5 maggio: Grattacieli nel deserto, benvenuti a Dubai.
Tutti noi siamo pieni di pregiudizi e io non
faccio eccezione. Di Dubai e degli Emirati Arabi Uniti in generale pensavo
grandi metropoli in mezzo alla sabbia dove fondamentalismo islamico, monarchia
assoluta e capitalismo selvaggio si fondono insieme. Mi aspettavo una Singapore
del Medio Oriente, una Svizzera militarizzata sul deserto. Con mio grande
piacere e sorpresa, niente di tutto ciò. E poi la cosa più bella è che la vita
non costa praticamente niente. Però non vendono alcool, e questo sì alla lunga
potrebbe risultare antipatico.
Ho visitato altri paesi arabi e musulmani in
vita mia, Marocco, Turchia, Egitto, Giordania, Palestina, Israele. Ne ho sempre
ammirato le bellezze architettoniche e artistiche, le differenze culturali che
poi alla fine non sono poi così distanti dai noi popoli del Mediterraneo,
Italiani compresi. Di questi paesi ho sempre amato la sobrietà dei rapporti
sociali e il calore umano, anche sotto semplice forma di ospitalità e rispetto.
Sarà forse per l’Islam, ma è qualcosa che in Europa trovi molto meno, in Asia
ancora peggio. Atterrando a Dubai mi sono chiesto: forse dovrei cambiare i
pantaloni corti e cancellare quei due film porno dal mio portatile, visto mai
che questi pazzi sceicchi mi sbattono in carcere dritto per dritto? Pregiudizi,
appunto.
Aeroporto internazionale di Dubai. Aria
condizionata, donne col velo colorato, sauditi col tradizionale abito lungo
bianco, il copricapo simile alla kefiah palestinese con corona di corda nera.
Baffi e sandali, ampio gesticolare che certo non fa strano a un italiano. Anzi,
quasi mi sento a casa.
Controllo passaporti, anche i gendarmi sono in
tunica bianca, ci dividono per file, dando la precedenza alle donne con
bambini. Grande gesto di civiltà, chapeau. Timbro d’ingresso e sono fuori
dall’aeroporto. Caldo ma non troppo. I cinesi mi offrono una sigaretta. Non ne
mancano qui di cinesi o di asiatici in generale, specie indiani. Sembra quasi
di stare in Malesia, se non fosse per i copricapo di donne e uomini musulmani.
Chiedo indicazioni in giro, non faticano a parlare inglese. La metropolitana è
composta di due linee, di cui la principale taglia Dubai in lungo,
verticalmente, parallelamente al mare. Una corsa in metro costa trenta
centesimi di euro, una bottiglietta di acqua sessanta, il biglietto giornaliero
per il servizio metropolitano costa solo tre euro e copre anche la tratta di
andata e ritorno fino all’aeroporto. Praticamente gratis. Non potevo ricevere
notizia più bella e adesso vado a gironzolarmi Dubai sotto il sole cocente
delle due di pomeriggio.
Dubai: ovvero grattacieli nel deserto. La
sabbia color oro, grandi centri commerciali, il palazzo più alto al mondo
sembra un cazzo di vetro che tende all’infinito. Si chiama il Burj Khalifa,
giusto il tempo di fare una foto e poi volgo lo sguardo altrove, che di
grattacieli mi sono già scassato abbastanza. La metropolitana è comodissima e
viaggia per lo più in superficie. Venendo dalla Cina, due cose mi colpiscono di
questa gente per le strade di Dubai: il silenzio e l’eleganza. Che non sono
necessariamente caratteristiche positive.
Etnie per tutti i gusti: asiatici del sud-est,
cinesi, indiani, pakistani, sauditi, russi, neri. Tutti vestire in maniera
molto dignitosa e, immagino, costosa. Ok dai, va bene le cravatte e i pinguini,
ma dove avete messo le classi popolari? Dove nascondete i poveri? Dove gli
straccioni? Per ora non se ne vede traccia in giro. L’unico zingaro sono
chiaramente io.
Nessun problema con la comunicazione. L’arabo
e l’inglese sono le lingue principali, trovi cartelli e indicazioni in entrambe
le lingue.
Abbandono il centro finanziario e muovo i miei
passi verso nord-ovest, verso il mare. Un’oretta di camminata durante la quale
ho visto quartieri più popolari, case basse, operai al lavoro, molta polvere e
cantieri aperti, ma davvero nessun segno di povertà o disagio. Poca gente in
giro, studentesse nello scuola bus, alcuni turisti occidentali, sauditi bere
caffè, ragazzi giocare a calcio e ragazzini indiani giocare al tradizionale
cricket. Ecco, le etnie predominanti sembrano ad occhio e croce proprio quella
araba e quella indiana. Entrambi sempre ottimi negli affari: negozietti,
supermercati e ristorantini per le viuzze. Niente di troppo caotico come per le
vie di Gerusalemme, il Cairo, Instanbul o Bombay. Le donne vanno vestite
talmente differentemente che capisci subito se sono indù o musulmane. Ridendo e
scherzando arrivo finalmente alla spiaggia. Bagni pubblici funzionanti e
gratuiti, c’è anche l’acqua potabile e fresca! Saranno fondamentalisti
musulmani ma per me questo è puro socialismo. Spiaggia libera, sabbia
bianchissima, bagnanti di ogni razza e religione, famigliole felici e giovani
amanti, passeggiate lungo il molo, i piedi a mollo nel Golfo Persico. Era nel
’90 la guerra tra Bush padre e Saddam? Sì, mi sembra fosse nel ’90 ed era da
queste parti. Assassini pezzi di merda.
Finito il romanticismo del mare, tocca al
supermercato farmi felice. Per poco più di due euro compro pane arabo,
formaggio, olive verdi, pomodori e humus. Peccato che qui perfino la birra è
analcolica… Mi godo il pasto seduto in strada a fissare queste donne colorate e
gli uomini intenti a fare affari. Poi piselli secchi, pistacchi, frutta secca,
gazzosa e le Scissors, sigarette indiane che ricordo dai tempi di Chennai, Goa
e Auroville.
Quando cala il sole e la temperatura smette di
asfissiarti, le strade commerciali tornano a riempirsi di gente, così come le
moschee. Tantissime, in giro per la città, tra i grattacieli, il mare e il
deserto. File di giovani e di meno giovani a spasso, non vedi molte donne forse,
per lo più indiane e cinesi. Comunque, anche di sera, non vedo barboni,
sbandati o bambini malnutriti in giro. Non mi era mai successo prima. Capisco
che qui hanno il petrolio, ma il petrolio ce l’hanno anche in Iraq, Iran,
Venezuela, Norvegia e Basilicata, ma in nessuno di quei paesi si vive con
questo standard di vita uniformato e privo di divari sociali come quello cinese
o statunitense.
Finisco gli ultimi soldi con pane, humus e
sigarette, prima di fare ritorno in aeroporto. Internet gratuito e libertà di
ricaricare cellulare e portatile. Varie stanze fumatori. Dormo qualche ora
buttato su una poltrona in zona Duty Free senza che nessuno mi rompa le
scatole.
L’impressione è che questi arabi non siano
solo più ricchi ma soprattutto più civili di noi. Grazie Dubai.
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