Monday, April 29, 2013

26 aprile: Viva Stalin!

Ebbene. Così, modestamente, di nuovo a Pechino. Così oggi, sgarbatamente, me ne sono andato a Pechino ovest. La linea rossa della metropolitana è la prima costruita a Pechino. Segue tutta la lunga via Chang’an, la stessa dove il boia macellaio Li Peng mandò i carri armati a massacrare studenti e lavoratori in quel giugno dell’89. Questa linea metropolitana c’era già quando qui venni per la prima volta nel lontano 2004. I treni sono ancora gli stessi, così i binari, le mura e il fascino realista delle mattonelle. L’ultima fermata a ovest è Pingguoyuan. Estrema periferia occidentale, massima espressione del socialismo russo. Non baraccopoli ma soviet. Tutto il potere ai soviet. E se le pellicole di Sergej Ejzenstejn ti mettono di buon umore, se ti divertono i film di Aki Kaurismaki, se ti senti allegro passeggiando nelle strade di Pyongyang, se trovi troppo “occidentali” le periferie di Bucarest o Sarajevo, se ti è venuto da ridere nella zona industriale fuori Novosibirsk, allora vieni con me che ti porto a Pechino ovest. Io ti porto verso Pingguoyuan, ti porto a Wukesong, ti porto a Gucheng. Vieni con me che ti faccio ridere io. Qui dove il tempo è fermo al 1949, qui non ci sono persone ma solo “compagni lavoratori”. Qui la gente non parla, abbaia. Nelle loro vene scorre sangue mongolo, mancese, khitano. Sono alti di statura, robusti di corporatura, i capelli lunghi e neri come la pece. Per colazione si riempiono lo stomaco di grappa cinese, mangiano solo spaghetti in brodo e pannocchie di mais. Qui il riso è un vizio meridionale. Qui ai cani mettono di nome “Iosif Jughasvili”. Qui il partito è unico, così come il sindacato, e ti iscrivono per legge al compimento del tredicesimo anno di età. Qui al battesimo ti tatuano falce e martello sul petto. Qui il colore è vietato, i sorrisi vengono estradati in Canada, le uniformi le fabbricano in Corea del Nord. Qui coi preti ci fanno il sapone, coi fascisti il minestrone alle verdure. Qui le facce sono nere di fatica, il saluto si fa col pugno chiuso. Qui se ti beccano a cantare ti tagliano la lingua e ti chiedono di cantare di nuovo. Qui se ti trovano dei soldi in tasca ti spezzano le braccia perché significa che non hai bisogno di lavorare. Qui se ti pizzicano a chiedere l’elemosina ti mettono un martello in mano e ti mandano a faticare a calci in culo. Qui se incontrano un soldato il kalashnikov glielo fanno inghiottire. Qui il sindaco di mestiere pulisce le scarpe ai ferrovieri. Qui al funzionario corrotto lo danno in pasto ai maiali. Qui all’ultimo imprenditore straniero l’hanno fatto saltare in aria assieme alla Ferrari con la quale era venuto. Qui sanno bene che democrazia è il fucile in spalla all’operaio e in fabbrica vanno armati, perché se incontrano un imperialista yankee mica si possono far trovare impreparati. Qui l’umorismo è punito con la pena capitale. Qui Ho Chi Minh è considerato un conservatore il cui nome è sul libro paga della CIA, i trotziskisti li prendono per reazionari di destra, ai gramsciani li appendono a testa in giù.  Qui l’imbarazzo è solo “un residuato dell’ideologia borghese”. Qui se ti vedono con gli occhiali ti sparano in testa come nelle strade di Phnom Penh nella Cambogia di Pol Pot. Qui ogni primo di maggio danno fuoco alla città, a confronto il capodanno napoletano è una noia mortale. Qui quando un operaio muore sul lavoro impiccano immediatamente il titolare della ditta e tutta la famiglia fino al quinto grado di parentela. Qui i canali sono in secca e i pesci in sciopero. Qui lo sciopero non è solo generale ma anche permanente. Qui i palazzoni proto-sovietici privi di qualsiasi anima sembrano gridare ai passanti “Intellettuali al muro, potere ai lavoratori!”.

Stalin vive. Viva Stalin!

 

 

1 Comments:

At 1:13 PM, Anonymous Anonymous said...

Non sono pazzo se.. ti dico che.. voglio tornare a Pechino west.. Pechino! Pechino! Voglio tornare a pechino west! - Saluti (romani) - Roberto.

 

Post a Comment

<< Home