Balkans on the road, 15 anni dopo (VII): Pristina, Prizren, Gjakova. Ovvero: Kosovo.
Arrivo a Pristina poco prima del tramonto e finalmente scendo nella prima stazione dei bus che possa definirsi tale. Infatti in Albania ho preso bus quasi sempre "al volo", cioe' direttamente in strada, e non mi e' sembrato di trovare delle stazioni vere e proprie (eccezion fatta per Berat). A Tirana ho anche provato a cercare la stazione dei treni, ma un poliziotto mi ha detto che e' chiusa per lavori.
Che dire di Pristina? Se l'Albania mi ha positivamente meravigliato, il poco Kosovo che ho visitato lo fa ancora di piu'. La campagna e' carina e ordinata, le citta' sembrano piu' europee di quelle albanesi, Pristina stessa sembra una media citta' tedesca con molti musulmani in giro. Qui in effetti noto tantissime moschee e altrettante donne col velo (in Albania ne avro' viste tre in tutto!). I riferimenti all'Albania pero' sono tantissimi: bancarelle che vendono gadgets coi colori albanesi, bandiere rosse con l'aquila nera bicefala praticamente ovunque, accanto alla bandiera americana e, meno, a quella europea. Una delle principali arterie urbane e' dedicata a Bill Clinton, con tanto di statua. Il Kosovo e' riconosciuto dalla maggior parte degli Stati nel mondo, qui la gente guarda all'Albania, guarda all'Europa, mentre credo che la Serbia non l'abbia ancora mandata giu'. Fa freddino e mi sbrigo a fare un giro nel campus universitario per poi visitare a piedi il centro cittadino: decisamente moderno e consumista, anche se sembra tutto nuovo, costruito negli ultimi anni, quindi ancora e in qualche modo ricco di tradizione.
sei borghese arrenditi
gli architetti sono qua
hanno in mano la città
Afterhours, "1.9.9.6."
Faccio scorpacciata di granoturco (lesso, arrosto, pop corn) tra i venditori ambulanti del corso, cosi' come anche di frutti di bosco, fichi, gelato e birra albanese. La notte la passo in un ostello appena fuori dal centro, in una grande camerata abitata solo da me e un turista americano.
Il giorno dopo proseguo il tour cittadino (non che ci sia molto da vedere...) e vado a prendere un bus che in un paio d'ore mi porta a Prizren, tagliando paesini nella campagna kosovara. E' questa una citta' piu' storica rispetto a Pristina, lo so vide nelle architetture, i ponti e soprattutto il castello che sovrasta la citta'. Clima molto rilassato, anche se a partire dal giorno dopo iniziera' la 15esima edizione del DokuFest, un festival annuale di cinema e film documentari (qui il sito del festival: http://dokufest.com/). Come ha scritto giustamente The Guardian: "Kosovo is known more for conflict than culture, but at a film festival in the country’s prettiest town, partying and arts mix to great effect". L'occasione e' ghiotta, ma il cammino da fare per me fino a Sarajevo e' lungo, quindi preferisco pernottare una sola notte (ostello M-99, ottimo!) sul lungo fiume di Prizren, passeggiando al tramonto tra le mura del castello e zigzgando di sera nella vivace night-life del posto. Mi fermo sul ponte a fissare le luci cittadine: nel caos festaiolo della notte il lento scorrere del fiume resta ancora la musica piu' bella.
In Kosovo si usa l'euro. La vita costa meno che in Italia, leggermente piu' che in Albania (o almeno cosi' mi e' parso di capire nelle 48 ore passate qui). Come in Albania la sensazione e' di vivere in un paese in pieno boom culturale ed emotivo, oltre che economico e politico. Anche qui tutti piu' che amichevoli e quasi mai per soldi. Peccato non poter dedicare piu' tempo a questo piccolo grande cuore dei Balcani.
Il bus da Tirana a Pristina mi e' costato 10 euro, quello per Prizren 4 euro. Non voglio pero' fare la via dell'andata per tornare in Albania, cosi' decido di prendere un altro bus per Gjakova (4 euro, stavolta preso per strada), direzione nord-ovest. Da qui un tassista mi porta per 2 euro verso un'altra parte della citta', una semplice piazzola con un paio di bar da dove partono dei pulmini per l'Albania. Questa e' forse la parte piu' hardcore che ho visto del Kosovo. In meno di un'ora, tre euro e una dogana dove praticamente nessuno mi ha chiesto i documenti e l'autista e' passato facendo un cenno col capo al gendarme di turno, arriviamo a Tropoja, Albania estremo nord-orientale. Bah, speriamo di non avere rogne in futuro nel passaporto.
Forse qualcuno fra i miei coetanei ricordera' questa canzone:
https://www.youtube.com/watch?v=bFFQUuDWQzs
Fu scritta e lanciata nel 1999 per ricordare e denunciare gli orrori della guerra nell'ex Jugoslavia, l'intervento militare in Kosovo e, piu' in generale, tutte le guerre dimenticate nel mondo. In questi giorni ho pensato molto a quegli anni. Sono felice di aver trovato, quasi 17 anni dipo, un Kosovo in piedi e con la schiena dritta, strade piene di giovani che guardano avanti con tanta voglia di fare e vivere. In pace.
Che dire di Pristina? Se l'Albania mi ha positivamente meravigliato, il poco Kosovo che ho visitato lo fa ancora di piu'. La campagna e' carina e ordinata, le citta' sembrano piu' europee di quelle albanesi, Pristina stessa sembra una media citta' tedesca con molti musulmani in giro. Qui in effetti noto tantissime moschee e altrettante donne col velo (in Albania ne avro' viste tre in tutto!). I riferimenti all'Albania pero' sono tantissimi: bancarelle che vendono gadgets coi colori albanesi, bandiere rosse con l'aquila nera bicefala praticamente ovunque, accanto alla bandiera americana e, meno, a quella europea. Una delle principali arterie urbane e' dedicata a Bill Clinton, con tanto di statua. Il Kosovo e' riconosciuto dalla maggior parte degli Stati nel mondo, qui la gente guarda all'Albania, guarda all'Europa, mentre credo che la Serbia non l'abbia ancora mandata giu'. Fa freddino e mi sbrigo a fare un giro nel campus universitario per poi visitare a piedi il centro cittadino: decisamente moderno e consumista, anche se sembra tutto nuovo, costruito negli ultimi anni, quindi ancora e in qualche modo ricco di tradizione.
sei borghese arrenditi
gli architetti sono qua
hanno in mano la città
Afterhours, "1.9.9.6."
Faccio scorpacciata di granoturco (lesso, arrosto, pop corn) tra i venditori ambulanti del corso, cosi' come anche di frutti di bosco, fichi, gelato e birra albanese. La notte la passo in un ostello appena fuori dal centro, in una grande camerata abitata solo da me e un turista americano.
Il giorno dopo proseguo il tour cittadino (non che ci sia molto da vedere...) e vado a prendere un bus che in un paio d'ore mi porta a Prizren, tagliando paesini nella campagna kosovara. E' questa una citta' piu' storica rispetto a Pristina, lo so vide nelle architetture, i ponti e soprattutto il castello che sovrasta la citta'. Clima molto rilassato, anche se a partire dal giorno dopo iniziera' la 15esima edizione del DokuFest, un festival annuale di cinema e film documentari (qui il sito del festival: http://dokufest.com/). Come ha scritto giustamente The Guardian: "Kosovo is known more for conflict than culture, but at a film festival in the country’s prettiest town, partying and arts mix to great effect". L'occasione e' ghiotta, ma il cammino da fare per me fino a Sarajevo e' lungo, quindi preferisco pernottare una sola notte (ostello M-99, ottimo!) sul lungo fiume di Prizren, passeggiando al tramonto tra le mura del castello e zigzgando di sera nella vivace night-life del posto. Mi fermo sul ponte a fissare le luci cittadine: nel caos festaiolo della notte il lento scorrere del fiume resta ancora la musica piu' bella.
In Kosovo si usa l'euro. La vita costa meno che in Italia, leggermente piu' che in Albania (o almeno cosi' mi e' parso di capire nelle 48 ore passate qui). Come in Albania la sensazione e' di vivere in un paese in pieno boom culturale ed emotivo, oltre che economico e politico. Anche qui tutti piu' che amichevoli e quasi mai per soldi. Peccato non poter dedicare piu' tempo a questo piccolo grande cuore dei Balcani.
Il bus da Tirana a Pristina mi e' costato 10 euro, quello per Prizren 4 euro. Non voglio pero' fare la via dell'andata per tornare in Albania, cosi' decido di prendere un altro bus per Gjakova (4 euro, stavolta preso per strada), direzione nord-ovest. Da qui un tassista mi porta per 2 euro verso un'altra parte della citta', una semplice piazzola con un paio di bar da dove partono dei pulmini per l'Albania. Questa e' forse la parte piu' hardcore che ho visto del Kosovo. In meno di un'ora, tre euro e una dogana dove praticamente nessuno mi ha chiesto i documenti e l'autista e' passato facendo un cenno col capo al gendarme di turno, arriviamo a Tropoja, Albania estremo nord-orientale. Bah, speriamo di non avere rogne in futuro nel passaporto.
Forse qualcuno fra i miei coetanei ricordera' questa canzone:
https://www.youtube.com/watch?v=bFFQUuDWQzs
Fu scritta e lanciata nel 1999 per ricordare e denunciare gli orrori della guerra nell'ex Jugoslavia, l'intervento militare in Kosovo e, piu' in generale, tutte le guerre dimenticate nel mondo. In questi giorni ho pensato molto a quegli anni. Sono felice di aver trovato, quasi 17 anni dipo, un Kosovo in piedi e con la schiena dritta, strade piene di giovani che guardano avanti con tanta voglia di fare e vivere. In pace.
0 Comments:
Post a Comment
<< Home