Sunday, May 05, 2013

4 maggio: Confucione

Le giornate pechinesi sono corse via come mi aspettavo. Anche in visita, mi è sembrato di essere tornato esattamente a due anni fa, quando la vita nella capitale cinese scorreva via a ritmi insostenibili (per quanto piacevoli): cento e-mail al giorno, quaranta sms, venti telefonate, due pacchetti di sigarette, incalcolabile tempo tra metropolitana e computer, otto bottiglie di birra, quattro ore di sonno. Vita al massimo, piena di persone interessanti e mille idee per la testa. Ma non ci vivi molto così, reputati fortunato se ci arrivi ai quaranta. Non a caso, dei tanti conoscenti che avevo a Pechino oggi la gran parte han fatto come me: muovere il culo verso nuovi orizzonti, più noiosi forse, ma decisamente più rilassanti.

Se mi chiedete cosa ha di così speciale Pechino rispetto alle altre grandi realtà cinesi vi rispondo: “Non la Gran muraglia, e neanche Piazza Tian’anmen. Ma gli hutong”. Pechino ha gli hutong e voi non siete un cazzo. Gli hutong non li ha solo Pechino, si trovano anche in altre grandi e piccole città del nord, ma quelli di Pechino sono unici per fascino. La loro polvere, signori, narra dei tempi che furono, dei secoli passati, delle genti che li hanno abitati. Oggi pieni di cantieri e di negozietti, di piccole auto e di biciclette, di anziani in pigiama e di giovani stranieri, di gatti e di cani pechinesi. Ma pur sempre hutong. Oggi la sera puoi sederti al silenzioso buio della piazza tra la Torre del tamburo e quella della campana e farti qualche birretta in compagnia (grazie Tommi!), avvolto dalla pomposità delle semplici casette attorno agli hutong, per poi voltare l’angolo e trovarti di fronte ad un folto gruppo di anziani intenti a fare balli di coppia o praticare il taiji. Più giù giovani cinesi con la cresta escono da un locale dove è appena terminato un concerto punk. Più in là ancora la signora del negozietto vende birra fresca a 40 centesimi di euro, dieci volte meno di quanto paghi in un bar per la nuova classe media nei quartieri moderni di Pechino. Ecco cosa trovi qui che non trovi altrove: questi hutong.

La domanda che mi fanno tutti: “trovi Pechino cambiata? Sì? No? Quanto?” Io direi di no, non così tanto. Le Olimpiadi ci avevano abituato a cantieri sempre nuovi e sempre aperti, palazzoni costruiti in quattro e quattr’otto, boom di ristoranti e centri commerciali a non finire. Mi pare che tutto questo sia finito, ora il capitalismo globale si è mosso verso altri siti cinesi e d’oltre frontiera. I quartieri di Pechino che bazzicavo io (Haidian, Wudaokou, Xizhimen, Gulou, Dongzhimen, Tian’anmen, Chaoyang, ecc…) non mi sembrano poi così cambiati, anzi mi sembrano semplicemente più impolverati, lasciati a sé, non curati. Meglio così. E stesse mi sembrano anche le persone, sia quelle che già conoscevo, che quelle che ho trovato. Stessa energia nell’abbraccio, stesso piacere nella chiacchierata, stessa goliardia in tarda serata. Durissimi a morire! Più di tutti mi ha riempito il cuore di gioia vedere che il progetto ChinaFiles e il progetto ThinkIN China, iniziati quattro e tre anni fa un po’ per gioco un po’ per sfida, continuano a gonfie vele, con nuove energie e giovani volti al loro interno. È stato un piacere rimontare, anche se per poco, in sella e darci giù di riunioni e impegno per l’ultimo evento di ThinkIN China. Piacevole vedere che se prima erano in pochi a seguirci, ora invece c’è anche l’ambasciatore italiano e una delegazione accademica tedesca. Piccole soddisfazioni che fanno grande la giornata.

Anche se solo di corsa e di sfuggita, ho come la sensazione di aver fatto più cose in cinque settimane in Cina che in due anni in Irlanda. Sarà che Pechino e Shanghai sono così, piene di stimoli e giovani con voglia di fare (e i fondi per farlo), idee a non finire, la sensazione che è sempre tutto lì a portata di mano, si può fare e si farà, nonostante qualche sacrificio e una vita super stressata…. Ma sono anche felice di ripartire. Non resisterei a lungo in questo frenetico clima di caos mentale e attitudinale: è ora di riprendere la via di “casa”, ovvero di Cork.

Alla fine vanno i saluti. Io invece i saluti li ho fatti a voce, quindi passo direttamente ai ringraziamenti… Grazie a YC per avermi sopportato tre settimane sul suo letto. Grazie per le lunghe chiacchierate, gli spunti e le pratiche di ricerca. Il risultato non ci interessa: comunque vada è sempre un successo! Grazie a Marco, Manuela, Francesca, Alessandro e a tutti gli altri italiani di Shanghai per le ore di amicizia e divertimento insieme. Grazie ai miei studenti irlandesi e alle birre insieme all’università di Shanghai. Grazie a Eu per la cenetta a lume di candela. Grazie a Yaya per l’invito alla conferenza. Grazie a Frido per l’ospitalità a Canton. Grazie ai pechinesi tutti per riavermi accolto e fatto sentire veramente a casa. Grazie ai ChinaFilers per la tradizionale cenetta funghi e birra dalla zia. Grazie ai ragazzi e alle ragazze di ThinkIN China per l’impegno nel lavoro e l’accoglienza a me riservata. Grazie a Yingying per il consulto accademico. Grazie a Roseanne per quello investigativo. Grazie a Daniel, Huazi, Tobacek e compagnia etilica per la giornata alla RenDa (che quando dico RenDa bagno in automatico di lacrime la tastiera). Grazie a Chola e a Ele per il magic day”. E soprattutto grazie a Fio, per le birrette, le chiacchierette e tutto quello che ci siamo detti e abbiamo ancora da dirci.

“Tu le regali una rosa e lei la impicca”. Ebbene sì, è andata veramente così.

1 Comments:

At 12:29 PM, Anonymous Tommy said...

è stato un gran piacere!

 

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