Saturday, August 10, 2019

Viaggio in Colombia (XII): ¡Bienvenidos a Ecuador!


La mattina prendiamo una jeep da Sibundoy per raggiungere Mocoa, 85 km e 5 ore piu' a est. La strada e' orribile: stretta e sterrata, si inerpica per alte montagne di foreste e ruscelli, per poi ridiscendere a valle molto piu' tardi. E' disseminata di croci, a ricordo di autisti e passeggeri morti nei dirupi o a causa di schianto. Non a caso, la chiamano El trampolin de la muerte. Il minimo che possa succederti e' bucare una gomma, cosa che ovviamente accade anche a noi. Con l'aiuto di W. e di un'altra jeep di passaggio riusciamo a cambiare la ruota e ripartire in meno di mezz'ora. Mocoa e' piccola e chiusa tra le montagne, attraversata da almeno un fiume che scende a sud tra sassi e rocce. Il tempo di mangiare qualcosa e ritirare denaro dai cajeros che siamo di nuovo su una jeep in direzione La Hormiga, ultima cittadina prima del ponte che fa da confine con l'Ecuador. Quattro ore piu' tardi siamo a destinazione e prendiamo un taxi per dirigerci in campagna, in un villaggio indigeno dove c'e' un taita (significa "padre", e' una specie di leader della comunita', un saggio, un medico, sciamano e stregone) di conoscenza di W. 
E' ormai tramontato il sole, girovaghiamo nella foresta lungo il fiume fino a giungere alla casa del taita. Ci riceve la moglie, perche' il vecchio sta facendo una funzione curativa a dei pazienti. Ci da' dell'acqua e ci lascia dormire nella casetta di legno poco distante, adibita a cerimonie e funzioni varie. Resti di animali, sigarette, alcool, medicine naturali, foto di persone, preghiere, machete e altre offerte miste a quadri della Madonna, crocefissi e corone. Sacro e profano, tradizione e cattolicesimo, ancestrale e moderno. Il buio e il rumore della natura abbracciano il nostro sonno, non sempre tranquillo ma ricco di sogni. Il silenzio e' il rumore che fa la natura di notte.

Il giorno dopo ci riceve allegramente il taita. Racconti, aggiornamenti, narrazioni di malattie e cure, stregonerie varie, sciamani e pazienti. Il caffe' in compagnia sua, della moglie, dei figli, delle galline e di una famiglia in cura dura circa un'ora, un'ora piacevolissima. Ci da' infine la sua benedizione e alcune piante medicinali non meglio identificate. Resto zitto per quasi tutto il tempo, ma cerco di ascoltare e osservare tutto. W., che e' un sociologo e insegna all'universita', e' davvero bravo nella comunicazione con le persone, che siano sciamani o perfetti sconosciuti incontrati per strada.  

Di nuovo autostop e poi una jeep fino al confine con l'Ecuador. Cambiamo i pesos colombiani con dollari americani (la moneta in uso in Ecuador) alla frontiera, attraversiamo il ponte che divide i due Stati a piedi e ci dirigiamo all'ufficio immigrazione. Venti minuti di fila, un paio di timbri sul passaporto, foto, impronte digitali e siamo ufficialmente in territorio ecuadoreño. Dai che neanche stavolta sono riuscito a iniziare e finire un viaggio nello stesso Paese! La frontiera e' ricca di servizi per i migranti (venezuelani, soprattutto), per l'utilizzo gratuito di internet e telefono, assistenza a bambini e malati, acqua, richiesta asilo politico, assistenza psicologica, campeggio selvaggio. Proprio come in Italia.

Fuori dall'ufficio immigrazione, tentiamo con fortuna un passaggio in autostop. A caricarci e' un gentilissimo colombiano che lavora qui da anni. Ci lascia a Lago Agrio, 25 km a sud, cittadina ecuadoreña di media grandezza. Pranzo a base di encebolladas, una zuppa di pesce con cipolla e coriandolo. Il tutto mandato giu' con delle fredda birra locale Club. Il caldo asfissiante torna a farsi sentire, l'Amazzonia e' a due passi.

Da qui prendiamo un bus per 23 km, fino al territorio di una comunita' indigena locale. Qui ci fermeremo per la notte, perche' W. conosce un altro sciamano. Giriamo nel villaggio, poi ci addentriamo nel fango paludoso della foresta, in attesa del tramonto. In serata partecipiamo ad una cerimonia guidata da vari taita, che va avanti per tutta la notte, fino all'alba. Una quindicina di persone, la meta' "addetti ai lavori". Riti continui, canti, musica, rumori notturni, personaggi e situazione difficili da descrivere. Gli spiriti, dicono. 

Quello che e' successo quella notte li', resta li'. Non e' qualcosa che si racconta, e' qualcosa che si vive.


pero ahora prefiero ser un indio 
que un importante abogado

Extremoduro - "Ama, ama, ama y ensancha el alma"

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