Thursday, August 06, 2015

Malacca paura nessuna: lezioni di sinologia dai cinesi di Ipoh.



Ipoh si trova a due ore e mezza di bus da Kuala Lumpur. E' capitale dello Stato del Perak (la Malesia e' divisa per Stati e ogni Stato ha un sultano), tra le citta' piu' grandi e importanti del paese. Anche questa fu meta di arrivo di immigrati cinesi e deve il suo sviluppo alla fruttuosa industria estrattiva dello stagno. E' famosa inoltre per la produzione di noccioline e di limo, e per essere soprannominata la "Piccola Guilin", per delle formazioni montuose fuori citta' che la fanno assomigliare alla piu' nota localita' cinese.

Stavolta ad accogliermi c'e' H., un sessantenne architetto di origine cinese e lingua cantonese, attivista locale per quel che riguarda il patrimonio artistico e architettonico malesiano. Ha vissuto molti anni in Australia e parla perfettamente inglese. Viene a prendermi in stazione e mi porta subito a bere una birra fredda in un antico bar cingalese: inutile dire che con lui mi trovo subito a mio agio, per gli interessi e la passione che abbiamo in comune. Sono stato con lui tre giorni di fila ed e' stato per me amico, collega e guida turistica/culturale alla citta' di Ipoh e ai suoi dintorni. Non riuscendo (per l'ennesima volta) a procurarmi un biglietto del treno per Penang, mi ha accompagnato lui stesso in auto. Il tutto rigorosamente gratis, visto che non mi permetteva di mettere mano al portafogli. Un mito di persona davvero.

Ma soprattutto H. ha fatto un po' di chiarezza nel mio cervello per quel che riguarda la storia e le origini della migrazione cinese da queste parti. Migrazione che, come gia' detto, risale alla fine dell'800, con cinesi venuti via nave dal sud-est dell'Impero Qing e appartenenti a tre "gruppi etnici" distinti: hakka, hokkien (ovvero gli abitanti del Fujian che parlano la lingua minnan) e cantonesi. Agli occhi dei altri malesiani sono tutti cinesi, ma in realta' da sempre poco legati per motivi linguistici, culturali e di estrazione economica e sociale. H. mi parla moltissimo anche della situazione politica attuale e dei contrasti e attriti atavici che ci sono tra i gruppi etnici princiapli del paese, ovvero malesi (nuova classe dirigente appoggiata dal re e dal governo), cinesi (traino economico), indu', tamil ed altri. Ha, secondo me, un punto di vista un po' troppo etnocentrico e a volte razzista: di questo abbiamo discusso parecchio e scherzato. Dopotutto, forse il razzismo e' piu' un tabu' e un male a prescindere nel mondo europeo e occidentale per i motivi storici che ci toccano da vicino (vedi la Germania nazista e lo sterminio su base razziale). Ho la sensazione che qui in Asia la prendano in modo piu' soft e accettino "discorsi razzisti" un po' come da noi accettiamo piu' facilmente nazionalismi o campanilismi. 
H. e' un pozzo di sapere e tra un caffe' indiano, una birra singaporese, un piatto di riso alla cantonese o una zuppa di spaghetti hakka mi illumina anhe sugli aspetti religiosi del posto e sugli eventi politici che hanno riguardato anche lui, come le lotte razziali del 1969 a Kuala Lumpur e altre citta' malesiane. A suo modo di vedere (cosa che ho riscontrato anche con altri cinesi del posto) la "vera" cultura tradizionale cinese si trova oggi qui e non piu' nella Repubblica popolare cinese, martoriata da 30 anni di comunismo e 30 di capitalismo consumista. Non hanno tutti i torti, qui si vedono usi e costumi cinesi genuini cosi' come erano tra la fine dell'800 e la fine degli anni '30 e '40, ma c'e' una piccola (enorme) puntualizzazione da fare: le culture importate qui da Fujian e Guangdong da migranti hakka, hokkien o cantonesi non rappresentavano e non rappresentano la Cina. Quindi e' forse piu' corretto dire che qui troviamo elementi di culture del sud-est cinese meglio conservate e piu' genuine di quanto non siano oggi nel Fujian o nel Guangdong.

Ok, la smetto di annoiarvi con queste pseudo-ricerche sul campo e considerazioni pseudo-sinologiche. Torniamo a parlare di viaggio.        

0 Comments:

Post a Comment

<< Home