Sunday, August 19, 2018

出国旅行万岁 ! Ultimi giorni di on the road (XV)


All'aeroporto di Manila arrivo con ancora "molto" denaro filippino in tasca. Questo perche' avevo letto in rete che ci sono un paio di tasse da pagare quando si lascia il paese. Scopro invece che una tassa e' solo per cittadini filippini, l'altra e' gia' inclusa nel biglietto del volo aereo. Credetemi, non e' facile sperperare 900 pisos (15 euro circa). Fuori dall'aeroporto mi sfondo di mangiare e bere, ore su internet, cibo di strada, persino il taglio della cresta spelacchiata (non entravo in una sala da barbiere dal dicembre 2001!) e ancora pisos e pisos... Un'impresa. In compenso, dal barbiere perdo una vite degli occhiali e con essa addio alla stanghetta. Vai, sempre piu' difficile!

Passo la notte all'aeroporto Taoyuan di Taibei. Prima di morire spero di riuscire a capire come mai la temperatura negli aerei (e spesso negli aeroporti) si aggiri sui 5°C.
La mattina passo a salutare chi mi aveva ospitato a Taibei, poi al parco, infine sotto un ponte ad osservare gli anziani fare ginnastica, mentre fuori viene giu' il diluvio post universale. Nel pomeriggio vado a visitare uno spazio sociale di orientamento libertario, chiamato 愁城 Trapped Citizen. Poi la metro mi porta di nuovo alla cittadina costiera di 淡水 Danshui. Mancano tre giorni alla fine di questo viaggio e vorrei percorrere a piedi la costa nord taiwanese da Taibei fino a 野柳 Yeliu, passando per la 白沙湾 spiaggia di Baishan e 金山 Jinshan. Sono una cinquantina di chilometri di costa, non troppo affollati e con la fortuna di aver evitato quasi sempre sia la pioggia che il caldo infernale. A Jinshan trovo anche un gentilissimo negoziante che mi aggiusta, gratis, gli occhiali. Yeliu dista una ventina di chilometri da Jilong, citta' che avevo gia' visitato prima di partire per le Filippine. Di li', un treno mi riporta a Taibei, giusto il tempo per le ultime scorpacciate di gastronomia taiwanese e un giro per la zona della stazione centrale. Poi in metro fino all'aeroporto di Taoyuan e via in volo verso Malpensa con scalo a Pechino.

Bellissima scoperta, questa di Taiwan. Bello il viaggio, bella l'isola, bella la sua gente. Chiudo questo diario di bordo con qualche piccola dritta per chi avesse intenzione di fare un giro per l'isola di Formosa ("formosa" in portoghese significa appunto "bella"), da parte di un viaggiatore qualsiasi e privo di profonda conoscenza del posto e della sua storia.

La lingua.
Inutile dirlo, la situazione e' complessa. E politica, ovviamente. A Taiwan la lingua ufficiale e' il cinese (mandarino, ma con accento del sud), che qui chiamano 国语 lingua nazionale o 中文 cinese. Molti pero' parlano principalmente un derivato dei dialetti del sud est cinese (provincia del 福建 Fujian), da dove molti discendenti degli immigrati cinesi provengono. Qui la chiamano 台语 lingua di Taiwan, incomprensibile per chi non e' di origine fujianese e totalmente diversa dal mandarino. Poi ci sono i dialetti cinesi di immigrati di diversa origine geografica ed infine le lingue degli aborigeni, ovvero gli abitanti "originari" dell'isola. Poco usate, da quanto mi e' sembrato di vedere e sentire.
L'inglese e' usato di piu' e parlato meglio rispetto alla Cina continentale. Se uno straniero parla bene il mandarino, a Taiwan si sentira' praticamente a casa. Quasi sempre.
Cambia lievemente (e comprensibilmente) il lessico, ad esempio:
- "metro" non e' 地铁 ma 捷运;
- il "bagno pubblico" lo chiamano 化妆室;
- per dire "molto" usano per lo piu' 超 o 满;
- gli "internet cafe'" li chiamano 网咖;
- 晚安 non lo usano per dire "buona notte" ma "buona sera". E via dicendo.
Inoltre capitera' di sentire una grossa quantita' di "grazie!" e "scusa!" (come buona educazione occidentale vorrebbe!), cosa che non mi e' mai capitata nella Cina continentale.

Il cibo.
Si sa, l'Asia ha una ricchezza gastronomica spaventosa. La Cina ne sa qualcosa. Ecco, diciamo che trovate a Taiwan gran parte di quello che trovate nella Repubblica popolare. Non solo nei sapori o nei piatti, ma anche nello stile. Qui citta' significa "mercato del cibo", cioe' serie infinita di ristoranti, ristorantini, fast food, supermercati e negozi di cibarie varie. I cinesi sanno che vivere e' mangiare e non fanno mai a meno di dimenticarselo. Se volete morire di fame, non e' la Cina (continentale o insulare che sia) il posto dove venire. Nello specifico, i taiwanesi esaltano molto i loro 牛肉面 spaghetti alla carne di manzo, il loro 臭豆腐 doufu "puzzolente", i loro 香肠 wurstel, il 猪血糕 sangue di maiale, il pesce in brodo o in palle, i succhi o le granite di frutta tropicale. L'orgoglio gastronomico e' di stampo campanilista ed ogni citta' sostiene di sapere fare il miglior brodo, il miglior riso, il miglior blablabla. Un po' come da noi. Qui va molto di moda il consumo di 便當 biandang (i cinesi continentali lo chiamano semplicemente 盒饭 hefan, i giapponesi bento), cioe' un pasto fatto da riso, carne, pesce, verdure, ortaggi, doufu o altro, in una scatola di carta da mangiare sul posto o portare via. Non tanto un specialita' locale quindi, quanto un modo di variegare e consumare il cibo. Se ne trovano a bizzeffe in strada, il costo va dai due ai sette euro circa.
Un capitolo a parte (perche' vera chicca esotica) meriterebbe l'uso e il consumo della 槟榔 binglang noce di betel. Ne avevo gia' viste e assaggiate anche nella Repubblica popolare. Trattasi di una noce, mista ad una specie di colla bianca speziata e una foglia arrotolata, lavorata con cura dalle signore del posto in piccoli spacci che sembrano postriboli ed invece sono proprio fabbriche in miniatura di binglang. Qui la chiamano la "gomma da masticare di Taiwan". Alla faccia del chewing gum, la noce di betel fa malissimo all'organismo, un po' come le sigarette e l'alcool, infatti credo sia anche vietata in alcuni paesi. Sempre la solita storia: cio' che e' divertente o fa male alla salute o e' vietato. A consumarla sono soprattutto i lavoratori: camionisti, operai, contadini, allevatori, pescatori. Piu' nelle campagne che in citta'. Viene masticata a lungo e poi sputata. Si vedono spesso i marciapiedi macchiati di un rosso-bruno, stesso colore che lascia in bocca. Per alcuni e' una vera dipendenza: hanno il sacchettino di noci in tasca e masticano senza sosta. Un sacchetto da dieci noci costa meno di due euro.

Le bevande.
L'acqua fa male, si sa. Quindi in un paese caldo, torrido, umido e tropicale come Taiwan vanno per la maggiore succhi di frutta, granite, gelati, ma anche bottiglie gelate da mezzo litro di te' (soprattutto verde e rosso), caffe' americano, bevande energetiche, bibite gassate, soda, coca e simili. Per lo piu' zuccherati. Per la gioia dei 7-Eleven e dei dentisti.
C'e' la birra taiwanese, ma va molto di moda anche la birra giapponese o continentale. Poi ci sono liquori locali, fatti di riso, miglio o altri cereali.

E qui chiudo. Al prossimo viaggio!

p.s. Viaggiare e' andare in cerca di domande.

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