Monday, August 19, 2019

Viaggio in Colombia (XIII): ¡Bienvenidos a Perú!


Della notte sciamanica presso la comunita' indigena nella foresta vicino Dureno (Ecuador) non scrivero' niente, se non che il risveglio e' stato malandrino. Il caldo umido e appiccicoso, la mancanza di acqua corrente o di ruscelli nei pressi, il fango fino alle ginocchia, l'assedio di insetti amazzonici. Scopro inoltre che la mia maglietta e un paio di calzini sono stati divorati da formiche giganti. Le cuffiette del cellulare rovinate dall'umidita', stessa cosa per il lettore mp3. Addio musica. 
Lo sciamano ci invita a casa (una palafitta di legno dove vive con numerosa prole e animali da cortile) per una colazione a base di brodo di pollo e un succo dolcissimo a placare la sete.

Salutiamo la tribu' e riprendiamo il cammino verso la statale piu' vicina. Nell'attraversare un grosso fiume ne approfittiamo per un bagno rigenerante, pulire un po' i vestiti e rifare lo zaino. Lungo la statale facciamo autostop e ci prende subito in auto un signore ecuadoreño che lavora nel turismo locale. Il numero di turisti e' in aumento, dice, quasi tutti da Europa e Nord America. Di cinesi o asiatici quasi niente. In effetti, in quasi un mese di viaggio in Colombia non ho mai visto mandarini in giro.
Il tizio ci lascia nella citta' di Nueva Loja, da dove prendiamo un jeep per Coca, 80 km piu' a sud. Carina cittadina portuale, con un lungofiume colorato e la presenza di scimmiette sugli alberi. Ideale per un po' di relax, in attesa di prendere una barca veloce per Nuevo Rocafuerte, al confine orientale con il Peru', attraverso il fiume Rio Napo. Il viaggio dura una decina di ore, costa 18 dollari e la prima corsa e' la mattina seguente alle sette. Con grande sorpresa, lasciano me, C. e W. dormire nella barca. Da quanto riusciamo a capire, il mondo civilizzato termina qui, perche' d'ora in poi non troveremo bancomat, uffici o banche fino ad Iquitos (Peru'), ovvero diverse centinaia di chilometri e giornate di navigazione piu' a est. Ne approfittiamo per fare un po' di spesa e ritirare dollari ecuadoreñi.
Meno allegri, rumorosi e cordiali dei colombiani questi ecuadoreñi, ma comunque sempre di aiuto, seppur molto riservati. All'alba ci fanno scendere dalla barca, per fare il controllo documenti, consegnarci i giubbotti salvagente e far salire i circa 60 passeggeri. Siamo gli unici stranieri. A bordo anche bambini, merci ed animali. Nel silenzio ecuadoreño, appunto. 

Arriviamo a Nuevo Rocafuerte nel primo pomeriggio. Siamo gli ultimi passeggeri, gli altri sono gia' scesi nei villaggi lungo il Rio Napo. Ad attenderci c'e' un diluvio universale e la quasi assenza di esseri umani in quello che ha si' e no la parvenza di un villaggio amazzonico di frontiera. Chiediamo dove sia la stazione di polizia, ci mandano in fondo all'unica via percorribile, ricca di fango e pozze d'acqua da affogarci dentro. Piu' che un ufficio di polizia sembra una baracca di legno per il dopolavoro. Restiamo fulminati da quello che ci dicono: il timbro d'uscita dall'Ecuador andava fatto a Coca, perche' qui hanno gia' chiuso gli uffici e fermato il servizio. Panico. L'idea di perdere due giorni per andare e tornare da Coca in barca non ci piace affatto, inoltre non faremmo in tempo per giungere a Leticia e prendere il nostro volo per Bogota' tra cinque giorni. Per fortuna la nostra insistenza spinge l'impiegato  a prendere il telefono e chiamare l'ufficio di Coca. Alla fine ci dice che possiamo uscire senza timbro ecuadoreño (!!!) e di spiegare la situazione una volta arrivati all'ufficio immigrazione lato peruviano. Non credo mi sia mai successo di uscire da un paese senza il timbro dell'autorita' competente. Le frontiere qui sono luoghi di passaggio, la burocrazia e' informale. Grande doganiere, apri tutto!!

Il tempo di una birretta in attesa che smetta di piovere e contrattiamo con un ragazzo un passaggio via fiume su una barchetta da pescatore fino alla frontiera con il Peru'. 20 dollari a testa per un'ora di navigazione. Il percorso nel silenzio del Rio Napo, circondati dalla foresta amazzonica e dal riflesso rosaceo del tramonto sulle acque del fiume, vale da solo tutta la fatica del viaggio svolto per arrivare fin qui. Orgasmo.

Arriviamo che e' ormai notte a Cabo Pantoja. Piccolo villaggio di frontiera, clima rilassato, soldati simpatici e impiegata alla dogana altrettanto accogliente: non ci pianta grane per la mancanza del timbro d'uscita e ci fa in pochi minuti il visto peruviano: quel "¡Bienvenidos a Perú!" con tanto di sorriso che suona come una liberazione e la voglia di festeggiare subito con birra e sigarette.
Torniamo al porto per cercare un mezzo navale che vada in direzione Iquitos, la capitale amazzonica peruviana, a circa 400 km da qui. Siamo in piena foresta e qui non ci sono strade o altri mezzi di trasporto diversi dalle barche. Il fiume non e' solo vita, ma soprattutto mezzo di comunicazione. Difficile da comprendere per un europeo, credo. 
Da qui, ci dicono, partono solo due tipi di navi, una piu' veloce e una piu' lenta. Il tempo di arrivo varia dai due ai cinque giorni. Il costo varia a seconda della contrattazione, le imbarcazioni sono private e mercantili, quindi ospitano passeggeri ma danno la precedenza alle merci.
Contrattiamo un prezzo con i marinai di una delle due navi ferme nel porto, che ci permettono anche di passare la notte a bordo. Domani ci attende un viaggio di tre giorni in barca in uno dei principali affluenti diretti del Rio delle Amazzoni. 
Pronti per l'avventura. Con la v doppia e maiuscola.  

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