Tuesday, September 20, 2011

Della mia esperienza con i richiedenti asilo politico (luglio-agosto 2011) – parte prima

È da mesi che devo scriverne. Il fatto è che non so da dove iniziare, le cose da dire sono tante, forse troppe. Ed il timore di scrivere fesserie o errori veri e propri mi ha sempre un po’ fatto desistere. Prima che sia troppo tardi, provo a buttar giù qualcosa…

Mi sono ritrovato a lavorare con questa NGO maceratese per puro caso. Tornato dalla Cina, avevo solo voglia di rilassarmi e godermi l’estate italiana. Ma alla telefonata del mio amico non ho saputo dire di no, perché il lavoro l’ho sentito subito come molto interessante. E così è stato, ho imparato tantissimo da questa esperienza, sia sul lato teorico che pratico ed umano.
Per questo ringrazio moltissimo colleghi, amici ed ospiti con i quail ho condiviso queste sei settimane di lavoro. A loro è dedicato questo post.

Come tutti sappiamo, negli ultimi mesi (e da molti anni ormai) le coste dell’isola di Lampedusa sono scalo ultimo (e benedetto!) di migliaia di migranti provenienti dall’Africa. Ci sono giovani provenienti dal Nord Africa (Tunisa, Egitto, etc…) ma la gran parte di loro proviene dai paesi del cosiddetto Africa sub-sahariano, ovvero Somalia, Sudan, Ciad, Mali, Nigeria, Niger, Ghana, Guinea, Senegal, ecc…
Una volta giunti a Lampedusa, forze dell’ordine, operatori sociali e volontari danno i primi soccorsi, per poi passare ad una prima “selezione” di queste migliaia di persone. Tra la politica e la società italiana ed europea, c’è chi di queste persone non ne vuole sapere, chi vorrebbe subito rimandarli in patria, chi si augura che il Mediterraneo li risucchi, chi vorrebbe dare loro ospitalità, chi pensa che siano un bene per l’economia italiana, chi semplicemente se ne fotte. E poi c’è la Legge. Non sono un avvocato né un esperto di diritto, ma da quello che ho appreso, alcuni paesi del mondo riconosco il diritto d’asilo. Ovvero danno la possibilità a chi fugge da guerre, calamità naturali o alter cause soggettive che possono mettere in pericolo la vita dell’individuo di restare nel paese nel quale è emigrato, offrendo alloggio e lavoro, per garantire l’incolumità del soggetto fino a quando le condizioni nel paese di provenienza non cambino e non ci sia più rischio per la vita del richiedente.
Questa è la teoria.

Se nella provinica di Macerata sono arrivati (con il progetto della NGO di cui sopra, approvato da regione ed Unione Europea) centinaia di migranti da Lampedusa un motivo c’è: l’isola è piccola e va svuotata, con la collaborazione di tutte le regioni italiane e la solidarietà di tutti. E se queste centinaia di persone provengono tutte dai paesi sub-sahariani non è un caso: sono quelle che vengono da realtà difficili e di guerra, quelle cioé alle quail c’è qualche possibilità di dare asilo politico. Non è questo il caso di (ad esempio) marocchini, tunisini, egiziani o turchi. Era, sempre ad esempio, il caso dei kossovari durante le guerre dei Balcani. C’è una canzone del gruppo punk italiano Punkreas che in due versi spiega benissimo la circostanza: “Guerra finita / tutto torna come prima / gli aiuti umanitari / ridotti alla rovina / e per magia / o forse solo per destino / il profugo ritorna / ad essere clandestino”.

La differenza insomma tra un poveraccio che viene in Italia e un poveraccio che viene in Italia proveniendo da un paese (ad esempio) in guerra e chiede asilo politico è proprio questa: il primo si chiama clandestino, il secondo profugo. Il clandestino lo sfrutta il mercato, poi quando si è stancato o sgarra lo rimandano a casa o in carcere. Il profugo è tale finché la sua richiesta di asilo non è esaminata e giudicata. Se poi è accettata diventa un rifugiato. Altrimenti ritorna clandestino anche lui.
Questa è la pratica.

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