Wednesday, February 20, 2008

Diario indiano (XVIII): considerazioni finali

Come ogni viaggio anche questo si appresta alla fine. Siamo a Chennai e a ore prenderemo l'aereo per Colombo, capitale dello Sri Lanka, sosta di 24 ore e poi volo per Pechino. E fin qui tutto bene. Ora... che dire dell'India?!
Innanzitutto questo: diversissima dall'Italia e dall'occidente in generale, in non capisco come la si possa paragonare alla Cina... Economisti e giornalisti sbandierano la rapida crescita economica di India e Cina e non finiscono di comparare i due giganti asiatici sotto varie sfaccettature, cosa alla fine oltremodo affascinante. Peccato che, dopo essermi strascinato per trenta giorni per tutta l'India meridionale, posso dire che il paragone e' assolutamente azzardato, non sta ne' in cielo ne' in terra, forse e' solo una mossa editoriale ai fini commerciali. A Rampini non credere mai. O forse lo sviluppo indiano riguarda processi macroeconomici e finanziari che non toccano la gente comune e le citta', dunque agli occhi di un viaggiatore e' tutto invisibile. O forse in India settentrionale e' tutto diverso, e' il sud indiano e' peggio del meridione italiano nel 1861.
Quando si parla di Cina si intendono soprattutto Pechino, Shanghai, Canton, Shenzhen, Hong Kong. Oggi come oggi sono citta' che hanno uno sviluppo urbano ed economico da mangiarsi citta' come Milano. Il problema e' che la ricchezza non e' affatto distribuita egualmente, stato sociale assente, enorme divario sociale. Cioe' per ogni cinese che gira in Mercedes, puttane e orologi d'oro, ce ne sono diecimila che stanno in campagna a sputar sangue e bile nei campi o in citta' a morire di lavoro funambuli nel cotruire grattacieli nei quali non metteranno mai piede per meno di 100 euro al mese. Questa e' la Cina. E su questo sono d'accordo giornali occidentali, cinesi, taiwanesi e di Hong Kong. La Cina come grande contraddizione e divario sociale impressionante. Agli occhi di tutti.
L'India che ho visto io invece e' un altro mondo. Se la Cina e' avanti per tante cose (e continua ad avanzare troppo velocemente), l'India e', agli occhi di un uomo bianco, troppo indietro. Un po' su tutto. E' una societa' che non mi sento di criticare ne' tanto meno denigrare. Ma qua sembra si sia fermato tutto mille anni fa. Non capisco ancora dove nascondano sviluppo, progresso, modernizzazione, globalizzazione, "occidentalizzazione". Dove sta la crescita del Pil al 9% annuo?! Dove l'hanno nascosta?! Da Chennai a Hyderabad, da Mumbai a Bangalore (la nuova Silicon Valley?? Ma dove?!?!), da Goa a Madurai (ovviamente dove piu' e dove meno) vedi mucche gironzolare per la citta', bambini nudi e sporchi di nero rotolarsi nell'immondizia, strade rotte e non asfaltate, treni e pullman dell'Italia del dopoguerra (provate invece a prendere un treno cinese... sono migliori di quelli italiani, anche se so che non ci vuole poi tanto...), rifiuti e immondizia ai margini della strada, fiumi neri puzzolenti, gente che gira scalza, bivacca ovunque, mangia con le mani per nulla attenta a pulizia ed igiene. Il che va benissimo, purche' vada bene a loro. E a loro va bene credo. L'India e' indubbiamente piu' vivibile della Cina (e forse anche dell'Italia). Non trovi segni/immagini di delinquenza, non devi star attento a nulla e sai che ti puoi fidare del prossimo. Ho incontrato solo persone gentili ed oneste, sia sui prezzi che sulle indicazioni. Se viaggi in Marocco, Turchia o Cambogia non fai altro che incontrare povera gente che fa di tutto pur di spillare un dollaro al turista occidentale, al "portafoglio con le gambe". Qui non ho avuto la stessa sensazione. Pechino non ha il numero di ladruncoli, barboni, tossici, zingari e romeni ubriachi che ci sono, per esempio, a Roma; ma anche a Pechino capita di vedere furti e risse. Qui in India ho solo incontrato persone pronte a giurare che queste cose in India accadono molto raramente. Credo sia qualcosa che va al di la' dei luoghi comuni occidentali, che disegnano l'India come un enorme paese di guru e santoni, gente pacifica, vegetariana, consumatori di droghe e filosofie antiche come il cielo. Al di la' dei discorsi su tolleranza e non violenza, ho trovato un paese sicuramente ospitale, coloratissimo, quasi privo di tensione, arrivismo, fretta. Ho notato (come mi aveva detto Marchetto) che qui un sorriso aggiusta diverse cose.
Difficile parlare delle caste. Credo esistano e credo la gente le osservi, ma non lo vedi per strada, non lo capisci dalle persone, lo sai perche' lo hai letto nei libri. Qui ho visto invece una forte divisione fra uomo e donna. Le donne hanno posti a parte nei treni e negli autobus, file e posti per pregare separatamente. Il tutto per loro comodita' credo, ma non e' questo quello che io intendo per "emancipazione femminile". Le donne indiane sono davvero bellissime, perche' si ornano (tutte, dalla mendicante alla star di Bollywood) con fiori, bracciali, anelli, orecchini, catenine, tatuaggi all'henne' e il loro (super sexy direi) sari, questa veste colorata che le fa assomigliare a quelle che da noi bolliamo come "zingare". Un po' troppo panciute forse, ma molto sexy ripeto.
A Pechino, come in ogni altro paese sviluppato o in dirittura di arrivo quanto a sviluppo, noti le differenze di "classe", l'operaio e il padrone, il contadino ed il borghese, l'uomo d'affari e il camionista, il ricco e il povero. Lo noti da tante cose, odore, pulizia, vestiti, proprieta', luoghi che frequenta, modi di atteggiarsi. In India sono diversi anche su questo. Agli occhi di un occidentale sono tutti "piu' uguali". Un po' come in Laos e Cambogia, ma Laos e Cambogia non sono paragonati alla Cina, non sono chiamate "giganti dell'Asia", non hanno una crescita economica annua del 9%. In India non sai bene chi sia ricco e chi povero, vestono simili, vanno entrambi scalzi per strada, hanno entrambi il cellulare e catenine varie. Non girano auto di lusso, non ci sono templi del capitalismo, mancano discoteche, hotel e ristoranti di lusso. Sembra che sia tutto uguale per tutti, anche se poi le donne hanno sedili a parte nei bus e i treni hanno prima, seconda e terza classe. Ammesso che ci siano differenze economiche e di classe tra i cittadini, queste non le vedi, non le noti. Diverso da Europa, Usa, Russia, Corea e Giappone, dove la ricchezza e' motivo di vanto e va ostentata (eccezion fatta per l'Italia, dove i ricchi stanno bene attenti ad ostentare la loro ricchezza, per paura dei ladri e della Guardia di Finanza).
Pechino e' ogni giorno piu' triste, perche' vedi come ragazzi della tua eta' ma con una storia e una cultura estremamente diversa dalla tua cambino giorno dopo giorno, conformandosi sempre piu' agli stili di vita occidentale: stessi vestiti e brand (Nike, Adidas, Gucci, Armani, ...), stesso cibo e fast food (KFC, McDonald's, Pizza Hut, Starbucks, ...), stessi hobby, sport, follie e depravazioni. Ma, grazie a un dio che tuttora dubito esista, in India cosi' non e'! Evviva il libero popolo indiano! I giovani indiani in gran parte non fumano e non fanno uso di alcolici, non mangiano carne (quindi non ho visto KFC in giro e un solo McDonald's, alla stazione di Mumbai), non vestono all'occidentale (no gel, no piercing, no tattoo, no jeans firmati, no magliettine attillate, no lampade, no discoteche), insomma non comprano da noi e non danno via il culo per un pacchetto di patatine fritte con ketchup sopra. Mi chiedo: se gli uomini e donne vestono tutti uguali (pantaloni lunghi o un telo girato e camicie a maniche corte i primi, sari le seconde) che cosa comprano dall'occidente a livello di abbigliamento? Azzardo una risposta: un cazzo. E torna la domanda: dove nascondono modernizzazione, sviluppo, globalizzazione, omologazione? Forse che semplicemente non le hanno? Il secondo gigante asiatico, crescita Pil 9% annuo, un miliardo e cento milioni di persone che non seguono gli stili di vita occidentali ma seguono ancora propri valori, pregano ancora un vastissimo pantheon di divinita' diverse dal dio occidentale del denaro e del consumo, che fanno decidere ai genitori con chi sposarsi, che aiutano i ciechi per le strada, lasciano elemosine ai mendicanti, fanno sedere gli anziani nel bus, sono cordiali e ti aiutano se hai perso la strada, che semplicemente si fermano se chiedi loro "mi scusi, avrai bisogno del suo aiuto un momento per favore", tutto cio' mi fa ben sperare per il futuro. Pensavo che tutto il mondo seguisse la via cinese, il peggio di cio' che di peggio c'e' in occidente, invece no, gli indiani camminano da soli, mantengono strette tradizioni e usi (assurdi e incondivisibili anche per me), insomma se si stanno sviluppando, non lo stanno facendo "a modo nostro".
L'India del "chai" ("cha" in cinese, "ochai" in giapponese) ovvero del "te' " che assomiglia ad un latte e caffe' zuccherato e speziato. L'India dei mangiatori di tabacco, dolcetti particolarissimi e foglie vari. Masala dosa, puttu, chapati, porrotta e mille altri nomi che indicano tutti tipi di pane e focacce diverse con le solite zuppine piccanti e speziate. Le donne che vanno con le donne e gli uomini con gli uomini, non incontri teneri amanti per strada, mai un bacio o una carezza tra giovani. Gli indiani che gesticolano come (e forse anche piu') noi italiani, ma hanno una cosa in piu': l'uso unico nel mondo, credo, di oscillare la testa con un mezzo sorriso, don don, gesto che significa non ho ancora capito bene cosa... a volte per un "grazie", a volte per un "prego", "si'!", "no", "ok" e chissa' cos'altro ancora. L'India del cricket (una sorta di softball), unico sport che vedi praticato dai giovani (quasi solo maschi) in ogni spazio pubblico. L'India che usa ancora il suffisso colonialista inglese "Sir" per rivolgersi al turista bianco. L'India delle baraccopoli, due lamiere, una porta, una gomma d'auto come finestra e un tetto. L'India di chi lava vestiti, denti e figli nei fiumi nero carbone. L'India del sorriso perenne, dei colori sgargianti, dell'avviso "No, non siamo in vendita... provi in Cina".
Questa e' l'India che ho visto. Trenta giorni, da Mumbai in giu'. Forse ho frainteso tutto e ho solo detto un mare di cavolate. So che in India non vivrei, perche' i miei studi sono radicati in Cina e ho ancora un appartamento in affitto sui cinque continenti, nessuno escluso. Ma e' stato infinitamente piacevole trovare un paese cosi' diverso, che strappa applausi quanto a dignita', nonostante le mucche, gli slums, l'immondizia, le caste e i mendicanti. Ed ora ritorno a Pechino (come mi ha detto Gabriele, che e' stato in India e vive in Cina, "Pechino non ti sara' mai sembrata cosi' pulita"), ma non prima di una giornata spesa nella capitale dello Sri Lanka, dove l'ultimo attentato delle tigri del Tamil risale a meno di un mese e mezzo fa. Male che vada, mi lascio rapire dai ribelli e sposero' la loro causa, fino alla vittoria del maoismo nel sud-est asiatico. Gandhi diceva che la civilta' di un paese si misura in base al rispetto che hanno per gli animali. Sono in gran parte d'accordo, e sono fiero di questi passati trenta giorni totalmente vegetariani.
Ciao India, stammi bene... e alla Cina non credere mai.


2 Comments:

At 10:24 AM, Blogger Enrico said...

Ciao Daniele,leggo sempre il tuo bolg
,mi piace perchè dai sempre una visione molto obiettiva dei paesi che visiti; riesci a descrivere tutto in maniera molto efficace.Ti scrivo anche perchè al mio dormitorio ho conosciuto un ragazzo indiano, ragù,(non credo proprio si scriva così)e siamo veramente in sintonia.Come descrivi anche tu gesticola molto,dondola con la testa e ha sempre un sorriso veramente sincero.Lo sto aiutando a comprare un portatile e gli metterò skype.A risentirci presto.Dalle Hawaii.Enrico

 
At 12:21 AM, Anonymous Anonymous said...

omologazione, globalizzazione, serializzazione. viva le diversità, cazzo.
un abbraccio, pace fratello.

marco falcioni

 

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