出国旅行万岁 ! Taiwan, on the road. (VII)
Dai di diario di viaggio...
La giornata inizia proprio bene, trovo infatti una banconota da trenta euro circa per terra. Poi capitola disgraziatamente... Sulle gambe ho tutta la fatica della camminata del giorno prima, cosi' decido di prendere un bus verso la prossima destinazione. Da Donghe e' possibile continuare lungo la costa del Pacifico via Highway 11 o prendere un'altra Statale che procede verso l'interno e termina a 富里 Fuli, dove c'e' la stazione dei treni. E' mattina presto e in giro non c'e' nessuno a cui chiedere informazioni. Il cellulare morira' poco dopo e non ho modo di caricare la batteria. Il cellulare mi e' utile non solo per eventuali chiamate di emergenza o per scroccare la rete wi-fi nei 7-Eleven, ma come bussola e, soprattutto, luce di notte. Decido quindi di infilzare la Statale interna e fermarmi a prendere un bus appena saro' stanco. Poco dopo si ferma un ragazzo in furgone e mi chiede, in inglese, dove stia andando:
"Where are you going?"
"Fuli, train station" - faccio io.
"Oh, noooo! Where are you from?"
"Italy."
"Italy, American!"
"Yes. Little Italy, New York. Bella!"
Chilometri dopo mi fermo in un villaggio e chiedo informazioni ad un commerciante e ad un autista di pullman per scoprire che non ci sono bus per Fuli. Solo piu' tardi capiro' perche'. A occhio e croce fino a Fuli saranno 20-25 chilometri, potrei camminare ancora un po' e poi ricorrere al caro vecchio autostop. Pessima scelta.
Di li' a breve i villaggi lungo la strada finiscono, quindi finiscono anche i chioschi dove comprare bevande. Il sole invece picchia sempre piu' forte e la strada sale a costeggiare alte e verdi colline prive di presenza umana, fatta eccezione per degli operai al lavoro in mini cantieri fai-da-te per rattoppare questa strada sempre piu' stretta e polverosa. Scimmie non meglio identificate che fanno un verso a meta' tra il grugnito di un cinghiale e lo sbuffare di una persona che ha appena rimesso mi sono di compagnia. Le cicale sfondano i timpani. Ma il vero problema e' l'assenza di acqua e di indicazioni stradali che mi aiutino a capire quanto manchi per questa cavolo di Fuli. Verso l'ora di pranzo, sudato, impolverato e disidratato, ho la non brillante idea di calarmi in un piccolo ruscello per rinfrescarmi e bere. Ma il ponte e' alto una decina di metri e devo procedere attraverso la densa flora tropicale. In infrandito. Le ferite ai piedi non sarebbero un problema, se non il venire "pizzicato" da delle strane foglie di pianta sconosciuta, che rilasciano subito un bruciore alle caviglie e ai polpacci. Mi getto in acqua ma il bruciore peggiora, come una specie di formicolio e punture di zanzare assieme. Tipo venti meduse, forse peggio. Dolore che portero' addosso fino al giorno dopo. Mi stanno probabilmente facendo pagare i trenta euro trovati per terra ore prima.
I chilometri fino alla stazione di Fuli erano 45. Con i circa 35 del giorno prima fanno 80 chilometri in 48 ore. Non programmati e in infradito. Non male. Arrivo a destinazione al tramonto, stremato, assetato e con l'orticaria tropicale. Le fortune e le sfortune del viaggiatore disorganizzato e senza batteria nel cellulare. Giunto in stazione scopro di aver anche perso l'uso della parola. Il capo stazione solidarizza col mio disagio e mi aiuta a prendere un treno per 玉里 Yuli e poi per 瑞穗 Ruisui, dove passo la notte.
Prima di arrivare a Fuli trovo in realta' vita in un piccolo villaggio rurale, circondato da risaie e attraversato da un fiume. Mi pare si chiami Fengnan. Quaranta anime in tutto, un piccolo tempio, una chiesa costruita qualche decennio fa. Niente negozi, solo uno spaccio che vende di tutto, dal mangine per le vacche alle sigarette di importazione vietnamita, dai reggiseni alle gomme da masticare. La peggior grappa di riso mai prodotta da essere umano. Niente pubblicita', nessun turista. In quattro sul motorino senza casco. Un operaio sessantenne scalzo ed ubriaco che importuna l'unica ventenne del posto. Animali in strada, un anziano che lavora quelle che sembrano essere foglie di te', il silenzio, le risaie, le zanzare. Credo sia questo il paesaggio umano piu' genuino osservato finora. Uguale a quello di tante altre realta' rurali che ho impresse nella mente, dall'Italia al Montenegro, dal Nicaragua all'Etiopia. L'internazionale contadina.
Vale ancora la pena.