Allora, di Barcelona… più che altro dieci giorni a Bacco e Tabacco duri (Venere mai, sia ben chiaro, al massimo il culetto spelacchiato del Battoncito). Viaggio iniziato nel peggiore dei modi, calandomi dalla finestra della camera di Sergio a Bologna con due lenzuola attorcigliate per raggiungere in tempo la stazione e l’aeroporto di Forlì dopo un disguido su portoni, chiavistelli, chiavi e chiavate mancate. I wanna be sedated.
Da Battoncito ti senti a casa e sempre, che sia Macerata, Firenze o Barcelona (credo sia per la bandiera di Singapore attaccata al muro). E poi poco altro, le bevute di notte al centro, quelle di giorno in spiaggia, sangria y cerveza y sangria (que sean baratos y ya esta), Stefano il pennuto e gli amici dell’università di Torino, il sogno della Cina via terra ovvero Transiberiana, il “salto” in metropolitana, scambiarsi la bottiglia anche se vietato, le ferite da anfibi ai piedi, le serate a las ramblas, sulle scale delle chiese, nelle piazze. Poi l’arrivo di Claudio e finalmente a parte tutto e al “comunismo bandito” non sono più l’unico barbone in casa, presentato con una bottiglia di Montenegro l’epilogo della serata si fa interessante se tutti con cresta da cani e nuotata in fontane non meglio identificate, rissa a panni umidi per la strada e polizia e manganelli illegali a guardare. “Todavia no hay pantalones” direi, anche al concerto ska – punk - reggae - rock eravamo brutti nudi sbronzi come un Si bemolle ma è stata ugualmente serata, specie nelle strade vicino all’università a suon di birra in lattina pakistana e Simone per caso. Spintoni rissa baci abbracci, alta filosofia e la vecchia storia di Speculazioni e Occupazioni “Se volete l’affitto me dovete caricà” o anche “l’affitto chiedetelo alla regina”; nessuno sa come, il giorno dopo eravamo in montagna di Pireneo, il Silenzio scelta volontaria, tre giorni di relax, naturale il paradiso, le sigarette di Uri e i sorrisi di Patri, campi di grano e verdi, passeggiate, whisky, amaro castigliano con ghiaccio e cucina come esperimento, tempio lamaista (no, non è artificio né tantomeno retorica), chiese per caso tanto quanto le intifadas, minchia che sbrasciolata… il tempo corre in fretta, ancora per caso e ancora Barcelona, giusto il tempo per un ultimo viaggio per il Marocco sotto casa, il tè verde e pasticcini pasticciosi verso le lotte quotidiane dell’individuo che grida al mondo che non siamo merce ma persone e che mi appartiene ogni foglia e ogni strada come ogni molecola d’ossigeno e metro quadro di mattonelle. Se qualcuno ha qualcosa in contrario che se lo paghi… il re.
E tu turista a Barcelona? E tu trotzkista bombarolo? Sulla mia impressione da due soldi e dieci giorni a Barcelona dopo altre due volte a Barcelona: Barcelona è grande ma non troppo, spiaccicata tra mare e montagna come una donna fra due bruti. La città è (ancora) buona da vivere. Dieci punti alla pulizia, dieci punti alle donne sole ed emancipate per la strada, dieci punti alle tortillas (frittate di cipolla e patate a forma di torta), dieci punti alle baguette a 55 centesimi di euro, dieci punti alla serenità per strada, cento punti ai bambini che giocano spensierati e padroni per le viuzze e i vecchi seduti a borbottare con loro, dieci punti all’atmosfera di festa, dieci ai supermercati di vino aperti anche la notte, dieci alle bellezze catalane, nove punti alla panetterie, nove alle zingare che vendono fazzoletti per strada, nove alla solidarietà e alla disponibilità della gente per strada (sì sì, sempre di strada parliamo), otto punti all’Università Autonoma con 80% donne e 20% anarchici, otto punti a spiagge e al verde, otto alle case occupate e alle cantine CNT, otto ai bar e ai ristorantini mangi e bevi a due soldi, sette all’individualismo spagnolo “ognuno per sé”, cinque al “catalano” come nazionalismo tutta forma e poco niente sostanza, quattro punti all’esasperata osservanza delle leggi da parte dei catalani, due punti alla legge contro chi beve per strada (sentita personalmente per la prima volta basito in Polonia ma in realtà presente anche per esempio negli States).
E dopotutto un saluto e un ringraziamento a tutti (soprattutto a tutte per la pazienza) per la partecipazione, l’ospitalità, l’Hospitalet, le creste, i punk e gli skinhead.
Grazie a Simone per l’epilogo mezzogiorno quartiere popolare una sega in ferro battuto e sudore a dividerci da una bicicletta tua (perché vissuta) come una vetrina dal pane sudato nei campi.
Bacio al compagno Roberto (non dovrai più crescere), che pure quanto a sfratti la sa lunga ed era a protestare a Granada sulla tre giorni anti speculazione.
Baci ai rifugiati. Ai tre esiliati a Parigi. All’odore dei miei piedi indubbiamente.
Ai bambini sul documentario in Perù.
E alla vecchia che gridava contro la regina.
Foto: Arriveranno...