Saturday, January 05, 2019

Capodanno on the road in Corsica (I): partire.




Che bello è quando ritiro fuori lo zaino e lo riempio del minimo necessario da portare con me. Il minimo. Perché, come ha scritto qualcuno, viaggiare non è aggiungere, viaggiare è togliere. 

Lascio Macerata che è ancora notte, il silenzio delle strade statali mi trasporta in meno di quattro ore alle porte di Livorno, con una pausa caffè e una per il metano. Livorno non è poi così brutta come la ricordavo, specie il Quartiere Venezia, che attraverso per imbarcarmi su di una nave per la Corsica. Tra le norme generali in caso di emergenza a bordo c'è scritto: "Non lanciatevi in mare per nessun motivo". Me ne guardo bene, tutti sul ponte fino alla fine, come i musicisti del Titanic.
Prima lettura le poesie di Stéphane Mallarmé...

Possono fuggire, sazi d'ogni impresa,
come un vergine cavallo schiuma di tempesta
piuttosto che partire in galoppi corazzati.

Mi sveglio poco dopo, siamo già arrivati a Bastia, nella costa nord orientale dell'isola. Il fascino delle operazioni di attracco al porto. All'imbarco di Livorno nessuno mi ha controllato i documenti, ho solo mostrato il biglietto di viaggio. Stessa scena a Bastia. Giusto così, d'altronde siamo in Unione europea. Esco dalla nave, supero i cancelli, eccomi in Francia. E' sera, attraverso velocemente il centro cittadino di bar, bistrot ed enoteche e seguo a piedi le indicazioni stradali per Saint-Florent (San Fiurenzu, in corso), prima tappa del mio viaggio. Dovrebbero essere una ventina di chilometri, a tagliare a mo' di anello il dito settentrionale della Corsica. 

Un paio i problemi: il dislivello di 570 metri e il fatto che sia già notte. Carico di quell'energia che solo la partenza sa regalarti, mi fiondo senza paura per le colline che si inerpicano dietro Bastia, un po' come a Genova. Cammino e cammino fino a che il marciapiede e l'illuminazione urbana lo permettono, poi smaltisco la sudata e getto il sacco a pelo nella fitta vegetazione mediterranea. L'aria non è particolarmente fredda. Vengo svegliato da quattro tori che pascolano tranquilli lunga la strada, nell'indifferenza totale delle auto di passaggio. Quando parte una scornata tra quelli più grandi mi preoccupo un po', ma per fortuna questo bull fight termina subito e se ne vanno di lì a poco. Il freddo pungente mi sveglia di nuovo attorno alle quattro e mezza di notte. Il cielo è limpido e la luna quasi piena, ad illuminare la strada dal buio delle colline rocciose. Mi sbrigo a rifare lo zaino e procedo verso ovest, a valicare e raggiungere l'altro lato dell'istmo. Strade strette, pochi segni di vita in giro, il paesaggio della Gallura sarda. La sete si fa sentire e in questi casi non c'è niente di peggio che trovare una fontana di acqua non potabile. Cammino per un paio d'ore, ma ancora non accenna ad albeggiare. Guardo ad est sconsolato, in lontananza si vedono le luci dell'Arcipelago toscano. Solo quando arrivo al valico la fortuna mi sorride e osservo lo spettacolo dell'alba ad oriente. Di fronte a me un monumento alla Battaglia di Teghime del 1943, a ricordare il sacrificio di alcuni militi marocchini che qui hanno perso la vita per liberare la Corsica dal nazifascismo. "A noi il ricordo, a voi l'immortalità", c'è scritto in calce. A me il ricordo che odio le guerre. Tutte.

Non mi resta che proseguire in discesa direzione ovest, verso i vigneti di Patrimonio e la città balneare di Saint-Florent. In giro gli slogan e le scritte dell'indipendentismo corso, l'odio per il turismo e la speculazione edilizia. I cartelli stradali con i nomi in francese cancellati. Un po' come i cartelli presi a pallettoni nella Sardegna centrale. Simpatici, questi isolani. Il villaggio di Patrimonio assomiglia molto a Bardolino (VR), Serrapetrona (MC) e tutte quelle piccole capitali italiane dei vigneti e del vino. Saint-Florent acqua cristallina, poca gente in giro, attività commerciali per lo più chiuse. Mare e cielo dello stesso colore. 
Il tempo di bagnarsi i piedi nell'acqua gelata e stendersi in una spiaggia di sassi colorati e alghe marroncine come quelle, verdi, che trovate nei ristoranti di sushi in Italia. Poco dopo, riprendo il cammino alla ricerca della stazione dei treni per raggiungere Calvi, mia prossima meta nella parte nord occidentale della Corsica. Ma la stazione dei treni non c'è e, scoprirò, neanche quella dei bus. Continuo quindi a piedi per l'unica strada oltre la città. Il cartello indica "Calvi 69 km", ma prima o poi troverò un bus, penso. Avrò tutto il tempo per pentirmene. 

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