Diario di un prof: il momento della nostalgia
Tra i vari studenti che vengono alle mie lezioni c'è una ragazza che ha vissuto in Cina per diversi anni. Quando mi parla la capisco al volo: abbiamo avuto esperienze molto molto simili. Torno in ufficio e mi sparo un documentario sul tè cinese: scatta in automatico il momento della nostalgia...
Se potessi tornerei in Cina, ma solo per una rapidissima visita, un mordi e fuggi in solitaria. Atterrato all'aeroporto di Pechino penserei innanzitutto ad una prima cosa da fare: procurarmi al più presto un pacchetto di sigarette, Hongtashan rosse morbide. A Pechino voglio arrivare nei primi di gennaio, quando davvero si muore di freddo e l'inverno italiano sembra un ghiacciolo alla menta.
Uscire dall'aeroporto e farmi un lunga tirata di fumo. Di sigaretta. Poi di smog. Di Pechino. In fila per prendere il bus direzione centro città. Mi sa che scenderei dalle parti di Zhongguancun, non lontano dal quartiere universitario, dove ho speso gran parte della mia vita in Cina. Senza mai smettere di fumare e sentire freddo, prenderei la via dell'Università di Pechino, per poi superarla, in direzione nord-ovest. Lì, dove possiedo molti ricordi. Le biciclette degli studenti, i ristorantini affollati, minuscole librerie nascoste tra i bar notturni, il lento camminare di anziani con cani al guinzaglio, i piccoli mercati di frutta e verdura, lontano dal caos e dal puzzo del traffico cittadino. Lì dove negli anni novanta artisti e musicisti squattrinati trovavano case a prezzi abbordabili.
Entrerei in una delle tante bettole. Il fumo dei migranti seduti a mangiare diventa un tutt'uno con il denso vapore dei ravioli. Io nel frattempo non ho smesso di fumare, anzi, me ne accendo un'altra. Faccio un cenno al vecchio signore che prende le ordinazioni, ho voglia di brodo di alghe, riso al vapore, un piatto di melanzane, patate e pomodori in salsa dolce e un birra. Fredda, mi raccomando. Non tolgo gli occhi dai lavoratori migranti in pausa pranzo neanche per un secondo. Provo ad ascoltarli di nascosto e capire cosa dicono, origliare le loro storie. Mangio lentamente, pago il conto (due euro? forse meno), mi accendo una sigaretta e esco dal ristorante.
Poi mi sa che prenderei verso sud, verso Pechino ovest, altre università e i quartieri popolari. Anche qui mi sa che verrei assalito da una forte ondata di emozioni, ricordi, malinconia mista a nostalgia e a piacere. E' ora di comprare un altro pacchetto di sigarette, Zhongnanhai n. 10 stavolta. E un altra bottiglia di birra. Fredda, si intende.
Verso l'ora di cena fare un giro di telefonate per beccare qualche amico e avere il piacere della sua compagnia. Quattro chiacchiere, venti birre e un taxi per l'aeroporto a tarda notte. Pechino di notte la conoscevo bene e l'ho amata di più.
Finisce qui il mio viaggio mentale, torno in me, seduto sulla poltrona qui nel mio ufficio.
E una voglia pazzesca di una sigaretta.
Se potessi tornerei in Cina, ma solo per una rapidissima visita, un mordi e fuggi in solitaria. Atterrato all'aeroporto di Pechino penserei innanzitutto ad una prima cosa da fare: procurarmi al più presto un pacchetto di sigarette, Hongtashan rosse morbide. A Pechino voglio arrivare nei primi di gennaio, quando davvero si muore di freddo e l'inverno italiano sembra un ghiacciolo alla menta.
Uscire dall'aeroporto e farmi un lunga tirata di fumo. Di sigaretta. Poi di smog. Di Pechino. In fila per prendere il bus direzione centro città. Mi sa che scenderei dalle parti di Zhongguancun, non lontano dal quartiere universitario, dove ho speso gran parte della mia vita in Cina. Senza mai smettere di fumare e sentire freddo, prenderei la via dell'Università di Pechino, per poi superarla, in direzione nord-ovest. Lì, dove possiedo molti ricordi. Le biciclette degli studenti, i ristorantini affollati, minuscole librerie nascoste tra i bar notturni, il lento camminare di anziani con cani al guinzaglio, i piccoli mercati di frutta e verdura, lontano dal caos e dal puzzo del traffico cittadino. Lì dove negli anni novanta artisti e musicisti squattrinati trovavano case a prezzi abbordabili.
Entrerei in una delle tante bettole. Il fumo dei migranti seduti a mangiare diventa un tutt'uno con il denso vapore dei ravioli. Io nel frattempo non ho smesso di fumare, anzi, me ne accendo un'altra. Faccio un cenno al vecchio signore che prende le ordinazioni, ho voglia di brodo di alghe, riso al vapore, un piatto di melanzane, patate e pomodori in salsa dolce e un birra. Fredda, mi raccomando. Non tolgo gli occhi dai lavoratori migranti in pausa pranzo neanche per un secondo. Provo ad ascoltarli di nascosto e capire cosa dicono, origliare le loro storie. Mangio lentamente, pago il conto (due euro? forse meno), mi accendo una sigaretta e esco dal ristorante.
Poi mi sa che prenderei verso sud, verso Pechino ovest, altre università e i quartieri popolari. Anche qui mi sa che verrei assalito da una forte ondata di emozioni, ricordi, malinconia mista a nostalgia e a piacere. E' ora di comprare un altro pacchetto di sigarette, Zhongnanhai n. 10 stavolta. E un altra bottiglia di birra. Fredda, si intende.
Verso l'ora di cena fare un giro di telefonate per beccare qualche amico e avere il piacere della sua compagnia. Quattro chiacchiere, venti birre e un taxi per l'aeroporto a tarda notte. Pechino di notte la conoscevo bene e l'ho amata di più.
Finisce qui il mio viaggio mentale, torno in me, seduto sulla poltrona qui nel mio ufficio.
E una voglia pazzesca di una sigaretta.
1 Comments:
L'altra sera ad Asiatica ho visto questo: "Beijing Blues" http://cinemissile.blogspot.it/2012/09/beijing-blues-gao-qunshu-2012.html E' ambientato tra le strade di Haidian e Zhongguacun... vicino casa. Niente di che la storia, ma lo stesso viaggo virtuale verso Pechino, tra i poveracci e i venditori vicino la metro. Io e Zoe contente e tristi insieme... nostalgia. Guardatelo qui: http://tv.sohu.com/20120901/n352105246.shtml PS:Il detective fuma troppo, ma non smette :)
Masa
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