Saturday, February 02, 2008

Diario indiano (VIII): Visnu dorme, Shiva palleggia ed Hare Krishna fa il punkabbestia in stazione


Immaginavo Mumbai (13 milioni di abitanti) come la “Shanghai indiana” (o la “Milano indiana”, se preferite), ovvero grattacieli e servizi, milioni di persone in giacca e cravatta riversate per le strade, con cellulare e ventiquattrore esprimersi in un ottimo inglese. Grazie a Shiva non ho trovato nulla di tutto questo. Mumbai non la faresti la seconda citta’ piu’ importante dell’India, non la faresti capitale economica indiana. Non cambia moltissimo dalle altre metropoli caotiche e sporche gia’ visitate. Ma cambia un po’: innanzitutto l’immondizia per le strade e l’inquinamento acustico sono notevolmente ridimensionati; notevole il numero di musei, esposizioni d’arte e biblioteche, come anche il numero di studenti e studentesse che incontri per la strada; molti gli imponenti edifici tipici dell’architettura inglese vittoriana; non troppi i palazzoni e i grattacieli presenti in citta’, insomma imparagonabile a Shanghai o Pechino. Mumbai si presenta invece come una ridente metropoli indiana, snodata lungo una vasta baia (Mumbai Bay). I prezzi sono molto al di sopra della media indiana, ma comunque sempre abbordabilissimi per un occidentale. Offre ottimi piatti (ricordassi un nome!) gia’ assaggiati altrove, piacevoli passeggiate sul lungo mare, musei da visitare (ottimo il museo nella casa dove abito’ Gandhi e diversi mostre artistiche tra Church Gate e la bellissima stazione dei treni Victoria Terminus). Non abbiamo fatto altro che passeggiare e mangiare, specie la sera tra i vicoli pieni di bancarelle e gente attiva fino a tarda notte nelle parti della stazione. Il cibo indiano mi piace ogni giorno di piu’: seppure da consumari con le mani e decisamente poco igienico, ci si nutre con un cinquanta centisimi di euro a pasto, tutto molto piccante e speziato (lunghi minacciosi peperoncini verdi addobbano i piatti), tutto rigorosamente vegetariano. Praticamente non mangiamo carne o pesce da quando abbiamo lasciato Pechino (Ianna, se decidessi di venire in India portati un frigorifero tascabile con una mucca viva dentro); un ragazzo indiano mi ha spiegato che solitamente gli indiani non bevono alcool, non fumano, non mangiano carne (tranne i ricchissimi e i poverissimi, nonche’ i musulmani) ma alcuni mangiano uova, non decidono quando o con chi sposarsi e non lasciano la famiglia. A quanto vedo, credo sia vero. Evviva l’ottimo te’ indiano (te’, latte e spezie, saporitissimo) e le macedonie condite con carammello e sale. Masticano molto il tabacco ed altre spezie/zuccherini racchiusi in una foglia bagnata che vendono per due centesimi di euro circa nei baracchini per strada. Non usano mai la carta (infatti e’ difficile trovare a comprare carta igienica o fazzolettini da naso, nonche’ costosissimo rispetto al costo della vita), ma si lavano spesso con acqua di fontanella che trovi sia nei bagni che nei ristoranti. Scena capolavoro: sera, distrutto, vado al bagno della stazione dei treni con in tasca un rotolo di carta igienica pechinese, faccio per entrare e il pulitore di cessi mi sbraita, facendomi notare che non posso entrare con la carta igienica perche’ e’ vietata nei bagni. Vietata?! Con cosa mi pulisco? Mi sequestrano la carta igienica, dovevo ASSOLUTAMENTE defecare, entro nel bagno piu’ lercio della Scozia in jeans e Converse e sbrigo i miei bisogni… per fortuna la fontenella c’era anche stavolta. Ed esco col sorriso.
I treni in India sono formidabili. Le porte restano sempre aperte, sali e scendi quando vuoi, a rischio della vita ovviamente. Non esistono distinzioni di classe, quanto piuttosto la parola magica: “Reservation”. C’ho messo un po’ per capire come funziona, credo sia cosi’: quando compri il biglietto puoi scegliere tra prima e seconda classe. Ma se non hai (o non vuoi comprare) la Reservation allora ti devi sistemare nel vagone comune (ovvero la terza classe), che non e’ niente male, come i vagoni italiani anni sessanta, ovvero panchina di marmo e galline sopra la testa, praticamente uguale alla seconda classe se non per il fatto che in seconda classe le panchine sono rivistite e la notte si trasformano in panche per dormire. Per tutti. Praticamente in seconda classe dormi, in terza e’ tanto se quello accanto a te nella valigia ha sedani e non coccodrilli. In prima non so e non sapro’ mai. Amo la terza io. Mumbai – Hyderabad 15 ore passate tranquille. Poi quattro ore di sosta a Hyderabad (3,7 milioni di abitanti), giusto il tempo di visitare questa citta’ di moschee ed universita’, la sua bellissima Old Town e la Mecca Madjid, dove l’anno scorso sono morte undici persone per un attentantato terroristico. Poi Hyderabad – Chennai, altre 14 ore di treno, stavolta tra bambini denutriti e anziani che si arrampicano ovunque. Ma io credo ancora nella terza. Yu, forse, un po’ meno. Ora siamo a Pondicherry, 160 km a sud di Chennai, estremo sud/est India, ex colonia francese.
In India hanno una lingua diversa per ogni citta’ in cui vai… inutile impararne anche solo una, ma da Goa in su’ parlano e scrivono Hindi, una lingua creata dagli inglesi un paio di secoli fa per raggruppare i vari dialetti del nord indiano in una sola lingua. E’ fantastica, una grammatical simile al sanscrito con parole che vengono dall’inglese, portoghese, arabo e persiano. Infinitamente piu’ facile (a livello di base) rispetto al cinese. La studiai per qualche esame anni fa, l’ho rispolverata a Mumbai per quelle quattro cavolate che mi ricordavo (grazie prof. Milanetti, grazie prof.ssa Gupta!), tanto per fare due risate con gli indiani e lo sborone con Yu.
Ora relax a Pondicherry, poi alla comune di Auroville e alle cascate del Kerala. Ma su Auroville (e su una persona che stimo moltissimo, Marchetto!) ho prima da raccontarvi qualcosa…
E alla privatizzazione dell’acqua non credere mai!

1 Comments:

At 10:07 PM, Anonymous Anonymous said...

quello che stavo cercando, grazie

 

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