INCONTRI COI CINESI (II): finalmente un comunista
Per cominciare a conoscere una società, e per cominciare a farlo fuori dai circuiti più dotti e ortodossi della produzione letteraria, credo sia importante “sporcarsi le mani” ed entrare a diretto contatto con essa. Vale a dire entrare a contatto con gli individui dei quali una società (in senso lato) è composta. “Società cinese” significa ben poco, poiché essa è tutt'altro che omogenea o ben definita. Di seguito riporto l'incontro con giovani cinesi che vivono a Pechino, narrando il tempo passato insieme e cercando di descrivere la persona con le poche informazioni e le tante sensazioni che il tempo trascorso insieme ha fermato nella mia testa.
Qualche giorno fa ho conosciuto un giovane comunista. Comunista ce lo chiamo io. È un 26enne cinese di una provincia settentrionale non lontana da Pechino, che lavora come guardia nel dormitorio dei coreani, nel campus della mia università. Una delle menti più sveglie e brillanti mai conosciute in sette anni di Cina. Non ha finito le scuole superiori, ma per cultura supera molti dei miei colleghi di dottorato. Certo, non che importi il titolo di studio, ma ti chiedi anche da dove esca fuori questo ragazzotto dal sorriso costante e lo sguardo tutt'altro che fesso.
Con lui ho parlato per più di due ore di fronte ad una decina di birre. Parlato praticamente di tutto, dai concerti rock alla prostituzione, dalla corruzione in politica alle ragazze del campus, dalla religione allo sport ai social network. Un tuttologo con la terza media, insomma.
Colpito non poco dalla sua vasta cultura e dalla sua simpatia, una delle cose che più ho trovato originali nei suoi discorsi è la sua visione sulla religione. Ateo convinto, è il primo in Cina ad avermi parlato di “armonia” in religione. Sostiene che i cinesi non sono atei come li intendiamo noi, e neanche teisti. La religione cinese è quella dell'armonia ovvero un mix di confucianesimo, taoismo, buddismo e cristianesimo. Prospettiva interessante davvero.
Denuncia senza mezzi termini il sistema dell'hukou, la politica del figlio unico e alcune caratteristiche tradizionali peculiari della società cinese, come la poca sensibilità sociale, la diffidenza verso gli altri, il poco attivismo. Una mente non certo fottuta dal mito per la cultura occidentale. Relativista non solo in senso culturale, non parla di marxismo ma di marxismo cinese o maoismo. Ama le campagne e la civiltà storicamente contadina della Cina. Per lui Mao è un eroe popolare, Deng un eroe solo per i borghesi. Nazionalista un po' come tutti i cinesi, per nulla xenofobo e anzi aperto al diverso, dove per “diverso” non intende solo l'uomo bianco occidentale con il naso grande e il portafoglio pieno di verdoni. Non ha potuto studiare per mancanza di mezzi, ma non per questo ha rinunciato all'apprendimento. Legge molto, soprattutto giornali e riviste che si occupano di attualità. Da lui ho sentito quello che da sempre mi sarei aspettato di sentire da una guardia cinese: “Sul posto di lavoro ho molto tempo libero. E lo utilizzo leggendo”.
Raramente mi sono sentito così vicino per carattere ed idee ad un cinese come con questo ragazzo, nonostante abbiamo un background completamente diverso e veniamo da esperienze per nulla simili. Ricordo di essere andato a dormire felice, la sera che l'ho conosciuto.
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