Tra l'anarchico e lo scrittore... (perché no entrambi!?)
Ero indeciso cosa fare. Il ragioniere, avevo provato, non mi piaceva. Potevo scegliere tra far lo scrittore e fare l'anarchico. L'anarchico, meglio di no. Si guadagna poco. Poco organizzati. Che c'ho pensato, organizzarla, questa faccenda dell'anarchia. Praticamente il modello sarebbero i testimoni di Geova. Si tratterebbe di andare in giro, due a due, a suonare i campanelli della gente e dirgli 'Buongiorno, siamo due anarchici, vorremmo parlare con lei della libertà, ci concede due minuti?' così. Fermare la gente per strada, 'Buongiorno siamo due anarchici, vorremmo dimostrarle che lei è sfruttato e farle capire che è venuto il momento di ribellarsi, beve un caffè con noi?'. Dopo ho pensato che con le parole non si ottiene niente. Non ti ascolta nessuno, quando gli parli. Non vogliono. Sono scotomizzati, vogliono restare scotomizzati. Allora di fare l'anarchico di professione, ho rinunciato. Ho deciso di far lo scrittore.
Da "Bassotuba non c’è", di Paolo Nori
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