Sunday, August 12, 2018

出国旅行万岁 ! Filippine, on the road (XII)


Filippine, arcipelago del sud est asiatico da oltre 7.000 isole. Lingua ufficiale il tagalog, ma in tanti parlano fluentemente inglese. La lingua parlata e' piena di termini inglesi e spagnoli, la lingua scritta e' formata dalle lettere dell'alfabeto latino. In soldoni: non dovrebbe essere troppo difficile studiare ed apprendere il tagalog. "Si'" si dice "opo", "cin cin" e' "tagaai", "ciao" si dice "komosta".
Le Filippine devono il loro nome a Filippo, un re spagnolo del XVI secolo. Gli spagnoli hanno colonizzato queste terre per trecento anni, poi gli americani per una cinquantina d'anni, con breve intermezzo giapponese durante la Seconda guerra mondiale. I cinesi bazzicano da queste parti da tempo immemore. L'influenza culturale occidentale e orientale e' evidente sotto vari aspetti. Il cattolicesimo e' la religione principale, ma sono presenti anche altre chiese cristiane, tipo gli evangelici, pentecostali, quelli che urlano che Gesu' e' il Signore e via dicendo. L'influenza religiosa e' enorme, basti pensare che l'aborto e' illegale e il divorzio un inferno giudiziario.

Manila fa 10 milioni di abitanti, non ricordavo una metropoli tanto congestionata ed inquinata; neanche la Pechino del 2004. Non sono piu' abituato a questi livelli di inquinamento, ne' ho intenzione di abituarmi di nuovo. Infatti ho resistito a Manila tre notti, per poi fuggire via direzione campagna/mare. 
A Manila ho visitato i quartieri centrali e la China Town (pare sia questa la prima China Town del mondo), il Pinto Art Museum che si trova nella periferia est, in zona Antipolo, e infine una libreria anarchica gestita da alcuni attivisti locali, in zona Guadalupe. Li' ho passato la notte, dopo esser stato ospite della gentilissima I. Con i due ragazzi della libreria ho fatto lunghe chiacchierate condite di birra filippina sulla situazione politica nazionale e le attivita' che svolgono piu' a livello locale e comunitario. Tipo una giornata in ricordo di Carlo Giuliani. Mi hanno poi cucinato un piatto tipico del sud, ovvero spaghetti fritti con verdure e carne di maiale. Simile al chaomian cinese.

Si', ok, ma i filippini? Filippino stile di vita. Spesso sorridente e allegro, canta e ride anche nelle difficolta', come i boy scout. Si fuma solo in zone a parte, possibilmente senza disturbare gli altri. Si beve solo a casa o nei bar. Il rutto e' libero, come in Cina (non capiro' mai perche' da noi e' segno di maleducazione), cosi' come la pisciata. Uomini e bambini si accostano alle piante o al muro nell'indifferenza generale. Parliamoci chiaro: secondo gli standard cui siamo stati educati in Occidente qui siamo in quel che chiamiamo "Terzo mondo". Lo noti dalla poverta', piu' che evidente, dai bambini per strada, dalle strade, dal traffico, dall'inquinamento, dalla sporcizia, dal colore dei fiumi, dalla mancanza di servizi e di igiene. Mi ricorda l'India. La Cambogia per il paesaggio tropicale e la bellezza dei tratti nel viso delle donne. Pero' i filippini sembrano molti attenti alla pulizia personale, al rispetto reciproco, alla dignita' di essere umani. Ben diversa dalla situazione decisamente piu' misera che ho incontrato in alcune realta' africane. La cosa che mi sembra piu' strana e' che anche qui, dopo le due settimane a Taiwan, mi sento un perfetto fantasma: quasi nessuno fa caso a me, tolto qualche bambino che si entusiasma per un tuo saluto. Nessuno cerca di vendermi cose, chiedermi l'elemosina, portarmi nel taxi o in hotel, vendermi la figlia o rubarmi un rene. Niente assalto alla diligenza insomma. Non mi fanno piu' sentire l'uomo bianco - portafoglio che cammina. Lontani ormai i ricordi di assalti che ricevevo in viaggio una quindicina d'anni fa tra Turchia, Marocco o Tailandia. Sara' stata la globalizzazione, la post-modernita', internet, lo sviluppo economico... non so.

I filippini dicono che uno ha il sangue che gli esce dal naso quando non e' in grado di comunicare in inglese con uno straniero.
I filippini dicono che un cane abbaia quando sa che quella persona mangia carne di cane.
I filippini dicono un sacco di cose divertenti. Sono circondati da acqua, allevati dalle onde, pionieri del surfing. Hanno le patatine al sapore di maiale. Il riso e le risaie che neanche i cinesi. Dicono che se sposi una filippina e' come se ne sposi anche la famiglia.

E quindi dopo le poche giornate di vagabondaggio e pioggia costante a Manila, prendo un bus e poi un furgoncino che dalla capitale mi trasporta in sette lunghe ore di campagna e alluvioni a Baler, piccola cittadina sull'Oceano Pacifico, a nord est di Manila. Perche' Baler? Boh. I. dice che e' un bel posto, spiaggia e cascate, chiese e zero turisti. I. dice che c'e' un suo amico che mi puo' ospitare, uno che "fuma e beve fino a tardi, come te".
Non potevo non andare.

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