14 aprile: il Falun Gong e la bella birra fredda
Le due di pomeriggio, l’ora perfetta per alzarsi dal letto
la domenica “mattina”. La ragazza che mi ospita doveva ricevere un cliente,
così ne ho approfittato per levarmi dalla palle e tornare a fare due passi nel
campus della Normale di Shanghai, proprio di fronte a casa. Splendido sole e
quei venticinque gradi che ti fanno amare la primavera.
Mi siedo in un padiglione di legno accanto al canale, dove
ci sono alcuni anziani intenti a pescare e altri a pisolare. Mi metto a leggere
qualcosa e noto che in uno dei pali al mio fianco c’è un piccolo adesivo giallo
a caratteri neri: 法轮大法好,真善忍好. Sono quelli del Falun Gong, un movimento spirituale
represso dal governo. “I Testimoni di Geova con caratteristiche cinesi”,
direbbe certa stampa italiana. Nel 2009 pubblicai un breve articolo sul Falun
Gong in una rivista catalana. Bei tempi, quelli dell’inizio del dottorato.
Ritorno alle mie letture. Poco dopo si siede accanto a me
una studentessa e si mette a giocare al cellulare. Poco dopo ancora arrivano un
uomo e una donna, entrambi giovani, vestiti elegantemente. Cominciano a
chiacchiere con la studentessa, in modo molto formale ma al tempo stesso
amichevole. Sono loro: quelli del Falun Gong. Attaccano un pippone tremendo
alla povera malcapitata, chiedono informazioni su di lei, sulla sua vita, i
suoi studi, sul perché non sia soddisfatta, che desideri non riesce a
realizzare e altre minchiate simili. Peggio di un catechista, peggio degli
amici di Geova, peggio degli Hare Krishna, peggio. A un tratto chiedono alla
studentessa se lo straniero al suo fianco (cioè il sottoscritto) sia suo amico.
Per fortuna la ragazza dice la verità: non ci conosciamo. Io ero già pronto a
rimbalzarli subito con un “I am sorry, I do not speak Chinese” o direttamente
in cinese “Sono un marxista. La religione mi fa schifo”. I tipi hanno lasciato
un numero di telefono alla studentessa e se ne sono andati.
Tutto questo ascoltare di religioni e desideri mi ha fatto
venire voglia solo di una cosa: una bella birra fredda.
p.s. Su Internazionale di questa settimana c’è un articolo
del Nanfang Xinwen Wang che parla di gioventù cinese e prezzi delle case. A
causa degli alti affitti di Pechino, molti lavoratori cinesi sono costretti in
alloggi di fortuna, stanze minuscole, spesso sotto terra. Li chiamano “la tribù
dei topi”. Anche io ho vissuto in uno scantinato nell’inverno del 2006. E avevo
un topo vero come compagno di stanza. Bei tempi.
2 Comments:
A proposito: che mi dici dei testimoni di geova in cina. ho saputo che stanno facendo un grosso lavoro di conversione nelle grosse città. tu che ne dici?
Grazie per la ventata cinese di cui ci/mi stai investendo.
"di testimoni di geova in cina non ne so molto, ho testimonianza però
di testimoni di geova italiani in cina. comunque chiacchierando ieri con
alcuni amici, mi sono convinto del fatto che la nuova frontiera è il
politeismo. l'ateismo ha un po' rotto le palle, essere agnostico
non fa più figo. meglio sfatare il mito del monoteismo e credere in varie
divinità in combutta tra di loro. il dio del mare, il dio del fuoco, il
dio dei pattini a rotelle e quello del portatile. un gambero come dio
supremo e una pallina da tennis come signore degli inferi.
fantastico."
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