Balkans on the road, 15 anni dopo (V): da Valona a Berat.
A Valona e' l'ora di punta, il caldo uccide e io tanto per cambiare non ho una mappa della citta', ma solo un indirizzo di un ostello economico. Provo a chiedere in giro, tutti molti gentili, qualcuno parla anche italiano discretamente bene, gironzolo in su e in giu' ma niente da fare, non riesco a trovare il posto: solo sudore, polvere e bestemmie. Finalmente provo con un signore che gestisce un bar piccolo e vuoto. Non parla nessuna lingua che io conosca ma appena gli mostro l'indirizzo prende carta e penna e mi disegna una strada che di fatti mi portera' all'ostello. E' in una stradina non lontana dal centro, ben curato e accogliente, gestito da un simpatico omino che parla perfettamente inglese. Ci sono altri "backpackers", quattro ragazzi da Oceania e Nord Europa, come me in giro per i Balcani. Una rapida doccia e torno nel centro di Valona per visitare la citta' (un ostello e' un "non luogo" per eccellenza, il posto dove rischi di perderti, alienarti dalla realta', stare tutto il tempo su wi-fi e parlare con gente di nazionalita' diverse che con quel luogo non hanno nulla a che vedere. Non ho nulla contro gli ostelli, purche' restino un posto dove passare la notte e non le vacanze).
Sono in Albania da diversi giorni e non ho ancora provato la raki, la grappa albanese. La raki e' una cosa seria, non la si puo' bere al ristorante o in un bar qualsiasi: ci vuole il bar giusto. Cosi' torno dal signore che mi aveva indicato la via dell'ostello e li' ricevo il mio battesimo di raki. Il signore sembra super felice di avermi nel suo bar, fa di tutto per comunicare con me, ci prendiamo anche un caffe' turco assieme, ma senza lingua comune non si va lontano. Procedo verso il porto, osservo il centro cittadino e lo stadio del glorioso Flamurtari, poi il lungomare e una mostra al museo dell'indipendenza e di storia: cimeli e oggettistica dagli Illiri ai rivoluzionari tempi moderni. "Voi italiani dovreste imparare a parlare albanese, non potete venire in Albania e pretendere di parlare italiano", mi suggerisce la signora nel museo. Non ha tutti i torti.
Ah, Valona, Valona! Da qui sono partiti nei primi anni novanta tantissimi gommoni carichi di albanesi verso le coste pugliesi (davvero un tiro di schioppo, due ore appena di mare!) e poi piu' tardi anche tanti migranti dall'Est Europa e Medio Oriente. Ricordo "l'invasione" di richiedenti asilo politico nei primi anni novanta; i commenti di molti italiani sono (guarda caso) gli stessi che fanno oggi nei confronti di africani e siriani: sono sporchi, sono maleducati, ci rubano il lavoro, portano malattie, sono pericolosi, sono ladri, sono terroristi, stuprano le nostre donne, ci imporranno i loro usi, costumi e credo religioso. Sono passati diversi anni, mi aspettavo piu' fantasia e creativita' da parte degli italioti. Al tempo "albanese" era sinonimo di profugo, delinquente, ladro, barbone, poveraccio, straccione, schiavo, spacciatore, rapinatore: "albanese" al femminile era sinonimo di prostituta. Eppure qui mi fanno notare che gli albanesi hanno un buon ricordo dell'Italia e degli italiani poiche' "ci hanno trattato bene". Meno male, anche se faccio fatica a pensare che sia andata davvero cosi'.
A Valona si incontrano il Mar Adriatico e il Mar Ionio e le vere attrazioni sono quelle balneari: spiaggie bellissime e isolotti soprattutto nella parte meridionale.
Sono talmente stanco dal viaggio a piedi sotto il sole degli ultimi giorni che in ostello alle ore 19.25 sono gia' in branda, dove muoio poco dopo. Prima del tramonto, prima delle galline, prima dei ricoverati in ospedale, prima. Il giorno dopo mi svegliano per sapere se mi sento bene. Non mi sento piu' le gambe, ma a parte questo mi sento bene. Faccio colazione (formaggio greco, pomodori, cetrioli, pane, marmellata di fichi, caffe') con il gestore dell'ostello, passo al bar per un ultimo raki col gentilissimo signore (la grappa qui fa una 20ina di gradi e molti albanesi la prendono di mattina dopo il caffe' per "avere la testa meno pesante") e prendo un piccolo furgone che in mezz'ora mi porta a Fier, a nord di Valona.
A pochi chilometri da qua si trova l'antica citta' di Apollonia, ora grande parco archeologico. Il sole pero' picchia troppo duro e decido di riposarmi al fresco di un Internet Cafe'. Piu' tardi raggiungo in autobus la citta' di Berat, a un'ora d'auto a est di Fier. Secondo me questa e' una tappa obbligatoria per chi e' in viaggio in Albania. Ricorda un po' Argirocastro, ma e' piu' solenne e meno turistica. Il castello che sovrasta la citta' e' uno spettacolo per la calma e il fascino che lo contraddistingue, il classico posto dove il tempo sembra essersi fermato. Mi siedo sulla mura ad aspettare il tramonto, piu' in la' stanno celebrando un matrimonio.
In tarda serata scendo a valle e mi fermo a prendere prima una birra in un bar (che in realta' e' una specie di Punto Snai,come mi spiega il gestore, un simpatico ragazzo che ha lavorato a Rimini per diversi anni), poi in una bettolina di anziani a consumare raki in loro compagnia. Risultato, ne' nel primo locale ne' nel secondo mi hanno fatto pagare, perche' hanno voluto offrire loro da bere.
Albanesi brava gente.
E' ormai notte fonda, mi dirigo a piedi verso la stazione dei bus. Il primo bus per Fier e' alle otto di mattina, cosi' vado verso fuori citta' alla ricerca di un posto tranquillo dove passare le ore notturne. Vedo hotel a cinque stelle e mi chiedo perche' mai pagare per cinque stelle quando possiamo averle tutte gratis. Piazzo il sacco a pelo in un campo di ulivi e dormo beato fino a mattina inoltrata.
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