Thursday, March 15, 2012

Il sinologo che è in te: Italiani che parlano di Cina e il problema della 代表性.

Specialmente negli ultimi tempi sto notando come sia sempre più ricco il web (anche solo per la lingua italiana) di siti, spazi, blog, forum e giornalismo on-line sulla Cina. Spesso “dalla Cina”. Testimonianze di studenti, reporter, viaggiatori, uomini d'affari, tecnici e avventurieri italiani che vivono in territorio cinese. Questo stesso blog è nato così, nel non troppo lontano ottobre 2006. Già vi erano moltissimi blog sulla Cina in lingua italiana. Oggi il numero è centuplicato credo. O la stessa agenzia stampa ChinaFiles per la quale ancora lavoro è un ottimo esempio di questo. E il forum di Cineresie. Mi fermo qui. La lista è lunga.

E lo noto con piacere. Forse la somma delle informazioni e delle testimonianze contenute in questi spazi riuscirà a dare un'idea a grandi linee e non troppo fallace di cosa sia la complessità cinese. Ne sono felice. Nonostante l'oceano di immondizia che trovi in rete, forse tra tutti riusciamo a descrivere la Cina in modo soggettivo sì, ma non eccessivamente irreale.

Di Cina si può parlare in infiniti modi e con infinite prospettive. Focalizzando su aspetti marginali ma non per questo non interessanti, o seguendo il gregge e riempire la rete di luoghi comuni e banalità, stile “i comunisti mangiano i bambini” o “i cinesi non muoiono mai, l'ho sentito dire dalla parrucchiera”. E anche qui io sono favorevole alla molteplicità e pluralità di contenuti ed informazione. Non esiste una Cina ma diverse Cine, non esistono i cinesi ma diversi tipi di cinesi.

C'è però una cosa al quale il lettore e la lettrice italiano/a devono prestare attenzione. Nei racconti del testimone o del reporter italiano (in buona o cattiva fede che sia) bisogna cercare di capire quanto rappresentativo della collettività cinese sia quello di cui si sta parlando. Non possiamo mettere ogni racconto ed ogni descrizione sullo stesso piano. Si pone cioè un problema di 代表性: rappresentatività.

Il tè, il gongfu (kungfu), il pensiero confuciano, la calligrafia, la tessera del Partito comunista cinese, il preferire il figlio maschio, l'origine contadina, il mangiare piccante o il bere grappa sono elementi significativi della cultura e della contemporaneità cinese. Ma nono sono tutti sullo stesso piano. Né rappresentano la stessa percentuale di popolazione cinese.

Per questo è importante narrare degli aborti clandestini oltre il secondo mese di gravidanza per evitare la nascita di una figlia femmina, ma è fondamentale ricordare che questo in Cina è illegale e avviene come (sparo, tanto per rendere l'idea) in Italia i fenomeni riportati di pedofilia.
É importate raccontare di essere andati a cena con un ricco rampollo pechinese, che ci ha offerto una banchetto da 1000 euro con tanto di mignotta russa uscita da una Ferrari riempita a Champagne francese, ma è fondamentale ricordare che in Cina centinaia di milioni di contadini ed operai hanno oggi un salario medio di 100 euro al mese.
Fa ridere raccontare che la propria donna delle pulizie cinese non sa come si usa un Mocio Vileda, ma è fondamentale ricordare che in molte case di campagna non c'è né il bagno né l'acqua corrente. Io ne ho visti e vi ho anche vissuto. Chi ride della propria donna delle pulizie anche?
È importante dire che un certo Liu Xiaobo è in carcere solo per le sue idee. Ma è anche fondamentale ricordare che l'opinione pubblica cinese non sa neanche chi sia Liu Xiaobo, perché è occupata in ben altro tipo di problematiche. Ed è fondamentale notare che chi gli ha conferito il Premio Nobel per la pace non sapeva minimamente neanche come pronunciare il nome di Liu Xiaobo. Segno evidente di quanto bene conoscesse l'intellettuale e le sue opere, per conferirgli un premio del genere.

So di star dicendo un mucchio di ovvietà. Ma so anche di non poterne più di leggere libri e testimonianze pubblicate sui principali media di celebri giornalisti e scrittori occidentali che sono stati in Cina talmente tanto da descriverla solo e sempre come il paese della cuccagna per il vecchio uomo bianco che di fare colonialismo ancora non si è stancato.

1 Comments:

At 10:18 AM, Anonymous Anonymous said...

Ottimo, cazzo. Un vademecuum da diffondere.

 

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