Tuesday, September 20, 2011

Della mia esperienza con i richiedenti asilo politico (luglio-agosto 2011) – parte seconda

E il lavoro che noi operatori sociali abbiamo dovuto fare qui nella provincia di Macerata con queste centiana di migranti è stato proprio questo: prenderci cura di loro nei mesi che trascorrono tra la domanda di asilo politico e la risposta che la commissione dà. La burocrazia in Italia, si sa, è sfacciata. E quindi i tempi sono lunghissimi, con grandi spese per lo Stato (cioé di chi lavora e paga le tasse).

Traduco questo “prenderci cura di loro”. Significa esattamente e comprende: stare con loro per 10-12 ore al giorno, 6-7 giorni a settimana; andare a comprare per loro i beni di primi necessità, quindi medicine, vestiti, oggetti per la cura del corpo e, una volta a settimana, la spesa degli alimenti; trovare per loro un alloggio, ovvero un appartamento in affitto; portarli all’ospedale per le analisi e le eventuali cure mediche; portarli in Questura per l’identificazione, il foto segnalamento e le impronte digitali; intervistarli per sapere delle loro generalità e della loro storia, sulla quale verrà poi costruita la domanda d’asilo, ovvero il “non rimandatemi al mio paese perché…”; portarli in commissione per l’incontro; organizzare i corsi di lingua italiana. Inoltre significa assistere le loro necessità giorno per giorno, controllare che non lavorino in nero (non possono lavorare per legge), che non rubino, che non si picchino o creino altri casini; cacciarli via se hanno superato il limite o comprare loro un biglietto per “ovunque” se hanno deciso di uscire dal progetto. Ultimo, ma più difficile sicuramente, cercare di avere con loro un rapporto che sia il più umano e di amicizia possible e non solamente “Ciao! É venerdì, ti ho portato la spesa. Scappo!”.
Notare bene che la NGO gestiva diverse centinaia di richiedenti asilo politico. Moltiplicando tutto per 4-5-600 persone, significa una mole di lavoro non indifferente.

I migranti (che noi chiamiamo “ospiti”, in quanto ospiti del nostro progetto) sono in gran parte ragazzi tra i 18 e i 40 anni. Quasi tutti uomini. Bambini pochissimi, solo accompagnati e mandati subito in strutture più idonee. Quasi tutti da Somalia, Nigeria e Mali. Parlano in gran parte dialetti locali, comunichiamo con loro in arabo, inglese o francese. Quasi tutti musulmani, qualche cristiano protestante. I musulmani li amo perché non bevono (e quindi non si sbronzano e non creano casini) e durante il Ramadan sono deboli e docili perché passano gran parte della giornata a digiuno. Essendo i nigeriani gli unici non musulmani, indovinate un po’ chi sono stati quelli che più creano disordini e problemi. Se ancora non ci siete arrivati, passate dalla Polizia di Macerata. Loro vi sapranno aiutare.

Ora, tra queste 4-5-600 persone trovi (ovviamente!) un po’ di tutto: il ragazzino spaesato, il rompi coglioni di professione, il mistico, il pazzo, il fervente religioso, il simpaticone, il grande lavoratore, il dormiglione, il fuggiasco, il figlio di puttana, il pirla, l’assassino, l’evaso di galera, il martire, ecc… Insomma, sono uomini e donne come noi, con i loro pregi e i loro difetti. Questo per dire che se ad alcuni li prenderesti subito in casa per la simpatia e la tragedia che hanno vissuto, ad altri spareresti in testa subito senza neanche sentirti in colpa, per quanto sono stronzi ed ipocriti.

Noi in linea di massima cerchiamo la massima tolleranza e comprensione, ai limiti della decenza e passando la maggior parte dell volte per scemi. Alcune pecore però si sono smarrite, fuggendo nella notte e cacciati dal progetto per gravi azioni. Non vi preoccupate: li trovate già ad alcolizzarsi alla stazione Termini di Roma o alla centrale di Milano. Altri forse sono stati già arrestati e rimandati a casa. O chissà hanno raggiunto la Francia, la Germania o alter mete sognate. Noi ce l’abbiamo messa tutta a farli stare con noi ed a farli star bene, nell’attesa che la macchina burocratica italiana decida sul loro futuro di richiedenti asilo politico.

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