Monday, October 20, 2008

L'Orchestra Sinfonica di Roma in tour per la Cina

Nelle ultime due settimane ho seguito, come interprete, l'Orchestra Sinfonica di Roma in tour per la Cina (Pechino, Chengdu, Dujiangyan, Shanghai) per una serie di concerti di musica classica il cui incasso è stato devoluto in beneficienza alle vittime del terremoto del Sichuan (12 maggio 2008, 80.000 morti circa). Gran bella esperienza, non c'è che dire. Non sapevo pressoché nulla di orchestre, violini, trombe, allestimento palco, effetti sonori, tourneé etc... Nonostante qualche piccola grande difficoltà e una trentina di problemi all'ordine del giorno, diciamo che è stata una gran cosa anche e soprattutto per me, per le cose che ho imparato e la gente che ho conosciuto. Senza scendere nei particolari del viaggio e meno ancora sui lati pochi chiari e poco da far conoscere che ci sono dietro anche (e soprattutto) a operazioni di beneficienza (oramai nulla è consentito che non sia marketing e profitto), mi permetto qualche annotazione:

- Dormire è decisamente da mediocri, da falliti, da sfigati. Non ho mai dormito così poco in vita mia come negli ultimi tredici giorni. Ed è giusto così, me l'hanno insegnato questi grandi ragazzi italiani tecnici del palco dell'orchestra sinfonica: un'ora di sonno a notte, due pacchetti di sigarette al giorno, qualche bicchiere di troppo la sera, il resto lavoro e baldoria quando possibile. Fino a che un infarto non ti incontra per la strada, a ricordarti che non sei fatto di acciaio inox, ma di carne e ossa come tutti gli altri.

- Quando firmi un contratto guardatene bene da accettare di essere a disposizione per 24 ore al giorno. Specie se sei in sei a fare da interprete a 130 italiani che al 95% mettono piede in Cina per la prima volta.


- Ho rivalutato di molto gli italiani. Specie i giovani. Abbiamo quella particolare arte di prendere per culo anche la situazione più difficile e le circostanze meno auspicabili, quel sorriso in bocca che la fa da padrone, quel "Ma vattene a fare in culo!" o anche "E 'sti gran cazzi!" facile facile che aiuta nella vita di tutti giorni, specie nel lavoro. Quel gusto per il cibo e per i brindisi fino a sentirti male che ci rende non unici ma quasi nel mondo. Quella battuta sempre pronta e lo scherzo dietro l'angolo che ci rende così insopportabili e al tempo stesso amabili e benvoluti, e che forse ci allunga anche la vita. L'han detto un po' tutti: dagli organizzatori cinesi alle prostitute nei locali, passando per le cameriere dei ristoranti sette stelle.


- Mi accorgo sempre più di come nel mondo in generale e in Cina in particolare ci siano troppi ricchi troppo ricchi, troppi poveri troppo poveri e troppo squilibrio e ingiustizia sociale. Che quando il professore di politiche sociali mi dice che il coefficiente di Gini in Cina aumenta in maniera sempre più preoccupante ha ragione, cazzo se ha ragione. La Cina di Pechino e Shanghai sta diventando la capitale mondiale dello spreco e del consumismo inutile e selvaggio. Non andremo molto lontano, sento già il botto. A proposito di questo, un articolo di Sisci su Asia Times Online.


- Spaventosa ma anche gratificante l'esperienza in ospedale: mentre eravamo a Chengdu una mattina improvvisamente un ragazzo ha una sorta di infarto, dopo minuti di panico totale, grida e ambulanza, eccoci in un pronto soccorso cinese, io unico interprete, il moribondo, un amico italiano, diverse dottori e infermiere che non sempre parlano il cinese che conosco io, tariffe da pagare in continuazione (evviva la sanità pubblica italiana, che anche se carente e schifosa almeno è in gran parte GRATUITA, specie nelle situazioni di emergenza!) e alla fine la situazione che si normalizza, arrivano i rinforzi, telefonate all'ambasciata, un interprete cinese, un'altra ragazza da far visitare, il cuore che torna a battere normalmente. Morale della favola: in tre abbiam passato la notte in una stanza d'ospedale, girandoci e rigirandoci in una comodissima poltrona formato chihuahua, a mangiar frutta e sparare cazzate all'italiana mentre le giovani infermiere venivano a cambiar la flebo e pretendere che capissi parole come "diabete" e "coronarie otturate". Il giorno dopo tutti via a gambe levate, un sigaro per festeggiare l'evento.


- Spaventosa anche l'idea di Cina con la quale la gran parte dei musicisti è arrivata a Pechino: pensavano di trovare l'Africa, di non poter mangiar niente di commestibile e usare acqua in bottiglia anche per lavarsi i denti. Pensa come è ridotta l'informazione in Italia! Non sanno ancora che l'Africa sta proprio in Italia, ma forse i nostri ragazzi alla fine del tour torneranno a casa con un'impressione ben diversa di Cina, e un'esperienza in primis piacevole tra Pechino, Chengdu e Shanghai.


- I musicisti, come tutti gli artisti, sono gente mooolto particolare, particolarmente originali, eccentrici, simpatici pazzoidi, gente con la quale mi piace passare il tempo, affatto noiosi, mai scontati. Potresti forse confonderli con persone normali quando vanno in giro a fare shopping. Ma appena mettono piede in una sala di teatro e, mano allo strumento, salgono sul palco, lì vedi la differenza. C'è un preciso momento che si chiama "i 10 minuti di panico" che inizia quando, nella giornata delle prove, tutti i musicisti siedono sul palco e cominciano ad accordare gli strumenti e tirare fuori problemi, questioni, lamentele, e finisce appunto una decina di minuti dopo. In questi seicento secondi può accadere di tutto, zuffe, insulti, pianoforti spezzati a metà (come è effettivamente capitato), luci spegnersi, persone rotolare, il tutto in assenza del direttore d'orchestra (che arriva poco dopo) e in una bolgia totale di chaos musicale dettata dal fatto che ogni singolo musicista si aliena e comincia a suonare per cazzi suoi, sovrapponendo il suono a ogni altro nella sala. E' quella che si chiama comunemente "anarchia". E tu sei lì a cercare di tradurre e risolvere in un modo o nell'altro ogni singolo problema. E il giorno dopo, il giorno del concerto, quando ascolterai i brani dell'orchestra (che oggi si esibisce anche grazie al tuo lavoro), tutta in gran tiro, frack e violino quasi fosse il bisturi di Mozart, quando il silenzio piomba nel teatro e le luci si spengono, il maestro dà il via e parte l'overture del Guglielmo Tell di Gioachino Rossini, allora tu senti il sangue bollire forte nelle vene e tiri fuori la bottiglia di vino rosso che tieni nascosta tra le gambe, ti giri e con uno spintone fai al borghesotto cinese che ti siede di fianco: "Non sente che roba!? Non si sente fiero di essere italiano?!" e il poveretto sconcertato "Ma io sono cinese" e allora tu "Per questi sei minuti siamo tutti italiani. Evviva Gioachino Rossini!". Per capire meglio, guardatevi questo mini video.


- Bello soprattutto vederli suonare nelle zone ancora di pioggia e macerie nelle aree terremotate del Sichuan, a Dujiangyan, 70 km dall'epicentro, dove ogni tre case una non c'è più e la gente porta ancora in faccia la tragedia del sisma, della morte, della distruzione. "La musica non ha bisogno di essere tradotta" e "La musica non ha confini, la musica non ha barriere" ha detto alla fine del concerto all'aperto il presentatore cinese di fronte ad un pubblico di quasi 2.000 presenti, comuni cittadini di Dujiangyan. Molta commozione, per tutti.


Questo è quello che avevo da scrivervi sulla mia esperienza con l'Orchestra Sinfonica di Roma, esperienza difficile da dimenticare. Per maggiori info, hanno scritto di questi spettacoli su Il Tempo, Il Giornale, Ansa, Rainews e alcune importanti riviste di musica (i giornalisti sono stati con noi per tutto il tempo), pagine web cinesi (qui, qui, qui, qui e qui) e italiane (qui e qui), solo per citarne alcune (d'altronde, come ho detto e ripeto, il tutto ha ovviamente un fine commerciale e di mercato, un grosso investimento per un altrettanto grosso ritorno di immagine e finanziario ).


E ora basta interpreti per un po'. Torno a fare il dottorando. E ad ascoltare musica classica su YouTube. Viva Verdi, viva Puccini, viva Rossini, evviva l'Italia sinfonica!

1 Comments:

At 6:44 PM, Anonymous Anonymous said...

bellissima la tua esperienza. mi hai ricordato che essere italiani non è così negativo!a volte quando dico che sono italiana mi sento quasi sulla difensiva quando l'altra persona mi risponde: "ah!italian!". però è vero, alla fine poi piacciamo a tutti!:)

 

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