Finirà con i saluti.
È finita con una festa
a sorpresa. Con la torta in faccia, con tanta birra, le Converse appese al
chiodo, in allegria e con un pizzico di degenero (come sempre). Così è finita.
È finita con i saluti
in Facoltà. Con lo scambio di regali, affettuosi abbracci, “è stato un piacere
lavorare con te”, con le strette di mano e le pacche sulle spalle. Con il
vedere la preside commossa, la mia mentore, la mia collaboratrice, la donna che
tanta fiducia mi ha dato negli ultimi due anni. “La fiducia solo a chi se la
merita”, mi ha detto. Non poteva non partire una lacrima in discesa libera. Con i
“restiamo in contatto!” e i “vengo a trovarti in Italia”. Con gli in bocca al
lupo, gli “un’ultima bevuta insieme?”, una cornice per ricordo e una lettera di
messaggi firmati dai miei colleghi e dottorandi.
È finita inchiavando
per l’ultima volta il mio ufficio e consegnare le chiavi in segreteria. Con
l’ultimo pasto nella mensa degli studenti, con un braccialetto regalatomi da
un’amica cinese. Con l’ultima visita in biblioteca e l’ultima sigaretta nel
campus. Per poi lasciare sbadatamente e miseramente il pacchetto sulla panchina. Segno
evidente che prima o poi dovrò tornare.
È finita con la neo
dottorata la cui discussione di tesi ho presieduto ieri, e alla quale con
grande gioia abbiamo assegnato il massimo dei voti. È finita con “posso accompagnarti
alla stazione? Volevo fare due chiacchiere con te” e con una passeggiata
parlando degli esami ai quali la vita ogni giorno ci sottopone. Fantasticando
su cosa il futuro abbia in serbo per noi, le ansie per il lavoro, le relazioni
sentimentali e tutte queste menate qua. È finita rollandole e facendole fumare
una sigaretta, lei che, trentenne e appena neo dottorata, una cicca non l’aveva
mai fumata.
È finita con un pullman
per Dublino, a riabbriacciare un’amica e finire gli ultimi soldi in birra scura.
La notte in aeroporto e un volo che mi porterà, finalmente, in Italia.
Ciao Irlanda! Alta la
pinta, porterò sempre un ricordo verde e freschissimo di te: sláinte!
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