Sunday, January 05, 2014

Appunti di viaggio: Catania

A Catania arrivo nel tardo pomeriggio. Uscendo dalla stazione e proseguendo verso sinistra si costeggia il porto, fino ad arrivare al centro della città. In giro bar, kebab e pub; chiese e teatri completano lo scenario. Decido di prendere una stanza in un albergo per passare la notte: bisogno assoluto di una doccia e ore di sonno.

La mattina dopo a Catania fanno 20 gradi, sembra una giornata primaverile. Visito la piazza con la fontana dell'elefante simbolo della città, la bellissima cattedrale, qualche chiesa, via Etnea e le viuzze del centro. Mi fermo una buona mezzora ad osservare lo spettacolo del mercato del pesce. In giro parecchie botteghe e piccoli alimentari, più che supermercati o attività di larga distribuzione. I mercatini vendono diversi tipi di frutta e verdura, soprattutto arance, limoni e cavoli. Non credo di aver mai visto tanti finocchi come qui in Sicilia. Consiglio di visitare assolutamente il teatro romano, sei euro spesi benissimo. Perso al suo interno, tra il buio e le pozzanghere dei piani inferiori, ho chiesto indicazioni all'unico gruppetto di turisti presenti; mi ha risposto un signore alto e ben vestito che con tutta probabilità era Franco Battiato, noto cantautore ed ex assessore al turismo per la Regione Sicilia. E' stato gentile e simpatico: "Per l'uscita? Da quella parte. Se ci riesce". In effetti il teatro non è il labirinto di Cnosso, ma non è facile orientarsi.

Considerazione numero uno: in Sicilia fumano tantissimo. Tutti, uomini e donne, vecchi e ragazzini. Fumano soprattutto sigarette, quasi per nulla il tabacco da rollare, come invece è più usuale dalle mie parti. Fumano talmente tanto che ho visto commesse fumare nei negozi e impiegati fumare negli uffici. Inutile far menzione dei bar.

Considerazione numero due: i biglietti d'ingresso. Al teatro romano c'erano davanti a me un uomo e una donna sulla cinquantina che hanno presentato all'impiegato dello sportello dei tesserini, il primo da giornalista, la seconda da insegnante. Entrato gratis il primo, ridotto (tre euro) la seconda.
Punto uno: essendo questa la classe più colta e tutto sommato per nulla indigente della nostra società, perché hanno diritto ad entrare gratis o con riduzione? Gratis dovrebbe entrare uno studente, un disoccupato, un clandestino che raccoglie le arance, un muratore che non arriva a fine mese, un precario che fa tre lavori per portare a casa 800 euro.
Punto due: io invece che tesserino dovrei presentare? Quello allo sportello mi guarda come a dire "E lei che professione fa?". Avrei dovuto rispondere: docente universitario; insegnante al liceo; interprete; contadino; precario; faccia lei. Sarebbe stato troppo complicato e comunque non avevo tesserini. Pagato i miei 6 euro di biglietto intero. Sei euro spesi benissimo, ripeto.
Fine della polemica.

Non mi resta che rifare un giretto per il centro, una foto alla statua bronzea del poeta dialettale catanese Giovanni Formisano e via a prendere il treno per Giarre-Riposto (ex Ionia), un paese ai piedi dell'Etna, tra Catania e Taormina.

Su di un muro che mi porta alla stazione leggo, firmato A cerchiata, l'interessante motto "Meno beni, più legami" e fuori da una libreria una citazione dello scrittore portoghese Fernando Pessoa: "Leggere è sognare per mano altrui".    

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