Questo può far scandalo da noi, ma in Cina è prassi quotidiana
Fonte: Asia News
MALAYSIA - INDONESIA
I migranti non potranno mai uscire dal quartiere dove lavoranoLo prevede una proposta di legge del governo malaysiano, che dice di voler frenare il crimine. I datori di lavoro saranno autorizzati a segregare i dipendenti. C’è timore che ciò favorisca abusi sessuali o psichici specie contro i collaboratori domestici, in gran parte indonesiani.
Jakarta – La Malaysia vuole introdurre una legge per proibire ai lavoratori migranti di allontanarsi dal luogo di lavoro o dal quartiere. Lo denuncia la ong per la tutela dei diritti Human Rights Watch, che auspica un intervento del governo dell'Indonesia, luogo di provenienza della maggior parte dei migranti.
In Malaysia si stimano essere 2,5 milioni di lavoratori migranti (almeno 700 mila senza permesso di soggiorno) che lavorano nei campi, nelle opere edili e nelle case. La nuova legge (che Datuk Seri Radzi Sheikh Ahmad, ministro degli Interni, vuole presentare a marzo) impedirebbe loro di allontanarsi dal luogo del lavoro. A vigilare sono chiamati i datori di lavoro, ritenuti responsabili per i movimenti dei dipendenti e si teme che ciò possa anche favorire abusi e sfruttamenti di vario tipo.
Il governo giustifica la proposta con l’esigenza di combattere il crimine. Tan Chai Ho, vice ministro agli Interni, ha detto ieri che l’aumento di delitti è anche dovuto all’arrivo di molti migranti e ha annunciato il divieto d’ingresso per chi ha precedenti criminali.
Tra i migranti ci sono circa 300 mila collaboratori domestici (soprattutto indonesiani) che lavorano anche 16-18 ore al giorno, 7 giorni settimanali, per meno di 25 centesimi di dollaro l’ora. La legge non riconosce loro tutela. Hanno presentato migliaia di denunce per abusi sessuali o psichici.
Per trovare lavoro spesso è necessario rivolgersi a intermediari, che chiedono alti compensi e prima costringono i migranti a passare mesi in “centri di formazione” superaffollati.
Nisha Varia, esperto di Hrw, ritiene “allarmante che la Malaysia possa anche solo prendere in considerazione una legge che autorizza i datori di lavoro a chiudere in casa i lavoratori”.
Indonesia e Malaysia nel maggio 2006 hanno sottoscritto un Memorandum di intenti per regolare la situazione dei migranti lavoratori domestici, che prevede anche l’istituzione di un contratto standard e la tutela per il mancato pagamento del salario. Ma consente ai datori di lavoro di farsi consegnare e trattenere il passaporto, proibisce ai lavoratori di sposarsi e non prevede un salario minimo, un orario di lavoro e un controllo sulle agenzie per l’occupazione.
Varia osserva che “il lavoro migrante è utile per entrambi gli Stati, poiché fornisce un importante servizio alla Malaysia e consente ai lavoratori indonesiani di trovare lavoro. Ma, nonostante tale fenomeno sia diffuso da tempo, i due Paesi ancora non assicurano ai migranti la protezione di diritti fondamentali”.
Jakarta – La Malaysia vuole introdurre una legge per proibire ai lavoratori migranti di allontanarsi dal luogo di lavoro o dal quartiere. Lo denuncia la ong per la tutela dei diritti Human Rights Watch, che auspica un intervento del governo dell'Indonesia, luogo di provenienza della maggior parte dei migranti.
In Malaysia si stimano essere 2,5 milioni di lavoratori migranti (almeno 700 mila senza permesso di soggiorno) che lavorano nei campi, nelle opere edili e nelle case. La nuova legge (che Datuk Seri Radzi Sheikh Ahmad, ministro degli Interni, vuole presentare a marzo) impedirebbe loro di allontanarsi dal luogo del lavoro. A vigilare sono chiamati i datori di lavoro, ritenuti responsabili per i movimenti dei dipendenti e si teme che ciò possa anche favorire abusi e sfruttamenti di vario tipo.
Il governo giustifica la proposta con l’esigenza di combattere il crimine. Tan Chai Ho, vice ministro agli Interni, ha detto ieri che l’aumento di delitti è anche dovuto all’arrivo di molti migranti e ha annunciato il divieto d’ingresso per chi ha precedenti criminali.
Tra i migranti ci sono circa 300 mila collaboratori domestici (soprattutto indonesiani) che lavorano anche 16-18 ore al giorno, 7 giorni settimanali, per meno di 25 centesimi di dollaro l’ora. La legge non riconosce loro tutela. Hanno presentato migliaia di denunce per abusi sessuali o psichici.
Per trovare lavoro spesso è necessario rivolgersi a intermediari, che chiedono alti compensi e prima costringono i migranti a passare mesi in “centri di formazione” superaffollati.
Nisha Varia, esperto di Hrw, ritiene “allarmante che la Malaysia possa anche solo prendere in considerazione una legge che autorizza i datori di lavoro a chiudere in casa i lavoratori”.
Indonesia e Malaysia nel maggio 2006 hanno sottoscritto un Memorandum di intenti per regolare la situazione dei migranti lavoratori domestici, che prevede anche l’istituzione di un contratto standard e la tutela per il mancato pagamento del salario. Ma consente ai datori di lavoro di farsi consegnare e trattenere il passaporto, proibisce ai lavoratori di sposarsi e non prevede un salario minimo, un orario di lavoro e un controllo sulle agenzie per l’occupazione.
Varia osserva che “il lavoro migrante è utile per entrambi gli Stati, poiché fornisce un importante servizio alla Malaysia e consente ai lavoratori indonesiani di trovare lavoro. Ma, nonostante tale fenomeno sia diffuso da tempo, i due Paesi ancora non assicurano ai migranti la protezione di diritti fondamentali”.
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