Monday, August 19, 2019

Viaggio in Colombia (XIV): Rio delle Amazzoni, finalmente.


La barca mercantile parte puntuale e lentamente alle sette di mattina dal porticciolo di Cabo Pantoja. A bordo, per ora, una decina di marinai / addetti ai lavori (con mogli e figli al seguito), qualche passeggero peruviano e diversi backpacker (o mocilleros, come ci chiamano qui). Una giovane studentessa tedesca, un altro tedesco, due argentini (di cui uno con nonna di Macerata!), due viaggiatori del veronese, una ragazza svizzera, un'americana e un cittadino del mondo nato in Ungheria. Bella squadra. Chiacchierare con loro, condividere le rotte dei viaggi, i posti visti, le sigarette, la curiosita' per questo trasporto fluviale e i pasti scarsi e sempre riciclati sara' gran parte di tutto cio' che avremmo da fare in queste 52 ore di lunghissima permanenza in nave. Per il resto abbiamo bighellonato sul ponte, dormito nelle amache, lavato i vestiti con acqua piovana, letto libri propri e altrui. La convivenza a bordo, tra quintali di banane, mandarini, merci varie, passeggeri indigeni, due maiali, tre buoi, svariate galline (molte delle quali sono state cucinate per i nostri pasti) e una scimmietta, e' stata tutto sommato divertente, per quanto uguale a se stessa e lenta come il procedere della barca. Questa imbarcazione, infatti, si e' fermata decine di volte al giorno per i vari villaggi lungo il Rio Napo a caricare e scaricare merci e persone, a volte con operazioni che duravano ore. Una volta siamo rimasti incagliati sul fondo melmoso del fiume per diverse ore, ma era notte e nessuno se ne e' accorto. Abbiamo anche assistito al naufragio di una barchetta di pescatori, senza gravi conseguenze per nessuno. 

Arrivati a Mazan, io, C. e W. siamo scesi dalla nave, per prendere un moto-taxi per Indiana e da li' una barca veloce per Iquitos, tagliando cosi' il fiume via terra e risparmiando oltre un altro giorno di navigazione. A Mazan e a Indiana non c'e' molto da fare e, considerando la stanchezza degli ultimi tre giorni di vita fluviale e la voglia di arrivare a destinazione, prendiamo la prima barca veloce che, attraversando quello che ormai e' il mitico Rio delle Amazzoni, ci porta a Iquitos in una 40ina di minuti. 
Iquitos (mezzo milione di abitanti circa, citta' raggiungibile solo via nave o aereo) ci appare molto piu' brutta e grigia di quanto non ci aspettassimo. Gia' a partire dal porto, arroccato con palafitte e travi di fortuna su una spiaggia melmosa e piena di immondizia. Infernale traffico di auto e moto-taxi, puzzo incredibile di smog, strade squadrate, case bruttine e palazzine peggio. Troviamo un ostello in zona centrale, bello sgarrupato e ancora in costruzione, gestito da una coppia franco-peruviana e abitato da altri mocilleros, visto il costo contenuto (cinque euro o giu' di li'). La moneta ufficiale del Peru' e' il sol, che equivale a circa 1.000 pesos colombiani. Per comprare un euro ci vogliono 3,5 soles circa. Cambiamo tutti i dollari ecuadoreñi che ancora avevamo in soles e iniziamo la scoperta della citta'. Non sembra ci sia molto da fare o vedere, in effetti Iquitos e' zona di passaggio di molti turisti, viaggiatori o naturalisti perche' citta' di partenza per le escursioni nella foresta amazzonica peruviana. Cosi' decidiamo anche noi di prenotare un tour per il giorno dopo presso un'agenzia specializzata per 126 soles a testa (35 euro circa). La sera gironzoliamo per il lungofiume, denso di turisti e ristoranti, per poi fare nottata nei peggiori bar della zona. Uno su tutti conquista la mia stima e ammirazione, un locale a meta' tra alimentari, bar e cantina, aperto tutta la notte e frequentato dal meglio del peggio dell'edonismo e della goliardia autoctona. Si trova a due passi dal nostro ostello, si chiama La Sublime e gia' il nome dice tutto.

Il giorno dopo, alle 9, siamo pronti (si fa per dire!) per il nostro tour nella foresta amazzonica. Moto-taxi fino ad uno dei porti cittadini, trasferimento in barca veloce, un'oretta di trasporto fino ad una delle tante entrate al cuore verde del Pianeta Terra. Ed e' subito grande emozione. A guidarci e' un simpaticissimo ventenne locale, meta' indigeno meta' peruviano, molto preparato sul tema. Sentieri di fango nella giungla, insetti vari, zanzare agguerrite, scimmie, perezos (i folivori, i bradipi piu' lenti e pigri al mondo), indigeni locali seminudi e con le tette al vento, palle enormi di termiti, liane alla Tarzan, grandi piante commestibili e piante medicinali dalle proprieta' miracolose (dicono che curino di tutto, il cancro in primis) sono quello che abbiamo visto nelle tre ore di passeggiata. Niente anaconda, purtroppo. Poi tutti a far pranzo a base del solito riso con pollo, banane fritte e pomodoro, in una palafitta creata da un signore polacco, dove a lavorare e' un migrante venezuelano. Infine a tentare, senza successo, di pescare piraña o altri pesci nel pescoso Rio delle Amazzoni. Nel tardo pomeriggio il rientro a Iquitos.

Un giretto nel mercato locale, poi a riprendere gli zaini in ostello, mangiare qualcosa in una caffetteria e dormicchiare nel parco del lungofiume, in attesa che un nuovo battello ci porti, alle cinque di mattina, nuovamente in Colombia. A Leticia, per la precizione, dopo ben dieci ore di navigazione e 140 soles.
Arrivati nel primo pomeriggio, veniamo portati a sbrigare le pratiche burocratiche per l'uscita dal Peru' e l'ingresso in Colombia. Tutto liscio. E finalmente, nuovamente Colombia! Torniamo ad avere pesos colombiani e l'accesso a internet dal cellulare. Leticia (45.000 abitanti per la tranquilla cittadina-capitale dell'amazzonia colombiana) ci appare molto piu' serena, rilassata e colorata della triste e inquinata Iquitos. Ed e' subito musica salsa sparata da bar e negozi, atmosfera di allegria, pienone di turisti e mocilleros, piu' o meno tutti di passaggio visto che Leticia e' al confine tra Colombia, Peru' e Brasile, e da qui, oltre ai vari contrabbandi e narcotraffici, passano i viaggiatori diretti in nave a Manaus, nel cuore dell'amazzonia brasiliana, o addirittura a Belem, sull'Oceano Atlantico, qualche migliaio di chilometri piu' a est. Sempre via Rio delle Amazzoni, si intende.
Non e' il nostro caso, che siamo solo in attesa (il giorno dopo) di un volo per Bogota'. A cena conosciamo due ragazze italiane che lavorano in Colombia e Guatemala nel campo della cooperazione e sviluppo gia' da qualche anno. Cena a base di ottimo pesce alla griglia, servito con riso e banane fritte, da un ambulante vicino il porto. Spesa ridicola. Serata di stanche birrette e ultimi brindisi alla fine del viaggio. Il mattino seguente, prima di raggiungere l'aeroporto che e' a due passi dal centro cittadino, facciamo un giro nel bellissimo mercato locale e riusciamo a comprare e farci cucinare il tanto desiderato piraña. Un piraña un euro, piu' un euro per farselo cucinare in brodo di coriandolo. Non capisco perche' solo in Italia il pesce costi cosi' tanto.

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