Monday, May 06, 2013

5 maggio: Grattacieli nel deserto, benvenuti a Dubai.


Tutti noi siamo pieni di pregiudizi e io non faccio eccezione. Di Dubai e degli Emirati Arabi Uniti in generale pensavo grandi metropoli in mezzo alla sabbia dove fondamentalismo islamico, monarchia assoluta e capitalismo selvaggio si fondono insieme. Mi aspettavo una Singapore del Medio Oriente, una Svizzera militarizzata sul deserto. Con mio grande piacere e sorpresa, niente di tutto ciò. E poi la cosa più bella è che la vita non costa praticamente niente. Però non vendono alcool, e questo sì alla lunga potrebbe risultare antipatico.

Ho visitato altri paesi arabi e musulmani in vita mia, Marocco, Turchia, Egitto, Giordania, Palestina, Israele. Ne ho sempre ammirato le bellezze architettoniche e artistiche, le differenze culturali che poi alla fine non sono poi così distanti dai noi popoli del Mediterraneo, Italiani compresi. Di questi paesi ho sempre amato la sobrietà dei rapporti sociali e il calore umano, anche sotto semplice forma di ospitalità e rispetto. Sarà forse per l’Islam, ma è qualcosa che in Europa trovi molto meno, in Asia ancora peggio. Atterrando a Dubai mi sono chiesto: forse dovrei cambiare i pantaloni corti e cancellare quei due film porno dal mio portatile, visto mai che questi pazzi sceicchi mi sbattono in carcere dritto per dritto? Pregiudizi, appunto.

Aeroporto internazionale di Dubai. Aria condizionata, donne col velo colorato, sauditi col tradizionale abito lungo bianco, il copricapo simile alla kefiah palestinese con corona di corda nera. Baffi e sandali, ampio gesticolare che certo non fa strano a un italiano. Anzi, quasi mi sento a casa.   
Controllo passaporti, anche i gendarmi sono in tunica bianca, ci dividono per file, dando la precedenza alle donne con bambini. Grande gesto di civiltà, chapeau. Timbro d’ingresso e sono fuori dall’aeroporto. Caldo ma non troppo. I cinesi mi offrono una sigaretta. Non ne mancano qui di cinesi o di asiatici in generale, specie indiani. Sembra quasi di stare in Malesia, se non fosse per i copricapo di donne e uomini musulmani. Chiedo indicazioni in giro, non faticano a parlare inglese. La metropolitana è composta di due linee, di cui la principale taglia Dubai in lungo, verticalmente, parallelamente al mare. Una corsa in metro costa trenta centesimi di euro, una bottiglietta di acqua sessanta, il biglietto giornaliero per il servizio metropolitano costa solo tre euro e copre anche la tratta di andata e ritorno fino all’aeroporto. Praticamente gratis. Non potevo ricevere notizia più bella e adesso vado a gironzolarmi Dubai sotto il sole cocente delle due di pomeriggio.

Dubai: ovvero grattacieli nel deserto. La sabbia color oro, grandi centri commerciali, il palazzo più alto al mondo sembra un cazzo di vetro che tende all’infinito. Si chiama il Burj Khalifa, giusto il tempo di fare una foto e poi volgo lo sguardo altrove, che di grattacieli mi sono già scassato abbastanza. La metropolitana è comodissima e viaggia per lo più in superficie. Venendo dalla Cina, due cose mi colpiscono di questa gente per le strade di Dubai: il silenzio e l’eleganza. Che non sono necessariamente caratteristiche positive.
Etnie per tutti i gusti: asiatici del sud-est, cinesi, indiani, pakistani, sauditi, russi, neri. Tutti vestire in maniera molto dignitosa e, immagino, costosa. Ok dai, va bene le cravatte e i pinguini, ma dove avete messo le classi popolari? Dove nascondete i poveri? Dove gli straccioni? Per ora non se ne vede traccia in giro. L’unico zingaro sono chiaramente io.
Nessun problema con la comunicazione. L’arabo e l’inglese sono le lingue principali, trovi cartelli e indicazioni in entrambe le lingue.

Abbandono il centro finanziario e muovo i miei passi verso nord-ovest, verso il mare. Un’oretta di camminata durante la quale ho visto quartieri più popolari, case basse, operai al lavoro, molta polvere e cantieri aperti, ma davvero nessun segno di povertà o disagio. Poca gente in giro, studentesse nello scuola bus, alcuni turisti occidentali, sauditi bere caffè, ragazzi giocare a calcio e ragazzini indiani giocare al tradizionale cricket. Ecco, le etnie predominanti sembrano ad occhio e croce proprio quella araba e quella indiana. Entrambi sempre ottimi negli affari: negozietti, supermercati e ristorantini per le viuzze. Niente di troppo caotico come per le vie di Gerusalemme, il Cairo, Instanbul o Bombay. Le donne vanno vestite talmente differentemente che capisci subito se sono indù o musulmane. Ridendo e scherzando arrivo finalmente alla spiaggia. Bagni pubblici funzionanti e gratuiti, c’è anche l’acqua potabile e fresca! Saranno fondamentalisti musulmani ma per me questo è puro socialismo. Spiaggia libera, sabbia bianchissima, bagnanti di ogni razza e religione, famigliole felici e giovani amanti, passeggiate lungo il molo, i piedi a mollo nel Golfo Persico. Era nel ’90 la guerra tra Bush padre e Saddam? Sì, mi sembra fosse nel ’90 ed era da queste parti. Assassini pezzi di merda.

Finito il romanticismo del mare, tocca al supermercato farmi felice. Per poco più di due euro compro pane arabo, formaggio, olive verdi, pomodori e humus. Peccato che qui perfino la birra è analcolica… Mi godo il pasto seduto in strada a fissare queste donne colorate e gli uomini intenti a fare affari. Poi piselli secchi, pistacchi, frutta secca, gazzosa e le Scissors, sigarette indiane che ricordo dai tempi di Chennai, Goa e Auroville.

Quando cala il sole e la temperatura smette di asfissiarti, le strade commerciali tornano a riempirsi di gente, così come le moschee. Tantissime, in giro per la città, tra i grattacieli, il mare e il deserto. File di giovani e di meno giovani a spasso, non vedi molte donne forse, per lo più indiane e cinesi. Comunque, anche di sera, non vedo barboni, sbandati o bambini malnutriti in giro. Non mi era mai successo prima. Capisco che qui hanno il petrolio, ma il petrolio ce l’hanno anche in Iraq, Iran, Venezuela, Norvegia e Basilicata, ma in nessuno di quei paesi si vive con questo standard di vita uniformato e privo di divari sociali come quello cinese o statunitense.

Finisco gli ultimi soldi con pane, humus e sigarette, prima di fare ritorno in aeroporto. Internet gratuito e libertà di ricaricare cellulare e portatile. Varie stanze fumatori. Dormo qualche ora buttato su una poltrona in zona Duty Free senza che nessuno mi rompa le scatole.

L’impressione è che questi arabi non siano solo più ricchi ma soprattutto più civili di noi. Grazie Dubai.

0 Comments:

Post a Comment

<< Home