Diario di un prof: l'ascensore
L'ascensore è un luogo importante nella vita di un impiegato statale. Certo, non è il bus o la metro, dove puoi passare ore della tua giornata (vivissimi ricordi di Roma o Pechino), ma ha una sua importanza spazio/temporale non indifferente.
Prendo l'ascensore tre o quattro volte al giorno. Al massimo. Grazie a dio in Irlanda non ci sono edifici troppo altri. Meno ancora nella piccola realtà di Cork e della sua università.
Oggi sono andato a sentire un corso di formazione sui "social media" in un edificio che ospita la facoltà di chimica. Un edificio pieno di laboratori e gente in camice bianco. Atmosfera da ospedale universitario.
Terminato il corso, mi ritrovo in ascensore con tre ragazze: una alta, bionda, in jeans; una alta, con velo a coprirle i capelli; una meno alta, con velo a lasciarle scoperti solo gli occhi. Le due ragazze col velo parlavano in una lingua di mezzo tra arabo, persiano e urdu.
Quanto ci mette un ascensore a fare quattro piani? Non so, una decina di secondi credo. Per me è passato un secolo. Ho fissate le due ragazze col velo per un bel po'. Il loro velo. Il loro camice da ricercatrici in chimica. Poi ho abbassato lo sguardo e ho notato che tutte le ragazze nell'ascensore indossavano delle Converse. Come il sottoscritto.
Arrivati al piano terra la porta si apre: una delle tipe mi fa "Scendi?", io ritorno in me, rispondo con un sorriso e imbocco la strada verso il mio ufficio. Pensando alle Converse per un'altra mezzoretta almeno.
Ho pensato che, come già aveva teorizzato la Nutella, là dove la cultura divide le Converse uniscono. Che merda, il mondo globalizzato!
Prendo l'ascensore tre o quattro volte al giorno. Al massimo. Grazie a dio in Irlanda non ci sono edifici troppo altri. Meno ancora nella piccola realtà di Cork e della sua università.
Oggi sono andato a sentire un corso di formazione sui "social media" in un edificio che ospita la facoltà di chimica. Un edificio pieno di laboratori e gente in camice bianco. Atmosfera da ospedale universitario.
Terminato il corso, mi ritrovo in ascensore con tre ragazze: una alta, bionda, in jeans; una alta, con velo a coprirle i capelli; una meno alta, con velo a lasciarle scoperti solo gli occhi. Le due ragazze col velo parlavano in una lingua di mezzo tra arabo, persiano e urdu.
Quanto ci mette un ascensore a fare quattro piani? Non so, una decina di secondi credo. Per me è passato un secolo. Ho fissate le due ragazze col velo per un bel po'. Il loro velo. Il loro camice da ricercatrici in chimica. Poi ho abbassato lo sguardo e ho notato che tutte le ragazze nell'ascensore indossavano delle Converse. Come il sottoscritto.
Arrivati al piano terra la porta si apre: una delle tipe mi fa "Scendi?", io ritorno in me, rispondo con un sorriso e imbocco la strada verso il mio ufficio. Pensando alle Converse per un'altra mezzoretta almeno.
Ho pensato che, come già aveva teorizzato la Nutella, là dove la cultura divide le Converse uniscono. Che merda, il mondo globalizzato!
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