Sunday, August 17, 2008

"Good time for a change...": riflessioni sulle Olimpiadi. Non quelle di Pechino, un po' su tutte.


Partiamo da Pechino: sembra vero (guarda blog di Rampini) o comunque fortemente probabile che le tre ragazzine cinesi medaglia d'oro nella ginnastica abbiamo meno di 16 anni e dovrebbero quindi venire squalificate. Per il CIO tutto ok, l'identità di un atleta la stabilisce il passaporto, il passaporto lo fornisce un governo, se il governo bara il CIO non può farci niente e qui finisce la storia.

Cose come questa (e esempi nella storia delle Olimpiadi credo se ne trovino anche troppi) rovinano i Giochi Olimpici. E anche l'articolo di Rampini lo rovina, lo rovinano i giornalisti, le polemiche, il doping. Se è vero (o forse non è vero, è una balla allucinante, come l'esistenza di Dio o di Babbo Natale) che "l'importante non è vincere ma partecipare" perchè i governi, le nazioni e le bandiere si sbattono tanto per le medaglie? Chi vince in una gara, l'atleta o la nazione? Rispondendo a questa domanda credo si possa cominciare a capire qualcosa delle Olimpiadi.

Le buone intenzioni del barone de Coubertin fanno acqua da tutte le parti. Puzzano "gli ideali del socialismo globale" attraverso le Olimpiadi. Sono un evento sportivo, d'accordo. Ma più nel pratico sono sempre state un'occasione in più per le nazioni per farsi guerra. Ma senza armi. O meglio, con l'arma delle gare di sport. E dei trucchi per accapparrarsi più medaglie possibili. E' il medagliere che conta. La nazione che vince più medaglie è la nazione più lodevole al mondo, direi anche più "bella e buona", "più fica" se vogliamo. Se gli USA vincevano più medaglie della ex URSS voleva dire che il capitalismo è meglio del comunismo, Smith meglio di Marx. Chi nega che le Olimpiadi non siano un evento (anche) politico vuol dire che nega l'evidenza.

Pensiamo a Berlino 1936, Città del Messico 1968, Monaco 1972, Atlanta 1996. Hitler che non partecipa alla premiazione di atleti di colore. I pugni neri di Smith e Carlos al cielo contro il razzismo negli Stati Uniti. La causa palestinese. Il terrorismo ultra-cattolico.

Gli atleti vincono le medaglie ma poi scompaiono. Restano gli inni nazionali, le bandiere, i presidenti dei governi, gli sponsor. Resta il medagliere. Fatevi un giro nella storia dei medaglieri, noterete facilmente che a vincere sono sempre le nazioni più ricche, potenti, sviluppate, egemoni, arroganti. USA, UK, Russia, Germania, Giappone, Francia e oggi anche Australia, Canada, Cina. Vincono le nazioni dei governi che possono permettersi di spendere per la formazione e il culto dei propri atleti, ricorrendo ad ogni metodo possibile. Dopandoli e sperando che non li scoprano per esempio, come accadeva con gli atleti dell'Est Europa durante la Guerra Fredda. O falsificando passaporti, come il caso delle giovani cinesi. O regalando cittadinanze ad atleti di altri paesi (e allora vedi etiopi e kenyoti correre per la Svezia, brasiliane giocare a beach volley per la Georgia, cinesi giocare a ping pong per l'Italia). Intendiamoci: ben venga una nazione, ad esempio l'Italia, piena di atleti di colore, asiatici o dal cognome albanese o romeno. Ma "comprarli" al solo fine della Olimpiadi è vergognoso. Sbarcano migranti ogni giorno in Italia, che andranno ad affollare i CPT o cadranno vittime del caporalato e delle mafie locali, perchè non darla a loro la cittadinanza italiana?! E' vero, non producono medaglie, ma raccolgono pomodori, accudiscono i vecchi, vendono marijuana. Io la cittadinanza la darei anche a loro. Anzi. Solo a loro.

Le medaglie che una nazione vince secondo me vanno divise secondo il PIL della nazione e il numero dei suoi abitanti, questo per avere un rapporto più equo tra i medaglieri delle nazioni. Non è strano che USA, Russia e Cina abbiano così tante medaglie. Strano che non le abbiano India, Brasile, Indonesia. Assurdo che ne abbiano Svezia, Austria, Corea del Sud. Nel mondo un cittadino su sei è cinese, in condizioni paritarie statisticamente la Cina dovrebbe avere un sesto delle medaglie. Nel mondo un cittadino su sei è indiano, perchè l'India non becca mai una medaglia?!

Le Olimpiadi delle medaglie, delle nazioni, degli sponsor, della geografia politica e delle relazioni internazionali. Le Olimpiadi del Risiko. Gli atleti non ci sono, sono marionette, ci sono solo le medaglie e vanno affidate alle nazioni, a quelle più forti. "Io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono" cantava Gaber. Io non mi sento rappresentato da Yuri Chechi, da Fiona May, da Pierluigi Casiraghi, da Giovanna Trillini. Mi sento molto più rappresentato dai pugni di Smith e Carlos; dalle atlete che alla prime Olimpiadi lottavano per poter partecipare con abiti simili a quelli dei loro colleghi maschi, reputati sconci; dagli atleti che boicottarono Mosca 1980 per l'invasione dell'URSS in Afghanistan; dalle atlete magrebine che correvano senza velo sfidando il fondamentalismo islamico. Da loro mi sento rappresentano.

E non canto l'Inno di Mameli e non esulto se l'Italia ha vinto un'altra medaglia. Vincono i doppati, vincono i fortunati. "La fortuna è un fatto di geografia", si sa. Ma siccome alle Olimpiadi partecipano uomini e donne, non pinguini o canguri, allora alle Olimpiadi (le Olimpiadi delle medaglie, dello sport, della politica, del doping, della lotta) guardo, alla ricerca, come sempre, dell'Uomo. In tutte le sue forme, contraddizioni, debolezze, correttezze, scorrettezze, passioni, gioie, dolori, gesti di fratelleanza e solidarietà, gesti di intolleranza e razzismo. Nelle Olimpiadi cerco l'Uomo e aborro bandiere inni medaglie nazioni, scarto i colori perchè li accetto e apprezzo tutti. Riprendo lo slogan "l'importante non è vincere ma partecipare" e lo porto nel suo significato più alto.

Fanculo i governi, tutti, corrotti o meno, perchè con le Olimpiadi non dovreste avere niente a che vedere.

Bravi agli atleti, tutti, perchè corretti o meno siete una delle tante espressioni dell'Uomo.

Questo Uomo che, per quanto piccolo e misero, è tutto ciò che abbiamo in questo mondo.

In ultima analisi credo le Olimpiadi siano questo: né più né meno che una porzione, un tratto, un aspetto, un carattere dell'Uomo e della sua storia. E la speranza è che i patriottismi, gli sponsor e "il vincere a tutti i costi, medaglie a tutti i costi" ricoprano via via un ruolo e una parte sempre minore.


per Stefano: sì, è il discorso che facemmo un anno fa esatto per le strade di Lhasa e le camere dell'ostello dando in escandescenza tra lo stupore di chi ci stava intorno. Avevamo posizioni opposte. E credo le abbiamo tuttora. Buon finale di Olimpiadi fratello.

4 Comments:

At 3:04 PM, Anonymous Anonymous said...

E io spenderei i miei pomeriggi di lavoro ma anche le mie notti per leggere i tuoi pensieri.
non è così scontato, a ben pensarci, trovare Qualcuno che dice Qualcosa di interessante
Complimenti col cuore

La.

 
At 1:16 PM, Anonymous Anonymous said...

Perche non:)

 
At 1:33 PM, Anonymous Anonymous said...

leggere l'intero blog, pretty good

 
At 10:14 PM, Anonymous Anonymous said...

quello che stavo cercando, grazie

 

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