La mattina mi piace arrivare presto. Prima. Della campanella. Dell'ultimo alunno. Prima. Lasci il tuo "buongiorno!" ad una classe che ancora classe non è: ognuno per le sue, come è giusto che sia. La cattedra mi aspetta come sempre, fredda. Il registro è in parte ancora cartaceo, lo apro tanto per convincermi che sì, oggi si lavora. L'altro registro è on-line, lo trovi accendendo il computer e connettendoti ad internet. Banale routine. Il cervello comincia ad ossigenarsi, i ragazzi a riempire l'aula, mancano pochi minuti alla campanella, la prima della giornata, la più difficile e la meno attesa. Al suono della campanella non succederà niente di particolare: i ragazzi lentamente verso i propri banchi, il silenzio può ancora attendere, io verso la porta per chiuderla. Per fortuna c'è sempre qualcuno/a che arriva in ritardo. In tutto questo penso sempre a qualcosa da dire per rompere il ghiaccio: "buongiorno!" l'ho già detto, allora di solito è qualcosa come "come va?", "piaciuto il film?", "pronti per la gita?", "che avete fatto in vacanza?". Oggi è toccato a qualcosa di diverso: "qualcuno va a vedere il derby domenica?". Risposta affermativa solo da un alunno. Su ventisette alunni i maschietti sono tre: non potevo aspettarmi molto di meglio. Poi una vocina, in retrogusto, femminile: "è pericoloso". Però che brutto. Pensare allo stadio come un posto pericoloso. Maledetto retaggio culturale. Sì, forse ricordo anche io che negli anni novanta negli stadi e fuori dagli stadi c'erano scontri, la gente si picchiava, a volto coperto e con la cinghia in mano. Ma oggi? Nel 2015!? Con le telecamere, la cultura dell'immagine, il ferreo controllo, il piazzale militarizzato, i biglietti nominativi, la pay-tv, la tessera del tifoso, il D.A.SPO. a gratisse e gli stadi vuoti... per lo più in una cittadina come Macerata la cui squadra milita in categoria dilettanti!? Oggi che pericolo c'è allo stadio? Se una ragazzina di 15 anni dice che lo stadio è pericoloso vuol dire che questo è il messaggio che passa. E' brutto, davvero, Avrei dovuto dire che non è così, che allo stadio si fa festa, sempre e comunque, al di là del risultato, goliardia, allegoria, canti, cori, salti, bevute, panini, gioia, colori, il tifo cazzo, il tifo! Ma non è questa la sede, non un'aula di liceo alle sette e cinquantacinque di mattina. Non durante l'ora di cinese.
"E lei ci va, prof, allo stadio?"
"..."