una sigaretta.
Se potessi tornerei in Cina, ma solo per una rapidissima visita, un mordi e fuggi in solitaria. Atterrato all'aeroporto di Pechino penserei innanzitutto ad una prima cosa da fare: procurarmi al più presto un pacchetto di sigarette, Hongtashan rosse morbide. A Pechino voglio arrivare nei primi di gennaio, quando davvero si muore di freddo e l'inverno italiano sembra un ghiacciolo alla menta.
Uscire dall'aeroporto e farmi un lunga tirata di fumo. Di sigaretta. Poi di smog. Di Pechino. In fila per prendere il bus direzione centro città. Mi sa che scenderei dalle parti di Zhongguancun, non lontano dal quartiere universitario, dove ho speso gran parte della mia vita in Cina. Senza mai smettere di fumare e sentire freddo, prenderei la via dell'Università di Pechino, per poi superarla, in direzione nord-ovest. Lì, dove possiedo molti ricordi. Le biciclette degli studenti, i ristorantini affollati, minuscole librerie nascoste tra i bar notturni, il lento camminare di anziani con cani al guinzaglio, i piccoli mercati di frutta e verdura, lontano dal caos e dal puzzo del traffico cittadino. Lì dove negli anni novanta artisti e musicisti squattrinati trovavano case a prezzi abbordabili.
Entrerei in una delle tante bettole. Il fumo dei migranti seduti a mangiare diventa un tutt'uno con il denso vapore dei ravioli. Io nel frattempo non ho smesso di fumare, anzi, me ne accendo un'altra. Faccio un cenno al vecchio signore che prende le ordinazioni, ho voglia di brodo di alghe, riso al vapore, un piatto di melanzane, patate e pomodori in salsa dolce e un birra. Fredda, mi raccomando. Non tolgo gli occhi dai lavoratori migranti in pausa pranzo neanche per un secondo. Provo ad ascoltarli di nascosto e capire cosa dicono, origliare le loro storie. Mangio lentamente, pago il conto (due euro? forse meno), mi accendo una sigaretta e esco dal ristorante.
Poi mi sa che prenderei verso sud, verso Pechino ovest, altre università e i quartieri popolari. Anche qui mi sa che verrei assalito da una forte ondata di emozioni, ricordi, malinconia mista a nostalgia e a piacere. E' ora di comprare un altro pacchetto di sigarette, Zhongnanhai n. 10 stavolta. E un altra bottiglia di birra. Fredda, si intende.
Verso l'ora di cena fare un giro di telefonate per beccare qualche amico e avere il piacere della sua compagnia. Quattro chiacchiere, venti birre e un taxi per l'aeroporto a tarda notte. Pechino di notte la conoscevo bene e l'ho amata di più.
Finisce qui il mio viaggio mentale, torno in me, seduto sulla poltrona qui nel mio ufficio.
E una voglia pazzesca di una sigaretta.
Saturday, October 13, 2012
Dicevano di Nietzsche...
"The Turin Horse" (2011), di Bela Tarr.
È geniale.
Perché è un film che mostra il volto della
principale attrice solo dopo un’ora.
È un film che dimostra come ci si possa cibare
di sole patate.
È un film che dimostra come ci si possa cibare
di sola solitudine.
E tutto sommato mantenere un certo grado e
senso di libertà. Così, almeno, sostiene il cameraman.
Di solito mi piacciono i film prima di andare a dormire. Questo è il film prima di andare a morire.
Friday, October 12, 2012
Immigrazione e xenofobia nella (ex) città della pace: Macerata.
In-effettivamente fa strano e provoca turbamento anche a me sentire e leggere di come sia cambiata la "mia" Macerata. Da isola tranquilla e felice, avallo piceno tra Padania e meridione italiano, la piccola e ridente cittadina degli anni novanta, a quanto pare, non ha più un cazzo da ridere. La violenza sta avendo la meglio. Sarebbe ora di togliere quel cartello all'entrata della città: "Macerata città della pace" ("eterna", come aggiunse qualcuno).
Qualche anno fa un uomo ha quasi ucciso di botte la moglie e l'ha gettata in un cassonetto dell'immondizia. La donna è stata trovata (viva) per miracolo da un passante. Succede. Succede nelle grandi città come nelle piccole. Di pazzi è pieno il mondo. Chi vi scrive è un pazzo.
Dieci mesi fa un uomo del posto ha pagato il figlio (appena ventenne) e un paio di suoi amici per massacrare di botte (ripeto, massacrare di botte) una giovane ragazza dell'est Europa. Cadavere lasciato ai gabbiani sulla spiaggia, così come i pescatori buttano i resti del pesce in mare. L'uomo, il figlio e i compagni sono in carcere in attesa di giudizio.
Giorni fa un uomo nato all'estero ma praticamente maceratese di adozione (se non ho capito male ha frequentato la scuola materna dove insegnava mia madre), padre di tre figli, è entrato in un casolare e ha massacrato due anziani. Anche lui in carcere in attesa del processo.
Domani a Macerata sono state organizzate due manifestazioni. Una da Forza Nuova, l'altra dalla Macerata anti-fascista.
Di fronte a violenze simili la destra sempre fa il pieno di voti sbandierando il tema della "sicurezza!". Complice anche il fatto che su alcune testate popolari, ogni giorno si legge di arresti per spaccio e furto e i colpevoli sono quasi sempre (indovinate un po') stranieri. Extracomunitari per la precisione, più i romeni. C'è anche l'abbinamento fisso: spaccio di fumo - marocchino, spaccio di eroina - tunisino, furto - romeno, taccheggio - rom, prostituzione - nigeriano, violenza - albanese. Da noi i polacchi e i latino americani non rompono troppo i coglioni, altrimenti la lista sarebbe completa, al pari delle grandi città come Roma o Milano.
Facile fare politica con la sicurezza in chiave xenofoba e anti-extracomunitario. La gente ci casca, vota lo stronzo di turno che giura di rispedire i negri e gli slavi a casa loro con tanto di calcio in culo. Altro che populismo, questi sono dei veri professionisti, gente priva di argomenti e idee, che alza la voce solo quando vede scritto "albanese" o "romeno" sul giornale. La stessa gente (leghisti, neo-fascisti, estremisti di destra, fondamentalisti cattolici, reazionari borghesi) che spalancherebbe le porte quando si tratta di avere manodopera da sfruttare per le loro piccole aziende, o quando hanno voglia di farsi una minorenne o scoparsi (in fretta e in macchina) una bella puttana dell'est Europa. In quel caso sì che negri e slavi sono i benvenuti. E se poi la puttana rompe troppo le scatole basta bastonarla a morte sul lungomare. I gabbiani faranno il resto.
Volevate braccia (e vagine) ma sono arrivate persone. Se di immigrati non ne volete più, tornateci voi a zappare la terra, produrre in catena di montaggio o dare via la fica per 20 euro!
Mi dispiace dirlo, ma hanno ragione i giornali: sei proprio ridotta male, Macerata!
Qualche anno fa un uomo ha quasi ucciso di botte la moglie e l'ha gettata in un cassonetto dell'immondizia. La donna è stata trovata (viva) per miracolo da un passante. Succede. Succede nelle grandi città come nelle piccole. Di pazzi è pieno il mondo. Chi vi scrive è un pazzo.
Dieci mesi fa un uomo del posto ha pagato il figlio (appena ventenne) e un paio di suoi amici per massacrare di botte (ripeto, massacrare di botte) una giovane ragazza dell'est Europa. Cadavere lasciato ai gabbiani sulla spiaggia, così come i pescatori buttano i resti del pesce in mare. L'uomo, il figlio e i compagni sono in carcere in attesa di giudizio.
Giorni fa un uomo nato all'estero ma praticamente maceratese di adozione (se non ho capito male ha frequentato la scuola materna dove insegnava mia madre), padre di tre figli, è entrato in un casolare e ha massacrato due anziani. Anche lui in carcere in attesa del processo.
Domani a Macerata sono state organizzate due manifestazioni. Una da Forza Nuova, l'altra dalla Macerata anti-fascista.
Di fronte a violenze simili la destra sempre fa il pieno di voti sbandierando il tema della "sicurezza!". Complice anche il fatto che su alcune testate popolari, ogni giorno si legge di arresti per spaccio e furto e i colpevoli sono quasi sempre (indovinate un po') stranieri. Extracomunitari per la precisione, più i romeni. C'è anche l'abbinamento fisso: spaccio di fumo - marocchino, spaccio di eroina - tunisino, furto - romeno, taccheggio - rom, prostituzione - nigeriano, violenza - albanese. Da noi i polacchi e i latino americani non rompono troppo i coglioni, altrimenti la lista sarebbe completa, al pari delle grandi città come Roma o Milano.
Facile fare politica con la sicurezza in chiave xenofoba e anti-extracomunitario. La gente ci casca, vota lo stronzo di turno che giura di rispedire i negri e gli slavi a casa loro con tanto di calcio in culo. Altro che populismo, questi sono dei veri professionisti, gente priva di argomenti e idee, che alza la voce solo quando vede scritto "albanese" o "romeno" sul giornale. La stessa gente (leghisti, neo-fascisti, estremisti di destra, fondamentalisti cattolici, reazionari borghesi) che spalancherebbe le porte quando si tratta di avere manodopera da sfruttare per le loro piccole aziende, o quando hanno voglia di farsi una minorenne o scoparsi (in fretta e in macchina) una bella puttana dell'est Europa. In quel caso sì che negri e slavi sono i benvenuti. E se poi la puttana rompe troppo le scatole basta bastonarla a morte sul lungomare. I gabbiani faranno il resto.
Volevate braccia (e vagine) ma sono arrivate persone. Se di immigrati non ne volete più, tornateci voi a zappare la terra, produrre in catena di montaggio o dare via la fica per 20 euro!
Mi dispiace dirlo, ma hanno ragione i giornali: sei proprio ridotta male, Macerata!
Thursday, October 11, 2012
Apologia di un marciapiede
A molti piace volare. La gente sogna di volare. Imitare gli uccelli e volare. Il mito di Icaro e le troppe compagnie aeree di oggi: volare!
A me invece piace più strisciare. Rotolarmi a terra. Non c'è niente di male ad essere nato lombrico e passare il resto dei tuoi giorni a strisciare. Avere un rapporto morboso col marciapiede, peggio di una puttana. Un folle amore per i giardini in fiore e per il puzzo di asfalto d'estate sulle strade.
Oh sì, mi piace moltissimo anche camminare, correre e saltare. E pogare. Ma seduto a terra la prospettiva sul mondo che ho intorno è più interessante, più piacevole.
Dovreste provare! So che fa strano. Oggi fa strano camminare per strada e vedere uno seduto sul marciapiede. Solo perché è seduto a terra. Non ci si siede a terra. E' sporco. Te lo insegna la mamma. Te lo insegnano a scuola. E anche alla tv. Non ci si siede a terra. Forse uno fuori di testa, un ubriaco. O forse un barbone o una zingara a chiedere l'elemosina. Non ci si siede a terra. Meno ancora ci si sdraia a terra. Ma dovete provare. Si scoprono cose incredibili fissando la gente dal basso verso l'alto. E come vivere sottoterra e affacciarsi per osservare cosa succede alla luce del sole. Seduto fuori da un café vedi dalla vetrina gente seduta bere birra e chiacchierare di chissà cosa. E più bello dal basso, da seduti a terra è più bello.
Dovreste provare.
Venuto poi alla naturale conclusione che viaggiare in aereo non è viaggiare ma tele-trasportarsi soffrendo, vorrei solo aggiungere che:
1)
2)
- "Una stanza"
- "Una singola a testa, una doppia o una singola con letto extra?"
- "... Sì"
Aki Kaurismaki, "Take care of your scarf Tatjana"
3)
"Porco Cristo offenditi
c'è una dote che non hai
non è chiaro se ci sei
sei borghese, arrenditi!
Gli architetti sono qua
hanno in mano la città.
Cambia rotta, cambia stile
scopri l'anno bisestile
è volgare il tuo annaspare sai
squarcia favole e ti illudi
come notte fra le nubi
questo è l'uno uno nove sei"
Afterhours, "1996"
A me invece piace più strisciare. Rotolarmi a terra. Non c'è niente di male ad essere nato lombrico e passare il resto dei tuoi giorni a strisciare. Avere un rapporto morboso col marciapiede, peggio di una puttana. Un folle amore per i giardini in fiore e per il puzzo di asfalto d'estate sulle strade.
Oh sì, mi piace moltissimo anche camminare, correre e saltare. E pogare. Ma seduto a terra la prospettiva sul mondo che ho intorno è più interessante, più piacevole.
Dovreste provare! So che fa strano. Oggi fa strano camminare per strada e vedere uno seduto sul marciapiede. Solo perché è seduto a terra. Non ci si siede a terra. E' sporco. Te lo insegna la mamma. Te lo insegnano a scuola. E anche alla tv. Non ci si siede a terra. Forse uno fuori di testa, un ubriaco. O forse un barbone o una zingara a chiedere l'elemosina. Non ci si siede a terra. Meno ancora ci si sdraia a terra. Ma dovete provare. Si scoprono cose incredibili fissando la gente dal basso verso l'alto. E come vivere sottoterra e affacciarsi per osservare cosa succede alla luce del sole. Seduto fuori da un café vedi dalla vetrina gente seduta bere birra e chiacchierare di chissà cosa. E più bello dal basso, da seduti a terra è più bello.
Dovreste provare.
Venuto poi alla naturale conclusione che viaggiare in aereo non è viaggiare ma tele-trasportarsi soffrendo, vorrei solo aggiungere che:
1)
L'attrice più brava che conosca è Kati Outinen.
L'attore più bravo che conosca è Matti Pellonpää.
2)
- "Una stanza"
- "Una singola a testa, una doppia o una singola con letto extra?"
- "... Sì"
Aki Kaurismaki, "Take care of your scarf Tatjana"
3)
"Porco Cristo offenditi
c'è una dote che non hai
non è chiaro se ci sei
sei borghese, arrenditi!
Gli architetti sono qua
hanno in mano la città.
Cambia rotta, cambia stile
scopri l'anno bisestile
è volgare il tuo annaspare sai
squarcia favole e ti illudi
come notte fra le nubi
questo è l'uno uno nove sei"
Afterhours, "1996"
Wednesday, October 10, 2012
Diario di un prof: cosa non dire mai a un accademico
Tra le varie mansioni che non rientrerebbero nel mio contratto da docente ma che mi accingo a fare, c'è quella dell'esaminatore per una selezione di studenti per un corso post-laurea che inizierà a breve. Un corso molto yeah. E io che mi sento sempre più fuori luogo. Io esaminatore?! Ma dai!!
Non ci crederete ma:
1) è meglio essere un candidato che un esaminatore (cioè meglio essere studente che docente)
2) non è facile fare l'esaminatore: per questo c'è bisogno di un paio di ore di formazione
Così è venuta a trovarci una rampante signorina, una professionista che si occupa di risorse umane. Una di quelle che lavorano per le grandi aziende, con un background educativo nel campo della psicologia sociale, del marketing e giù di lì.
Impeccabile e molto professionale, ha tenuto il corso di formazione per noi poveri docenti che ci accingiamo a diventare esaminatori. Eravamo in cinque, cioè io e quattro accademici sulla sessantina, vicini alla pensione. La gentile signorina ci ha spiegato cosa, come, dove e perché fare nei minimi dettagli.
Io ho capito solo che è tutto molto più difficile di quanto pensassi. E non ho capito come mai queste cose invece di dirle all'esaminatore non le spiega al candidato, così almeno il candidato sa come prepararsi e come presentarsi durante il colloquio... boh!
Sul finire del corso di formazione parte la classica domanda: "Ci sono domande?". Uno dei prof chiede timidamente ragguagli riguardo alla valutazione degli candidati. La signorina compie un grave errore, rispondendo "Non si preoccupi di questo. Ci pensiamo noi. Lei faccia quello che le ho detto e basta".
Non c'è cosa peggiore che dire a un accademico di non pensare. Di non pensare lo puoi dire a un soldato, a un servo, a un sottoposto. Un accademico ha solo la sua libertà intellettuale da offrire alla società, se gli togli anche quella diventa completamente inutile. E' come togliere le braccia al contadino, le gambe al calciatore, la fica alla velina: è finita.
Un accademico funziona solo con la sua libertà di pensare, discutere, dibattere, dubitare, negare, ripensare. Puoi anche sbatterlo in un manicomio a un accademico, se gli lasci la sua libertà di pensare stai sicuro che non si lamenterà. Ma se gli dici "Lei non deve pensare" un accademico lo vedrai gettarsi dalla finestra...
Tornando alla signorina aziendale e al corso di formazione forse la domanda più intelligente da fare sarebbe stata: quanto ci pagano per non pensare?
Non ci crederete ma:
1) è meglio essere un candidato che un esaminatore (cioè meglio essere studente che docente)
2) non è facile fare l'esaminatore: per questo c'è bisogno di un paio di ore di formazione
Così è venuta a trovarci una rampante signorina, una professionista che si occupa di risorse umane. Una di quelle che lavorano per le grandi aziende, con un background educativo nel campo della psicologia sociale, del marketing e giù di lì.
Impeccabile e molto professionale, ha tenuto il corso di formazione per noi poveri docenti che ci accingiamo a diventare esaminatori. Eravamo in cinque, cioè io e quattro accademici sulla sessantina, vicini alla pensione. La gentile signorina ci ha spiegato cosa, come, dove e perché fare nei minimi dettagli.
Io ho capito solo che è tutto molto più difficile di quanto pensassi. E non ho capito come mai queste cose invece di dirle all'esaminatore non le spiega al candidato, così almeno il candidato sa come prepararsi e come presentarsi durante il colloquio... boh!
Sul finire del corso di formazione parte la classica domanda: "Ci sono domande?". Uno dei prof chiede timidamente ragguagli riguardo alla valutazione degli candidati. La signorina compie un grave errore, rispondendo "Non si preoccupi di questo. Ci pensiamo noi. Lei faccia quello che le ho detto e basta".
Non c'è cosa peggiore che dire a un accademico di non pensare. Di non pensare lo puoi dire a un soldato, a un servo, a un sottoposto. Un accademico ha solo la sua libertà intellettuale da offrire alla società, se gli togli anche quella diventa completamente inutile. E' come togliere le braccia al contadino, le gambe al calciatore, la fica alla velina: è finita.
Un accademico funziona solo con la sua libertà di pensare, discutere, dibattere, dubitare, negare, ripensare. Puoi anche sbatterlo in un manicomio a un accademico, se gli lasci la sua libertà di pensare stai sicuro che non si lamenterà. Ma se gli dici "Lei non deve pensare" un accademico lo vedrai gettarsi dalla finestra...
Tornando alla signorina aziendale e al corso di formazione forse la domanda più intelligente da fare sarebbe stata: quanto ci pagano per non pensare?