Monday, January 07, 2019

Capodanno on the road in Corsica (III): da Calvi ad Ajaccio.







Alle 8:35 sono in stazione per prendere il treno per Ajaccio, capoluogo della Corsica. Il servizio però è sostituito da un pullman. Sono 168 km in direzione sud, il biglietto costa 25 euro. Mi addormento subito e mi sveglio a Ponte Leccia per il cambio di bus. Qui salgono anche passeggeri giunti in treno da Bastia. Passiamo per Corte, città universitaria e antica capitale corsa, poi ci fermiamo a Venaco per mollare il pullman e saltare su un trenino a due vagoni. Il percorso è ora suggestivo, tra montagne di boschi e il Monte Cinto innevato sullo sfondo (2706 m, massima cima dell'isola). Unico il binario, pendenza massima, la littorina sembra arrancare ma poi ci fa giungere senza problemi ad Ajaccio. Il tragitto dura in tutto, come indicato, poco più di quattro ore. In viaggio ho letto un libro che consiglio a tutti e tutte sulla storia della gastronomia italiana, che poi tanto italiana non è: "Denominazione di origine inventata. Le bugie del marketing sui prodotti tipici italiani" di Alberto Grandi. Una buona lettura per i suprematisti della razza italiota e i sovranisti da tastiera. 

Il capoluogo corso si affaccia sullo splendido golfo cui dà il nome, è la città più grande vista finora, 70.000 abitanti circa. Mi siedo lungo il porto a godermi il sole e ragionare un po' sul da farsi. Visito l'antico borgo genovese, dove nacque anche Napoleone Bonaparte nel lontano Ferragosto del 1769. Qui tutto è intitolato a lui e commercializzato attraverso lui (ristoranti tipici, sushi bar, pub irlandesi, ecc...). Procedo in direzione nord, costeggiando la spiaggia per una decina di chilometri fino quasi a raggiungere Tour de Capitello, torre genovese del '500. Al tramonto faccio ritorno in città e mi fermo in un grande supermercato per fare acquisti per cena. Giovane cassiera biondina, la più bella ragazza vista finora. Quando arriva il mio turno passo per l'antitaccheggio e qualcosa va storto: suona! Mai successo prima. Imbarazzo. Guardo la tipa, la tipa mi guarda. Non so cosa dire, tantomeno in francese. Ripasso per l'antitaccheggio, suona. Passo da solo. Non suona. Passo lo zaino. Suona. Piazzo lo zaino sulla cassa, cercando di capire cosa attivi il sistema, visto che sono più che sicuro di non aver rubato nulla. Forse una bottiglietta d'acqua comprata in un altro negozio? No, non suona. Guardo la ragazza sconsolato, lei si affretta a passare la merce, mi fa pagare il dovuto, si guarda attorno e mi fa "Merci, au revoir, bonne année!". Io ricambio i saluti e me la filo, restando per sempre col dubbio.

Fuori è già notte, mi siedo in una delle piazze principali a consumare il pasto ed osservare i passanti e la grande statua imperiale di Napoleone. Più tardi muovo i passi verso Tour de la Parata e le isole Sanguinaires, dodici chilometri ad est, fermandomi a dormire fuori città, in una spiaggia di fronte al vecchio cimitero.

Riapro gli occhi alle 6:49, di fronte a me un'alba così bella che neanche Van Gogh avrebbe saputo impressionare. Riprendo il cammino verso Tour de la Parata. Mattina presto, a sinistra il Golfo di Ajaccio con le colline dell'altro lato che scendono, senza fretta, in mare. Di fronte a me, poco a poco, la magia della torre genovese ergersi su un promontorio che dà sul mare aperto, quel grande lago che da queste parti chiamiamo Mar Mediterraneo. Incontro per la strada passanti mattinieri, chi a piedi, chi di corsa, chi in bici. "Bonjour messier!", salutano. Il sole è ormai alto. Nonostante il peso dello zaino e il dolore continuo alle gambe arrivo a Tour de la Parata, dove resto un paio d'ore a fissare lo spettacolo di questa splendida giornata di dicembre. Osservo il gabbiano, signore incontrastato degli scogli solitari. Il fascino della navigazione. Se fossi nato duecento anni fa, avrei salutato mia madre da piccolo e sarei salpato su qualsivoglia nave per qualsivoglia lido a svolgere qualsivoglia mansione, pur di andare a scoprire il mondo e fare a pugni col pianista sull'oceano. Sulla via del ritorno, scovo una spiaggetta di sabbia nascosta tra rocce a picco sul mare. Mollo lo zaino e mi tuffo in acqua. Cosa volere di più dalla vita? Al Lucano ho sempre preferito il Petrus.

Prima di rientrare in città, vado a comprare il pranzo in un supermercato gestito da magrebini. La ragazzina alla cassa avrà sì e no 10 anni. Chiedo di poter lasciar lo zaino all'ingresso, lei accetta senza problemi e fa per aiutarmi, togliendomelo dalle spalle. No bambina, non ci siamo capiti: questo sac pesa molto più di te. E non è un modo di dire. La sorellina è più in là e ripone con cura delle bevande sugli scaffali. Allibito.
Centro città, è ormai il tramonto. La pista per il pattinaggio sul ghiaccio in Piazza De Gaulle. Molta gente in giro, per l'ultimo giro di shopping prima della festa di San Silvestro.  All'improvviso sento la voce di una altoparlante, sembra il muezzin da un minareto. Mi giro ed osservo: no, solo solo tre camionette dei pompieri con i lampeggianti.

Bon année, bon année! E' il 31 dicembre, per me mai un giorno come un altro. Un ultimo sguardo al sole che va a morire oltre il mare all'orizzonte. Ecco, ci siamo. Che ore sono, Baudelaire?!   

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