Sunday, August 03, 2014

Diario di viaggio (III): Santos, dove Pele' gioco' e segno' assai...

Tempo di lasciare Rio e andare ad incontrare i parenti di F. nella citta' di Santos, 500.000 persone, porto dell'immensa metropoli di Sao Paulo e meta d'arrivo per gran parte degli immigrati che nei secoli passati arrivarono in Brasile (italiani in primis). Non vi sto a raccontare nel dettaglio legami parenterali e improbabili incontri tra nuove generazioni di vecchi emigranti, fatto sta che da qualche anno F. ha scoperto di avere questi cugini e zii in questa parte del mondo e lo scorso Natale abbiamo deciso insieme di usare questo come motivo della nostra visita in sud America.

Mio cugino ha un cugino di nome B. In verita' di cugini ne ha tantissimi tra Santos e Sao Paulo. Il papa' di B. lavora a Rio e ci offre un passaggio fino a Santos. Sono circa 600 chilometri e oltre sei ore di auto. Le strade sono grandi e pulite, assomigliano alle autostrade italiane, ma il paesaggio non offre gran che. Ci fermiamo un paio di volte per mangiare qualche specialita' locale. Il papa' di B. scherza ripetute volte sulle distanze enormi che dividono una citta' da un'altra in Brasile, distanze assurde per un europeo. Forse ha ragione: e' cosi' che io mi immaginavo non tanto il Brasile ma il Canada o l'Australia, metropoli che distano 10 ore una dall'altra e aereo come mezzo principale di spostamento.

Arrivati a Santos conosciamo i nonni di B., di cui uno nipote di un immigrato toscano. Qui molti hanno un antenato italiano o europeo. Di fatti sia Rio che Santos hanno una forte influenza culturale europea. Diverse sono invece le grande aree del nord brasiliano, dove maggiore e' la concentrazione di persone di origine e cultura africana. Insomma, ci sentiamo subito a casa: la cortesia, la gentilezza, l'allegria, il cibo sono decisamente targati 'made in Italy'. Il giorno dopo arrivano anche gli altri componenti della larga famiglia e noi ne approfittiamo per fare un giro per il centro storico e il porto. La storia di questa citta' si identifica con la storia dell'immigrazione europea. Nel pomeriggio andiamo allo stadio a vedere (rigorosamente in curva) una partita della serie A brasiliana tra il Santos e un'altra squadra. Lo stadio e' vecchio e piccolo, ma il calore dei tifosi e' grande come ti aspetti da uno stadio sud-americano, d'altronde questo e' lo stadio dove gioco' per molti anni niente po-po di meno che Pele'. Gli ultra' qui si chiamano Torcida, cantano e saltano appassionatamente per i 90 minuti ma i cori sono onestamente pochi, tra cui uno divertente che insulta l'arbitro e uno in omaggio dei 1000 gol di Pele'. Lo stadio era mezzo vuoto, evidentemente anche qui la pay-tv e le partite giocate in orari assurdi sta uccidendo il calcio come in Europa. Il risultato finale e' di 3 a 0 per i locali e noi usciamo a festeggiare e scattare foto.

La sera mega-cenone in stile natalizio con altri cugini e parenti appartenenti ad un'altra famiglia... Tutto questo affetto e questo sentirsi a casa mi hanno dato molto da riflettere e porta in se' il senso stesso di questo viaggio, nonostante il portoghese sia spesso un ostacolo (per fortuna i piu' giovani se la cavano piu' che bene con l'inglese). I giorni a seguire abbiamo tempo per visitare l'acquario locale, le spiagge e i cantieri navali di Santos, per poi lasciarci guidare da due cugini di F. a Sao Paulo. 

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