Liberta’ di mercato, liberta’ di scelta
No, non e’ l’ultimo slogan di Forza Italia. E’ il mio personale rigurgito anti-liberista dopo sette giorni come interprete tra fiere e hotel di lusso. O forse e’ solo l’emozione di respirare liberta’ dopo sette giorni di apnea. Non so.
Con ordine… La fiera di Canton (o meglio, le fiere di Canton) e’ una delle piu’ grandi al mondo. Di solito una ad aprile e una a ottobre. Consiste in un paio di mega stabilimenti costruiti appositamente per questo tipo di esposizioni, piu’ alcune decine di hotel, palazzi e posti vari dove allestiscono stand di privati che mettono in mostra la loro merce. Uno stand medio e’ grande 10 metri quadrati circa, circa 5000 euro di affitto per l’intera settimana. Che cosa e’ una fiera? Non lo sapevo neanche io prima di fare l’interprete. Detta semplicemente, e’ un posto dove i produttori espongono alcuni campioni di merce ai businessman di tutto il mondo. I businessman passano, osservano, toccano, se interessati scambiano biglietti da visita, siglano accordi verbali, ordinano merce… e l’economia riparte. Cosa ci fa un interprete in un posto del genere? Interpreta. Fa da mediatore linguistico (e soprattutto culturale) tra un ugandese che vuole comprare piatti da un vietnamita o tra un messicano che vuole acquistare bambole gonfiabili da un produttore cinese e cosi’ via. Grazie ad una mia amica che lavora all’ICE di Canton ho trovato due imprenditori napoletani a cui fare da interprete in questi giorni. Buoni soldi e grandissima esperienza. Sveglia alle 8, barba e colletto bianco, taxi (pagato), hall dell’hotel stralusso, incontro con i miei clienti, infinito camminare tra gli stand della fiera anzi delle fiere, infinto chiedere, tradurre, trattare, sbroccare, insultare, pranzo da McDonald’s e cosi’ via fino alle 9 di sera. Per sette giorni. Fisico e spirito fortemente provati, ma davvero troppo soddisfatto dell’esperienza. Credo di dover molto ringraziare i due signori di Napoli. Mi hanno insegnato molto e mi hanno dato l’opportunita’ di imparare molto. Opportunita’ di capire perche’ in aereo esiste una business class. Opportunita’ di capire perche’ il mondo non si divide in bianchi e neri ma in ricchi e poveri. Opportunita’ di capire tante piccole cose date per scontate e figlie d’un percorso di formazione che in Italia e’ facile intraprendere, specie tra giovani balordi all’universita’. Non si tratta proprio di ‘capire’ quanto piu’ di ‘esserci stato ed aver visto’.
Credetemi, star in un fiera delle dimensioni di quella di Canton (pensate ad uno stabilimento grosso come il PalaMalaguti di Bologna, moltiplicatelo per cinque piani e ripetetelo per due volte o tre, ora riempitelo di stand da 10 metri quadrati, fast food, ufficio poste, ufficio polizia, coffee bar, internet point e sale di primo soccorso) e’ veramente qualcosa di impensabile, qualcosa di assolutamente non strano, nel senso che e’ a portata di tutti (ingresso gratuito per le aziende, imprenditori e collaboratori, 10 euro per tutti gli altri ma controlli farsa) ma e’ come se fosse un mondo a se’, tipo la borsa di Chicago, uno zoo per umani, genti razze colori odori indumenti stili barbe da ogni parte del mondo e tutti li’ per lo stesso motivo: fare soldi. I soldi si fanno spendendone altri. Piu’ soldi butti via piu’ potenzialmente ne farai, sembra una cazzata ma troppo spesso e’ cosi’. Il businessman medio e’ davvero un dandy, un caso a parte, attraente per molti aspetti, troppo normale per esser uomo per altri. Il businessman sui cinquanta anni veste come il tuo professore del liceo, ha un cellulare e una ventiquattrore come la maggior parte delle persone alle 8 di mattina in zona EUR a Roma e una panza come la mia quando esagero con la birra. Un tipo qualsiasi insomma. E’ anche simpatico. Si incazza spesso ma e’ tutta recitazione. Deve colpire, scolpire, impressionare, convincere. Lui mima e urla, tu devi tradurre il senso dei suoi gesti e non delle sue parole. E’ la prima regola per un interprete. Alle cene di classe con i clienti l’interprete non mangia, deve fare attenzione a cosa dicono le parti e tradurre cercando di non dire balle facilmente riconoscibili. Non mangia, vede gli altri mangiare ma ogni tanto arraffa un bicchiere di qualcosa di alcolico. Per questo durante il giorno in fiera o nelle fabbriche afferra caramelle e cioccolatini qua e la’ offerti dai produttori e nei McDonald’s ingurgita un BigMac intero senza masticare prima ancora che la ragazzina cinese sudata sfruttata faccia in tempo a dirti quanto devi pagare. Si paga tutto in dollari. Quando un produttore ti dice il prezzo di un articolo e’ ovvio che e’ in dollari ma tu chiedi conferma in cinese per far finta di esser un fico e far vedere agli altri imprenditori sul luogo che anche se sei bianco sai parlare la lingua dei cinesi. E cio’ fa molto fico, oltre che contribuire a dare lavoro ad altri interpreti.
La parte piu’ affascinante e che piu’ da soddisfazione? C’e’. E succede spesso anche. Con l’imprenditore ti avvicini ad uno stand, il produttore cinese ti nota e pensa ‘cazzo! Clienti occidentali!’ e avverte gli altri due tre collaboratori nel suo stand di 10 metri quadrati di cui uno dorme, l’altro mangia e se c’e’ un terzo puoi star sicuro che ha le dita nel naso. Di questi forse uno parla cinese mandarino, uno sa qualche parola di inglese e gli altri parlano solo dialetti di sperdute campagne della Cina interna, ma la Cina di oggi e’ aperta al mercato e anche queste persone per fortuna e per mafia si ritrovano pieni zeppe di soldi. Dunque tu ti avvicini con l’imprenditore allo stand, te fai finta di niente, osservi e tocchi qualche articolo, lui fa lo stesso, il produttore si avvicina, ti invita a sederti, prendere una caramella e una bottiglietta d’acqua, fa il gentile il produttore, grazie al cazzo, probabilmente in 20 minuti l’imprenditore qua presente fara’ un ordine di 3 container da 40 piedi inglesi per un totale di diverse decine di migliaia di articoli per un valore in dollari che tu amico produttore quando la Cina era socialista e ti guadagnavi il riso arando la terra non saresti riuscito neanche a pronunciare, non ti avevano ancora insegnato a contare una cifra con cosi’ tanti zeri dopo. Ma il libero mercato fa miracoli. E allora io mi siedo, tu produttore cerchi di tirare fuori quelle venti parole di inglese che ti ricordi a mala pena, io annuisco traduco e intanto mi infilo in tasca due caramelle, poi l’imprenditore comincia a fare le domande e li’ sono dolori, in 2 minuti e 14 secondi netti devi chiedere in cinese misure, qualita’, materiali, tempi, produzioni, costi, clienti e presentare la ditta al produttore. Non e’ difficilissimo ma farlo urlando tra gente che urla molto peggio che al normale mercato rionale e ripeterlo per trenta volte al giorno puo’ provocare seri disturbi alla salute mentale. E il produttore si stupisce del tuo cinese, forse non capisce tutto, ma e’ comunque contento, e poi ti aiuti con calcolatrici, mimica e fogli di carta e in una decina di minuti s va tutto liscio l’affare e’ fatto, il prezzo lo discuteranno poi con piu’ calma via e-mail. Soddisfatto l’imprenditore si alza in piedi, i cinesi scattano sull’attenti, salutano e riveriscono, traduco le ultime raccomandazioni che l’imprenditore sbotta anche lui stanchissimo e ti appresti ad andartene, e in quel momento in quel preciso momento ti senti strattonato, ti giri e vedi i cinesi che ti sorridono e il produttore che ti stringe la mano (sa benissimo che sei solo un giovane interprete dal naso grosso e non capisci una dannata mischia di affari e di prodotti) e ti dice ‘grazie’ e non ‘grazie a voi’ o ‘vi ringrazio’ ma ‘grazie’ nel senso ‘grazie dell’aiuto per la reciproca comprensione’ e tu sei talmente estasiato del momento che senza alcun motivo o intenzione rispondi ‘evviva il presidente Mao’ e ti infili in tasca altre due caramelle. Questo e’ il momento piu’ alto. Grazie.
Molta voglia di fava cotta e finocchio falso.
Molto probabilmente hanno censurato il mio blog. Non riesco piu’ ad aprirlo da nessun computer. Non e’ grave. Posso scriverci e questo e’ quello che piu’ mi sta a cuore. D’altronde hanno in parte riaperto Wikipedia e bisogna dire che era proprio ora vacca puttana.
Io ho fatto bei soldini, oggi mi riposo e porgo omaggio a Bacco, il tirocinio al consolato continua, ho parecchio da fare in ricerche per tesi e non solo, un libro in cinese da leggere, cominciare a pensare al ritorno in Italia, vedere le ultime cose da vedere a Canton… noia zero sembra, e’ tutto apposto gente, tutto apposto…
Seva (fratello tagiko di origine russa) e donna brasiliana sono venuti a trovarci a Canton la scorsa settimana. Neil (fratello inglese) e donna cinese idem. Stefano (fratello vicentino che lavora a Shanghai) era qui l’altro ieri, ora ripartito per mete decisamente piu’ tropicali. Ann (sorella cinese) e’ venuta ieri da Pechino e ora dorme beata sul divano. Yu (non proprio sorella, comunque giapponese) viene dopodomani e si ferma qua qualche giorno, forse facciamo visita a Hong Kong, la Manhattan cinese. Mi piace molto questa situazione in cui noi piccoli piccolissimi giovani studenti in Cina venuti per caso o per fortuna in terra tanto nobile e diversa portiamo avanti con gran dignita’ le nostre misere vite perdendoci in assurde e intrecciatissime faccende di amori, convenienze, avventure, giochi e originalissime anarchie vecchie come la notte dei tempi. Un brindisi di cuore a tutti noi Brigata BeiWai, un brindisi a tutti voi sparsi e spersi per la Cina tutta! Ole’!