Sunday, April 28, 2013

26 aprile: Pechino cazzo, Pechino

All’idea di gettarmi nel vuoto non temo tanto lo schianto a terra, mi terrorizza più che altro il fatto di rimbalzare sulle pareti del grattacielo, come un manichino riempito di paglia. Quelle orribili immagini di palazzi in fiamme e gente che si butta, disperata, nel vuoto. Come quel giorno dell’11 settembre. Il settembre bianconero dell’Ascoli Calcio. E i cori della Maceratese urlati a squarciagola tra gli hutong di Pechino. Sì, cazzo, Pechino. Parola di qualità e qualità della vita. Tra gli hutong. Una Yanjing nella mano destra e una Zhongnanhai in quella sinistra. Sempre a sinistra. Evviva il 25 di aprile! Evviva la liberazione! Se il lavoro in una società capitalista è pura prostituzione allora il rifiuto del lavoro in una società capitalista è pura masturbazione. Puro egocentrismo. Puro narcisismo. La convinzione di poter fare a meno degli altri. Per gli hutong di Pechino. Cantando, si diceva, cori della Maceratese a squarciagola. Il terzo pacchetto di sigarette all’interno delle stesse ventiquattro ore sembra però un’esagerazione. Labbra come attore protagonista. Tutto un fatto di labbra: labbra-bottiglia, labbra-sigaretta, labbra-labbra. Labbra. Lebbra.

Questo eterno conflitto tra la psicologia femminile e la paura di te stesso.

Estaba muy claro, no!?

Pechino cazzo, Pechino.

p.s. Se in Cina si parla solo di matrimonio e prole, in occidente la promiscuità è l’ultimo baluardo dell’amore romantico. Che culo.

 

 

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