Appunti di viaggio: Palermo e Monreale (I).
Proprio la Sicilia era l'ultima regione italiana nella quale non avevo ancora messo piede. Da anni mi promettevo di andare e finalmente mi sono tolto questa piccola grande soddisfazione...
Il volo proveniente da Ancona atterra a Punta Raisi, l'aeroporto di Palermo distante una ventina di chilometri dalla città, stretto tra il mare e un massiccio roccioso. Viene a prendermi E., carissimo amico conosciuto a Pechino col quale ho passato non poche avventure assieme, una su tutta il progetto ThinkIn China. Siciliano doc, quale migliore compagnia e guida per questi tre giorni nel capoluogo siculo!
Mentre mi scarrozza per il centro, mi racconta un po' di questa bellissima isola di cui poco o niente so. E' il 30 dicembre pomeriggio e il cielo sembra quello d'Irlanda. Mi avevano detto che in Sicilia c'era il sole, vedo ahimè solo pioggia. Lascio lo zaino a casa di E. e corro in strada a divorare con gli occhi immagini palermitane. Sotto una pioggia densa e fastidiosa, cammino per la lunga via di attività commerciali che da piazza Castelnuovo va verso la stazione dei treni, passando attraverso il Teatro Massimo, corso Vittorio Emanuele, i Quattro Canti, piazza Pretoria e un'infinità di negozi al cui interno noto soprattutto commercianti di origine sud-asiatica: cingalesi, bengalesi, indiani, pakistani. Qui i cinesi sono la netta minoranza, di siciliani neanche l'ombra. Vado poi a dare un occhio alla bellissima cattedrale di Palermo, una di quelle costruzioni decisamente più affascinanti fuori che dentro.
Noto poche pizzerie in giro, mentre è pieno di bar e soprattutto pasticcerie. Se cercate un orgasmo allora sparatevi un cannolo siciliano davanti al Teatro Massimo, sulla cui cornice svetta la scritta "L'arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l'avvenire".
Ormai zuppo di pioggia torno verso casa di E., osservando le molte scritte di estrema sinistra e rivendicazioni anarco-sindacaliste per le mura del centro. Come a Torino ci sono i NoTav, a Roma i NoVat, a Venezia i NoMose, qui hanno i NoMous, anche se non ho ben capito di chi si tratti.
E. mi porta a fare qualche bicchiere di vino e assaggiare specialità siciliane in un paio di locali, di cui uno proprio all'interno delle vecchie mura della città, di fronte al porto. E' con noi G., un altro giovane palermitano conosciuto via internet, attivo nell'associazionismo e nella mediazione culturale Italia-Cina. E. mi mostra anche alcune viuzze e piazzette piene di bar e gioventù, tutte tra via Roma e corso Vittorio Emanuele, dove tornerò il giorno seguente.
Il volo proveniente da Ancona atterra a Punta Raisi, l'aeroporto di Palermo distante una ventina di chilometri dalla città, stretto tra il mare e un massiccio roccioso. Viene a prendermi E., carissimo amico conosciuto a Pechino col quale ho passato non poche avventure assieme, una su tutta il progetto ThinkIn China. Siciliano doc, quale migliore compagnia e guida per questi tre giorni nel capoluogo siculo!
Mentre mi scarrozza per il centro, mi racconta un po' di questa bellissima isola di cui poco o niente so. E' il 30 dicembre pomeriggio e il cielo sembra quello d'Irlanda. Mi avevano detto che in Sicilia c'era il sole, vedo ahimè solo pioggia. Lascio lo zaino a casa di E. e corro in strada a divorare con gli occhi immagini palermitane. Sotto una pioggia densa e fastidiosa, cammino per la lunga via di attività commerciali che da piazza Castelnuovo va verso la stazione dei treni, passando attraverso il Teatro Massimo, corso Vittorio Emanuele, i Quattro Canti, piazza Pretoria e un'infinità di negozi al cui interno noto soprattutto commercianti di origine sud-asiatica: cingalesi, bengalesi, indiani, pakistani. Qui i cinesi sono la netta minoranza, di siciliani neanche l'ombra. Vado poi a dare un occhio alla bellissima cattedrale di Palermo, una di quelle costruzioni decisamente più affascinanti fuori che dentro.
Noto poche pizzerie in giro, mentre è pieno di bar e soprattutto pasticcerie. Se cercate un orgasmo allora sparatevi un cannolo siciliano davanti al Teatro Massimo, sulla cui cornice svetta la scritta "L'arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l'avvenire".
Ormai zuppo di pioggia torno verso casa di E., osservando le molte scritte di estrema sinistra e rivendicazioni anarco-sindacaliste per le mura del centro. Come a Torino ci sono i NoTav, a Roma i NoVat, a Venezia i NoMose, qui hanno i NoMous, anche se non ho ben capito di chi si tratti.
E. mi porta a fare qualche bicchiere di vino e assaggiare specialità siciliane in un paio di locali, di cui uno proprio all'interno delle vecchie mura della città, di fronte al porto. E' con noi G., un altro giovane palermitano conosciuto via internet, attivo nell'associazionismo e nella mediazione culturale Italia-Cina. E. mi mostra anche alcune viuzze e piazzette piene di bar e gioventù, tutte tra via Roma e corso Vittorio Emanuele, dove tornerò il giorno seguente.
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