Diario di viaggio (VIII): quel giorno che la prendemmo nel c..o
Dopo una rapida e svogliata ricerca su internet, decidiamo cosi' di non tornare piu' in Brasile ne' andare in Uruguay ma dirigerci invece verso l'Argentina settentrionale e la citta' andina di Salta, al confine col Cile del nord. Da Asuncion la strada da battere pare sia quella attraverso Resistencia e Tucuman, 1.400 chilometri circa, a cui si aggiungono gli oltre 1.800 chilometri gia' percorsi da Rio de Janeiro a qui. Non male.
Il bus che da Asuncion arriva a Resistencia impiega circa sette ore, di cui una passata fermi alla frontiera con l'Argentina. Quella sera si giocava infatti la finale di coppa ad Asuncion tra Olympia e San Lorenzo, una squadra di Buenos Aires, e i tifosi avevano appena invaso la dogana.
Avviso ai viaggiatori: le zone di frontiera sono sempre caotiche e piene di ogni tipo di gente, si sa. A questa in particolare ci sono diversi personaggi che sembrano in divisa e sembrano personale di polizia che aiuta con le operazioni di attraversamento. In realta' prendono di mira i pullman, tirano giu' i bagagli e infilano le mano un po' ovunque, per poi eventualmente chiedere soldi per restituire il mal tolto. A noi ci avevano messo in guardia due gentili coniugi argentini e abbiamo cosi' evitato il peggio. Occhio, quindi.
Arrivati in tarda serata a Resistencia, la brutta (ma doverosa!) notizia: il pullman per Salta e' partito da un'ora e il prossimo parte tra 23 ore! E' ormai notte, la stazione e' quasi vuota di persone e piena di cani randagi, siamo in estrema periferia e oltretutto qui e' inverno e fa un freddo boia, dato anche il vento e la pioggia che batte sulla tettoia della stazione aperta. Non ci sono ostelli nei paraggi e l'hotel piu' vicino e' a mezz'ora di taxi. In altre parole, siamo in trappola! Due ragazzi del posto ci consigliano di non uscire dalla stazione perche' a quest'ora e' pericoloso: decidiamo quindi di passare la notte sulle panchine della stazione. E' stato forse questo il momento piu' duro dell'intero viaggio: senza avere ne' una cartina dell'Argentina, ne' una guida turistica del paese e tantomeno internet al cellulare si e' praticamente fottuti. Devo ammettere che in quel momento una guida e uno smart-phone forse ci sarebbero stati utili. Fortunatamente chiedendo in giro agli ultimi baracchini aperti scopro che c'e' un pullman per Tucuman alle sette di mattina. Paghiamo i maledetti 50 euro e aspettiamo all'addiaccio e al ghiaccio il bus. Tra latrati di cagnacci randagi e il pianto di una bimba, tra qualche lettura e poche decine di minuti di sonno, sopravviviamo alla notte per poi svenire in pullman. Questa canzone riassume forse le tristi emozioni di quella nottata:
Veniamo svegliati alcune ore dopo dall'autista che passa a portarci la colazione prima e poi il pranzo (mmmm, che buono!! ... vedi foto). In effetti il pullman non si ferma quasi mai, tira dritta per tutto il nord argentino attraverso paesaggi desolanti e semi-desertici. Undici ore dopo il viaggio della speranza arriva a destinazione: Tucuman! E' sera ormai, abbiamo giusto il tempo di prendere dell'acqua per il mate e saliamo al volo su un altro bus per Salta, dove arriviamo quattro ore dopo.
E' notte e non si vedono, ma sono li': le Ande cazzo!
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