Thursday, February 22, 2007

Tre discorsucci tanto per


Che cada il governo Prodi non fa poi tanto strano, difficile mettere d'accordo sinistra radicale e cattolici liberali, tanto più con una maggioranza risicata risicata, stai fresco a fare un governo di sinistra quando quasi un italiano su tre vota ancora Forza Italia...


Dell'università invece mi frustra l'idea che sia ancora un luogo dove il giovane posi il culo per 4-5 anni tanto per il gusto di godersi la vita lontano da lavoro e responsabilità, un "parcheggio" in attesa di "mettere la testa a posto", la sala di attesa dove spassarsela in discussioni con gli amici, spinelli, letture. La peggior cosa è che questa visione appartiene anche e soprattutto ai grandi, ai genitori, a quelli che non fanno, non hanno fatto e non faranno l'università: appare spesso assurdo ad un 40enne che un giovane abbia ancora voglia di studiare dopo essersi laureato, considerano dottorati e master una perdita di tempo (cosa che a volte sono, ma per altri motivi strutturali e di gestione). Non vado all'università per un titolo, ma per crescere e conoscere, perchè, a mio vedere, la vita (per quelli che se lo possono o potrebbero permettere) non è mangiare dormire scopare o peggio ancora produci consuma crepa ma un percorso anche e soprattutto spirituale, individuale, introspettivo. Non pago tasse esorbitanti per 4-5 anni per poi diventare burocrate portaborse schiavetto nell'industria del mercato globale. Non studio per trovare un lavoro, studio per conoscermi, alzarmi, per lo meno provarci, senza pretese di riuscita, senze pretese sul futuro. La scuola, l'università, la formazione non sono parcheggi o mercati dove si comprano titoli e diplomi, cioè, non dovrebbero esserlo. Va bene prendersi l'università (e la vita) con calma e senza angoscia, ma credo bisognerebbe affrontarla soprattutto con serietà e rispetto. Rispetto per sè, per gli altri e per le materie di studio. Claudio, che ora studia in America ("Yankee Go Home!!"), su questo forse può capirmi meglio di chiunque altro. E dico questo soprattutto perchè in Cina e in Italia ho iniziato a vedere che fine fanno quelli che per esempio hanno studiato lingue e civiltà orientali come me, o economia, marketing, architettura, legge. A vederla da fuori mi sembrerebbe di aver buttato al cesso i miei anni di formazione, confronto, sacrifici sui libri, notti in bianco, contestazioni, pensieri, discussioni. Vendersi e vendere il proprio cervello per due hamburger, una Bud e una donna delle pulizie filippina mi terrorizza forse più di ogni altra cosa.


Sto leggendo un romanzo sul punk. E un libro sull'educazione in Tibet. Ho appena finito di vedere su Raidue un'inchiesa/documentario sui trasporti in Italia; in particolare sulla condizione dei trasporti, degli autisti, dei passeggeri, dei mezzi. Provincia di Caserta: nei pullman pieni di gente, tolto qualche studente e lavoratore italiano il resto sono una miriade di lavoratori extracomunitari, soprattutto dall'Africa Nera, Nigeria e Senegal in primis. Quasi tutti lavorano in nero, uno su tre è irregolare. Tantissime le donne che per lo più battono nelle strade dalla mattina alla sera; gli uomini vanno a fare i muratori o i venditori ambulanti. Alle 6 di mattina la lotta per entrare nel pullman, se non sali a bordo non lavori. Il muratore in nero prende tra i 20 e i 30 euro al giorno. Quasi nessuno ha il biglietto per la corsa, raramente ci sono i controllori e se ci sono al massimo fanno scendere il povero extracomunitario. Gli autisti non erano pagati da due mesi, la ditta dei trasporti praticamente fallita.
Era una domanda che mi tormentava da qualche anno: perchè nei treni e nei pullman trovo sempre più stranieri che italiani...?! Lo capisci dalla lingua che non capisci, dalle caratteristiche somatiche, dal modo di vestire. Non che ci sia niente di male, è solo che non capisco. Dove vanno? Perchè? A far cosa? Tutti vagabondi? Impossibile. Loschi traffici? Forse qualcuno. Tolti alcuni zingari e europei dell'est che assaltano treni e pullman e cercano di scollettare distribuendo volantini dove dicono di aver una moglie in coma, tre bambini malati, il nonno alcolista e il gatto col tumore al fegato (penso soprattutto alla tratta Perugia-Foligno e Bologna-Parma), tolti questi tipi, che cazzo fanno e dove vanno gli altri? Perchè sono sempre in giro, sempre in movimento?! E, soprattutto, perchè gli italiani no o solo in quantità minore?

3 Comments:

At 10:29 PM, Anonymous Anonymous said...

mi spiace darti ragione, non capita spesso e non mi sento che sta cosa la capisca io piu di altri anzi forse non la capisco piu o me la stanno facendo dimenticare. In teoria sto facendo un dottorato (il piu alto titolo di studio al mondo recita il benvenuto che ci hanno dato) in una delle universita' migliori al mondo (sempre secondo il compiaciuto benvenuto) eppure di crescita intellettuale, di coinvolgimento in primis emotivo ed espreinziale con quello che si studia nemmeno l'ombra. Per usare quelle parole produci consuma crepa, solo che invece bud e bigmac o toyota qui si produce carta stampata, si consuma carta stampata e si crepa, senza troppa carta stampata...Tutto e' professionalizzato quando dico che dopo sto dottorato voglio fare un master in geografia in francia e uno in antropologia e sviluppo in inghilterra mi guardano col sorriso stentato di chi sta ascoltando una stronzata. Provo a spiegare che non si studia necessariamente perdiventare professori e fare bella figura in classe, che quando leggo a volte non riesco piu a pensare per l'emozione delle idee che mi vengono, che a volte lancio il libri contro il muro per la rabbia e che altre volte mi ci lascio scorrere dentro, con dolcezza come per farci l'amore, per osservarne ogni particolare mentre ci infilo il mio ridicolo pisello mentale. tutto questo e' incomprensibile e ho paura di cominciarmi a convincere che non sia vero, che in realta' anche io voglio un lavoro e che ste stronzate ce le siamo messi in testa a vicenda. MA in un mondo che di stronzata brulica io ci volgio credere cazzo, in culo il postmodernismo e il cardinal ruini io studio per il piacere di farlo, per poter discutere di heidegger con un tusino e di fisica quantistica con angeletti. E' un impresa disperata, una forma contemporanea di donchisciottismo (se una prola del genere esiste, se no da ora esiste). L'antiintellettualismo e il dispezzo per la conoscenza sono le radici di questo sistema, fretta e produttivita', tutto per un ritorno economico (senza questi presupposti bush non eisterebbe) e allora penso che a volte invece che urlare per una base (cosa legittimissima) si dovrebbe urlare per la tv che vediamo, per la ridicola superficialita' dei giornali che leggiamo, per la mancanza di memoria storica e invece che strillare per strada e pensare a chi ci chiaveremo domani dovremmo fermarci e raccontarci a vicenda quello che sappiamo, farci comportecipi della unica vera forza rivoluzionaria che sia mai esistita: la conoscenza. Che guevara giovane leggeva i saggi dei grandi teorici del pan-americanismo non leggeva il giovane rivoluzionario 2000.
Scusate la tirata.

Claudio

 
At 7:12 PM, Anonymous Anonymous said...

Che Guevara?
il Che delle magliette e delle fotografie è un altro rispetto all'uomo fotografato o dipinto-
Non so quale dei due bisognerebbe seguire --- distinguere però è importante... tra quello che è e quello che ci costruiamo sopra noialtri... ma è tutta un altra storia...

 
At 10:27 PM, Anonymous Anonymous said...

ne quello fotografato, ne quello dipinto, ne quello delle magliette quello che scriveva lunghe lettere alla moglie e alla madre, quello che quando tutto cadeva a pezzi e in africa le cose gli andavano di merda e sapeva che in bolivia ci avrebbe lasciato la pelle parlava di eros e agape. qullo di cui a nessuno frega un cazzo... a quello mi riferivo..ma anche questa e' un altra storia

 

Post a Comment

<< Home