Diario di un prof.: mi sono riscritto all'università.
Strano questo 2020. La rivoluzione Covid-19, l'estate in Italia, la nipotina, la moto, l'amore... I miei 38 anni, festeggiati con la decisione di riscrivermi nuovamente all'università, al corso di laurea triennale in Scienze giuridiche applicate, curricolo in diritto del lavoro. Tra i banchi con la panza e i capelli bianchi, tra i banchi coi ventenni, tra i banchi a farsi passare gli appunti dalle mie ex alunne... Strano questo 2020, strana la vita...
Un rientro nelle aule universitarie a nove anni dalla discussione di tesi di dottorato, a tredici da quella di laurea magistrale e a sedici da quella di laurea triennale. Dopo una settimana di lezioni (una decina di ore in tutto, Diritto costituzionale, Diritto privato ed Economia politica le discipline) noto principalmente alcune cose:
- i docenti e le docenti, non troppo più anziani di me; competenti, rigorosi, attenti all'uso dei termini, aperti al dialogo e al confronto, molto legati (limitati, forse?) a ciò di cui parlano; partono spesso dalle definizioni delle parole che usano, e questo lo apprezzo perché questa modalità da anni la usavo e la uso nelle mie lezioni, prima all'università e ora a scuola: della serie, "bene, oggi parliamo di letteratura: che cosa è un libro?";
- gli studenti e le studentesse, che hanno una ventina di anni meno di me e un anno in più rispetto ai miei alunni e alle mie alunne di quinto liceo. Stesso aspetto sbarazzino, stesso stato confusionale, stessa spensieratezza, voglia di fare, mancanza di esperienza, la sensazione di cominciare a diventare grandi sul serio. Come i docenti, a volte anche io resto imbarazzato da alcune loro uscite o richieste. Mi fanno tenerezza quando interrompono il professore per chiedere di ripetere le ultime tre o quattro parole che non sono riusciti a scrivere: come se andare a lezione fosse scrivere quello che un docente dice... un po' troppo legati ad un concetto antico di "sapere" e di "conoscenza", legato alle persone e ai libri più che all'esperienza e al percorso lavorativo. Avranno tempo per capire cosa e come cambiare, spero;
- la lezione frontale. Ah, la frontale! Venendo da sette anni di formazione ed esperienza di didattica nella scuola superiore, mi trovo un po' spiazzato da questo brutale ritorno al fantasma della lezione frontale. Come un grido dagli abissi, come il Medioevo che avanza. D'altronde, cosa aspettarsi da queste lezioni, specie per le discipline umanistiche? Professionisti e professioniste di mezza età che parlano per ore di materie a loro familiari, di fronte a gruppi di giovani che, testa bassa, si adoperano per verbalizzare tutto quanto esca dalla bocca del dotto, buttando là, di rado, qualche timida domanda. Tanto l'esame verterà su quanto detto e, spesso, sul "come" detto dal docente stesso. Si fa così da secoli. Nella scuola, a livello di didattica, forse qualcosa sta cambiando; nell'università non ne vedo il motivo neanche io.
Entusiasmo alle stelle, per quanto mi riguarda. Bello tornare a sedersi tra i banchi delle aule universitarie, bello ascoltare dei giuristi parlare di Stato liberale o di "mano invisibile" di Adam Smith, bello chiedere alla ventenne alla tua destra dove ha rimediato il testo di diritto o al ventenne alla tua sinistra dove ha rimediato quel mezz'etto di fumo. Fu bellissimo avere vent'anni e il privilegio di passarli all'università, non mi dispiace sfiorare i quaranta e tornare tra quelle stesse aule. Non per la carriera, che affatto mi interessa, ma per quel piacere che mai mi abbandona di conoscere, crescere, respirare libertà...
No nun voglio faticà sul' pe me fà sfruttà
E nun voglio sturià sulament' pé sfunnà
Me fà schif' l'arriv sprezz' ò rampantism' song' doje aspett' te ric' rò capitalism'
A me me piac' é sturià pe capì é cose comm' stann'
Sent' ò bisogn'é luttà contr'à stù stat' che è tirann'
Nun me ne passa po' cazz' si me laureo int' a 10 ann'
99 Posse - "Salario garantito" https://www.youtube.com/watch?v=KVXQtzudY_s