26 aprile: Viva Stalin!
Ebbene. Così, modestamente, di nuovo a Pechino. Così oggi,
sgarbatamente, me ne sono andato a Pechino ovest. La linea rossa della
metropolitana è la prima costruita a Pechino. Segue tutta la lunga via
Chang’an, la stessa dove il boia macellaio Li Peng mandò i carri armati a
massacrare studenti e lavoratori in quel giugno dell’89. Questa linea
metropolitana c’era già quando qui venni per la prima volta nel lontano 2004. I
treni sono ancora gli stessi, così i binari, le mura e il fascino realista
delle mattonelle. L’ultima fermata a ovest è Pingguoyuan. Estrema periferia occidentale,
massima espressione del socialismo russo. Non baraccopoli ma soviet. Tutto il
potere ai soviet. E se le pellicole di Sergej Ejzenstejn ti mettono di buon
umore, se ti divertono i film di Aki Kaurismaki, se ti senti allegro
passeggiando nelle strade di Pyongyang, se trovi troppo “occidentali” le
periferie di Bucarest o Sarajevo, se ti è venuto da ridere nella zona
industriale fuori Novosibirsk, allora vieni con me che ti porto a Pechino
ovest. Io ti porto verso Pingguoyuan, ti porto a Wukesong, ti porto a Gucheng.
Vieni con me che ti faccio ridere io. Qui dove il tempo è fermo al 1949, qui
non ci sono persone ma solo “compagni lavoratori”. Qui la gente non parla,
abbaia. Nelle loro vene scorre sangue mongolo, mancese, khitano. Sono alti di
statura, robusti di corporatura, i capelli lunghi e neri come la pece. Per
colazione si riempiono lo stomaco di grappa cinese, mangiano solo spaghetti in
brodo e pannocchie di mais. Qui il riso è un vizio meridionale. Qui ai cani
mettono di nome “Iosif Jughasvili”. Qui il partito è unico, così come il
sindacato, e ti iscrivono per legge al compimento del tredicesimo anno di età.
Qui al battesimo ti tatuano falce e martello sul petto. Qui il colore è
vietato, i sorrisi vengono estradati in Canada, le uniformi le fabbricano in
Corea del Nord. Qui coi preti ci fanno il sapone, coi fascisti il minestrone
alle verdure. Qui le facce sono nere di fatica, il saluto si fa col pugno
chiuso. Qui se ti beccano a cantare ti tagliano la lingua e ti chiedono di
cantare di nuovo. Qui se ti trovano dei soldi in tasca ti spezzano le braccia
perché significa che non hai bisogno di lavorare. Qui se ti pizzicano a
chiedere l’elemosina ti mettono un martello in mano e ti mandano a faticare a
calci in culo. Qui se incontrano un soldato il kalashnikov glielo fanno
inghiottire. Qui il sindaco di mestiere pulisce le scarpe ai ferrovieri. Qui al
funzionario corrotto lo danno in pasto ai maiali. Qui all’ultimo imprenditore
straniero l’hanno fatto saltare in aria assieme alla Ferrari con la quale era
venuto. Qui sanno bene che democrazia è il fucile in spalla all’operaio e in
fabbrica vanno armati, perché se incontrano un imperialista yankee mica si
possono far trovare impreparati. Qui l’umorismo è punito con la pena capitale.
Qui Ho Chi Minh è considerato un conservatore il cui nome è sul libro paga
della CIA, i trotziskisti li prendono per reazionari di destra, ai gramsciani
li appendono a testa in giù. Qui
l’imbarazzo è solo “un residuato dell’ideologia borghese”. Qui se ti vedono con
gli occhiali ti sparano in testa come nelle strade di Phnom Penh nella Cambogia
di Pol Pot. Qui ogni primo di maggio danno fuoco alla città, a confronto il
capodanno napoletano è una noia mortale. Qui quando un operaio muore sul lavoro
impiccano immediatamente il titolare della ditta e tutta la famiglia fino al
quinto grado di parentela. Qui i canali sono in secca e i pesci in sciopero.
Qui lo sciopero non è solo generale ma anche permanente. Qui i palazzoni
proto-sovietici privi di qualsiasi anima sembrano gridare ai passanti
“Intellettuali al muro, potere ai lavoratori!”.
Stalin vive. Viva Stalin!
1 Comments:
Non sono pazzo se.. ti dico che.. voglio tornare a Pechino west.. Pechino! Pechino! Voglio tornare a pechino west! - Saluti (romani) - Roberto.
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